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Macrofouling portuale della costa labronica dell'alto Tirreno (Livorno, Toscana, Italia): dinamiche di comunità autoctone e specie aliene

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Biologia

Corso di Laurea Magistrale in Biologia Marina

Tesi di Laurea

Macrofouling portuale della costa labronica dell’alto

Tirreno (Livorno, Toscana, Italia): dinamiche di

comunità autoctone e specie aliene

Relatori: Candidato:

Prof. Alberto Castelli Jonathan Tempesti

Dott. Joachim Langeneck

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“Perché la diversificazione biologica abbia ampio

respiro, sono necessari lunghi periodi di tempo, su scala geologica, nonché l’accumulo di grandi riserve di geni unici. Gli ecosistemi più ricchi si sono costituiti con lentezza nel corso di milioni di anni. Inoltre, solo casualmente alcune specie sono in condizione di trasferirsi in zone nelle quali è necessario un adattamento a situazioni inusuali; un adattamento, tra l’altro, tale da produrre un fatto spettacolare e da ampliare i confini della diversità. […] Sono necessari un colpo di fortuna, un lungo periodo di tentativi, di sperimentazione, e di errori. Una simile creazione è parte della storia che fu. Al pianeta mancano i mezzi, e a noi difetta il tempo, per poterla vedere ripetuta.”

Edward O. Wilson

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INDICE

1. INTRODUZIONE

……… 1

1.1. Il Mar Mediterraneo ………..….. 1

1.2. Le aree portuali come “ecosistemi” ………..…… 2

1.3. Il benthos ………. 4

1.3.1 Il fouling ………..…………..……. 6

1.4. Le specie alloctone ………..……..… 13

1.4.1. Vettori di diffusione ………..……… 15

1.5. Scopo del lavoro ………..….……… 17

2. MATERIALI E METODI

………..….. 19

2.1. Inquadramento dell’area di studio ……….. 19

2.1.1. Il porto di Livorno ……….…… 20

2.1.2. Il Molo Nazario Sauro ………..……….. 22

2.1.3. Il Molo di Ardenza ……….……..… 23

2.1.4. Il Molo di Antignano ……… 24

2.2. Campionamento ………..……….……….. 25

2.2.1. Disegno di campionamento ……….……….… 25

2.2.2. Prelievo e trattamento dei campioni ……….…… 26

2.3. Analisi statistica, multivariata e indici ………...… 28

2.3.1. Analisi con PRIMER-E ………..…………..….. 28

2.3.1.1. Analisi degli indici di diversità (DIVERSE) ………..…..…… 28

2.3.1.2. Clustering ………..………….. 29

2.3.1.3. MultiDimensional Scaling (MDS) ……….……….….. 29

2.3.1.4. ANOSIM ………. 30

2.3.1.5. SIMPER ……….………. 30

2.3.1.6. Analisi con PERMANOVA ………..…. 30

2.3.2. Alien Biotic IndEX (ALEX) ………..………..…… 30

3. RISULTATI

………...….. 33

3.1. Habitat formers ..………..……….. 33

3.2. Analisi delle comunità del macrozoofouling ………..……….. 34

3.3. Analisi con PRIMER-E ………..……….……… 36

3.3.1. Indici di diversità (DIVERSE) ……….. 36

3.3.2. Clustering ……….………..………..…… 37

3.3.3. MDS ………..…… 38

3.3.4. ANOSIM ……….……….…… 38

3.3.5. SIMPER ………….……….……….……… 39

3.3.4. Analisi con PERMANOVA ……….……….…….. 49

3.4. Analisi sulle specie alloctone ………..…. 52

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5. CONCLUSIONI

……….………..….. 74

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1. INTRODUZIONE

1.1. IL MAR MEDITERRANEO

Il Mar Mediterraneo è un mare oligotrofico, semichiuso sul quale si affacciano Europa, Asia e Africa (Figura 1.1).

Presenta una superficie approssimativa di 2,5 milioni di km2 e i suoi unici collegamenti con gli oceani sono rappresentati dallo Stretto di Gibilterra, tramite il quale si collega con l’Oceano Atlantico, il canale artificiale di Suez, che crea una via di scambi con l’Oceano Indiano tramite il Mar Rosso, mentre presenta un ulteriore collegamento più interno col Mar Nero attraverso lo Stretto dei Dardanelli, il Mar di Marmara e il Bosforo (Cerrano et al., 2004). Le temperature medie stagionali oscillano fra i 12°C e i 18°C in inverno e fra i 23°C e i 30°C in estate; annualmente le temperature hanno estremi compresi fra i 10°C e i 32°C (Parlamento Europeo del Mediterraneo). A causa degli scarsi collegamenti con l’oceano le maree sono molto limitate e il ricambio delle acque è molto lento (tempo di rinnovo di 80 anni circa). Questi aspetti rendono il bacino vulnerabile alle influenze di diversi fattori di origine

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e lo sfruttamento delle risorse; si stima che solo i flussi turistici contribuiscono almeno per il 7% all’inquinamento del bacino. Il Mediterraneo è una delle principali eco-regioni del pianeta, e risulta essere, per la sua ricchezza di biodiversità, tra i più importanti ecosistemi del mondo. Grazie alle sue caratteristiche climatiche, la fauna e la flora del Mediterraneo si sono evolute in milioni di anni in una combinazione unica di elementi temperati e subtropicali, con una percentuale relativamente numerosa (28%) di specie endemiche (Fredj et al., 1992; Bianchi & Morri, 2000). Nel Mediterraneo si riscontrano 10.000-12.000 specie marine; questa diversità specifica così ricca rappresenta dall’8 al 9% del numero totale di specie marine al mondo e ancora oggi se ne rilevano di nuove nelle aree inesplorate (Danovaro et al., 2010). Questi dati evidenziano quanto questo mare sia importante a livello di biodiversità e quanto sia importante il suo monitoraggio. D’altro canto l’attuale biodiversità del Mediterraneo sta subendo una rapida alterazione provocata dai cambiamenti climatici e dall’impatto delle attività antropiche sugli ecosistemi. L’indebolimento degli ecosistemi è legato anche alla presenza di specie alloctone invasive, che nel Mediterraneo sono sempre più abbondanti (ISPRA, 2008).

1.2. LE AREE PORTUALI COME “ECOSISTEMI”

L’esplorazione e lo sfruttamento delle risorse in ambiente marino implica spesso cambiamenti della struttura dell’habitat ad opera di strutture ingegneristiche, quali ad esempio piattaforme, sealines e cavidotti, che possono produrre effetti di vario tipo sugli ecosistemi marini (Westerberg, 1994; Peterson, 2001; Jensen et al., 2003; Petersen & Malm, 2006). L’effetto della costruzione e dell’installazione di tali opere sulle comunità macrozoobentoniche è stato ampiamente studiato e valutato, e spesso identificato attraverso le risposte delle comunità macrozoobentoniche in termini di

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medio-lunga) incrementi dell’abbondanza totale degli organismi e della loro biodiversità a causa della diversificazione degli habitat in termini di granulometria e ridistribuzione delle risorse (Daan & Mulder, 1996; Moshchenko et al., 2005). L’interesse per il sistema portuale è legato alla notevole diversificazione delle sorgenti antropiche presenti che generano lo specifico “clima socio-ambientale” (e.g. attività operative, operazioni di approdo e di partenza dei natanti, movimentazione merci, operazioni cantieristiche, emissioni da parte degli impianti di bordo, degli avvisatori acustici e dei sistemi di propulsione delle navi) e da quelle indotte (e.g. traffico veicolare, ferroviario). Il clima ambientale generato negli intorni portuali non è sempre esclusivamente sinonimo di effetti negativi nei confronti delle comunità esposte (disturbo, fastidio, effetti sulla salute) ma anche di presenza di vita e di attività. Per il conseguimento della sostenibilità e per la difesa del territorio rivestono una fondamentale importanza le politiche pubbliche, un accurato studio del sistema dei trasporti ed anche la disponibilità di investimenti specifici nelle tecnologie ambientali. Secondo l’approccio puramente utilitaristico che caratterizza la gestione dell’ambiente abitato, i porti sono infrastrutture prive di qualsiasi interesse che non sia legato al loro ruolo turistico-mercantile e tutto ciò che non riguardi la destinazione d’uso non viene considerato, o considerato solo in maniera marginale. In particolare, i pattern e i processi caratteristici degli ecosistemi degli ambienti portuali risultano tutt’oggi molto meno conosciuti rispetto a quelli tipicamente marini. Dal punto di vista ecologico, i porti possono essere considerati ecosistemi confinati fortemente condizionati dai vari interventi umani in cui, sugli organismi, agisce una forte pressione selettiva (Cognetti & Maltagliati, 2005). Le aree portuali rappresentano particolari ecosistemi le cui comunità biologiche sono in grado di adattarsi in risposta alle variazioni dei parametri chimico-fisici influenzati da molteplici fattori. L’ecosistema portuale e quello marino prospiciente, inoltre, si influenzano reciprocamente sia a livello biotico che abiotico, con un costante interscambio che viene ulteriormente facilitato dal traffico marittimo. Tra le zone più interne del porto e l’ambiente marino si vengono poi a creare gradienti ecologici più o meno netti e/o ecosistemi tampone, in relazione alla topologia costiera e del porto stesso (Tempesti

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fenomeno alieno, al quale viene dedicata attenzione soltanto quando il danno e l’intralcio causati all’efficienza e alla sicurezza acquistano un peso economico ed un’evidenza non più trascurabili. In una visione meno grossolana e non esclusivamente strumentale, i porti sono sistemi ambientali semplici, riconducibili alla situazione di specchi d’acqua lagunari fortemente condizionati dall’intervento umano e dall’azione del traffico marittimo, ma restano comunque sistemi che presentano dei popolamenti molto ricchi. Per quanto semplificati rispetto agli ambienti cosiddetti naturali, le aree portuali appaiono come sistemi seminaturali complessi, tanto più stabilizzati quanto più essi sono antichi ed inseriti in un bacino biogeografico ricco di biodiversità (C.I.R.P.I.E.T., Giugno 2004).

1.3. IL BENTHOS

Il benthos (dal greco βένθος, “profondità del mare” [Hickman et al., 2012]) rappresenta il complesso di organismi animali e vegetali, sia fissi sia mobili, che sono a contatto con il fondo del mare o delle acque interne, dalla parte più alta della zona litorale fino alle massime profondità (Smith & Smith, 2012). La frazione del benthos presa in analisi in questo studio è rappresentata dal macrozoobenthos. I macroinvertebrati bentonici rappresentano un insieme di organismi molto importanti per la rete trofica degli ecosistemi marini, poiché essi sono coinvolti nei processi di demolizione della sostanza organica e costituiscono essi stessi una fonte alimentare per molte specie demersali e nectoniche. In questa porzione del benthos si ritrovano diversi phyla quali Anellida (Lamarck, 1809), Mollusca (Cuvier, 1797), Arthropoda (Latreille, 1829) ed Echinodermata (Klein, 1734); lo studio di queste comunità si rivela quanto mai utile per fornire una diagnosi della qualità dell’ambiente. Tra i vari compartimenti, il benthos è quello che, nelle indagini sugli ecosistemi acquatici,

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risultante di interazioni di molteplici fattori. Grazie agli stretti rapporti che le specie bentoniche contraggono con il fondale, alla presenza di un ciclo vitale abbastanza breve da permettere una colonizzazione veloce dell’ambiente, ma relativamente lungo se paragonato a quello degli organismi di altri compartimenti, l’analisi del benthos può fornire informazioni complete e a lungo termine circa le condizioni globali del sistema (Giangrande et al., 2009). In relazione al fatto che i macroinvertebrati marini giocano un ruolo fondamentale nel determinare la struttura ed il funzionamento del comparto bentonico ed inoltre, spesso, mostrano risposte ben definite alle variazioni ambientali, in particolare ai fattori di stress che influenzano la struttura, la chimica e, in generale, la qualità del sedimento, essi sono da lungo tempo considerati ottimi candidati per lo studio degli impatti. In questo contesto, lo studio della comunità macrozoobentonica risulta di fondamentale importanza, in quanto indicata come uno degli elementi di qualità sui quali basare la determinazione dello stato ecologico dei sistemi marino-costieri (Quintino et al., 2006). Lo studio delle comunità bentoniche riveste particolare importanza in ambienti ampiamente sfruttati dall’uomo (Giangrande et al., 2009), dove è presente una notevole pressione antropica, tra le quali devono essere annoverate le aree portuali. Le comunità bentoniche degli ambienti costieri sono generalmente considerate comunità controllate principalmente da parametri fisici (Sanders, 1969; Covazzi-Harriague & Albertelli, 2007), ovvero comunità in cui tali parametri variano ampiamente e gli organismi che le compongono sono esposti ad un elevato grado di disturbo. In generale i popolamenti degli ambienti costieri antropizzati sono costituiti, se confrontati con i popolamenti di altri ambienti, da comunità animali e vegetali semplificate, con un numero di specie relativamente basso. Le comunità bentoniche presenti mostrano, inoltre, specifici adattamenti sia morfologici sia ecologici per resistere all’idrodinamismo intenso e all’instabilità dei sedimenti. Generalmente, infatti, tali comunità sono caratterizzate dalla dominanza di organismi filtratori e detritivori (Sanders, 1956; Pérès & Picard, 1964; McIntyre & Eletheriou, 1968; McLachlan et al., 1981; Dolbetti et al., 2009) e da forme libere sia dell’epifauna che dell’infauna. Gli adattamenti del macrobenthos, insieme all’eterogeneità spaziale e temporale dell’habitat, rivestono un ruolo essenziale nel regolare la distribuzione

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l’abbondanza delle diverse comunità biotiche sono spesso difficili da discernere.

1.3.1. Il fouling

Per fouling si intende qualsiasi associazione di organismi marini di substrato duro artificiale o anche di substrato naturale artificialmente immerso, a prescindere dal luogo, dalla data e dalla durata dell’immersione; tale associazione non è definibile dal punto di vista biocenotico come entità univoca e distinta, ma varia con il mutare delle molteplici situazioni ambientali (Relini, 1977). Il fouling, quindi, non è solo il complesso di organismi dei substrati duri portuali o dei natanti, ma questi rappresentano soltanto alcuni tipi di fouling; esiste inoltre una sostanziale diversità sia qualitativa che quantitativa tra le associazioni che si costituiscono in ambiente portuale e quelle di acque esterne (Relini et al., 1973; Relini, 1974). Esse sono composte da aggregati di organismi a corpo molle (muniti cioè di scheletri idraulici), e da altri organismi animali e vegetali protetti da scheletri calcarei. Il termine fouling deriva dall’inglese to foul che significa letteralmente, “sporcare” o “inquinare”. Il fouling è l’aspetto dei porti che maggiormente riguarda i tecnologi dei traffici marittimi ed i biologi che si occupano di biologia marina applicata alle aree lagunari. La formazione di “barbe” e “croste” sulle chiglie immerse dei natanti causa una lunga serie di danni che si possono riassumere nei seguenti punti:

• Distruzione dei legni sommersi per attacco delle teredini e di isopodi lignivori; • Corrosione dei metalli per l’azione diretta e indiretta degli organismi sulle

superfici;

• Incremento abnorme del peso dei natanti a causa delle biomasse del fouling attaccate alle superfici sommerse;

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Il fouling portuale si caratterizza per le grandi masse che esso raggiunge (Figura 1.2a-b), soprattutto in conseguenza degli aumenti della temperatura delle acque e della loro produttività.

Il biofouling può essere suddiviso in microfouling e macrofouling in base alla dimensione degli organismi, nonostante il limite tra le due categorie sia, talvolta, variabile (Relini & Faimali, 2003), e comprende più di 4000 specie (Arai, 2009; Bai

et al., 2013; Buskens et al. 2013). Responsabili dei maggiori aumenti di peso sono i

gusci calcarei di balani, policheti serpulidi e molluschi bivalvi, e l’altissimo volume di acqua che costituisce gli scheletri idraulici degli organismi gelatinosi. Fra i primi organismi i maggiori valori, in termini di peso, sono legati ai popolamenti di ostriche, ai banchi di mitili e di balani e i briozoi crostosi (e.g. Schizoporella sp.), non solo per i pesi specifici di gusci e conchiglie, ma anche per il fango che si accumula all’interno delle cavità calcaree una volta che il singolo animale secretore del guscio è morto. Fra i secondi gli organismi che più contribuiscono all’aumento di peso sono gli ascidiacei, in particolare quelli rappresentati da grossi individui solitari. Gli organismi del fouling mostrano potenzialità stupefacenti di crescita, riproduzione, diffusione nello spazio e moltiplicazione. Per la più gran parte essi appartengono a specie a strategia “r”, che realizzano accrescimenti esponenziali delle popolazioni. Si aggiunga a ciò la resistenza agli agenti inquinanti, la capacità di metabolizzare i composti tossici e di produrre una varietà di genotipi che esprimono tutte le possibilità

Figura 1.2 a) Formazioni di biofouling su banchine galleggianti (da www.imo.org) e b) Formazioni di biofouling su substrato emerso (da www.cawthron.org.nz/biosecurity/news/2016/could-bubbles-be-blow-biofouling).

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molluschi che formano il bisso, i briozoi, i crostacei cirripedi, gli idroidi, i policheti serpulidi e le ascidie (Floerl & Inglis, 2005; Karlson & Osman, 2012; Mineur et al., 2012). I primi studi sul fouling risalgono agli anni ’20, e videro la luce nel Regno Unito. Ricerche sul fouling venivano successivamente compiute nei laboratori oceanografici di Woods Hole nel Massachusetts e di La Jolla in California, oltre che altri istituti minori. Nel Regno Unito si sono distinti i Laboratori dell’Istituto di Oceanografia di Southampton e quello dell’Università di East Anglia. In Germania si distingue l’Institut fuer Meereskunde di Kiel. In Francia sono particolarmente attivi la Stazione Marina di La Rochelle e quella di Endoume, presso Marsiglia.

La sequenza della colonizzazione, la biodiversità, il grado di copertura delle comunità di fouling, dipendono fortemente dal tipo di substrato, dalla tensione critica superficiale del materiale stesso, dal periodo in cui avviene l’evento, e soprattutto dalle caratteristiche dell’ambiente in cui si sviluppa (idrodinamismo, profondità, quantità della luce, livello trofico). Nonostante l’incidenza di tali fattori, è possibile descrivere in modo schematico la dinamica degli eventi dal momento in cui un corpo viene immerso (Figura 1.3):

1) Entro pochi minuti inizia la deposizione di un biofilm macromolecolare costituito prevalentemente da polisaccaridi e proteine. Questo materiale organico si trova disciolto nell’acqua e deriva dalla decomposizione di organismi vegetali ed animali, ovvero rappresenta gli acidi umici presenti in mare. Il processo di formazione di questo primo involucro, che si realizza nel tempo di 1-3 giorni, rappresenta un evento condizionante, in quanto nessun organismo, vivente o morto, e nemmeno il particellato inorganico, possono depositarsi prima che tale rivestimento sia completato (Baier, 1999; Relini et

al.,1974).

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progressivamente dominante (Baier, 1999). Il biofilm microbico che viene a formarsi in questa fase è caratterizzato dalla produzione, talvolta molto abbondante, di secrezioni collose di natura mucopolisaccaridica (Davis & Williamson, 1995).

3) Mentre a livello del biofilm microbico prosegue la moltiplicazione dei microrganismi primari e la loro produzione di essudati, si verifica un’ulteriore assorbimento di macromolecole organiche e di nuovi microrganismi di varie forme, bastoncellare, sferica, filamentosa (Baier, 1999).

4) La crescita del biofilm microbico, anche grazie all’aumento dimensionale degli organismi filamentosi, si realizza non solo come aumento di spessore, ma è generalmente caratterizzata dalla formazione di vere e proprie appendici filamentose che agevolano la cattura e l’adesione di spore, microalghe, funghi e protozoi (Persoone, 1971), oltre che di particelle inorganiche (Baier, 1999). È a questo stadio che, solitamente, dopo circa una settimana dall’immersione, inizia la colonizzazione da parte di organismi pluricellulari, sia produttori primari che degradatori (Davis & Williamson, 1995).

5) L’ultimo stadio di sviluppo è rappresentato dall’attecchimento e dalla crescita di organismi più complessi, tra cui tipicamente macroalghe e numerosi invertebrati marini. Tra questi ultimi sono ovunque ben rappresentati i cirripedi balanidi (Baier, 1999), i briozoi, i policheti e i bivalvi (Persoone, 1971).

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In Figura 1.4 è riportato lo schema con i vari stadi di successione rilevati da Scheer (1945) nelle acque portuali di Newport (California); secondo l'autore lo stadio di

climax o di equilibrio dinamico si raggiunge con la dominanza dei mitili. Lo schema

risulta molto utile anche se posto in relazione alle acque portuali italiane, in quanto l'andamento della colonizzazione si manifesta in modo simile. Generalizzando vediamo che è possibile distinguere un fouling primario da un fouling secondario; il primo è costituito da tutti quegli organismi capaci di insediarsi sulle superfici vergini, mentre il secondo è caratterizzato dagli organismi che necessitano di un certo grado di colonizzazione del substrato per il proprio insediamento. Ovviamente esistono organismi indifferenti al grado di colonizzazione del substrato e possono appartenere sia al fouling primario che a quello secondario. Come esempio di queste tre categorie si possono indicare le microalghe quali appartenenti al fouling primario, i mitili quali appartenenti al fouling secondario ed i balani come classico esempio di organismi indifferenti al grado di colonizzazione del substrato.

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In molti porti italiani l'associazione di fouling assume l'aspetto qualitativo definitivo in tempi molto brevi compresi tra i 6 e i 12 mesi (Relini, 1980), ma si può parlare di

climax solo con molta prudenza; il porto è notoriamente un ambiente inquinato in cui

l'influenza delle attività umane è notevole e pertanto le comunità incrostanti mature dei porti potrebbero essere piuttosto dei disclimax o dei sub-climax antropici, in cui la successione della comunità non è determinata solo da fattori climatici, edafici e biologici, ma ad essi si aggiungono fattori determinati dalle attività umane, che alterano il processo naturale (Cornello, 1995).

Molte specie del fouling si insediano naturalmente in zone diverse e hanno un diverso modello di colonizzazione del substrato (Prendergast, 2010) (Figura 1.5). Tre ipotesi furono inizialmente proposte per spiegare questo meccanismo di selezione:

1) le larve si depositano casualmente e possono attaccarsi al substrato quando trovano le giuste condizioni;

2) le specie che hanno uno stadio mobile adulto scelgono il substrato adatto solo dopo una prima fase di insediamento casuale;

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specifica e adeguata nella colonna d'acqua.

Ma presto si è capito che il le larve di molte specie possono scegliere attivamente il substrato e stabilirsi solo quando trovano la perfetta combinazione di fattori biotici e abiotici, come la topografia superficiale, il flusso d'acqua e le proprietà chimiche (Prendergast, 2010). Inoltre, altri fattori si sono dimostrati importanti, come i segnali dagli adulti conspecifici, gli organismi preda e il tipo di substrato (Nobuhiro, 2004). Il grado di sviluppo del biofouling è correlato a diversi fattori e a molti parametri ambientali, che guidando sinergicamente il processo di colonizzazione del substrato. I più importanti fattori ambientali coinvolti in questo processo biologico includono e includono la luce, la temperatura, la pressione, la disponibilità trofica e

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basso, le alghe coralline rappresentano la forma di crescita algale prevalente (Cowie, 2010) e nelle acque profonde le specie fotosintetiche sono assenti nella comunità incrostante. È stato anche notato che le parti inferiori ombreggiate di superfici immerse hanno spesso una crescita più ricca rispetto alle superfici verticali o non ombreggiate (Visscher 1927; Coe & Allen 1937; Glasby & Connel, 2001). La temperatura segue la stessa tendenza della luce, diminuendo con l'aumentare della profondità, mentre per la pressione è esattamente l'opposto. In generale, il processo di formazione del fouling è più evidente nelle zone temperate (Cao et al., 2011). La temperatura sembra essere, inoltre, il principale fattore che limita la distribuzione geografica degli animali marini e la determinazione dei loro periodi riproduttivi (Woods Hole Oceanographic Institution, 1952). L’idrodinamismo è un fattore importante per due motivi principali: 1) può prevenire o interferire con il processo di adesione al substrato e 2) guida la dispersione larvale planctonica (Cowie, 2010). Inoltre, il biofouling è noto per essere più sviluppato nelle acque basse lungo la costa e nei bacini portuali, dove è disponibile un elevato apporto di sostanze nutritive (Cao

et al., 2011).

Tutte le infrastrutture marine sono potenziali substrati per l'insediamento di specie non native (non indigenous species, NIS), che sono note per competere per lo spazio con organismi autoctoni. Come suggerito da Dafforn (2017), ci sono alcune semplici procedure per ridurre la possibile colonizzazione dei substrati di NIS:

1) manipolare i substrati per favorire l'insediamento di specie native rispetto alle NIS (per esempio, i substrati naturali favoriscono il reclutamento nativo); 2) facilitare la diffusione e l'accesso a strutture per pascolatori e predatori nativi; 3) considerare i tempi di pulizia / costruzione operazioni, al fine di evitare il

periodo in cui la pressione di fouling è al massimo livello.

1.4. LE SPECIE ALLOCTONE

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utilizzati come sinonimi, da questa definizione esulano le specie che hanno spontaneamente raggiunto il Mediterraneo per naturale aumento del loro areale di distribuzione, le quali vengono definite da Occhipinti-Ambrogi et al. (2011) come specie non native. Recentemente, le registrazioni di specie non indigene sono notevolmente aumentate, soprattutto nelle aree portuali frequentati dal commercio e dal traffico navale intercontinentale (Monniot et al, 1985; Galil, 2000; Occhipinti-Ambrogi & Savini, 2002, 2003; Lambert & Lambert, 2003; Mastrototaro et al, 2004). Le invasioni di specie aliene rappresentano una delle maggiori conseguenze dei cambiamenti climatici indotti dall’uomo in ambiente marino e possono provocare notevoli effetti ecologici. Le specie invasive possono alterare le aree invase influenzando sia le singole specie attraverso cambiamenti morfologici o comportamentali, sia l’intera struttura di una comunità. Tali effetti possono essere amplificati quando le specie invasive sono in grado di modificare la struttura degli habitat creando effetti permanenti sui sistemi marini. Alcune di queste specie sono inoltre considerate degli ecosystem engineers (Wright & Jones 2006) e sono in grado di influenzare tutti gli habitat marini con effetti più seri su substrati omogenei ed incoerenti (Crooks & Khim, 1999).

Secondo Boero (2002), un invasore biologico deve presentare le seguenti caratteristiche:

1) la possibilità di essere trasportato a bordo per una lunga distanza;

2) la capacità di passare attraverso il collo di bottiglia e di essere un "fortunato" fondatore;

3) capacità pre-adattiva;

4) la capacità di essere un forte competitore; 5) alto tasso riproduttivo

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adattano a stento al nuovo ambiente e si estinguono rapidamente, ma altre volte riescono a sopravvivere, riprodursi e insediarsi. In alcuni casi, i nuovi arrivati si insediano talmente bene da non rappresentare più solo una curiosità dal punto di vista biologico, ma una vera e propria minaccia, causando gravi danni agli ecosistemi. Le specie alloctone che hanno un tale impatto negativo sono note come specie invasive e giungono nel Mediterraneo attraverso le sue due principali vie di ingresso, rappresentate dallo Stretto di Gibilterra e dal Canale di Suez (specie lessepsiane). Nei vertebrati e in alcuni gruppi di invertebrati, come insetti, echinodermi o molluschi, è relativamente facile valutare se una specie è originaria o meno. Invece, per molti taxa, questa problematica è molto più complessa da affrontare: le specie con origine incerta o sconosciuta sono considerate specie criptogeniche e sono particolarmente comuni negli eucarioti unicellulari e in numerosi gruppi di macroinvertebrati, principalmente anellidi e anfipodi (Carlton, 1996). Ciò pone un'ulteriore difficoltà alla gestione delle specie aliene, in particolare negli ambienti marini (Carlton, 1996). Anche se le specie criptogeniche sono solitamente trattate come non native nella gestione ambientale (Ojaveer et al., 2013), le questioni relative all'interpretazione delle nuove specie possono avere conseguenze sulle pratiche di gestione ambientale e sulla valutazione dello stato ecologico in ambienti marini (Borja et al., 2005; Vilà et al., 2010). Pertanto, i lavori finalizzati a risolvere i problemi legati alle specie criptogeniche sono da considerarsi di elevata importanza (Langeneck et al., 2018).

1.4.1. Vettori di diffusione

Le attività antropogeniche, come la navigazione, la nautica da diporto, la mitilicoltura e il commercio di prodotti ittici vivi, sono ben note per essere uno dei principali vettori per la diffusione di specie aliene (Marchini et al., 2015a). Zone chiuse del Mediterraneo, soprattutto i porti, sperimentano un afflusso costante di organismi alieni (Galil, 2000; Occhipinti-Ambrogi, 2000); un importante vettore per l'introduzione di queste specie è il trasporto internazionale (tramite acque di zavorra,

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dell’acquacoltura e mitilicoltura, favorendone così una dispersione più ampia. Il traffico navale è considerato come la principale causa di introduzione di NIS a livello globale, trasportando organismi e propaguli principalmente tramite acque di zavorra o come foulers sugli scafi (Carlton, 1985, 1996; Hewitt et al., 2009; Galil et al., 2014; Bailey, 2015). Il traffico marittimo nel Mar Mediterraneo è aumentato continuamente a causa delle attività marittime, insieme ad un ulteriore sviluppo delle strutture portuali (Airoldi & Beck, 2007; Kölzsch & Blasius, 2011). Strutture artificiali, come banchine e pontili galleggianti di porti e marine, rappresentano degli habitat favorevoli ad ospitare specie opportuniste del fouling, e quindi facilitare e accelerare il processo di introduzione a stepping-stone noto per le NIS (Darbyson et al., 2009; Davidson et al., 2010; Mineur et al., 2012; Airoldi et al., 2015: López-Legentil et al., 2015). È stato dimostrato che le NIS sono spesso più competitive nella colonizzazione di substrati artificiali (Glasby et al., 2007; Daffron et al., 2009, 2015; Airoldi et al., 2015; Megina et al., 2016). I grandi porti fungono probabilmente da regioni beneficiarie primarie per le NIS, che arrivano da una regione donatrice distante attraverso attività di trasporto, e una volta stabiliti nel nuovo ambiente, il traffico locale di navi più piccole può facilitare la loro diffusione secondaria verso altre località portuali, creando una rete hub-and-spoke per un'ulteriore espansione delle NIS (Minchin et al., 2006; Occhipinti-Ambrogi, 2007; Floerl et al., 2009; Azmi et

al., 2014; Marchini et al., 2015b). I porti e le marine per imbarcazioni da diporto sono

quindi considerati aree prioritarie per la diagnosi precoce delle NIS e la gestione pre-confine delle invasioni biologiche marine (Lehtiniemi et al., 2015; Ulman et al., 2017). Tuttavia, la maggior parte delle attività di prevenzione finora si è concentrata sulla spedizione commerciale e sono principalmente correlate alla gestione delle acque di zavorra. Ad esempio, in base alla International Conention for the Control

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Nonostante il numero moderato di propaguli trasportati, rispetto al all’acqua di zavorra, il biofouling sugli scafi delle navi è un vettore rilevante per l'introduzione di NIS (Drake & Lodge, 2007; Sylvester et al., 2011; Mineur et al., 2012). Inoltre, le specie mobili possono essere facilmente trasportate mediante incrostazioni di scafo in associazione con alghe e componenti sessili del fouling (Ros et al., 2013; Marchini

et al., 2015b).

1.5. SCOPO DEL LAVORO

Molti sforzi della comunità scientifica sono attualmente concentrati per prevenire la diffusione di specie non autoctone (NIS). Questo è considerato il problema ecologico più importante del nostro secolo (Savini et al., 2006), e il problema è menzionato dalla Marine Strategy Framework Directive dell'Unione europea (MSFD/2008/58/EC; EC, 2008), in quanto è uno dei principali problemi per la politica ambientale dell'UE (Zenetos et al., 2012). Numerose segnalazioni di NIS provenienti dai porti turistici nel Mar Mediterraneo (e.g. Savini et al., 2006, Ferrario

et al., 2015; López-Legentil et al., 2015; Steen et al., 2016; Tempesti et al., 2016)

hanno aumentato la consapevolezza dell'importanza della navigazione ricreativa nel trasferimento di NIS. Pertanto, la gestione e la prevenzione di questo vettore per la diffusione secondaria dovrebbero essere considerate nella Marine Strategy

Framework Directive, diventando parte del programma di monitoraggio per la

valutazione della presenza e degli impatti delle NIS nell'ambiente marino (Lehtiniemi

et al., 2015). La costruzione di aree portuali dà origine a nuovi ambienti caratterizzati

da un'elevata eterogeneità spaziale interna e influenzati da una serie di attività antropiche. A questo proposito, lo studio delle comunità di macrofouling in questi ambienti può essere un metodo valido per valutare gli effetti dei diversi tipi di impatto nelle aree portuali. Poiché le aree portuali sono importanti hot spot per l'arrivo di specie aliene, la determinazione quali-quantitativa della presenza di queste specie nelle comunità di macrofouling, in relazione a diversi tipi di disturbo, può aiutare a identificare aree sensibili che potrebbero facilitare l’insediamento di specie alloctone

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(Toscana, Italia), in relazione alle differenti tipologie di disturbo presenti. L’analisi è ulteriormente indirizzata verso la determinazione delle specie alloctone presenti, ricostruendo un “quadro di invasione” dell’area di studio e se vi sono zone più colpite rispetto ad altre.

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2. MATERIALI E METODI

2.1. INQUADRAMENTO DELL’AREA DI STUDIO

L’area del presente studio è localizzata sulla costa livornese dell’alto Tirreno (Toscana, Italia) (IHO, 1953) dove è stata presa in considerazione l’area portuale del Porto di Livorno e tre marine localizzate, in sequenza, verso sud: il Molo Nazario Sauro, il Molo di Ardenza e il Molo di Antignano (Figura 2.1).

Figura 2.1 Mappa della costa labronica dell’Alto Tirreno: i contrassegni verdi indicano le aree di studio. (Da Google Earth, modificato).

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Il porto di Livorno è il principale porto della Toscana ed uno dei più importanti porti italiani e dell'intero Mar Mediterraneo, sia per il traffico passeggeri che, soprattutto, per quello merci (che si attestano a quasi 28 milioni di tonnellate per l'anno 2013). Dopo qualche anno di crisi, il porto di Livorno è attualmente uno dei più importanti del Mar Mediterraneo: può movimentare qualsiasi tipo di merce, da quella liquida a quella solida in rinfusa, alle automobili, ai prodotti congelati, alla frutta, agli impianti destinati alle imprese industriali, ma soprattutto movimenta migliaia di container in arrivo ed in partenza per tutto il mondo, grazie all'entrata in funzione del terminal Darsena Toscana. Inoltre le navi gasiere a doppio scafo, che generalmente provengono dal Nordafrica, scaricano gas liquido in caverne artificiali situate a 100 metri sotto il livello del mare. Questo tipo di stoccaggio è l'unico in Italia ed è il secondo in Europa dopo quello di Lavéra (Marsiglia).

Non trascurabile è il traffico passeggeri: al consueto movimento dei traghetti per le isole si somma la presenza di un costante traffico di navi da crociera, con circa 510 scali l'anno e più di 700.000 croceristi in transito. Secondo dati storici della stessa Autorità Portuale, nell'anno 2006 sono transitate da Livorno oltre 28 milioni di tonnellate di merci e circa 650.000 contenitori; in totale le navi attraccate al porto sono state oltre 7.500. I croceristi hanno superato le 600.000 presenze, mentre i passeggeri dei traghetti sono stati oltre 2.300.000. Al 2007 le merci sono passate a 32 milioni di tonnellate, con un incremento del 15% rispetto all'anno precedente; i contenitori hanno oltrepassato le 700.000 unità (+13,4%), mentre il traffico croceristico è passato ad oltre 710.000 presenze. In leggero calo invece il flusso dei traghetti, con circa 2.282.000 passeggeri (-1,1 %). Il traffico delle auto nuove dal porto di Livorno si è attestato ad oltre 550.000 unità1. Al 2009 le merci complessive sono state pari ad oltre 26 milioni di tonnellate, in flessione rispetto all'anno precedente di circa 7 milioni di tonnellate; rispetto al 2008 in crescita il traffico

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diminuisce anche il movimento complessivo delle merci a causa soprattutto del notevole calo delle rinfuse liquide2. In ogni caso, i crocieristi in transito sono stati 982.928; dati che al 2011 collocano Livorno al quarto posto nella classifica dei porti italiani per numero di crocieristi e all'ottavo nella classifica dei porti del Mediterraneo3.

L'opera di rilancio del porto è stata possibile grazie ai finanziamenti dello Stato che hanno permesso di realizzare circa 2 km di banchine e 400.000 metri quadrati di piazzali. In totale, nel porto di Livorno vi sono 11 km lineari tra banchine e pontili con 100 punti d'attracco; la profondità va, potenzialmente, dagli 8 metri del Bacino Firenze ai 13 metri della Banchina d'alto fondale. La sola Darsena Toscana conta di circa 1.700 metri di accosti sulla sponda ovest e 750 metri su quella est. Vi sono inoltre tre bacini di carenaggio, due dei quali sono in cemento ed uno è galleggiante. Le aree portuali si estendono per circa 800.000 metri quadrati entro i varchi doganali, ma se si considerano anche quelle confinanti, che sono comunque adibite ad ospitare grandi depositi, magazzini e piazzali per l'attività portuale, l'estensione arriva a 2.500.000 metri quadrati. Lo specchio di mare del porto di Livorno ha una dimensione di circa 1.600.000 metri quadrati e le grandi opere architettoniche che ne segnano il perimetro sono costituite, oltre la Darsena Toscana a nord, da tre dighe foranee: la Diga della Vegliaia, la Diga curvilinea che prosegue con la Diga rettilinea (o della Meloria) a ovest e la Diga del Marzocco a nord ovest.

Il Porto di Livorno è, inoltre, considerato un vero e proprio hot spot di specie aliene (Campani et al., 2004; Giusti et al., 2008; Langeneck et al., 2015) analogamente ai principali porti commerciali italiani (Occhipinti-Ambrogi et al., 2011). Nel Porto di Livorno sono stati identificati 8 siti di campionamento, ognuna con caratteristiche differenti: Varco Galvani (VG), Darsena Petroli (DP), Fortezza Nuova (FN), Fortezza Vecchia (FV), Fosso Reale (FX), Ponte Girevole (PG) e Piloti (PL) (Figura 2.2).

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2.1.2. Il Molo Nazario Sauro

Il Molo "Nazario Sauro" è un piccolo scalo situato nell'area compresa tra il porto commerciale livornese e la Terrazza Mascagni, lungo la passeggiata a mare della città. L'approdo è costituito da un bacino ricavato tra lo "Scoglio della Regina" ed uno stabilimento balneare posto a ridosso della Terrazza Mascagni. I fondali non sono profondi, mentre i 120 posti barca sono messi a disposizione del Circolo Nautico Livorno e, in minima parte, sono riservati ad alcune imbarcazioni da pesca del Circolo Arci Pesca Nazario Sauro. La lunghezza massima dei natanti che possono accedere al porto è di 14 metri. Il porticciolo offre servizio carburante, acqua, energia elettrica, scivolo e gru. Nel Molo Nazario Sauro sono state identificate due stazioni di campionamento (Figura 2.3).

Figura 2.2 Mappa del Porto di Livorno: i contrassegni rossi indicano i punti di campionamento. (Da Google Earth, modificato)

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2.1.3. Il Molo di Ardenza

Il Molo di Ardenza è il porto dell'omonimo quartiere di Livorno, posto lungo il lungomare di Ardenza, località residenziale posta a sud del centro cittadino. L'approdo è costituito da un bacino caratterizzato da fondali molto bassi (minori di 1,80 metri) con la presenza di alcuni scogli affioranti. Il molo presenta 266 posti barca disponibili, di cui solo una piccola parte è riservata alle imbarcazioni in transito, ma che comunque possono essere temporaneamente ormeggiate nei posti lasciati liberi dai soci. In caso di libeccio le condizioni di ingresso nel porto sono proibitive. La lunghezza massima dei natanti che possono accedere al porto è di 10,5 metri. Il porticciolo offre acqua ed energia elettrica, scalo di alaggio, gru e servizi igienici. Anche per il Molo di Ardenza sono state identificate due stazioni di campionamento (Figura 2.4).

Figura 2.3 Mappa del Molo Nazario Sauro: i contrassegni rossi indicano i punti di campionamento. (Da Google Earth, modificato)

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2.1.4. Il Molo di Antignano

Il Molo di Antignano è il piccolo porto dell'omonimo quartiere di Livorno. Si trova sul lungomare di Antignano, località a sud di Ardenza e lembo meridionale del tessuto urbano labronico. L'approdo è costituito da due moli banchinati e può ospitare circa 160 - 240 natanti in relazione alle loro dimensioni (6 metri di lunghezza al massimo). La presenza di scogli affioranti rende problematico l'ingresso al porto in caso di scirocco e libeccio e i fondali hanno una profondità massima di circa 3 metri. Il porticciolo offre servizio di rimessaggio (per barche il cui pescaggio è inferiore ad un metro), energia elettrica, scivolo, gru, scalo di alaggio, servizi igienici, riparazioni motori e riparazioni impianti elettrici. Anche per il Molo di Antignano sono state individuate due stazioni di campionamento (Figura 2.5).

Figura 2.4 Mappa del Molo di Ardenza: i contrassegni rossi indicano i punti di campionamento. (Da Google Earth, modificato)

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2.2 CAMPIONAMENTO

2.2.1. Disegno di campionamento

Il disegno di campionamento è composto dal fattore “SITO” a 10 livelli, trattabile come fattore fisso, e da un fattore “STAZIONE” con 2 livelli, random. Si tratta di un disegno gerarchizzato in quanto ciascun livello del fattore “STAZIONE” è presente in un solo livello del fattore “SITO” (Figura 2.6).

Figura 2.5 Mappa del Molo di Antignano: i contrassegni rossi indicano i punti di campionamento. (Da Google Earth, modificato)

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vari siti dell’area portuale oggetto di studio in termini di struttura di comunità macrozoobentonica associata al fouling, data l’elevata eterogenicità di habitat che si viene a creare in un complesso antropico di questo tipo.

2.2.2. Prelievo e trattamento dei campioni

I campioni sono stati raccolti mediante grattaggio di banchine artificiali non galleggianti (Figura 2.7b) in ogni punto di campionamento identificato, ad una profondità fissata di 1 metro. Lo strumento utilizzato per il prelievo dei campioni è dotato di una lama d'acciaio (Figura 2.7a) in grado di raschiare le concrezioni organogene presenti sui substrati duri e di un retino, anch’esso in acciaio, di dimensioni 25 x 20 x 20 cm con maglia di 1 mm, che raccoglie il materiale raschiato (Castelli et al., 1996). Per ogni punto di campionamento sono state quindi grattate aree note di 25 x 100= 2500 cm2 = 0,25 m2.

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I campioni prelevati sono stati posti all’interno di sacchi di plastica resistente per il trasporto in laboratorio, dove sono stati lavati in un setaccio con maglia di 0,5 mm per eliminare quanto più particellato organico sospeso possibile. Successivamente sono stati messi all’interno di contenitori e fissati con una soluzione di etanolo al 70% per la conservazione e lo stoccaggio. I campioni sono stati identificati con un codice alfanumerico di quattro elementi dove il primo carattere è un numero che indica il periodo in cui è stato prelevato il campione (1= Aprile 2016), il secondo elemento è una sigla a lettere maiuscole che indica il sito di campionamento (VG= Varco Galvani; DP= Darsena Petroli; FN= Fortezza Nuova; FV= Fortezza Vecchia; FX= Fosso Reale; PG= Ponte Girevole; PL= Piloti; MNS= Molo Nazario Sauro; ADZ= Molo di Ardenza; ANT= Molo di Antignano), il terzo elemento è un numero che indica la stazione da cui è stato prelevato il campione (1 o 2) e l’ultimo carattere è una lettera minuscola che indica la replica del campionamento (a= prima replica; b= seconda replica; c= terza replica). Ad esempio, il codice “1PL2-b” indica il campione di Aprile 2016 (=1), nel sito Piloti (=PL), della stazione 2 (=2), seconda replica (=b). Sui campioni grezzi sono stati determinati gli habitat formers principali per ogni campione ed è stato poi effettuato il sorting degli organismi, per porzioni di substrato, mediante osservazione allo stereomicroscopio (Figura 2.8a): gli animali raccolti sono stati suddivisi nei quattro gruppi principali dei molluschi, crostacei, anellidi e altro (gruppi restanti). Successivamente gli organismi sono stati identificati fino al livello di specie, dove possibile (Figura 2.8b). Tutti gli organismi sono stati conteggiati e conservati in provette con etanolo al 70%. I dati ottenuti sono stati inseriti in tabelle Excel per poter procedere alla loro analisi, anche con programmi di analisi statistica e multivariata.

b

a

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I dati ottenuti dai campionamenti effettuati sono stati analizzati con PRIMER 6 e PERMANOVA.

2.3.1. Analisi con PRIMER-E

PRIMER, acronimo di Playmouth Routines In Multivariate Ecological Research (Warwick & Clarke, 1991), è un programma che consente di effettuare analisi multivariate non parametriche tramite le quali è possibile determinare indici di diversità e compiere ordinamenti. Con PRIMER è stata inizialmente effettuata un’analisi univariata (DIVERSE) calcolando alcuni indici di diversità come gli indici di Shannon-Wiener, di Pielou e di Margalef.

2.3.1.1. Analisi degli indici di diversità (DIVERSE)

L’indice di Shannon-Wiener (H’; Shannon & Weaver, 1949) viene utilizzato per valutare la ricchezza di una specie in una determinata comunità; esso esprime l’incertezza nella previsione di una sequenza di elementi (organismi) estratti a caso (campionamento) da un insieme eterogeneo (Chelazzi et al., 2004). Si calcola mediante la seguente formula:

dove pj (= nj/N) rappresenta la frequenza relativa di una j-esima specie ed S la ricchezza di specie.

All’aumentare della ricchezza in specie (S), H’ assume valori crescenti. Nel caso in cui S=1, allora H’=0 (non ci sono incertezze), mentre per S>1, H’ tende a 0 quanto

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il grado di omogeneità col quale gli individui sono distribuiti nelle varie specie che compongono una comunità, ed è calcolato tramite la formula:

dove H’ è il valore dell’indice di diversità di Shannon-Wiener ed S è il numero di specie presenti in una data comunità.

L’indice di ricchezza specifica di Margalef (d) (Margalef, 1958) è basato sul rapporto tra il numero di specie e il numero totale di individui. Si calcola come:

d = (S-1)/ln(N)

dove S è il numero delle specie trovate ed N è il numero degli individui trovati.

2.3.1.2. Clustering

Il clustering, o analisi di raggruppamento, è un insieme di tecniche di analisi multivariata dei dati che seleziona e raggruppa elementi con un certo grado di omogeneità in una matrice di somiglianza/diversità (Clarke & Warwick, 2001). I gruppi, o cluster, possono essere disposti in un diagramma ad albero (dendrogramma).

2.3.1.3. MultiDimensional Scaling (MDS)

L’MDS è una tecnica multivariata esplorativa dei dati che permette di ottenere una rappresentazione degli oggetti in uno spazio geometrico a n dimensioni sulla base sulla base di una matrice di somiglianza/diversità tra campioni (Clarke & Warwick, 2001). Questa analisi può essere raffigurata da un grafico bidimensionale o da una rappresentazione tridimensionale: questa configurazione riflette la struttura nascosta dei dati, nel senso che maggiore è la somiglianza tra due campioni, tanto più questi si collocano vicini all’interno del grafico (Zani et al., 2007).

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Il test ANOSIM (acronimo per ANalysis Of SIMilarities) è una procedura di permutazioni non parametriche dei dati della matrice di Bray Curtis che consente di effettuare un’analisi della somiglianza dei campioni a 2 vie incrociate (Clarke, 1993).

2.3.1.5. SIMPER

Il contributo di ogni classe alla differenza totale tra le stagioni e le stazioni è stato determinato mediante SIMPER (SIMilarity PErcentage Routine) in Primer 6 (Clarke & Gorley, 2006).

2.3.1.6 Analisi con PERMANOVA

PERMANOVA (Permutation Multivariate Anova) consiste in un’analisi multivariata della varianza basata su 9999 permutazioni non parametriche e non prevede alcuna assunzione sulla distribuzione dei dati e della loro varianza (Anderson et al., 2008); permette la ripartizione algebrica della variabilità in disegni sperimentali complessi.

2.3.2. ALien biotic indEX (ALEX)

Per valutare gli impatti delle specie aliene sulle comunità bentoniche, è stato utilizzato l’ALien Biotic Index (ALEX) (Çinar et al., 2014). Questo indice è basato sulle percentuali di abbondanza di ciascun gruppo biogeografico (Zenetos et al, 2005) all'interno ogni campione:

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3. Gruppo III (specie aliene naturalizzate). Specie aliene che presentano popolazioni stabili.

4. Gruppo IV (specie aliene invasive). Specie aliene che hanno superato barriere biotiche e abiotiche e sono in grado di espandere il loro areale di distribuzione attraverso la produzione di prole fertile, con notevole impatto sugli habitat invasi.

Le specie criptogeniche, che includono specie di origine incerta nel Mediterraneo, sono state inserite in una delle categorie biogeografiche sopra indicate, secondo il loro ruolo nelle comunità bentoniche.

Poiché le specie casuali non sono comuni nel Mediterraneo, questa categoria viene considerata insieme alle specie naturalizzate.

La formula per il calcolo di questo indice è:

ALien Biotic IndEX (ALEX) = [(0x%GI) + (3x(%GII + %GIII)) + (5x(%GIV))]/100

I valori di questo indice variano tra 0 e 5. Il valore 0 significa che la comunità non contiene specie aliene, mentre il valore 5 significa che la comunità è stata totalmente invasa da specie aliene. Una comunità può essere valutata in 5 stati ecologici in termini di impatto delle specie aliene.

1. Stato elevato: comunità che non presenta specie aliene o che ha un numero limitato di specie stabilite o invasive con basso numero di individui.

2. Buono stato: comunità che presenta specie aliene, ma la maggior parte delle popolazioni animali (> 50%) appartiene a specie native.

3. Stato moderato: comunità che tende a spostarsi dalla fase dominata dalle specie native alla fase dominata da specie alloctone.

4. Stato scadente: comunità pesantemente colpita da specie aliene invasive (gruppo IV), che rappresentano il 55% -80% delle popolazioni animali. 5. Cattivo stato: comunità estremamente colpita da specie aliene invasive

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delle percentuali di biogeografia gruppi (GI-GIV) attraverso i valori graduati di ALEX, dalla situazione meno compromessa per la più colpita: stato alto tra 0 e 1, buono stato tra 1 e 2, stato moderato fra 2 e 3, stato scadente tra 3 e 4 e cattivo stato tra 4 e 5.

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3. RISULTATI

3.1 HABITAT FORMERS

Dalla determinazione qualitativa degli habitat formers sono state identificati undici habitat differenti (Tabella 3.1): “Ulva sp.+Bioconcrezioni”, “Tubi Serpulidi+Mytilus”, “Tubi Serpulidi”, “Briozoi+Reef Sabellaria+Tubi Serpulidi”, “Sabellidi+Briozoi+Ascidie”, “Briozoi eretti+FA”, “Briozoi eretti+Mytilus+FA”, “Spugne+Tubi+Sabellidi”, “Tubi Serpulidi+Spugne+FA”, “Briozoi+Mytilus”, “Cladophora sp.”.

SITO CAMPIONE HABITAT FORMERS SITO CAMPIONE HABITAT FORMERS

Varco Galvani

VG1-a Ulva sp.+Bioconcrezioni

Ponte Girevole

PG1-a Spugne+Tubi+Sabellidi VG1-b Ulva sp.+Bioconcrezioni PG1-b Spugne+Tubi+Sabellidi VG1-c Ulva sp.+Bioconcrezioni PG1-c Spugne+Tubi+Sabellidi VG2-a Ulva sp.+Bioconcrezioni PG2-a Tubi Serpulidi+Spugne+FA*

VG2-b Ulva sp.+Bioconcrezioni PG2-b Tubi Serpulidi+Spugne+FA*

VG2-c Ulva sp.+Bioconcrezioni PG2-c Tubi Serpulidi+Spugne+FA*

Darsena Petroli (Geopolaris)

DP1-a Ulva sp.+Bioconcrezioni

Piloti

PL1-a Briozoi+Mytilus DP1-b Ulva sp.+Bioconcrezioni PL1-b Briozoi+Mytilus DP1-c Ulva sp.+Bioconcrezioni PL1-c Briozoi+Mytilus DP2-a Ulva sp.+Bioconcrezioni PL2-a Briozoi+Mytilus DP2-b Ulva sp.+Bioconcrezioni PL2-b Briozoi+Mytilus DP2-c Ulva sp.+Bioconcrezioni PL2-c Briozoi+Mytilus

Fortezza Nuova

FN1-a Tubi Serpulidi+Mytilus

Molo Nazario

Sauro

MNS1-a Cladophora sp.

FN1-b Tubi Serpulidi+Mytilus MNS1-b Cladophora sp.

FN1-c Tubi Serpulidi MNS1-c Cladophora sp.

FN2-a Tubi Serpulidi MNS2-a Cladophora sp.

FN2-b Tubi Serpulidi MNS2-b Cladophora sp.

FN2-c Tubi Serpulidi MNS2-c Cladophora sp.

Fortezza Vecchia FV1-a Briozoi+Reef Sabellaria+Tubi Serpulidi Molo di Ardenza ADZ1-a Cladophora sp. FV1-b Briozoi+Reef Sabellaria+Tubi

Serpulidi ADZ1-b Cladophora sp.

FV1-c

Briozoi+Reef Sabellaria+Tubi

Serpulidi ADZ1-c Cladophora sp.

FV2-a Sabellidi+Briozoi+Ascidie ADZ2-a Cladophora sp.

FV2-b Sabellidi+Briozoi+Ascidie ADZ2-b Cladophora sp.

FV2-c Sabellidi+Briozoi+Ascidie ADZ2-c Cladophora sp.

Fosso Reale

FX1-a Briozoi eretti+FA*

Molo di Antignano

ANT1-a Cladophora sp.

FX1-b Briozoi eretti+FA* ANT1-b Cladophora sp.

FX1-c Briozoi eretti+FA* ANT1-c Cladophora sp.

FX2-a Briozoi eretti+Mytilus+FA* ANT2-a Cladophora sp.

FX2-b Briozoi eretti+Mytilus+FA* ANT2-b Cladophora sp.

FX2-c Briozoi eretti+Mytilus+FA* ANT2-c Cladophora sp.

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Dai campioni analizzati sono stati ritrovati 30.595 individui, identificabili in 264 specie (Tabella 3.2).

Tabella 3.2 Check list delle specie ritrovate

Acanthochitona crinita (Pennant, 1777) Columbella rustica (Linnaeus, 1758) Limaria tuberculata (Olivi, 1792) Pusia ebenus (Lamarck, 1811)

Alvania discors (T. Allan, 1818) Doris verrucosa Linnaeus, 1758 Minachlamys varia (Linnaeus, 1758) Pusillina radiata (Philippi, 1836)

Alvania lanciae (Calcara, 1845) Ecrobia ventrosa (Montagu, 1903) Modiolus barbatus (Linnaeus, 1758) Rissoa similis Scacchi, 1836

Alvania lineata Risso, 1826 Ercolania viridis (A. Costa, 1866) Musculus costulatus (Risso, 1826) Rissoa variabilis (Megerle von Mühlfeld, 1824)

Alvania mamillata Risso, 1826 Fissurella nubecula (Linnaeus, 1758) Musculus subpictus (Cantraine, 1835) Rocellaria dubia (Pennant, 1777)

Alvania pagodula (Bucquoy, Dautzenberg & Dollfus, 1884) Gibberula miliaria (Linnaeus, 1758) Mytilaster minimus (Poli, 1795) Sphenia binghami W. Turton, 1822

Ammonicerina fischeriana (Monterosato, 1869) Glans trapezia (Linnaeus, 1767) Mytilus galloprovincialis Lamarck, 1819 Spiralinella incerta (Milaschewich, 1916)

Anomia ephippium Linnaeus, 1758 Granulina marginata (Bivona, 1832) Ocenebra edwardsi (Payraudeau, 1826) Steromphala divaricata (Linnaeus, 1758)

Arca noae Linnaeus, 1758 Gregariella semigranata (Reeve, 1858) Ocenebra erinaceus (Linnaeus, 1758) Steromphala varia (Linnaeus, 1758)

Arcuatula senhousia (Benson, 1842) Haminoea japonica Pilsbry, 1865 Odostomia kromi van Aartsen, Menkhorst & Gittenberger, 1984Striarca lactea (Linnaeus, 1758)

Bittium reticulatum (da Costa, 1778) Haminoea sp. Onchidella celtica (Cuvier, 1817) Tricolia pullus (Linnaeus, 1758)

Bornia sebetia (O.G. Costa, 1830) Hexaplex trunculus (Linnaeus, 1758) Ostrea edulis Linnaeus, 1758 Tritia corniculum (Olivi, 1792)

Brachystomia scalaris (MacGillivray, 1843) Hiatella sp. Papillicardium papillosum (Poli, 1791) Tritia cuvieri (Payraudeau, 1826)

Camachoaglaja africana (Pruvot-Fol, 1953) Hydrobia acuta (Draparnaud, 1805) Parvicardium scriptum (Bucquoy, Dautzenberg & Dollfus, 1892) Tritia incrassata (Strøm, 1768)

Cerastoderma glaucum (Poiret, 1789) Irus irus (Linnaeus, 1758) Patella caerulea Linnaeus, 1758 Vermetus sp.

Cerithium vulgatum Bruguière, 1792 Jujubinus exasperatus (Pennant, 1777) Petricola lithophaga (Retzius, 1788) Xenostrobus securis (Lamarck, 1819)

Achaeus cranchii Leach, 1817 Cymadusa crassicornis (Costa, 1853) Idotea baltica (Pallas, 1772) Palaemon elegans Rathke, 1837

Alpheus dentipes Guérin, 1832 Cymodoce truncata Leach, 1814 Iphimedia brachygnatha Ruffo & Schiecke, 1979 Palaemon serratus (Pennant, 1777)

Amphibalanus amphitrite (Darwin, 1854) Decapoda n.d. Ischyrocerus inexpectatus Ruffo, 1959 Pilumnus hirtellus (Linnaeus, 1761)

Amphibalanus eburneus (Gould, 1841) Dexamine spiniventris (Costa, 1853) Jassa cadetta Krapp, Rampin & Libertini, 2008 Pinnotheres pisum (Linnaeus, 1767)

Amphibalanus sp. Dexamine spinosa (Montagu, 1813) Jassa marmorata Holmes, 1905 Paracerceis sculpta (Holmes, 1904)

Amphipoda n.d. Dynamene edwarsi (Lucas, 1849) Kupellonura serritelson Wägele, 1981 Paracerceis sp. A

Amphitoe ramondi Audouin, 1826 Elasmopus brasiliensis (Dana, 1855) Lembos websteri Bate, 1857 Paranthura japonica Richardson, 1909

Anthura gracilis (Montagu, 1808) Elasmopus pectenicrus (sensu Auctt.)(Spence Bate, 1862)Leptochelia cf. minuta Dana, 1849 Paranthura nigropunctata (Lucas, 1846)

Anthuridea ND Elasmopus pocillimanus (Spence Bate, 1862) Leucothoe spinicarpa (Abildgaard, 1789) Phtisica marina Slabber, 1769

Apseudopsis latreillii (Milne Edwards, 1828) Elasmopus rapax Costa, 1853 Limnoria tripunctata Menzies, 1951 Pseudolirius kroyeri (Haller, 1897)

Aora gracilis (Spence Bate, 1857) Elasmopus sp. Liocarcinus navigator (Herbst, 1794) Quadrimaera inaequipes (A. Costa, 1857)

Aoridae n.d. Erichtonius argenteus Krapp-Schickel, 1993 Lysianassa caesarea Ruffo, 1987 Sacculina sp.

Apocorophium acutum (Chevreux, 1908) Erichtonius brasiliensis (Dana, 1853) Lysianassa costae (H. Milne Edwards, 1830) Stenosoma nadejda (Rezig, 1989)

Apolochus neapolitanus (Della Valle, 1893) Gammarella fucicola (Leach, 1814) Lysianassa pilicornis (Heller, 1866) Stenothoe cf. elachista Krapp-Schickel, 1975

Athanas nitescens (Leach, 1813 [in Leach, 1813-1814]) Gammarella sp. A Lysianassa plumosa Boeck, 1871 Stenothoe tergestina (Nebeski, 1881)

Astacilla sp. Gammaropsis maculata (Johnston, 1828) Lysianassa sp. Tanais dulongii (Audouin, 1826)

Caprella equilibra Say, 1818 Gammarus cf. crinicornis Stock, 1966 Maera grossimana (Montagu, 1808) Thoralus cranchii (Leach, 1817)

Caprella scaura Templeton, 1836 Gammarus cf. insensibilis Stock, 1966 Mesanthura cf. romulea Poore & Lew Ton, 1986 Uromunna petiti (Amar, 1948)

Caprella sp. Gnathia vorax (Lucas, 1849) female Microdeutopus algicola Della Valle, 1893 Zeuxo normani (Richardson, 1905)

Carcinus aestuarii Nardo, 1847 juv. Gnathia vorax (Lucas, 1849) male Microdeutopus gryllotalpa Costa, 1853 Zeuxo sp.

Chondrochelia savignyi (Kroyer, 1842) female Hexapleomera bultidactyla Esquete & Fernandez‑Gonzalez, 2016 Microdeutopus sp. Zeuxo turkensis Larsen, 2014

Chondrochelia savignyi (Kroyer, 1842) male Heterotanais oerstedii (Krøyer, 1842) Monocorophium acherusicum (Costa, 1853)

Clibanarius erythropus (Latreille, 1818) Hyalidae n.d. Monocorophium sextonae (Crawford, 1937)

Colomastix pusilla Grube, 1861 Hyale perieri (Lucas, 1849) Nannastacus unguiculatus (Bate, 1859)

Cyathura carinata (Krøyer, 1847) Hyale schmidti (Heller, 1866) Pachygrapsus marmoratus (Fabricius, 1787)

Abarenicola claparedii (Levinsen, 1884) Erinaceusyllis belizensis (Russell, 1989) Naineris setosa (Verrill, 1900) Serpula concharum Langerhans, 1880

Amphicorina armandi (Claparède, 1864) Eunice vittata (Delle Chiaje, 1828) Neanthes acuminata (Ehlers, 1868) Serpula vermicularis Linnaeus, 1767

Amphiglena mediterranea (Leydig, 1851) Exogone dispar (Webster, 1879) Neodexiospira pseudocorrugata(Bush, 1905) Sphaerosyllis boeroi M usco, Çinar & Giangrande, 2005

Amphitrite sp. Exogone naidina Örsted, 1845 Nereis falsa Quatrefages, 1866 Sphaerosyllis hystrix Claparède, 1863

Bispira viola (Grube, 1863) Fabricia stellaris (Müller, 1774) Nereis rava Ehlers, 1868 Sphaerosyllis pirifera Claparède, 1868

Branchiomaldane vincenti Langerhans, 1881 Ficopomatus enigmaticus (Fauvel, 1923) Notophyllum foliosum (Sars, 1835) Spio filicornis (Müller, 1776)

Branchiomma boholense (Grube, 1878) Harmothoe spinifera (Ehlers, 1864) Pholoe inornata Johnston, 1839 Spirobranchus lima (Grube, 1862)

Branchiomma luctuosum (Grube, 1870) Hydroides cf. inornata Pillai, 1960 Phyllodoce maculata (Linnaeus, 1767) Spirorbis sp.

Brania pusilla (Dujardin, 1851) Hydroides dianthus (Verrill, 1873) Platynereis dumerilii (Audouin & Milne Edwards, 1833) Syllis armillaris (O.F. Müller, 1776)

Capitella sp. Hydroides dirampha Mörch, 1863 Polycirrus sp. Syllis columbretensis (Campoy, 1982)

Caulleriella sp.A Hydroides elegans (Haswell, 1883) Polyophthalmus pictus (Dujardin, 1839) Syllis gerlachi (Hartmann-Schröder, 1960)

Caulleriella viridis (Langerhans, 1881) Hydroides pseudouncinata Zibrowius, 1968 Protoaricia oerstedi (Claparède, 1864) Syllis gracilis Grube, 1840

Ceratonereis (Composetia) costae (Grube, 1840) Hydroides sp. Protocirrineris purgamentorum Lezzi, Çinar & Giangrande, 2016Syllis krohnii Ehlers, 1864

Cirriformia tentaculata (Montagu, 1808) Leodice harassii (Audouin & Milne Edwards, 1833) Protula sp. Syllis pectinans Haswell, 1920

Cirrophorus nikebianchii Langeneck, Barbieri, M altagliati & Castelli, 2017Lepidonotus clava (Montagu, 1808) Rubifabriciola tonerella (Banse, 1959) Syllis vittata Grube, 1840

Ctenodrilus serratus (Schmidt, 1857) Lumbrineris coccinea (Renier, 1804) Sabella spallanzanii (Gmelin, 1791) Vermiliopsis striaticeps (Grube, 1862)

Dialychone collaris (Langerhans, 1881) Lumbrineris latreillii Audouin & Milne Edwards, 1834 Sabellaria spinulosa (Leuckart, 1849)

Dipolydora flava (Claparède, 1870) Marphysa sanguinea (Montagu, 1813) Sabellidae n.d.

Dodecaceria concharum Örsted, 1843 Myrianida prolifera (O.F. Müller, 1788) Salvatoria clavata (Claparède, 1863)

Ascidiacea Bryozoa Echinodermata Pycnogonida

Mollusca

Crustacea

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Le 264 specie identificate appartengono a 13 macrogruppi/gruppi: Mollusca (64 specie), Crustacea (97 specie), Polychaeta (73 specie), Nemertea, Sipuncula (2 specie), Pycnogonida (7 specie), Echinodermata (4 specie), Porifera (1 specie), Cnidaria, Ascidiacea (6 specie), Bryozoa (8 specie), Insecta e Teleostea (3 specie). Osservando i valori relativi per ciascuna stazione (Figura 3.1) è possibile notare che l’abbondanza di organismi oscilla fra 280 nei campioni del Varco Galvani e 7.547 nei campioni della Fortezza Nuova, mentre il numero di specie varia fra 43 nei campioni della Darsena Petroli e 108 in quelli della Fortezza Vecchia; il rapporto specie/individui varia fra un minimo di 0,007 nel Molo Nazario Sauro e 0,167 al Varco Galvani (Tabella 3.3).

Andando a vedere la composizione delle comunità di ciascun sito di campionamento, è possibile notare che la percentuale maggiore di individui si identifica nel taxon dei Crustacea in tutti i siti di campionamento (Figura 3.2).

Siti VG DP FN FX FV PG PL MNS ADZ ANT

N 281 303 7547 1169 3348 3913 1841 7105 1719 3368

S 47 43 58 67 108 97 92 52 77 74

S/N 0,167 0,142 0,008 0,057 0,032 0,024 0,050 0,007 0,045 0,022

Figura 3.1 Numero di individui e numero di specie relativi ad ogni stazione.

Tabella 3.3 Valori di abbondanza (N), abbondanza specifica (S) e rapporto specie/individui per ogni sito.

(40)

3.3 Analisi statistica e multivariata 3.3. Indici di diversità (DIVERSE)

3.3 ANALISI CON PRIMER-E

3.3.1 Indici di diversità (DIVERSE)

Dal calcolo dei principali indici ecologici di diversità tramite DIVERSE (Tabella 3.4) è risultato che: l’indice di Margalef (d) varia fra 7,207 (Molo Nazario Sauro) e 16,92 (Fortezza Vecchia), l’indice di equitabilità di Pielou (J’) varia fra 0,1495 (Molo

Figura 3.2 a) Composizione delle comunità relative ad ogni stazione di campionamento e b) le percentuali dei vari taxa all’interno di queste.

(41)

DIVERSE

Univariate Diversity indices

Data worksheet

Name: Data5

Data type: Abundance Sample selection: All Variable selection: All

Sample S N d J' H'(loge) 1VG 47 47 11,95 0,8225 3,167 1DP 43 51 10,71 0,6263 2,356 1FN 58 1258 7,986 0,4068 1,652 1FX 67 195 12,52 0,7861 3,305 1FV 108 558 16,92 0,6727 3,15 1PG 97 652 14,81 0,6507 2,977 1PL 92 307 15,89 0,6399 2,893 1MNS 52 1184 7,207 0,1485 0,5869 1ADZ 77 287 13,43 0,5519 2,397 1ANT 74 561 11,53 0,2425 1,044

3.3.2 Clustering

In Figura 3.3 viene mostrato il dendrogramma risultante dall’analisi clustering, la quale mostra una notevole segregazione fra i campioni provenienti dai diversi siti di campionamento, con similarità che oscillano fra il 50% e l’80%.

Tabella 3.4 Risultati dell’analisi tramite gli indici di diversità (DIVERSE) per ogni sito di campionamento (d= Indice di Margalef; J’= Indice di equitabilità di Pielou; H’ = Indice di Shannon-Wiener).

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La stessa istantanea del clustering viene rappresentata diversamente con l’analisi MDS. In Figura 3.4 viene mostrata la distanza fra i campioni fra i siti di campionamento, evidenziando la formazione di tre macrogruppi:

1. Varco Galvani + Darsena Petroli

2. Fortezza Vecchia + Fortezza Nuova + Fosso Reale + Ponte Girevole + Piloti 3. Molo Nazario Sauro + Molo di Ardenza + Molo di Antignano

3.3.4 ANOSIM

Sulla base del test ANOSIM si riporta la distribuzione simulata della statistica R, su cui si basa questo test, sotto l’ipotesi nulla di nessuna differenza tra i siti di campionamento, con r= 0,915 (Figura 3.5a), e fra habitat formers differenti, con r=

Figura 3.4 Analisi MDS fra i campioni provenienti da tutti i siti di campionamento, con formazione dei tre macrogruppi

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