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I provvedimenti sanzionatori della Banca d'Italia

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di Laurea

I PROVVEDIMENTI SANZIONATORI DELLA BANCA D’ITALIA

Relatore:

Chiar.ma Prof.ssa Michela Passalacqua

Candidato: Federico Napoli

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Indice - Sommario

Introduzione...p. IV

Capitolo I

La sanzione amministrativa

1. L’illecito amministrativo...p. 1 2. La legge di depenalizzazione 24 novembre 1981, n. 689....p. 6 3. La sanzione amministrativa pecuniaria...p. 14 4. Le sanzioni amministrative accessorie...p. 18 5. La procedura di accertamento della violazione e di irrogazione della sanzione amministrativa...p. 21

Capitolo II

La funzione di vigilanza e il potere sanzionatorio della Banca d’Italia

1. Il potere sanzionatorio nell’esercizio della funzione di vigilanza...p. 29 1.1. La Banca d’Italia come Autorità amministrativa indipendente...p. 37

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1.2. Il ruolo della Banca d’Italia e quello del Ministero dell’Economia e delle Finanze prima della legge 28 dicembre 2005, n. 262...p. 40 1.3. La potestà repressiva della Banca d’Italia e la separazione della fase istruttoria e dell’irrogazione della sanzione amministrativa...p. 42 2. Le sanzioni amministrative irrogate dalla Banca d’Italia...p. 45 2.1. La sentenza “Grande Stevens e altri contro l’Italia” della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 4 marzo 2014 e l’equiparazione del provvedimento sanzionatorio amministrativo alla sanzione penale...p. 52 2.2. Le principali fattispecie sanzionatorie del Testo Unico Bancario...p. 60 2.3. L’ordine di porre termine alle violazioni...p. 67

Capitolo III

La procedura sanzionatoria

1. L’accertamento e la contestazione della violazione...p. 69 2. La garanzia del contraddittorio...p. 81 3. La decisione...p. 87

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4. La questione di giurisdizione nel giudizio di opposizione al provvedimento sanzionatorio...p. 94

Conclusioni...p. 98 Bibliografia...p. 103

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Introduzione

I provvedimenti sanzionatori della Banca d’Italia rappresentato il risultato di un momento fondamentale e imprescindibile nell’esercizio della funzione di vigilanza sul corretto funzionamento del settore bancario.

Il seguente lavoro persegue il fine di inquadrare le sanzioni irrogate dalla Banca d’Italia all’interno dell’Ordinamento, con riferimento, sia ai profili sostanziali che a quelli procedimentali.

La tematica è estremamente delicata, soprattutto per i riflessi sull’intero sistema bancario e, di conseguenza, suggerisce un approccio analitico che non può non prendere le mosse dall’approfondimento della normativa di carattere generale relativa alla sanzione amministrativa, contenuta all’interno della legge di depenalizzazione 24 novembre 1981, n. 689.

Tale intervento del Legislatore, sebbene mostri evidenti rimandi a tratti tipici della materia penale e civile, configura l’illecito amministrativo come una categoria autonoma, dettandone i principi fondamentali e ponendo l’attenzione sulla tipologia di sanzioni previste, nonché sulla modalità con cui poterle applicare. In particolare, si fa riferimento alla sanzione pecuniaria, che

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rappresenta l’archetipo del provvedimento sanzionatorio anche in materia bancaria.

Tuttavia, la sanzione pecuniaria irrogata dalla Banca d’Italia presenta dei tratti peculiari tali da suggerire una distinzione da quella prevista dalla legge 689/1981. Infatti, sono sensibilmente differenti i minimi e i massimi edittali; ciò, alla luce del maggior grado di afflittività previsto per le fattispecie sanzionatorie dell’ordinamento bancario.

La natura delle sanzioni inflitte dalla Banca d’Italia costituisce il fulcro della trattazione; pertanto, è opportuno inquadrare il potere sanzionatorio alla luce dell’esercizio della funzione di vigilanza, attribuita alla Banca d’Italia ab origine dall’ordinamento italiano e riconosciuta anche a livello comunitario. Al riguardo, l’istituzione della Banca Centrale Europea nel 1999 e l’introduzione della moneta unica nel 2002 hanno spogliato la Banca d’Italia soltanto della competenza in materia di politica monetaria ed emissione del credito; non ne hanno altresì scalfito il ruolo di Autorità vigilante sull’ordinamento bancario. Il potere sanzionatorio è rimasto ben saldo anche dopo l’istituzione del Meccanismo di Vigilanza Unico, avvenuta con l’emanazione del regolamento dell’Unione Europea 15

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ottobre 2014, n. 1024. Il Legislatore comunitario ha creato così un sistema di integrazione di apparati pubblici nazionali e sovranazionali, andando ad armonizzare i poteri propri delle banche centrali nazionali con quelli diretti della Banca Centrale Europea.

In virtù del ruolo fondamentale che ricopre all’interno dello Stato, la Banca d’Italia poi, deve essere distinta dalle altre Autorità amministrative indipendenti istituite nel nostro Paese, a partire dagli anni ottanta del secolo scorso, al fine di regolare e vigilare su importanti settori dell’economia, pur mantenendo un marcato grado di indipendenza dall’indirizzo politico governativo.

Nel tentativo di risolvere la questione sulla natura delle disposizioni sanzionatorie in materia bancaria, è necessario prendere in considerazioni alcune importanti pronunce della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, quali la sentenza “Grande Stevens e altri contro l’Italia” del 4 marzo 2014 e la sentenza “Engel e altri contro i Paesi Bassi” del 8 giugno 1976, che hanno individuato e analizzato i criteri in base ai quali una sanzione possa dirsi penale, al di là del nomen iuris formalmente attribuitole. In questo senso, assume un rilievo fondamentale il grado di afflittività della sanzione. Infatti, le sanzioni comminabili dalla Banca d’Italia sono fortemente repressive

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e comportano conseguenze patrimoniali importanti per i soggetti incolpati. Inoltre, la possibilità di irrogare sanzioni accessorie, quali la perdita temporanea dell’onorabilità e della possibilità di assumere incarichi di amministrazione provocano conseguenze tali da incidere anche sulla reputazione dei soggetti sanzionati.

Oltre al grado di severità, assume un rilievo fondamentale il carattere dissuasivo dei provvedimenti sanzionatori della Banca d’Italia, tale da distogliere i soggetti dalla commissione di ulteriori illeciti in vista delle ingenti conseguenze economiche previste per le violazioni.

Con riferimento alle fattispecie sanzionatorie, invece, esse trovano il proprio motore all’interno del Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB). In particolare, gli articoli 144 e seguenti pongono l’attenzione sui limiti edittali previsti per le sanzioni pecuniarie e sulle misure accessorie, nonché sull’istituto del “cease and desist order” (ordine di porre termine alle violazioni), previsto per le violazioni delle disposizioni sanzionatori caratterizzate da scarsa offensività e pericolosità.

Infine, non di poco conto risulta essere il tema della separazione della fase istruttoria e della fase decisoria nel

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procedimento di irrogazione dei provvedimenti sanzionatori, secondo quanto previsto dalla legge sulla tutela del risparmio 28 dicembre 2005, n. 262. Merita una riflessione la conseguenza del passaggio da una procedura che prevedeva l’intervento del Ministero dell’Economia e delle finanze al momento di comminare la sanzione ad una procedura che si svolge per intero all’interno della Banca d’Italia, con il Servizio Coordinamento e Rapporti con l’Estero incaricato dell’accertamento e alla contestazione delle violazioni e il Direttorio a cui spetta la decisione finale.

Lasciando da parte i profili sostanziali e addentrandosi nella procedura sanzionatoria della Banca d’Italia, senza dubbio l’aspetto di maggior rilievo è quello rappresentato dalle tutele previste per rispettare il diritto di difesa dei soggetti incolpati.

In riferimento a ciò, assume un ruolo fondamentale la tutela del contraddittorio, previsto dalle disposizioni della Banca d’Italia, ora in forma scritta, attraverso la presentazione di deduzioni e documenti da parte dei soggetti sanzionati, ora in forma orale, attraverso la richiesta di audizione personale. Inoltre, il contraddittorio è garantito dal diritto di accesso agli atti del

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procedimento, che è posto a stretto contatto con il segreto d’ufficio, disposto dall’articolo 7 TUB.

La procedura sanzionatoria tiene conto dei principi dettati dalla legge 24 novembre 1981, n. 689, dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 e dalla normativa secondaria della Banca d’Italia, contenuta nel Provvedimento 3 maggio 2016, creando quindi un sistema che coordina differenti livelli di normazione.

Infine, merita una menzione anche la questione di giurisdizione nel giudizio di opposizione al provvedimento sanzionatorio del Direttorio della Banca d’Italia. In seguito alle pronunce della Corte Costituzionale - non da ultimo con la sentenza 9 aprile 2014, n.94 - la giurisdizione è rimessa al giudice ordinario (Corte d’appello di Roma) anziché al giudice amministrativo (Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio), come invece era previsto dal decreto legislativo 2 luglio 2010, n.104. Il giudizio di opposizione, di conseguenza, costituisce una fase soltanto eventuale del processo sanzionatorio e distinta da quella amministrativa, la quale si conclude con l’irrogazione della sanzione da parte del Direttorio della Banca d’Italia (oppure con l’archiviazione del procedimento).

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CAPITOLO I

LA SANZIONE AMMINISTRATIVA

Sommario: 1. L’illecito amministrativo. - 2. La legge di

depenalizzazione 24 novembre 1981, n. 689. - 3. La sanzione

amministrativa pecuniaria. - 4. Le sanzioni amministrative accessorie - 5. La procedura di accertamento della violazione e di irrogazione della sanzione amministrativa.

1. L’illecito amministrativo

Per lungo tempo lo studio dell’illecito amministrativo è stato condizionato dalla mancanza di una normativa specifica su cui fare affidamento per ricercare i principi e gli istituti da applicare.

In questo scenario la dottrina e la giurisprudenza hanno prospettato soluzioni in una logica tipicamente deduttiva, articolata

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nella ricerca di principi generali desunti dalla disciplina dell’illecito penale e dalla disciplina dell’illecito civile1.

In termini generali, l’illecito rappresenta un fatto comportamentale al quale la norma ricollega una conseguenza giuridica, vale a dire l’assoggettamento a una sanzione.

L’articolo 28 della Costituzione offre, indirettamente, una nozione differenziata di illecito, menzionando gli “atti compiuti in violazioni dei diritti”, atti ai quali corrisponde una responsabilità “secondo le leggi penali, civili ed amministrative”. I fatti illeciti, che comportano l’applicazione di una sanzione, possono quindi generare diverse tipologie di responsabilità: civile, amministrativa e penale2.

Nell’ordinamento manca una definizione normativa dell’illecito amministrativo, di conseguenza, è opportuno

1

C.E. PALIERO, A. TRAVI, voce, Sanzioni amministrative, in Enc. Dir., XVI, Milano, 1989, p. 345 ss.

2G. NAPOLITANO, Manuale dell’illecito amministrativo. Depenalizzazione e funzione sanzionatoria della Pubblica Amministrazione, Santarcangelo di

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inquadrarlo alla luce di quelle che sono le differenze rispetto all’illecito civile, ma soprattutto rispetto all’illecito penale.

Per quanto riguarda la prima distinzione, essa attiene all’ambito dell’interesse tutelato. L’illecito civile è posto a tutela di un interesse privato e patrimoniale, mentre quello amministrativo è posto a tutela di un interesse di carattere pubblico. All’illecito civile l’ordinamento fa corrispondere una sanzione risarcitoria, finalizzata a reintegrare il danno subito dal soggetto leso, secondo la ratio dell’articolo 2043 del codice civile.

Questa metodologia di specificazione dell’illecito risulta perdere efficacia nel tentativo di demarcare il confine tra l’illecito amministrativo e quello penale, essendo condiviso l’ambito di tutela, individuabile in interessi di carattere pubblicistico.

In aggiunta a ciò, bisogna anche considerare l’opera del Legislatore che, nel corso degli anni, ha abusato dell’istituto della depenalizzazione, trasformando illeciti penali in illeciti amministrativi e viceversa.

Il confine teorico, pertanto, andrà ricercato nell’inquadramento sistematico della sanzione penale e della

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sanzione amministrativa, non potendo in alcun modo essere influenzato dell’opera del Legislatore3.

La sanzione penale, infatti, risponde alla ratio della tutela dell’ordine pubblico o alla punizione in chiave di futura prevenzione; la sanzione amministrativa, invece, è funzionale e strumentale all’azione amministrativa4. Di conseguenza, l’illecito amministrativo rappresenta una lesione di interessi particolari della pubblica amministrazione, mentre l’illecito penale viola interessi generali della collettività e va punito al fine di prevenire ulteriori infrazioni.

Sebbene per lungo tempo la dottrina5 abbia qualificato la sanzione amministrativa come una pena in senso tecnico, la cui applicazione costituisce un diritto soggettivo per l’amministrazione,

3 G. NAPOLITANO, Manuale dell’illecito amministrativo. Depenalizzazione e

funzione sanzionatoria della Pubblica Amministrazione, op. cit. 4

G. PAGLIARI, Sanzione amministrativa e sanzione penale, in A. CAGNAZZO, S. TOSCHEI (a cura di), La sanzione amministrativa. Principi

generali, Torino, 2012, p. 709 ss. 5

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risulta preferibile un’impostazione più recente6, secondo la quale, la sanzione amministrativa rappresenta una misura afflittiva, differente dalla sanzione penale, irrogata nell’esercizio della potestà amministrativa, come conseguenza di un comportamento assunto da un soggetto in violazione di una norma o di un provvedimento amministrativo. Questo secondo orientamento si è consolidato con la legge 24 novembre 1981, n. 689, che rappresenta una normativa organica, di valore generale e definisce completamente la materia dell’illecito amministrativo e il suo regime sanzionatorio. La rilevante portata di tale intervento del Legislatore può essere apprezzata anche in ragione del fatto che è giunta ai giorni d’oggi pressoché immutata.

6

E. CASETTA, voce Sanzioni amministrative, in Dig. Disc. Pubb., XII, Torino, 1997, p. 599.

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2. La legge di depenalizzazione 24 novembre 1981, n. 689

La finalità della legge di depenalizzazione del 24 novembre 1981, n. 689 appara chiara sin dalla relazione di accompagnamento al disegno di legge di iniziativa governativa n. 363/1979, ossia quella di “avviare per la prima volta nel nostro ordinamento una strategia differenziata di lotta alla criminalità, che superi la vecchia ideologia di un intervento penale indifferenziato ed eccessivamente rigido e diffuso, ormai estraneo alla sensibilità e alla coscienza moderna”.

La legge 689/1981, pertanto, configura l’illecito amministrativo come una categoria autonoma, dettando al Capo I, i principi generali, in larga parte mutuati dal diritto penale, che assumono un rilievo sia sotto il profilo sostanziale che sotto quello procedimentale.

L’articolo 1, ai sensi del quale “nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione” impone il principio di legalità anche in materia di illecito amministrativo, tanto

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con riferimento alla definizione delle fattispecie sanzionate, quanto con riferimento alla determinazione della pena7.

Tale principio sancisce una riserva di legge tendenzialmente assoluta, in base alla quale fonti secondarie, quali i regolamenti amministrativi, possono solo dare un apporto tecnico integrativo, senza poter individuare gli elementi costitutivi della fattispecie8.

Altra implicazione del principio di legalità è l’irretroattività delle norme incriminatrici; questa non costituirebbe tuttavia applicazione del principio del favor rei, essendo invece espressione del più generale principio del tempus regit actum, funzionale all’esigenza di certezza dei rapporti giuridici di diritto pubblico9. Ciò, in quanto nell’ambito dell’illecito amministrativo non si configurano quelle particolari esigenze di garanzia del cittadino che si pongono

7 E. CANNADA BARTOLI, voce Illecito (Diritto Amministrativo), in Enc. Dir.,

XX, Milano, 1970, p. 122.

8

V. Cass. Civ., sez. I, 1 giugno 2010, n. 13344 e Cass. Civ., sez II, 26 aprile 2006, n. 9584.

9

C.E. PALIERO, A. TRAVI, voce, Sanzioni amministrative, in Enc. Dir., op. cit., p. 380 ss.

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nell’ambito dell’illecito penale, caratterizzato, invece, per il giudizio di disvalore sociale e per la potenziale incidenza sulla libertà personale10.

Dunque, le condotte sanzionate come illeciti amministrativi restano assoggettate alla legge in vigore nel momento in cui si sono verificate.

Ulteriore conseguenza del principio di legalità in materia di sanzioni amministrative è rappresentata dal principio di obbligatorietà procedimentale, in base al quale, a seguito dell’accertamento di una violazione, deve necessariamente essere avviato il procedimento per l’irrogazione della sanzione come disciplinato dagli artt. 14 e 17 della legge 689/81.

L’articolo 1, comma 2 disciplina invece il divieto di analogia in materia di sanzioni amministrative, stabilendo che “le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano solo nei casi e per i

10

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tempi in esse considerate”, con una formulazione che ricalca l’articolo 14 delle disposizioni sulla legge in generale11.

L’articolo 2 prevede invece la generale inapplicabilità delle sanzioni amministrative nei confronti di chi “al momento in cui ha commesso il fatto non aveva compiuto i diciotto anni o non aveva, in base ai criteri indicati nel codice penale, la capacità di intendere e di volere, salvo che lo stato di incapacità non derivi da sua colpa o sia stato da lui preordinato”.

Oltre all’imputabilità dell’autore della condotta, ulteriore presupposto dell’illecito amministrativo è la colpevolezza del soggetto agente12.

L’articolo 3 della legge 689/1981 dispone infatti che “nelle violazioni in cui è applicabile una sanzione amministrativa ciascuno è responsabile della propria azione od omissione, cosciente

11

Ai sensi del quale “le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerate”.

12 E. RAGNI, L’elemento soggettivo dell’illecito amministrativo, in A.

CAGNAZZO, S. TOSCHEI (a cura di), La sanzione amministrativa. Principi

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volontaria, sia essa dolosa o colposa”. La Cassazione Civile è intervenuta sul punto precisando che per coscienza e volontà della condotta attiva od omissiva, sia essa dolosa o colposa, si debba intendere la “sufficienza dei suddetti estremi, senza che occorra la concreta dimostrazione del dolo e della colpa, atteso che la norma pone una presunzione di colpa in ordine al fatto vietato a carico di colui che l’abbia commesso, riservando poi a questi l’onere di provare di aver agito senza colpa”13.

Il principio di colpevolezza si completa inoltre con la rilevanza dell’errore ex articolo 3, comma 214. L’errore sul fatto è una causa tipica dell’esclusione della colpevolezza, quando questo è essenziale e incolpevole: da ciò si desume che la responsabilità colpevole è la forma tipica dell’illecito amministrativo.

Le cause di esclusione della responsabilità sono disciplinate dall’articolo 4. In riferimento ad esso, non è sanzionato il soggetto

13

Cass. Civ., sez. I, 11 febbraio 1999, n. 1142.

14 Ai sensi del quale “nel caso in cui la violazione è commessa per errore sul

fatto, l’agente non è responsabile quando l’errore non è determinato da sua colpa”.

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che pone in essere una condotta derivante dall’adempimento di un dovere, dall’esercizio di una facoltà legittima, dalla legittima difesa e dallo stato di necessità.

In relazione al concorso di persone, l’articolo 5 stabilisce che “quando più persone concorrono in una violazione amministrativa, ciascuna di esse soggiace alla sanzione per questa disposta, salvo che sia diversamente stabilito dalla legge”. È una chiara estensione del principio penalistico della responsabilità concorsuale, in base al quale ciascuno soggiace per l’intero alla pena stabilita per la violazione, maturando tante pene quanti sono i soggetti partecipanti all’illecito15.

L’articolo 6 disciplina i casi in cui soggetti ritenuti dall’ordinamento connessi all’autore dell’illecito amministrativo debbano rispondere in solido con il medesimo in ordine alla sanzione irrogata nei confronti di quest’ultimo. Rimane, poi, facoltà dei responsabili in solido, quella di esercitare il diritto di regresso per l’intero nei confronti dell’autore della violazione.

15

G.G.A. DATO, Il concorso di persone, in A. CAGNAZZO, S. TOSCHEI (a cura di), La sanzione amministrativa. Principi generali, op. cit., p. 171 ss.

(22)

Ai sensi dell’articolo 7, l’obbligazione del pagamento di una somma dovuta, a seguito di una violazione, è personale e non si trasmette agli eredi. Tale principio trova giustificazione nel carattere afflittivo delle sanzioni amministrative.

L’articolo 8 stabilisce che “chi con un’azione od omissione viola diverse disposizioni che prevedono sanzioni amministrative o commette più violazioni della stessa disposizione, soggiace alla sanzione per la violazione più grave, aumentata sino al triplo”. La legge 689/1981 ricalca il regime penalistico previsto per le ipotesi di reato continuato16.

L’articolo 9 enuncia il principio di specialità, in base al quale quando uno stesso fatto è punito da norma penale e da una norma amministrativa, ovvero da una pluralità di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, si applica la disposizione speciale, ossia quella che, al netto degli elementi condivisi, contiene “elementi di specializzazione o specializzanti”17 .

16 V. art 81, comma 2, c.p. 17

R. GIOVAGNOLI, M. FRATINI, Le sanzioni amministrative. Raccolta

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Infine, l’articolo 12 individua l’ambito di applicazione della legge, stabilendo che “le disposizioni di questo capo si osservano, in quanto applicabili e salvo che non sia diversamente stabilito, per tutte le violazioni per le quali è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro, anche quando questa sanzione non è prevista in sostituzione di una sanzione penale. Non si applicano alle violazioni disciplinari”.

Le sanzioni disciplinari sono quelle che si applicano a soggetti che intrattengono relazione particolare con le amministrazioni pubbliche e sono volte a colpire comportamenti posti in violazione di obblighi derivanti dallo status particolare18 e sono regolate, sia dal lato sostanziale che procedimentale, da leggi speciali19.

18

Ad esempio, nel caso di violazioni del codice deontologico da parte di professionisti iscritti ad albi.

19

M. CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, III edizione, Bologna, 2017, p 184.

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3. La sanzione amministrativa pecuniaria

La sanzione pecuniaria rappresenta l’archetipo della sanzione amministrativa, ai sensi dall’articolo 12 della legge 24 novembre 1981, n. 689 e consiste nel pagamento di una somma di denaro.

Sotto il profilo strutturale, la dottrina20 individua tre tipologie di sanzioni pecuniarie, rappresentate dalla sanzione edittale articolata tra un minimo e un massimo, dalla sanzione pecuniaria proporzionale e dalla sanzione pecuniaria fissa.

Il primo modello postula l’intervento del Legislatore che predetermina una cornice edittale entro la quale l’amministrazione, nell’esercizio della sua discrezionalità, può stabilire il quantum della sanzione pecuniaria. Al primo comma, l’articolo 10 della legge 689/1981 individua il limite minimo e il limite massimo, rispettivamente “in una somma non inferiore a euro 10 e non superiore a euro 15.000”.

20

C.E. PALIERO, A. TRAVI, La sanzione amministrativa. Profili sistematici, Milano, 1988, p. 94 ss.

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Questa tipologia di sanzione, caratterizzata da un elevato grado di elasticità e di adattabilità al caso concreto, non persegue fini puramente risarcitori, ma piuttosto di prevenzione generale21. A tutela della posizione del soggetto sanzionato sono altresì posti dei vincoli legislativi all’interno della legge 689/1981, quali l’individuazione dei criteri di commisurazione della pena, ai sensi dell’articolo 11, e l’obbligo di motivazione nella scelta sanzionatoria, ai sensi dell’articolo 18.

Il secondo modello, quello della sanzione pecuniaria proporzionale, si caratterizza anch’esso per un certo grado di elasticità e di adattabilità al caso concreto ma, a differenza della tipologia precedente, tali caratteristiche si collegano ad un calcolo automatico legato al parametro obiettivo del danno derivato dalla condotta illecita. L’articolo 10, dopo le modifiche operate dalla legge 15 luglio 2009, n. 94, stabilisce ora che “le sanzioni proporzionali non hanno limite massimo”.

21

A. FIORITTO, C. LENZETTI, La sanzione amministrativa e la nuova tutela

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Infine, la sanzione pecuniaria fissa si caratterizza per la mancanza di discrezionalità dell’organo irrogante in ordine alla quantificazione della somma dovuta dal trasgressore. In questo caso, il quantum è determinato direttamente dalla legge e l’amministrazione non può commisurare la sanzione alla diversa gravità dell’illecito posto in essere22.

L’articolo 11 individua quale siano i criteri per l’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie, come sottolineato precedentemente. Questo afferma che “nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria fissata dalla legge tra un limite minimo e un limite massimo e nell’applicazione delle sanzioni accessorie facoltative, si ha riguardo alla gravità della violazione, all’opera svolta dall’agente per l’eliminazione o l’attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche”.

La gravità della violazione dovrà essere valutata sia sulla base della modalità con cui è stata posta in essere la condotta illecita,

22

A. FIORITTO, C. LENZETTI, La sanzione amministrativa e la nuova tutela

(27)

contraddistinta dalla pericolosità e antigiuridicità23; inoltre, sulla base del danno procurato o del pericolo cagionato all’interesse tutelato dalla stessa disposizione che è stata violata24.

La personalità dell’agente consente poi di valutare i precedenti, sanzionando eventuali recidive, e di dar valore al cosiddetto ravvedimento operoso post factum25, in grado di attenuare od eliminare, anche solo astrattamente, le conseguenze della sua violazione.

L’ultimo criterio di commisurazione è costituito dalle condizioni economiche del trasgressore, che tendono ad assolvere una funzione di prevenzione generale: da una parte, impedendo a colui che si trova in condizioni economiche favorevoli e che abbia commesso la trasgressione, di rimanere insensibile al carattere afflittivo della sanzione; dall’altra, garantendo che i soggetti

23

C.E. PALIERO, A. TRAVI, La sanzione amministrativa. Profili sistematici, op.cit., p. 94 ss.

24 A. FIORITTO, C. LENZETTI, La sanzione amministrativa e la nuova tutela giurisdizionale, op. cit.

25

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destinatari della disposizione, laddove questa venga violata, siano in grado di sostenere il pagamento della somma dovuta in base alla propria disponibilità finanziaria26.

4. Le sanzioni amministrative accessorie

Le sanzioni amministrative accessorie vengono definite tali perché presuppongono la condanna pecuniaria principale27 e sono disciplinate dall’articolo 20 della legge 689/1981.

La disposizione in questione prevede la facoltà, per l’autorità amministrativa, di applicare come sanzioni amministrative “quelle previste dalle leggi vigenti, per le singole violazioni, come sanzioni penali accessorie, quando esse consistono nella privazione o sospensione di facoltà e diritti derivanti da provvedimenti dell’amministrazione”.

26

C.E. PALIERO, A. TRAVI, La sanzione amministrativa. Profili sistematici, op.cit., p. 118.

27

F.P. LUISO, Diritto processuale civile, IV volume, I processi speciali, VII edizione, Milano, 2015, p. 345.

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Oltre a queste misure di carattere interdittivo, soppesate in relazione della gravità dell’infrazione compiuta dal trasgressore, sono disciplinate altre due ipotesi di sanzione amministrativa accessoria, vale a dire la confisca ed il sequestro amministrativo.

La confisca è disposta per le cose che “servirono o furono destinate a commettere la violazione” o che rappresentano il prodotto della violazione, sempre che appartengano “a una delle persone cui è ingiunto il pagamento”28.

Se ne possono individuare quattro tipologie29, vale a dire la confisca ex lege, la confisca di beni appartenenti ad un ente e non ad una persona, la confisca preventiva e quella prevista come pena in senso tecnico.

L’articolo 20 distingue inoltre l’ipotesi della confisca facoltativa da quella obbligatoria, che è sempre disposta in presenza di violazioni gravi o reiterate, in materia di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni sul lavoro.

28 V. art 20, comma 3, legge 689/1981. 29

C.E. PALIERO, A. TRAVI, La sanzione amministrativa. Profili sistematici, op.cit., p. 90.

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Infine, l’articolo 20, al quinto comma, stabilisce che è sempre disposta “la confisca delle cose, la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione delle quali costituisce violazione amministrativa”.

Il sequestro amministrativo rappresenta una sanzione di natura cautelare con carattere di provvisorietà e strumentalità30.

Il sequestro è provvisorio in quanto è destinato a perdere efficacia attraverso l’adozione del provvedimento di confisca ovvero in caso di sua mancata adozione; è strumentale, in quanto collegato alla possibilità che l’autorità amministrativa, nel rispetto dei vincoli di legge, proceda o meno all’adozione di un provvedimento definitivo.

La natura cautelare risiede invece nel fatto che il sequestro tende a paralizzare determinati effetti, ossia impedire la reiterazione della condotta e assicurare l’intrasmissibilità del bene potenzialmente confiscabile, al fine di garantire la realizzazione dello scopo punitivo.

30

G. NAPOLITANO, Manuale dell’illecito amministrativo. Depenalizzazione

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5. La procedura di accertamento della violazione e di irrogazione della sanzione amministrativa

L’applicazione di una sanzione amministrativa si articola in due fasi principali, che possono essere intese come sub-procedimenti della più ampia categoria della procedura sanzionatoria31.

La prima fase è disciplinata dall’articolo 13 della legge 689/1981, che dispone l’acquisizione, da parte dell’amministrazione, delle prove necessarie per l’accertamento della violazione avvenuta. I soggetti preposti a tale scopo sono rappresentati, da un lato, dagli organi addetti al controllo sulla violazione amministrativa, dotati di poteri d’indagine specifici dettati dalla stessa disposizione di legge e, dall’altro, dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria. Tra i poteri d’indagine l’articolo 13 individua l’assunzione di informazioni, l’ispezione di cose e di luoghi diversi dalla dimora

31 G. NAPOLITANO, Manuale dell’illecito amministrativo. Depenalizzazione e funzione sanzionatoria della Pubblica Amministrazione, op.cit., p. 256 e G.

MILO, Obblighi del rapporto, in A. CAGNAZZO, S. TOSCHEI (a cura di), La

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privata32, i rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici e ogni altra operazione tecnica33.

L’indagine si conclude con l’accertamento dell’illecito e con la redazione del verbale, che viene immediatamente contestato tanto al trasgressore quanto al soggetto o ai soggetti obbligati in solido, ai sensi dell’articolo 14 della legge 689/1981.

Il secondo comma dell’articolo 14 dispone che, in mancanza di contestazione immediata, “gli estremi della violazione debbano essere notificati agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni e a quelli residenti all’estero entro il termine di trecentosessanta giorni

32 Sul concetto di “dimora privata” v. Cass. Pen., sez. V, 14 marzo 2011, n.

10187. La Cassazione Penale fa riferimento a “qualsiasi luogo nel quale le persone si trattengono per compiere, anche in modo transitorio e contingente, atti della loro vita privata”.

33

Ad esempio l’accertamento mediante analisi di campioni ex art. 15 della legge 689/1981.

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dall’accertamento”. L’atto di notificazione deve contenere gli estremi necessari alla tempestiva difesa dell’interessato34.

L’articolo 16 offre all’obbligato la possibilità di estinguere l’intera procedura sanzionatoria attraverso l’esercizio di un diritto potestativo attribuitogli dal Legislatore35, provvedendo al pagamento della sanzione in misura ridotta (cosiddetta oblazione36), ossia al pagamento di una somma pari ad un terzo del massimo edittale previsto per la violazione commessa ovvero al doppio del minimo della sanzione edittale, qualora sia stabilito e risulti essere più favorevole.

Nel caso in cui non venga effettuato il pagamento in misura ridotta, il funzionario o l’agente che ha accertato la violazione deve presentare rapporto, con la prova delle eseguite contestazioni o notificazioni, alle autorità indicate all’articolo 17, andando ad aprire

34

F. BARTOLINI, Il codice delle opposizioni, Piacenza, 2010, p. 351.

35

G. NAPOLITANO, Manuale dell’illecito amministrativo. Depenalizzazione

e funzione sanzionatoria della Pubblica Amministrazione, op. cit. 36

F.P. LUISO, Diritto processuale civile, IV volume, I processi speciali, op. cit., p. 343; M. CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, op. cit., p. 271.

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così la seconda fase, quella della decisione amministrativa, che chiuderà la procedura sanzionatoria.

Ai sensi dell’articolo 18, primo comma “entro il termine di trenta giorni dalla data di contestazione o notificazione della violazione, gli interessati possono far pervenire all’autorità competente a ricevere il rapporto a norma dell’art. 17 scritti difensivi e documenti e possono chiedere di essere sentiti dalla medesima autorità”. Si tratta, quindi, di un contraddittorio eventuale, che può avvenire sia in forma scritta che orale.

Qualora l’autorità emettesse, senza aver ascoltato il soggetto che ne ha fatto richiesta, l’ordinanza-ingiunzione, che rappresenta il provvedimento finale della procedura sanzionatoria, questo costituirebbe motivo di annullamento del provvedimento stesso se venisse fatto valere in sede di opposizione alle sanzione amministrava37.

37

F.P. LUISO, Diritto processuale civile, IV volume, I processi speciali, VII edizione, op. cit.

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L’opposizione all’ordinanza-ingiunzione38 rappresenta una fase procedimentale eventuale e si svolge dinanzi al giudice ordinario, a norma degli articoli 6 e 7 del decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150.

Una volta ascoltati gli interessati e presa visione di tutta la documentazione, l’autorità deciderà di archiviare la pratica qualora ritenesse inesistente l’illecito amministrativo. In caso contrario, se l’autorità ritiene fondato l’accertamento, “determina, con ordinanza motivata, la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento, insieme con le spese, all’autore della violazione ed alle persone che vi sono obbligate solidamente”, secondo quanto disposto dal secondo comma dell’articolo 18 della legge 689/1981.

La motivazione assume un ruolo peculiare, in quanto l’ordinanza-ingiunzione non costituisce l’obbligo di pagare la somma dovuta; questo, infatti, nasce immediatamente con la commissione dell’illecito. Di conseguenza, il provvedimento dell’amministrazione ha soltanto valore ricognitivo di quell’obbligo

38

G. NAPOLITANO, Manuale dell’illecito amministrativo. Depenalizzazione

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già automaticamente sorto39; quindi, non deve essere giustificata la decisione.

Il contenuto minimo necessario del provvedimento sanzionatorio è rappresentato dalla determinazione della somma dovuta per la violazione, secondo i criteri dell’articolo 11 della legge 689/1981 e dall’ingiunzione del pagamento della stessa e delle spese, con la possibilità di prevedere anche un contenuto eventuale come l’applicazione di una sanzione amministrativa accessoria40.

L’ordinanza-ingiunzione, ai sensi dell’art. 18, comma 4 e 5, della legge 689/1981, viene notificata all’interessato che, nel termine di trenta giorni (sessanta, se è residente all’estero), può provvedere al pagamento della somma dovuta ed esaurire così la procedura sanzionatoria amministrativa.

L’interessato può altresì impugnare il provvedimento in sede di opposizione. Nel caso che ciò non avvenga, il provvedimento

39 F.P. LUISO, Diritto processuale civile, IV volume, I processi speciali, VII

edizione, op. cit.

40

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diventa definitivo, costituendo anche il titolo per l’esecuzione forzata41.

41V. art. 18, ultimo comma, della legge 689/1981, il quale recita che

“l’ordinanza ingiunzione costituisce titolo esecutivo”: F.P. LUISO, Diritto

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CAPITOLO II

LA FUNZIONE DI VIGILANZA E IL POTERE SANZIONATORIO DELLA BANCA D’ITALIA

Sommario: 1. Il potere sanzionatorio nell’esercizio della funzione di vigilanza. - 1.1. La Banca d’Italia come autorità amministrativa indipendente. - 1.2. Il ruolo della Banca d’Italia e quello del Ministero dell’Economia e delle Finanze prima della legge 28 dicembre 2005, n. 262. - 1.3. La potestà repressiva della Banca d’Italia e la separazione della fase istruttoria e dell’irrogazione della sanzione amministrativa. - 2. Le sanzioni amministrative irrogate dalla Banca d’Italia - 2.1. La sentenza “Grande Stevens e altri contro l’Italia” della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 4 marzo 2014 e l’equiparazione del provvedimento sanzionatorio amministrativo alla sanzione penale. - 2.2. Le principali fattispecie sanzionatorie del Testo Unico Bancario. - 2.3. L’ordine di porre termine alle violazioni.

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1. Il potere sanzionatorio nell’esercizio nell’esercizio della funzione di vigilanza

La Banca d’Italia rappresenta il cardine del governo del sistema bancario e, per lungo tempo, non è stata soltanto l’organizzazione amministrativa preposta alla vigilanza sull’esercizio dell’attività bancaria, ma anche la Banca centrale dello Stato italiano.

Sin dalla sua istituzione, avvenuta con la legge 10 agosto 1893, n. 449 a seguito della fusione della Banca Nazionale del Regno, della Banca Nazionale Toscana e della Banca Toscana di credito per le industrie ed il commercio d’Italia, ha coniugato al suo interno diverse anime1, principalmente quella di istituto di emissione di banconote nell’ambito delle scelte di politica monetaria adottate dallo Stato e quella di organo preposto alla vigilanza sull’intero settore bancario.

1 Per una ricostruzione storica sulle attribuzioni della Banca d’Italia, v. G. CAMA, Le istituzioni politiche in Italia. La Banca d’Italia, Bologna, 2010; E. GALANTI, R. D’AMBROSIO, A. GUCCIONE, Storia della legislazione

bancaria, finanziaria e assicurativa dall’unità d’Italia al 2010, in Banca d’Italia. Pubblicazioni della consulenza legale, Roma, 2010, p. 36 ss.

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Per quanto riguarda l’attività di emissione, sebbene fosse dotata di ampia discrezionalità, la Banca d’Italia doveva rispettare alcuni vincoli nella determinazione della liquidità del sistema2: in primo luogo, avrebbe dovuto limitare l’attività di emissione nel rispetto dell’equilibrio del proprio bilancio. In secondo luogo, l’attività di emissione si sarebbe dovuta limitare a quanto indispensabile per salvaguardare il valore del metro monetario, nel perseguimento di quel fine di “tutelare il pubblico credito” stabilito dall’articolo 20 del regio decreto legge 12 marzo, 1936 n. 375 e mantenuto in vigore sino all’apparato normativo del Testo unico bancario. Infine, dall’articolo 47 della Costituzione, che dichiarava doverosa la protezione del risparmio, si evinceva la necessità di tutelare il metro monetario contro fenomeni di carattere inflazionistico.

La politica monetaria della Banca d’Italia ha subito un profondo mutamento per effetto dell’ingresso dello Stato italiano nell’ordinamento monetario dell’Unione Europea, giunto a

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compimento con la nascita della Banca Centrale Europea nel 1999 e con l’introduzione della moneta unica nel 2002.

La Banca Centrale Europea, che persegue l’obiettivo prioritario del mantenimento della stabilità dei prezzi, ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote ed ha il compito di definire, nonché di attuare, la politica monetaria comunitaria. Inoltre, essa svolge le operazioni sui cambi, detiene e gestisce le riserve ufficiali in valuta estera ed infine promuove il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento.

Il decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 43 ha stabilito che la Banca d’Italia svolge i propri compiti e funzioni in qualità di parte integrante del Sistema Europeo delle Banche Centrali (SEBC) e agisce secondo gli indirizzi e le istruzioni della Banca Centrale Europea.

Se, da un lato, le competenze in materia monetaria sono state avocate a livello comunitario, dall’altro, la Banca d’Italia ha conservato la titolarità delle funzioni di vigilanza sull’attività imprenditoriale delle imprese bancarie, svolgendo un ruolo da protagonista sin dalla legge bancaria del 1926.

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La recente istituzione del Meccanismo di Vigilanza Unico, avvenuta con l’emanazione del Regolamento dell’Unione Europea 15 ottobre 2013, n. 1024, rappresentante un modello avanzato di integrazione tra apparati pubblici nazionali ed europei3. Questo, infatti non ha spogliato la Banca d’Italia dei propri poteri, ma li ha armonizzati in un contesto in cui la Banca Centrale Europea rappresenta il vertice del settore bancario europeo.

Dal punto di vista storico, il primo intervento fondamentale del Legislatore è costituito dal decreto legislativo del capo provvisorio dello Stato 17 luglio 1947, n. 691 il quale, non solo si limitava a riconoscere la titolarità della funzione di vigilanza della Banca d’Italia - ai sensi dell’articolo 2 le veniva attribuita a titolo originario e non delegato dal Comitato Interministeriale per il Credito ed il

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Risparmio (CICR)4 - ma stabiliva anche quali fossero gli organi5 competenti ad assumere i provvedimenti formali. Lo stesso articolo precisava poi che “le facoltà e le attribuzioni riconosciute al Capo dell’Ispettorato sono conferite al Governatore della Banca d’Italia, il quale le esercita secondo le direttive del Comitato Interministeriale”. Inoltre, l’articolo 5 stabiliva che “il Consiglio Superiore della Banca d’Italia non ha ingerenza nella materia devoluta dall’articolo 1 al Comitato Interministeriale” e dunque ne escludeva la competenza in materia di tutela del risparmio e di esercizio del credito e, quindi, sull’attività di vigilanza6.

Tale impianto fu confermato anche dal decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria

4 La Banca d’Italia assumeva le funzioni del cessato Ispettorato per la difesa del risparmio e per l’esercizio del credito

5 L’articolo 5 dello Statuto della Banca d’Italia individua i sei “organi centrali”: l’assemblea dei partecipanti, Il Consiglio Superiore, il Collegio Sindacale, il Governatore, il Direttore Generale, i Vice Direttori Generali ed il Direttorio. 6 F. CAPRIGLIONE, Commento all’articolo 4, in F. CAPRIGLIONE (a cura di), Commentario al Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, Padova, 2012, p. 29 ss.

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e creditizia, TUB), il quale ha investito genericamente la Banca d’Italia e non il Governatore7 della funzione di vigilanza nei confronti delle banche, dei gruppi bancari e degli intermediari finanziari8, per effetto del combinato disposto degli articoli 4 e 5.

La Banca d’Italia, pertanto, rappresenta il motore dell’intero sistema del TUB. Essa partecipa allo svolgimento dell’attività di alta vigilanza, poiché la sua proposta è presupposto necessario per l’attivazione dei poteri normativi del CICR9. Al contempo, ricopre il ruolo di principale attore nella vigilanza operativa che svolge attraverso i provvedimenti individuati dall’articolo 4 TUB, ossia un potere di regolazione generale e un potere di intervento puntuale sui soggetti vigilati.

7 Il TUB non dedica alcuna disposizione al Governatore, dandone per implicite le competenze.

8 M. CONDEMI, Commento all’articolo 144, in F. CAPRIGLIONE (a cura di),

Commentario al Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, op.

cit., p. 2368 ss.

9 F. CAPRIGLIONE, Commento all’articolo 4, in F. CAPRIGLIONE (a cura di), Commentario al Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, op. cit.

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Il TUB, tuttavia, pone anche dei vincoli di tipo sostanziale all’esercizio dei poteri di vigilanza della Banca d’Italia, come quello di definire le finalità che essa deve perseguire.

L’articolo 4 le impone poi di predeterminare i principi e i criteri di vigilanza, in modo da limitare l’ampiezza e la discrezionalità rimessale nell’adozione di provvedimenti particolari. In aggiunta a ciò, le impone anche l’obbligo di redigere una relazione annuale sull’attività di vigilanza.

In definitiva, la vigilanza si atteggia in modo variegato e con contenuti che “travalicano la significazione giuridica propria di tale termine”10. Nella scienza giuridica11, la vigilanza, al pari del controllo, designa un aspetto dell’agire umano di verificazione di regolarità in virtù dell’esercizio di una funzione propria o aliena.

10 M. CONDEMI, Commento all’articolo 144, in F. CAPRIGLIONE (a cura di),

Commentario al Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, op. cit.

11 V. BACHELET, L’attività di coordinamento nell’amministrazione pubblica

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Tale attività poggia su un rapporto di vigilanza-subordinazione12 tra organo controllante (la Banca d’Italia) e soggetti controllati, che si articola in una potestà di ordine (emanazione di un’ampia tipologia di atti amministrativi, quali autorizzazioni, approvazioni, proposte nomine, benestare, pareri nonché una serie di provvedimenti a carattere normativo, essenziali per il governo dell’attività creditizia e finanziaria); in una potestà di controllo (attraverso l’accertamento cartolare ed ispettivo, entrambi visti in funzione conoscitiva sia a fini di vigilanza) e, infine, in una potestà repressiva, che prevede l’adozione di provvedimenti sanzionatori di carattere amministrativo, ma con una natura atipica che risente di una spiccata influenza della materia penale, tanto da lasciare intendere una relazione di equiparazione con la sanzione penale, come verrà approfondito in seguito. Dunque, il potere della Banca d’Italia di irrogare sanzioni costituisce un momento fondamentale interno all’esercizio della funzione di vigilanza.

12 E. BANI, Il potere sanzionatorio delle autorità indipendenti. Spunti per

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1.1. La Banca d’Italia come Autorità amministrativa indipendente

Il modello istituzionale delle Autorità indipendenti, poste a tutela di interessi pubblici e privati di rilevanza costituzionale, si è largamente affermato nel nostro Paese, a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, congiuntamente ai processi di deregolazione, ossia di snellimento dell’apparato normativo che regola determinati settori dell’attività economica, e di delegificazione, vale a dire lo spostamento della disciplina di una determinata materia dal rango legislativo a quello regolamentare.

L’Ordinamento italiano e, con esso, i principali Stati europei, hanno guardato all’esperienza americana delle Indipendent Regulatory commissions13 al momento di adottare tale modello organizzativo.

13 R.E. CUSHMAN, The Indipendent Regulatory Commission, New York, 1941, illustra i caratteri del modello statunitense che si ritrovano ancora oggi nelle

Authorities: la garanzia di interessi diffusi e collettivi; l’indipendenza dal potere

politico; l’attribuzione di compiti normalmente ripartiti tra i diversi apparati dello Stato e, infine, il potere regolamentare e di decisione delle controversie.

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L’attività di regolazione, di vigilanza e di garanzia in importanti settori dell’economia, pertanto, è stata affidata a “organismi pubblici imparziali”14, caratterizzati da un elevato tasso di competenza tecnica e di professionalità, nonché da un marcato grado di indipendenza dall’indirizzo politico governativo, al fine di assicurare una tutela più incisiva e più specializzata15.

Le Autorità indipendenti non costituiscono una categoria omogenea. Si differenziano tra loro per la tipologia di funzioni svolte e per i settori di intervento. Inoltre, sono state istituite in tempi diversi e disciplinate secondo criteri non sempre omogenei. Risulta pertanto difficile darne una definizione unitaria.

Nonostante gli elementi di eterogeneità, tutte le Autorità indipendenti si caratterizzano per alcuni tratti comuni, tra cui l’esercizio di poteri neutri, concepiti come elementi temperanti e

14 F. SACCOMANNI, Indagine conoscitiva sulle Autorità amministrative

indipendenti, Roma, 2010, p. 2 ss.

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“moderatori” all’interno di sistemi politici che risentono spesso di logiche di breve periodo collegate ai cicli elettorali16.

Ulteriori elementi di somiglianza riguardano i rapporti con il parlamento, in particolare l’esercizio della cosiddetta advocacy, ossia il potere di sollecitare interventi legislativi ritenuti necessario nelle materie di competenza, così come la disciplina di nomina e di composizione degli organi, con particolare riferimento ai requisiti di professionalità, competenza e compatibilità. Infine, tutte le Autorità indipendenti sono caratterizzate da ampia autonomia organizzativa, funzionale e finanziaria.

La Banca d’Italia, nel quadro delle Autorità indipendenti17, si differenzia per la posizione unica che riveste nell’ordinamento, sia in relazione all’origine storica, sia in relazione al ruolo di banca centrale

16 M. CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, op. cit.

17 Fra le altre Autorità indipendenti, vale la pena ricordare la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS), l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM), l’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) e il Garante per la protezione dei dati personali.

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italiana e allo svolgimento delle attività di controllo, che si caratterizzano per molteplicità e complessità, come illustrato nel paragrafo 1. Questa sua atipicità è riscontrabile anche nell’apparato sanzionatorio, con riferimento ora alla tipologia delle sanzioni irrogabili, ora al procedimento di irrogazione18, anomalo e talvolta in contrasto con la disciplina delle sanzioni pecuniarie e con i principi generali in materia di sanzioni amministrative19.

1.2. Il ruolo della Banca d’Italia e quello del Ministero dell’Economia e delle Finanze prima della legge 28 dicembre 2005, n. 262

Al Ministero dell’Economia e delle Finanze sono attribuite importanti funzioni nell’ambito dell’ordinamento creditizio, quali quelli di determinare, sentita la Banca d’Italia, i requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza degli esponenti aziendali

18 E. BANI, Il potere sanzionatorio delle autorità indipendenti. Spunti per

un’analisi unitaria, op. cit.

19 V. cap. 1, par. 2 in cui si analizza la legge di depenalizzazione, 24 novembre 1981, n. 689.

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delle banche, ai fini della concessione dell’autorizzazione dell’attività bancaria (ex articoli 25 e 26 TUB), nonché il potere di aprire procedimenti di amministrazione straordinaria e di liquidazione coatta amministrativa, su proposta della Banca d’Italia (ex articoli 70 e 80 TUB).

Il Ministero, tuttavia, ricopriva anche un ruolo fondamentale nella procedura sanzionatoria in materia bancaria, fino all’entrata in vigore della legge 28 dicembre 2005, n. 262 che ha trasferito le sue funzioni alla Banca d’Italia, in virtù dell’articolo 26. In particolare, fino ad allora esisteva una sorta di “mezzadria”20 con la Banca d’Italia, la quale si limitava ad accertare e contestare le irregolarità, ma era sottratta all’emanazione del provvedimento sanzionatorio, che era invece affidata al Ministero21.

20 E. BANI, Il potere sanzionatorio delle autorità indipendenti. Spunti per

un’analisi unitaria, op. cit.

21 M. CONDEMI, Commento all’articolo 144, in F. CAPRIGLIONE (a cura di),

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1.3. La potestà repressiva della Banca d’Italia e la separazione della fase istruttoria e dell’irrogazione della sanzione amministrativa

La Banca d’Italia, in una logica di efficace concentrazione delle competenze in capo al medesimo organo pubblico e in virtù della sua potestà repressiva, è investita non soltanto del ruolo di protagonista della fase istruttoria, volta all’accertamento dell’infrazione - nella quale sono da ricondurre i momenti della valutazione dei fatti e della loro conseguente sussunzione in fattispecie normative astratte - ma anche del ruolo di soggetto addetto all’irrogazione della sanzione, che costituisce una fase del tutto distinta dalla precedente. Questa concentrazione di ruoli se, per un verso, consolida il modello pubblicistico dell’azione di controllo, per un altro, espone la procedura sanzionatoria al rischio di commistione delle due fasi, in ragione dell’appartenenza dei componenti degli organi assegnatari22. Sul punto si è espresso anche il Legislatore che, ai sensi dell’articolo 24, comma 1 della legge 28 dicembre 2005, n.

22 M. CONDEMI, Commento all’articolo 144, in F. CAPRIGLIONE (a cura di),

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262, ha imposto alla Banca d’Italia23 di disciplinare “le modalità organizzative per dare attuazione al principio della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie rispetto all’irrogazione della sanzione”.

La Banca d’Italia è intervenuta dapprima con il Provvedimento del 27 giugno 2011 e da ultimo con il Provvedimento 3 maggio 2016, dettando i criteri per rispettare la “separatezza” imposta dal Legislatore, al fine di garantire il “buon funzionamento e l’efficacia” dell’azione sanzionatoria. In particolare, si prevede che sia il Servizio Coordinamento e Rapporti con l’Estero ad eseguire gli accertamenti necessari e formulare una proposta al Direttorio, che invece è addetto all’irrogazione della sanzione. Tuttavia, questa separazione risulta essere poco incisiva in risposta a quanto richiesto dall’articolo 24 della legge 262/2005, tenuto conto che i soggetti preposti alle due fasi rappresentano suddivisioni del medesimo organo amministrativo e sono posti, per altro, in relazione di subordinazione agendo sotto l’autorità e la supervisione del Governatore della Banca d’Italia. Il

23 L’articolo 24 della legge 28 dicembre 2005 si riferisce anche alla CONSOB e all’IVASS.

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rischio è quello che l’organo decidente si limiti ad aderire passivamente per relationem alla proposta sanzionatoria che proviene dai sui stessi uffici24.

Appare utile, al fine di risolvere la questione, la sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV 9 febbraio 2015, n. 657 che annulla il provvedimento con cui il Ministero dell’Economia e delle Finanze dispone l’amministrazione straordinaria della Banca Popolare di Spoleto. Il Ministero si era limitato a rinviare per relationem la proposta formulata dalla Banca d’Italia. Il problema non era il rinvio per relationem in sé, quanto piuttosto l’adesione del Ministero, in mancanza di un riesame analitico di una autonoma valutazione critica della proposta della Banca d’Italia.

Il principio vincolante dell’autonoma valutazione, che risponde all’esigenza di tutelare la separazione della fase istruttoria e quella decisoria, non si applica soltanto quando il decidente appartiene ad un organismo di diritto pubblico differente dal requirente; ma, a maggior ragione, deve valere anche “quando

24 S. AMOROSINO, La regolazione pubblica delle banche, Milanofiori Assago, 2016, p. 145 ss.

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l’organo decidente fa parte del medesimo organismo amministrativo cui appartiene l’ufficio requirente”25.

2. Le sanzioni amministrative irrogate dalla Banca d’Italia

La sanzione amministrativa pecuniaria rappresenta il principale strumento punitivo che può adottare la Banca d’Italia, nell’esercizio della sua potestà repressiva.

La disciplina dell’istituto, ai sensi del Testo Unico Bancario, è in larga parte influenzata dalla legge 24 novembre 1981, n. 689, che individua un regime generale applicabile a tutte le sanzioni amministrative e, di conseguenza, anche a quelle bancarie. Tra i tratti comuni alla disciplina generale e a quella speciale si possono prendere in esame gli articoli 7 e 28 della legge 689/1981, che fanno riferimento alla prescrizione e all’intrasmissibilità dell’obbligazione al pagamento della sanzione pecuniaria.

25 S. AMOROSINO, La regolazione pubblica delle banche, Milanofiori Assago, 2016, p. 145 ss.

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L’articolo 28 della legge 689/1981 stabilisce che “il diritto a riscuotere le somme per le violazioni indicate (…) si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione”. Dunque, esso attribuisce valore anche al tempo decorso prima dell’emanazione del provvedimento sanzionatorio, poiché il dies a quo del termine della prescrizione è individuato nel “giorno in cui è stata commessa la violazione” che, necessariamente, dovrà essere un momento anteriore rispetto all’emanazione del provvedimento26. L’oggetto della disciplina della prescrizione, pertanto, non è soltanto l’obbligazione pecuniaria nascente dalla sanzione ma è l’illecito amministrativo stesso, il cui accertamento si perfezione prima del provvedimento. Di conseguenza, tale disciplina è applicabile sia in relazione alle sanzioni pecuniarie previste dalla legge 689/1981, sia in relazione a quelle di natura diversa, poiché anche per esse si verifica un momento di perfezionamento ed

26 G.G.A. DATO, voce, Prescrizione, in A. CAGNAZZO, S. TOSCHEI (a cura di), La sanzione amministrativa. Principi generali, Torino, 2012, p. 663 ss.

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accertamento dell’illecito anteriore rispetto a quello della decisione27.

L’articolo 7 della legge 689/1981, invece, dispone che “l’obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione non si trasmette agli eredi”. La personalità dell’obbligazione induce a ritenere che la disciplina generale sia applicabile a tutti i tipi di sanzione amministrativa. Ad avviso della giurisprudenza, la morte del sanzionato determinerebbe non soltanto l’intrasmissibilità agli eredi dell’obbligazione pecuniaria, ma anche l’estinzione dell’obbligazione a carico dell’obbligato solidale28.

L’affermazione del principio di intrasmissibilità dell’obbligazione di pagare la somma dovuta, implica che l’obbligazione pecuniaria nascente è sì un’obbligazione ma, soprattutto, anche una pena, essendo caratterizzata da un carattere

27 M.A. SANDULLI, Le sanzioni amministrative pecuniarie. Principi

sostanziali e procedimentali, Napoli, 1983, p. 120 ss.; C.E. PALIERO, A.

TRAVI, voce, Sanzioni amministrative, in Enc. Dir., XVI, Milano, 1989, p. 393 ss.

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personalissimo che prevale sul principio della trasmissione della responsabilità patrimoniale.

La disciplina della sanzione amministrativa della Banca d’Italia presenta dei tratti peculiari, che sono frutto degli aggiornamenti legislativi operati dalla legge 28 dicembre 2005, n. 262. In particolare, questa modifica i criteri di commisurazione della sanzione pecuniaria nella parte in cui si riferisce agli importi edittali, andando a creare un apparato distinto da quello della disciplina generale29.

L’articolo 39 della legge 262/2005 ha previsto la quintuplicazione dei limiti edittali della sanzione pecuniaria, allo scopo di adeguarli all’inflazione e di accrescerne l’afflittività. Tale deroga amplia il potere di scelta della Banca d’Italia nell’irrogazione delle sanzioni e ha fatto dubitare della loro costituzionalità, in quanto un’oscillazione così ampia fra minimo e massimo edittale potrebbe rendere arbitraria l’irrogazione del provvedimento sanzionatorio.

29 V. articolo 10 legge 689/1981, ai sensi del quale “fuori dai casi espressamente

stabiliti dalla legge, il limite massimo della sanzione amministrativa pecuniaria non può, per ciascuna violazione, superare il decuplo del minimo”.

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Tuttavia, la giurisprudenza30 ha escluso l’esistenza di un tale rischio dal momento che, anche alle fattispecie sanzionatorie previste nel settore bancario, debbano ritenersi applicabili i criteri generali previsti dall’articolo 11 della legge 689/198131, nella parte in cui fa riferimento “alla gravità della violazione, all’attività svolta dall’agente per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche”.

In ambito bancario i parametri dettati dalla disciplina generale troveranno applicazione in fattispecie di illecito di mera trasgressione ovvero inserite nella realtà societaria, cioè il contesto in cui gli agenti si trovano ad operare in una rete di rapporti colleganti i diversi livelli dell’organizzazione aziendale.

Di conseguenza, tali parametri dovranno essere integrati dai criteri per la commisurazione dell’importo delle sanzioni forniti dal

30 V. Cass. Civ., sez. I, 19 aprile 2005, n. 8196. 31 V. Cap 1, par. 3.

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Provvedimento della Banca d’Italia del 3 maggio 201632, che contiene la disciplina sanzionatoria e procedurale della Banca d’Italia.

Il Provvedimento del 3 maggio del 2016, inoltre, adegua la procedura sanzionatoria alle innovazioni introdotte dalla direttiva comunitaria CRD IV, 26 giugno 2013, n. 3633 e al nuovo assetto derivante dall’avvio del Meccanismo di Vigilanza Unico (MVU), istituito dal regolamento dell’Unione Europea 15 ottobre 2013, n. 1024. In particolare, è stata prevista l’attribuzione alla Banca Centrale Europea di poteri sanzionatori diretti.

32 Questo fa riferimento all’attività svolta dai soggetti sottoposti alla procedura sanzionatoria per eliminare od attenuare le conseguenze dell’infrazione, nonché al grado di responsabilità personale del soggetto imputato, in relazione agli elementi informativi disponibili.

33 La Direttiva CRD IV ha armonizzato il regime sanzionatorio della Banca d’Italia, al fine di garantire una maggiore efficacia. Essa prevede l’applicabilità di sanzioni sia nei confronti di persone fisiche che delle persone giuridiche ed affianca alla tradizione sanzione pecuniaria altre misure di natura non patrimoniale, quali il temporany ban (interdizione temporanea) e il cease and

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