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Grammaticalizzazioni polifoniche o “verticali” e sintassi dialogica. Dagli enunciati-eco ai temi sospesi: l’infinito anteposto in strutture del tipo “mangiare, mangio”

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Academic year: 2021

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(1)

DELL’ACCADEMIA DI ARCHEOLOGIA,

LETTERE E BELLE ARTI IN NAPOLI

(2)

© 2018 dell’AccAdemiAdi ArcheologiA, letteree Belle Arti Società Nazionale di Scienze, Lettere ed Arti in Napoli.

Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti. Via Mezzocannone 8 - 80133 Napoli

Giannini Editore

Via Cisterna dell’Olio, 6/B - 80134 Napoli Tel./Fax 081.551.39.28

[email protected] - www.gianninispa.it

Tutti i contributi pubblicati in questo volume sono stati preventivamente sottoposti ad una procedura di peer review.

Pubblicato con i fondi dedicati dall’Università degli Studi di Napoli “Federico II” alla pubblicazione degli Atti del Convegno DIA III “Strutture e dinamismi della variazione e del cambiamento linguistico”.

(3)

iN NAPoli

AccAdemiA di ArcheologiA, lettere e Belle Arti

STRUTTURE E DINAMISMI

DELLA VARIAZIONE

E DEL CAMBIAMENTO LINGUISTICO

Atti del Convegno DIA III

Napoli, 24-27 novembre 2014

a cura di

PAolo greco, ceSAriNA VecchiAe roSANNA SorNicolA con la collaborazione di

gioVANNi ABete, eliSA d’ArgeNioe VAleNtiNA FerrAri

NAPOLI

(4)

O “VERTICALI” E SINTASSI DIALOGICA.

DAGLI ENUNCIATI-ECO AI TEMI SOSPESI:

L’INFINITO ANTEPOSTO IN STRUTTURE

DEL TIPO “MANGIARE, MANGIO”

emilia calaresu

Dialogical repetitions (e.g., different kinds of echoes and echo-utterances in general) have im-portant effects on grammar and discourse which are often neglected or overlooked: on the one hand, they are often the trigger of “polifonic” or “vertical” types of grammaticalization, i.e. grammaticalization across clauses from different turns in conversations; on the other hand, they can provide one of the plainest explanations for the emergence of marked constituent orderings (e.g., left dislocations, hanging topics, etc.) in many responsive clauses.

Some uses of the “free” infinitive are a good case in point. There are, in Italian as in many other languages, a number of apparently idiosyncratic but very productive constructions that require a free (non subordinated) infinitive. I will take into consideration two different types of free infinitive constructions which are usually considered unrelated: i) those generically known as “Exclamative infinitives” in Italian, “Incredulity response constructions” and “Mad Magazine sentences” in English, “Dense Constructions” in German; ii) those with a preposed infinitive which functions as a kind of hanging topic in a Topic-Comment utterance articulation. Through the analysis of their (con)textual conditions in dialogical discourses, I will argue that the infinitives display echo-func-tions in both types of construcecho-func-tions and, especially in the (ii) case, it is precisely this fact that allows the infinitive to act both as a (hanging) Topic and an ana(cata)phoric encapsulator.

Gli studi sulla grammaticalizzazione hanno da tempo reso evidente l’im-portanza della ripetizione, intesa come riuso o ripetizione “a distanza” di un certo pattern (lessicale, sintagmatico o frasale) in contesti anche diversi rispet-to a quelli in cui si presume che abbia avurispet-to origine una reinterpretazione del pattern stesso (v. le distinzioni dei tipi di contesto in dieWAld 2002 e heiNe 2002). La ripetizione si riferisce quindi, in questo caso, alla frequenza dʼuso, ossia all’insieme di repliche del pattern che rendono via via normale o anche routinario lʼabbinamento di una certa forma con un certo significato o una cer-ta funzione (ByBee 2006, 2010, pp. 109-110; hoPPer / trAugott 2003, pp. 35, 127; trAugott 2011, p. 28). Nella costante dinamicità del rapporto tra forme e significati, la ripetizione così intesa non corrisponde però di norma, di per sé, alla causa principale del cambiamento semantico (rintracciabile piuttosto in processi di rianalisi innescati a loro volta da analogie e da inferenze, v. trAu

(5)

-gott / dASher 2005, pp. 27-45)1, ma è direttamente responsabile dei principali cambiamenti che possono riguardare la forma, per es. l’erosione e il “raccorcia-mento” (sintagmatico, morfologico e fonetico) della forma originaria iniziale: «Repetition breeds familiarity and thus predictability, which then permits a re-duction of form without impeding communication for the hearer» (WichmANN 2011, p. 332). Minore attenzione, negli studi sul cambiamento linguistico in genere e sui fenomeni di grammaticalizzazione in particolare, è stata finora ac-cordata, invece, alla ripetizione nel suo senso primario di ripetizione “in prossi-mità” e nello stesso contesto di discorso, o ripetizione dialogica in senso stretto (BAZZANellA 1994, pp. 207-222). Si tratta in questo caso della ripetizione intesa come eco parziale o totale – e spesso deitticamente ri-ancorato, v. es. (1) – di enunciati (o di parti di enunciati) altrui o propri già utilizzati in turni o in parti precedenti dello stesso discorso2. Osservando sia il parlato dialogico reale che

le ricostruzioni letterarie di dialoghi, pare tuttavia essere proprio questo tipo di ripetizioni o di echi all’origine di una serie di costrutti più o meno articolati e più o meno polifonicamente3 trasparenti, tra i quali quelli con infinito topicale

preposto che sono l’oggetto specifico di questo lavoro.

In breve, la ripetizione in quanto riuso “a distanza”, o frequenza d’uso, pur accompagnandolo e potenziandolo, ha minori responsabilità nel cambiamen-to semantico (di una certa espressione lessicale o di una certa costruzione) di quante non sembri invece averne la ripetizione dialogica in quanto riecheggia-mento polifonico di parole, sintagmi o frasi già usati nello stesso contesto di discorso. Nel prosieguo, esemplificherò rapidamente una serie di casi di gram-maticalizzazione innescati dalla ripetizione dialogica e li distinguerò provviso-riamente in due gruppi diversi, nel secondo dei quali rientrano le costruzioni con infinito topicale a cui sarà dedicato il resto del lavoro.

1 V. anche ByBee 2011, p. 72: «[…] frequency or repetition is important to [the] process

of meaning change, not because it causes it, but because only by repetition can the change be implemented».

2 I tipici enunciati eco (d’ora in poi anche ECO) sono infatti riprese o citazioni online di

precedenti parole ed espressioni altrui (o proprie) di cui si può fare contemporaneamente uso e menzione (cf. con il discorso indiretto libero e con quello diretto libero, cAlAreSu 2004, 2015b,

p. 603, nota 7). Possono presentarsi in forma pseudointerrogativa di domande-eco, ma non solo; v. yAmAguchi 1994.

3 Per il concetto di polifonia, sviluppato a partire dagli studi di Michail Bachtin (che parlava

piuttosto di eterofonia [russo raznogolosie], v. todoroV 1990, pp. 80-84 e BAchtiN 1997, pp.

108-140), si rimanda alla sintesi generale di roulet 2011; v. anche cAlAreSu 2013, pp. 85-89 per

(6)

1. La ripetizione dialogica in due diversi tipi di grammaticalizzazione

Come anticipato, si possono individuare due gruppi o due percorsi diversi di grammaticalizzazione dialogica o polifonica a partire da repliche dell’interlo-cutore contenenti forme di ECO:

I) grammaticalizzazioni in senso stretto: si tratta di parole e combinazioni les-sicali di vario tipo che, assumendo valore formulaico a partire da un loro uso sistematico come introduttori di ECO (con o senza l’ausilio di verba

dicen-di) in repliche e risposte, finiscono per sviluppare funzioni discorsive

auto-nome, olofrastiche, svincolandosi dalla necessità dell’ECO (E) esplicito ‒ la cui presenza inferita resta però la chiave per capire la loro residua capacità anaforica. È questo per es. il caso di ma che + E 4, da cui nasce il macché

olofrastico che esprime negazione, rifiuto o disapprovazione5:

(1) P1: bada che non ti ungi

P3: ¡no no ma che mi ungo! così dopo mi [mi_ coso la_] (StUNIMO, 2007)6

(2) P1: sembra livornese

P2: ma che livornese Pippo e’_ di_ XYZ (VoLIP, FA2)7

(3) Funzionato?

Macché [Ø]. (cAmPo 2003, p. 26)

Altri casi simili sono rappresentati da altro che/ se + E, da cui altroché olofra-stico per confermare e/o rilanciare, amplificandolo, quanto già detto dall’interlo-cutore (cf. rohlFS 1969, p. 302), e anche da (e) come + E, da cui eccome anch’es-so per esprimere adesione, conferma e consenanch’es-so, funzione spesanch’es-so asanch’es-solta anche da come no, la cui polifonia originaria è però ancora trasparente e attiva anche prosodicamente (con il senso di “come (sarebbe a dire) no/non?”) quando è usato per sconfermare o contestare un enunciato precedente che contiene un qualche tipo di negazione (v. esempi specifici in cAlAreSu 2015c, pp. 95-97);

4 Forme funzionalmente equivalenti sono pure ma cosa / ma quale + E.

5 Indico con sottolineatura semplice l’antecedente e con sottolineatura doppia le successive

strutture contenenti l’ECO.

6 Conversazioni spontanee raccolte e trascritte dal 2003 al 2008 ca. dagli studenti dei miei corsi

di Linguistica generale e applicata dell’Università di Modena (materiali non pubblicati). Simboli di trascrizione: trattino basso: allungamento; parentesi quadre: sovrapposizione; parentesi : intonazione “elencativa”; trattino alto: parola interrotta; x (una ca. per sillaba): parti incomprensibili; grassetto: enfasi intonativa; maiuscolo: volume più alto; / //: pause brevi e meno brevi; ǝ: pausa piena (vocalica).

(7)

II) grammaticalizzazioni “cross-frasali” o sintattiche (cf. grammaticalization

across clauses, in hoPPer / trAugott 2003, pp. 175 e segg.; e il processo detto integration8 in heiNe / kuteVA 2007, pp. 224-261): si tratta qui di

par-ticolari giustapposizioni e combinazioni di enunciati (sintagmi e frasi) che mostrano il farsi on line di varie costruzioni frasali “segmentate”, per es. combinazioni articolate in ECO + Commento (E+C) che danno luogo a temi sospesi o hanging topics (TS) e a dislocazioni a sinistra (DS)9, v. ess. (4),

(5), (6), (7), (8); oppure combinazioni articolate viceversa in Commento + ECO (C+E), tra cui si possono individuare costruzioni con “scissione della polarità”, v. es. (9), in cui il Commento coincide con la focalizzazione di un operatore assertivo olofrastico (sì, no, certo, ecc.) che comporta lo sviluppo dalla semplice giustapposizione C+E alla subordinazione C+che+E10:

(4) P1: e la tesi ¦

P2: e la tesi (-) ci vorrà un annetto (BAZZANellA 1994, p. 212) (5) «(...) Oh! s’io potessi sentire dalla sua bocca questa parola, perdono!»

«Perdono?» disse il gentiluomo. «Lei non ne ha più bisogno. (...)» (mANZoNi 2014, IV, p. 186)

(6) P1: ma ¿hai incontrato qualcuno di alba? visto che di solito [a limone] P2: [e di alba] c’era pieno di gente (...) (StUNIMO, 2003)

(7) P1: adesso non le fa più male?

P2: no. + farle male + non le fa più male11

8 Si tratta del processo attraverso cui due frasi indipendenti giustapposte finiscono per

di-ventare unʼunica frase complessa; i casi di integration presi in esame da heiNe / kuteVA 2007

dimostrano la genesi di alcuni tipi di subordinate (ad es., le frasi relative), ma dimostrano co-munque tutti in modo chiarissimo come processi di grammaticalizzazione possano innescarsi non solo al livello intrafrasale ma anche a quello inter- o cross-frasale.

9 Non è possibile approfondire qui tutte le insidie di molte denominazioni correnti (ma v. Sor

-NicolA 2006a); va tuttavia specificato che utilizzo i nomi di tema sospeso e di dislocazione a sinistra

solo come etichette sui generis invalse nell’uso. Considerando infatti le diverse connotazioni (e tradizioni teoriche) di tema e topic, e date le costruzioni prese in esame qui, l’elemento “sospeso”

e anteposto nei TS sarebbe meglio qualificabile in termini di topic più che di tema (v. SorNicolA

1981, pp. 127-141; mASloVA / BerNiNi 2006, pp. 80-83). Altrettanto problematica è l’etichetta

di-slocazione a sinistra non solo per il pregiudizio scrittorio della metafora destra-sinistra (v. prossima

nota 12), ma anche per l’idea stessa di spostamento o anomalia rispetto a una strutturazione frasale diversa idealmente preesistente (v. geluykeNS 1992, p. 33; SorNicolA 1981, pp. 140-141 e 2006b,

pp. 358-359; v. anche la premessa sui TS in cAlAreSu 2015b, pp. 598-599).

10 Cf. “Sì, le so” vs. “Sì che le so”, e “No, non le so” vs. “No che non le so” (BerNiNi 1992;

cAlAreSu 2015d, pp. 52-54, 2015c, pp. 94-95).

(8)

(8) P3: però col [cibo_ così] P4: [xxxx porta] P2: acqua cibo P3: con la carne

P2: con la carne ci va assolutamente il rosso (StUNIMO, 2004) (9) P1: le sai le cose che hanno fatto loro? # di flauto?

P2: sì che le so (VoLIP, FA2; cors. mio)

Tutti i casi visti finora attestano l’esistenza di percorsi di grammaticalizza-zione dialogica, polifonica o, appunto, “verticale”: nascono infatti attraverso l’interazione dialogica online dei parlanti, cioè attraverso l’intreccio polifonico di enunciati di turni diversi, e di solito consecutivi, di discorso. Usando l’imma-gine efficace di couPer-kuhleN 2011 (ma v. anche geluykeNS 1992), si tratta di (porzioni di) turni diversi che finiscono per “collassare” in un’unica struttura lineare o “orizzontale”, e, almeno inizialmente, e per i casi che qui ci interessa-no, polifonicamente bipartita (cAlAreSu 2015a, 2015b, 2015c, 2015d)12.

Questo tipo di dinamiche discorsivo-testuali e l’esistenza stessa di percorsi di grammaticalizzazione polifonica o “verticale” forniscono ulteriori confer-me della natura dinamica, econfer-mergente (hoPPer 1987, 2011; Auer 2009; Auer / PFäNder 2011) e soprattutto interattiva e dialogica (du BoiS 2014; liNell 2009; güNthNer et alii 2014; lAury et alii 2014; cAlAreSu 2015d) della grammatica stessa, in quanto prima di tutto grammatica del discorso e solo in seconda bat-tuta della frase.

Nel prosieguo, tratterò della disponibilità “ecolalica” dell’infinito anche in costruzioni frasali diverse dal TS e discuterò poi più in dettaglio il caso delle anteposizioni topicali dell’infinito, già intravviste con l’es. (7).

2. L’uso dell’infinito non subordinato in repliche dialogiche

Tra i diversi usi non subordinati o non dipendenti dell’infinito, la maggior parte dei quali non ha relazioni sistematiche con la ripetizione dialogica13, è

12 Anche le metafore spaziali di verticalità vs. orizzontalità o linearità (ScolloN 1976; couPer

-kuhleN 2011), pur avendo il vantaggio della rapidità e della sintesi, manifestano anch’esse il solito

pregiudizio scrittorio, che visualizza anche il parlato dialogico in forma trascritta su un foglio. La di-mensione più rilevante nel parlato è, infatti, ovviamente, il tempo e non lo spazio (v. in part. Auer 2009).

13 Cf. infatti gli usi imperativi (“Circolare!”), desiderativi-ipotetici (“Ah, saperlo!”) e

presenta-tivi (con ecco, “Ecco arrivare X”), v. triFoNe / PAlermo 2014, p. 180. Ma non sembra avere

partico-lari rapporti con la ripetizione dialogica neanche l’uso non subordinato dell’infinito di dire e

(9)

possibile individuarne almeno due che tipicamente svolgono funzioni ECO. Al-largando lo zoom sugli specifici contesti di discorso che li contengono, si vedrà infatti come entrambi gli usi abbiano un valore testuale fortemente anaforico proprio in quanto forme responsive e “scarnificate” di ECO. Il primo di questi due usi rientra tra i tipi di ‘infinito esclamativo’14 (2.1), il secondo è l’infinito

topicale anteposto in costruzioni di tipo TS (2.2).

2.1. L’infinito “libero” in costrutti responsivi brachilogici ed esclamativi

Il primo tipo di infinito responsivo “libero” si ritrova, tipicamente, in repliche esclamative e pseudo-interrogative (domande-eco) di tipo brachilogico. Si tratta, in generale, di uno stile fortemente ellittico che ha molte affinità con quello, par-ticolarmente espressivo ed enfatico, e spesso solo nominale, già oggetto di inda-gine per il parlato tedesco – in contesti però di narrazione di eventi più che di bre-vi repliche – con il nome di “costruzioni dense” (ingl. dense constructions, ted.

dichte Konstruktionen, güNthNer 201115; imo 2014), e già più volte notato anche per l’inglese, dove è indicato con nomi diversi come “Mad Magazine sentences” (v. ad es. szcześniak / PacHoł 2015) o incredulity response constructions (v. ad es. tomASello 2003, p. 104). Il verbo, in questo tipo di costruzioni, qualora sia espresso e non solo implicato, tende a ricorrervi nei modi non finiti: infinito, par-ticipio passato (cf. BertiNetto 1991, p. 90, es. 144) e, più raramente, gerundio16. Si tratta di stili di discorso tradizionalmente considerati tipici del discorso indiretto libero, e per questo (in modo per la verità un po’ abduttivo) spesso er-roneamente abbinati al solo monologo interiore, o flusso di coscienza, e dunque relegati alla stilistica degli usi individuali e d’autore, letterari e scritti (Skytte 1983, pp. 466-481). In realtà, non solo tali tipi di costrutto si trovano facilmente anche in ricostruzioni letterarie di dialoghi, ma, soprattutto, sono tutt’altro che estranei al normale parlato dialogico italiano:

(10) P1 tu pensa che quando io e l’ily siamo andate a vedere la_ (...) la coppa italia (...) era piovuto (...) ed avevamo le scarpe quelle [sottili sottili]

P2 [mamma mia]

P1 con un FREDDO AI PIEDI [DA MORIRE]

contrasto con quanto è stato appena oggetto di discorso (“E dire che …”, “(E) pensare che …”); cf. Skytte 1983, pp. 473-474 che collega anche questi costrutti agli usi esclamativi dell’infinito.

14 Già SeriANNi 1991, p. 523 ne segnalava la funzione di «riprendere letteralmente ciò che è

stato detto da un altro e che suscita meraviglia o sdegno». Cf. rohlFS 1969, p. 85.

15 Espressione coniata da güNthNer 2011, p. 575 in alternativa a quella, più ambigua, di

“infinite constructions” in riferimento al carattere non finito dell’intero costrutto (non solo in riferimento agli eventuali verbi).

(10)

P3 [siete matte] voi P1 DA MORI[RE]

P3 [an]dare con quelle scarpe lì [io] (StUNIMO, 2004)17

(11) (...) la signorina Giulia crede... (...) che tu insomma le faccia la corte... un po’ ecco...

– Sei matto? – esclamò Lucio. – Io? la corte? /(...) Io far la corte! Non ci man-cherebbe altro! (PirANdello 2007a: La signorina, 205)

(12) – Va bene, va bene,– troncò di nuovo il dottore. – Andate a dormire! (...). Su, Venite, vi accompagno.

– Dio La benedica, signor dottore! Ma che dice? Accompagnarmi, vossigno-ria? Vada, vada avanti (...) (PirANdello 2007b, L’altro figlio, 28)

(13) «Non ci abbandonerà, padre?» disse questa, singhiozzando.

«Abbandonarvi!» rispose. «E con che faccia potrei io chieder a Dio qualcosa per me, quando v’avessi abbandonata? (...)» (mANZoNi 2014, V, p. 192)

L’infinito eco-esclamativo ricorre anche in un noto monologo interiore di Renzo, ne I promessi sposi, v. es. (15), ma anche in questo caso si ritrovano gli antecedenti coniugati in un dialogo precedente, riportato da Manzoni in un capitolo diverso, v. es. (14):

(14) «(...) Già ieri, nel forte del baccano, aveva fatto il diavolo; e poi, non contento di questo, s’era messo a predicare, e a proporre, così una galanteria, che s’am-mazzessero tutti i signori. Birbante! (...) gli trovarono un fascio di lettere (...)» (mANZoNi 2014, XVI, p. 534)

(15) Andava dunque dove la strada lo conduceva; e pensava.

– Io fare il diavolo! Io ammazzare tutti i signori! Un fascio di lettere, io! (mAN -ZoNi 2014, XVII, p. 540)

In breve, questo tipo di infinito ha evidentissime funzioni ECO e manife-sta conseguentemente una forte capacità anaforica. Il suo antecedente (effet-tivamente presente nel cotesto o solo pragmaticamente implicato), soprattutto quando la replica dialogica è immediata, è di norma lo stesso lemma, o in forma di verbo morfologicamente coniugato in modo finito o in forma di infinito

su-bordinato retto da un altro verbo coniugato (per es., da un modale, v. es. (16)),

o da una perifrasi o da una preposizione (o affini).

(11)

(16) – (…) Ma dicevo: si può escludere? De Palma esitò.

– Escludere non si può escludere. (…) (Fruttero / luceNtiNi 2000, p. 123)

2.2. L’infinito anteposto in funzione topicale

L’infinito anteposto in costruzioni di tipo TS (BeNiNcÀ et alii 1991, pp. 191-194; BerNiNi 2009) è molto comune sia nel parlato spontaneo reale che in quel-lo ricostruito, ed è attestato in varie lingue del mondo (mASloVA / BerNiNi 2006, pp. 80-83)18. Benché ricorra in costrutti frasali diversi rispetto a quelli

brachilo-gici visti in 2.1., anche l’infinito anteposto in repliche dialogiche di tipo TS ha un evidente valore ECO (si riveda anche l’es. (7)):

(17) MED: ma lei/ invece/ avrebbe bisogno di mangiare // PZ2: io mangio i’ / sa/ più che regolare di così // MED: cosa?

PZ2: ma // io / mangiare / mangio // (...) (creSti 2000, II, p. 79)

La particolarità di questo tipo di TS è data dal topic non nominale e privo dunque di referenti extralinguistici propriamente intesi – ma lo stesso problema è posto anche da costruzioni discorsivamente molto simili, pochissimo indagate in quest’ambito (ma v. SAlVi / VANelli 2004, pp. 227-244, 309-310), in cui il topic corrisponde ad altre forme verbali non finite (participi o gerundi, v. ess.

(25) e (26)) o ad aggettivi (ad es. “Bello è bello ma pure vanitoso”).

Si tratta, più in generale, di topicalizzazioni che, come osservato da SABAtiNi 1985, pp. 244-246, possono essere «normalizzate» o attraverso l’ausilio di ele-menti preposizionali preposti al tema/topic (per, quanto a, riguardo a, ecc.)19,

o «trasformando il tema in una frase autonoma, di solito interrogativa [...]» (SABAtiNi 1985, p. 246; anche PAlermo 2013, p. 162). Viene così nuovamente evidenziato lo strettissimo rapporto esistente tra domande-eco (+ Commento in forma frasale) e tipici TS e DS. Si profila quindi, in un certo senso, una specie di percorso circolare di “andata e ritorno” tra stili di discorso più o meno tra-sparenti rispetto all’interazionalità (implicata comunque sempre in ogni enun-ciazione, parlata o scritta)20.

18 Skytte 1983, pp. 408-410, 429-430 interpreta invece l’uso dell’infinito in questi costrutti

come equivalente a un avverbiale di frase.

19 Da osservare, sia pure en passant, che con un topic in forma di participio o di gerundio

questo tipo di “normalizzazione” richiederebbe di portare il verbo all’infinito, mentre con un

topic in forma di aggettivo esso richiederebbe l’aggiunta di un verbo all’infinito, tipicamente

‘essere’ (es. “Per essere bello, è bello”), ma cf. lo strano es. (23).

(12)

domande-I successivi esempi, i primi due tratti da PirANdello ‒ da un racconto del 1902 il (18), da una sua successiva riscrittura del 1910 il (19)21 ‒ e il terzo, (20),

preso dal parlato reale, mostrano le due principali strategie di recupero dell’an-tecedente dell’infinito anteposto, o, in altri termini, le condizioni generali, di-scorsive e pragmatiche, anche del potenziale riuso di questo tipo di costrutti in cotesti privi di antecedenti espliciti del verbo all’infinito:

(18) – Dì un po’, è vero? – Verissimo. Che cosa? – Che sposi?

– Ah, sì, Carolinona. Ma non mi pare una cosa seria. – Per scherzo, dunque?

– No: sposare, sposo davvero. Ma per precauzione, capisci? per guardarmi cioè dal prender moglie, ecco.

– Come! E se sposi intanto?

– Ma sì, Dormire però a casa mia; stare, me ne starò per conto mio. (...) (PirAN -dello 2007a, La signora Speranza, p. 854)

(19) – Sì, – diceva, guardandosi le unghie. – L’ho sposata. Ma non è una cosa seria. Dormire, dormo solo, in casa mia; mangiare, mangio da solo, in casa mia; non la vedo; non mi dà alcun fastidio... (PirANdello 2007b, Non è una cosa seria, p. 464) (20) P3 (...) ha detto «la prossima volta venite su ǝ_ al sabato

dopo mangiamo assieme » ha detto « anche il sabato casomai » P2 ¿dormire dove dormiamo?

P4 c’è tuo fratello

P3 dormiremo da lui dormiremo (StUNIMO, 2004)

Per quanto riguarda (18), solo l’occorrenza dell’infinito sposare ha un an-tecedente dialogico esplicito e coniugato in base a persona, tempo e modo (in-dicativo), mentre il successivo TS con stare, nello stesso esempio, e quelli con

dormire e con mangiare in (19) sono solo pragmaticamente motivati dal sapere

condiviso su cosa normalmente comporti la condizione dell’essere sposati a qualcuno: dormirci, starci, mangiarci insieme, ecc. Allo stesso modo, in (20), l’infinito topicale dormire del costrutto TS è pragmaticamente motivato dalla conoscenza condivisa che andando fuori casa per il fine settimana si pone il problema del dove dormire.

eco, postulava comunque la natura interrogativa dell’infinito preposto e il dinamismo interno di

domanda-risposta di queste particolari costruzioni; v. anche cAlAreSu 2015b, pp. 599-605.

21 Esiste anche una terza riscrittura, del 1917-1918, in forma di copione teatrale, ma senza

(13)

In breve, sia in ambito letterario scritto che quotidiano parlato e scritto, l’in-finito “libero”, sia in repliche espressivamente brachilogiche che in costruzioni TS, presuppone sempre, di default, una qualche precedente interazione (reale o immaginata, esplicitata, o non, nel cotesto) che contenga: a) un antecedente

co-niugato in modo finito (o dello stesso verbo o di altri verbi semanticamente e/o

pragmaticamente affini), oppure b) porzioni di discorso che tale verbo possano almeno pragmaticamente e logicamente giustificare e implicare.

Vediamo quindi rapidamente altri esempi di riuso del costrutto TS in conte-sti privi di specifici antecedenti dell’infinito topicale ECO.

L’es. (21), tratto da parlato filmico, riporta ciò che la moglie di un pugile suonato e ormai semiparalizzato in carrozzina confida in spiaggia a un’amica, ed è l’intera struttura responsiva del costrutto a richiamare e implicare auto-maticamente il turno precedente (mancante anche nel film) dell’amica che si informa sulle condizioni del pugile:

(21) No / poverello / soffri’22 non soffre / anzi è contento // eccolo là / è diventato

come un bambino (Frasi di chiusura del film I Mostri di Dino Risi, 1963)23 Più complesso, quanto a sforzo inferenziale richiesto, è il caso di (22), che mostra un classico trucco giornalistico (la «presupposizione informativa», v. domANeSchi / PeNco 2016, p. 25): ricreare, semplicemente presupponendolo come già noto, un contesto condiviso, attraverso un incipit a effetto dotato di grande forza anaforica (proprio grazie all’infinito topicale) e anche di doppi sensi (richiamo all’ecologicamente corretto e al darsi faticosamente da fare, che è uno dei sensi figurati di pedalare):

(22) Pedalare, pedalano. E anche di buon mattino. Poi scopriremo anche se sono dei buoni amministratori. Per ora i sindaci prodotti dall’ondata renziana stanno già mandando il segnale che è cambiato il vento (o il verso). (incipit dell’art. di M. Bresolin, «Via i tornelli e giunte all’alba/ L’onda renziana nei Comuni»,

La Stampa, 24/06/2014, p. 6)

Anche gli infiniti anteposti dei due prossimi esempi sono privi di anteceden-ti esplicianteceden-ti ma sono entrambi pragmaanteceden-ticamente moanteceden-tivaanteceden-ti dalle conoscenze con-divise (o supposte tali) attivate dal loro specifico contesto di enunciazione: le immagini del video che mostrano l’auto sia dall’esterno che all’interno, in (23); il fatto che le attività da svolgere tra il dopopranzo e un appuntamento notturno debbano di norma comprendere anche il cenare, in (24):

22 Romanesco per ‘soffrire’.

(14)

(23) Sembrare sembra piccola / ma non ve la guardate così chi drento b’istaz-zi puru una fèmina curcada [it. “ché dentro ci sta anche una donna sdraia-ta”] (da «La Panda sassaresa» 2015, video-parodia di una vecchia pubblici-tà Fiat, a firma del gruppo sassarese Aspirina, in https://www.youtube.com/ watch?v=REztXwgkM-c)

(24) Un modo intelligente per far passare un altro paio d’ore. Poi, giusto per il tè, avrebbe fatto una visitina alle contesse Piovano, e più tardi sarebbe passato alla galleria Vollero, per l’inaugurazione di quella mostra mitologica. C’era sem-pre gente con cui era utile tenere i contatti, dal buon Vollero. Cenare, avrebbe cenato fuori: inutile tornare a casa, in via Peyron, per poi rifarsi tutta la strada fino al suo studio di via Mazzini. (Fruttero / luceNtiNi 2000, pp. 17-18)

Più in generale, soprattutto questi due ultimi esempi, così come i precedenti (18) e (19), mostrano come il costrutto TS con infinito anteposto si presti molto bene anche a contesti analiticamente elencativi e a collegamenti anaforici di tipo associativo.

Vediamo, infine, un rapidissimo confronto con costrutti simili che antepon-gono e topicalizzano però participi e gerundi. Immaginiamo una serie di possi-bili risposte di tipo E+C alla domanda:

(25) Ma hai poi spedito quel pacco?

con part. pass. Spedito, non l’ho spedito, ma l’ho già messo in macchina opp. Spedito, non lo ho, ma...

opp. Spedito, (questo) no, ma…

ecc. (cf. SAlVi / VANelli 2004, pp. 309-310)

con infinito: Spedire, non l’ho spedito, ma...

Anche senza entrare troppo nel dettaglio delle differenze semantiche fra le due diverse forme di topic verbale, è evidente che si tratta di due tipi abbastanza diversi di ECO: una è una forma di ripetizione, per così dire, “copia e incolla”, mentre l’altra, con l’infinito, comporta operazioni più complesse di “scarnifica-zione” morfologica e semantico-pragmatica rispetto all’antecedente.

La stessa differenza tra puro effetto “copia” e maggiore rielaborazione si può vedere con costrutti TS in cui il topic anteposto è un gerundio (costruzioni, come già accennato, non infrequenti in Sardegna):

(15)

(26)

con gerundio:

con infinito:

(log.) Alenende già fit alenende, ma fit ammustérchidu (FAlcoNi

2005, p. 61; v. cAlAreSu 2015a)

(it. reg. Sar.) Respirando, già stava respirando, ma era svenuto (it. st.) Respirando, sì, stava respirando, ma ... /

(it.) Respirare, sì, respirava/ stava respirando, ma...

Chiamando provvisoriamente echi di I grado quelli che comportano la sem-plice ripetizione iniziale del participio o del gerundio, ed echi di II grado quelli che, usando l’infinito, comportano una particolare rielaborazione morfologica che spoglia il verbo, disancorandolo dalla deissi della persona e del tempo, fino a renderlo pura etichetta generale di un’azione o di uno stato, si può os-servare che solo in quest’ultimo caso la capacità anaforica del verbo anteposto coincide con quella di un vero e proprio incapsulatore anaforico, assume cioè funzioni massimamente riassuntive e articolatrici del discorso, costituendo uno snodo tra riferimento anaforico al cotesto precedente e riferimento cataforico al cotesto che immediatamente seguirà. La capacità di fungere da incapsulatori ana(cata)forici è stata, finora, di norma, attribuita a soli sintagmi nominali, ma è abbastanza evidente, anche dalla definizione di coNte riportata sotto (seppur pensata per il tipico testo monologico scritto), che tutto il resto, per così dire, si attaglia perfettamente anche al ruolo dell’infinito topicale anteposto:

The encapsulating noun phrase produces a higher level in the semantic hierarchy of the text. Interestingly enough, anaphoric encapsulation quite often occurs in the initial point of a paragraph and thus functions as an organizing principle in discourse structure./ As a starting point of a new paragraph, anaphoric encapsulation is the shortest imaginable summary of the preceding discourse portion. In other words, it is a kind of subtitle which simultaneously interprets a preceding paragraph and functions as a starting point for the

new one. (coNte 1999, pp. 111-112)

3. Conclusioni

L’ipotesi del percorso di grammaticalizzazione verticale o polifonica dei co-strutti TS con infinito anteposto prevede dunque un passaggio da routine dialo-gica responsiva E+C, localmente motivata (da antecedenti dialogici espliciti: ti-picamente, lo stesso verbo coniugato), a un riuso, anche in contesti monologici, motivato solo pragmaticamente dalle conoscenze condivise (sia contestuali che enciclopediche) e dalle capacità cognitive analitiche del parlante di scomporre e valutare ogni stato o evento in componenti ulteriori (così l’azione di sposare

(16)

serata comporta una serie di azioni tra cui cenare, ecc.).

La capacità anaforica dell’infinito anteposto nei costrutti TS può essere di tipo solo associativo qualora manchi un antecedente verbale nel cotesto imme-diatamente precedente, ma resta pur sempre fondamentalmente incapsulatoria, come mostra anche il confronto con costruzioni E+C che topicalizzano le altre forme non finite di verbo (participio passato e gerundio).

Dei tre modi non finiti del verbo è infatti l’infinito quello che manifesta sia il totale disancoraggio contestuale dalle categorie deittiche di persona e tempo sia la maggiore neutralità anche riguardo all’aspetto (Skytte 1983; BertiNet -to 2003). Può fungere perciò da ECO (“di II grado”) di qualsiasi antecedente verbale (semanticamente o pragmaticamente collegato), rispetto al quale agisce come una sorta di incapsulatore ana(cata)forico. Non necessitando di ri-orien-tamenti contestuali di tipo deittico, modale o aspettuale, l’infinito topicale an-teposto, soprattutto nei contesti responsivi più esplicitamente dialogici, sembra anche costituire una sorta di snodo o di “tappa intermedia” neutra nel passaggio dalla deissi orientata sul parlante precedente a quella successivamente orientata sul parlante in atto.

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(21)

Introduzione

Paolo Greco, Cesarina Vecchia, Rosanna Sornicola V

d

AllAtiNoAlleliNgueromANZeANtiche

:

riFleSSioNiteoriche

,

StrutturAli

,

SocioliNguiStiche Il cosiddetto latino volgare, lo spazio varietistico del latino e il problema dell’autonomizzazione dei volgari romanzi

Wulf Oesterreicher† 9

El cambio en los tratados de ortografía. Siglo II-V

Carmen Codoñer 37

L’origine de l’article indéfini pluriel dans les langues romanes

Maria Iliescu 67

Variazione e continuità nella espressione linguistica della traiettoria in latino e nell’italiano delle origini

Claudio Iacobini / Luisa Corona 83

I verbi di percezione e le loro modalità di costruzione in una prospettiva diacronica ed interlinguistica francese-italiano

Kirsten Jeppesen Kragh / Erling Strudsholm 107 I verbi con particella in siciliano antico

Luisa Amenta 125

Indizi di variazione in un repertorio lessicale delle carte medievali dell’Italia meridionale

(22)

Quali sono i confini del formulario?

Mariafrancesca Giuliani 155

Linguistica e sociolinguistica nell’analisi delle carte notarili di Cava de’ Tirreni (IX secolo). Qualche considerazione metodologica

Paolo Greco 169

g

liAtlANtiliNguiSticioggi

:

riFleSSioNiteoriche

,

StrutturAli

,

SocioliNguiStiche Polimorfismo y cambio en el Atlas Dialectal de Madrid (ADiM)

Pilar García Mouton 183

Análise em tempo real da palatalização das oclusivas alveolares em uma variedade de português brasileiro

Elisa Battisti / Adalberto Ayjara Dornelles Filho 201 “Ruge”, “blush” e “carmim” nas capitais do Brasil

Marcela Moura Torres Paim 217

Polimorfismo léxico do português do Brasil: um olhar para o norte e para o sul, nas trilhas de brinquedos infantis

Aparecida Negri Isquerdo / Silvana Soares Costa Ribeiro 233 Dai “giacimenti di dati” alla “costruzione del dato”: osservazioni

sulla geolinguistica di ieri e di oggi

Francesco Avolio 249

Variazione linguistica: alcune considerazioni sulla costruzione del dato nell’Atlante Linguistico della Sicilia

Vito Matranga 257

Sui vantaggi di coniugare un’ottica macro-areale con una micro-sociolinguistica nello studio della variazione linguistica

(23)

P

olimorFiSmoePolimorFiSmi

Eppur si m(u)ove: una nuova difesa dell’origine metafonetica del

dittongamento delle medie aperte nel toscano e oltre. Per una teoria “polimorfica” e contro una teoria “poligenetica”

Martin Maiden 285

Polymorphisme et hypercaractérisation dans la morphologie verbale occitane

Franck Floricic 303

Variation diachronique et variation infra-dialectale: éclairages mutuels. Vers une grammaire du polymorphisme

Andres Kristol 331

Le polymorphisme niҫard: un véritable problème pour la lexicographie dialectale?

Philippe Del Giudice 351

Le polymorphisme des hypocoristiques en sarde

Lucia Molinu 363

Polimorfismo e variazione nella morfologia del plurale delle varietà siciliane centrali

Valentina Retaro 381

A reestruturação do quadro pronominal da 2ª pessoa do singular: análise de cartas escritas no Brasil (1870-1979)

Célia Regina Dos Santos Lopes / Leonardo Lennertz Marcotulio 393 Abaixamento das vogais médias pretônicas em documentos

paranaenses dos séculos XVIII e XIX: um estudo diacrônico e diatópico

(24)

d

AlteStoAllAgrAmmAticA

L’actualisation des processus de grammaticalisation dans une perspective diasystématique

Lene Schøsler 425

Testi e contesti nei processi di grammaticalizzazione

Miriam Voghera 445

Periferia testuale e periferia discorsiva nella grammaticalizzazione di verbi tra latino e lingue romanze: eccetto vs. prego

Piera Molinelli 477

Per la storia di pure. Dall’avverbio latino alla congiunzione italiana, fino al pur di + infinito con valore finale

Paolo D’Achille / Domenico Proietti 491

Grammaticalizzazioni polifoniche o “verticali” e sintassi dialogica. Dagli enunciati-eco ai temi sospesi: l’infinito anteposto in strutture del tipo “mangiare, mangio”

Emilia Calaresu 505

Costruire la ricerca della variazione: esperienze di annotazione socio-pragmatica in un corpus di commedie latine

Chiara Fedriani 523

Les participes adjoints en position finale: structure et dynamique de la variation systémique

Eva Havu / Michel Pierrard 535

La variation de l’interlangue reflète-t-elle les changements linguistiques en cours de la langue cible?

(25)

S

toriciSmoeStrutturAliSmoNellAliNguiSticAdi

c

oSeriu Centralidad, materialidad e historicidad en la teoría coseriana del significado

Benjamín García-Hernández 571

Quelques considérations sur le structuralisme et le cosérianisme

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