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VALUTAZIONE DEL PROFILO FARMACOCINETICO DI LUTEOLINA E DI UNA NUOVA FORMULAZIONE DI LUTEOLINA INCORPORATA IN FITOSOMI

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Capitolo 1

Introduzione

1.1 Flavonoidi

I flavonoidi costituiscono un ampio gruppo di composti polifenolici di origine naturale, presenti ubiquitariamente nelle piante e negli alimenti come pomodori, noci, mirtilli, agrumi e carote. Essi sono sintetizzati dal pathway fenil propanoide. Studi scientifici disponibili in letteratura dimostrano che i metaboliti secondari di natura fenolica, inclusi i flavonoidi, sono, in genere, responsabili di varie attività farmacologiche (Kumar e Pandey 2013; Mahomoodally et al 2005; Pandey 2007 )

Inoltre queste sostanze sono costituenti della dieta degli animali e dell'uomo. Non possono essere sintetizzati dall'organismo umano o animale (Pandey e Kumar 2013; Koes, Verweij, Quattrocchio 2005), ma devono essere obbligatoriamente introdotti con la dieta.

Generalmente i flavonoidi sono le sostanze responsabili del colore, del gusto, della prevenzione dell'ossidazione dei grassi e della protezione di enzimi e vitamine (Pandey e Kumar 2013Yao LH et al. 2004).

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1.1.1 Chimica dei flavonoidi

I flavonoidi sono sostanze naturali aventi come struttura base quella del benzo-gamma-pirone (figura 1):

Figura 1. Struttura del benzo-gamma-pirone

Chimicamente i flavonoidi possiedono uno scheletro costituito da 15 carboni, rappresentato dai due anelli benzenici (anello A e anello B) collegati tra loro mediante un anello eterociclico,il pirano (anello C)(figura 1).

Anche se la classificazione di questi principi attivi verrà analizzata in seguito, è opportuno specificare che le varie classi differiscono nel grado di ossidazione e nel tipo di sostituzione dell'anello C, mentre i singoli composti all'interno della stessa classe si differenziano in base ai sostituenti presenti sugli anelli A, B e C (Kumar, Pandey 2013; Middelton E Jr 1998).

In natura i flavonoidi si possono trovare sottoforma di agliconi, glicosidi e derivati metilati. In base a tutto ciò che è stato finora enunciato, come esempio di diversificazione fra le sottoclassi, possiamo affermare che i flavonoli differiscono dai flavanoni per il gruppo idrossile alla posizione 3 e per il doppio legame C2-C3 (Kumar e Pandey 2013; Naraya et al 2001).

Approfondendo gli aspetti strutturali, è utile specificare che i flavonoidi spesso sono idrossilati nelle posizioni 3, 5, 7, 3', 4' e 5'. I metil etere e gli esteri acetilici del gruppo alcolico sono molto ricorrenti in natura. Per quanto concerne la

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formazione dei glicosidi, il legame glicosidico, avviene, comunemente, nella posizione 3 o 7 e il carboidrato può essere uno dei seguenti: L-ramnosio, D-glucosio, glucoramnosio, galattosio, arabinosio ( Kumar, Pandey 2013; Middleton E.1984).

1.1.2 Classificazione dei flavonoidi

In base alle loro caratteristiche chimiche possono essere suddivisi nelle seguenti categorie:

Flavoni:

in questa famiglia troviamo composti in cui è presente un doppio legame tra la posizione 2 e 3 e un chetone in posizione 4 dell'anello C. La maggioranza di quelli trovati nella verdura possiede un gruppo idrossilico in posizione 5 dell'anello A, mentre l'idrossilazione in altre posizioni varia in base alla classificazione tassonomica del frutto o della verdura. Esempi: luteolina nel peperoncino, apigenina nel sedano, baicalina. (figura 2) (Tazzini 2014;)

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Flavonoli:

presentano un gruppo ossidrilico in posizione 3 dell'anello C, che, può essere glicosilato. Sono la sottofamiglia più ampiamente distribuita nella frutta, tipo i mirtilli, e nella verdura, come cipolle, broccoli, cavolo riccio. Esempi: fisetina, quercetina, kampferolo, miricetina. (figura 3) (Tazzini 2014;)

Figura 3.

struttura generale dei flavonoli

Flavanoni:

nell’ anello C è assente il doppio legame tra le posizioni 2 e 3, e ciò rappresenta l’ unica differenza con i flavoni. Possono essere multi-idrossilati e diversi gruppi idrossilici possono essere metilati e/o glicosilati. Esempi:esperetina, naringenina. (figura 4) (Tazzini 2014;)

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Isoflavoni:

sono flavonoidi che presentano l'anello B legato alla posizione 3 dell'anello C. Hanno analogie strutturali con gli estrogeni, come l'estradiolo e per questo motivo vengono definiti fitoestrogeni. Si riscontrano quasi esclusivamente nei legumi. Esempi: genisteina e daidzeina. (figura 5)

(Tazzini 2014;).

Figura 5.

Struttura generale degli isoflavoni

Flavanoli:

si distinguono dagli altri flavonoidi per il fatto che la loro struttura chimica sia priva del doppio legame in posizione 2-3 dell'anello C e del gruppo carbonilico in posizione 4, mentre in posizione 3 possiedono un gruppo ossidrilico, da cui prendono il nome di flavan-3-oli. Una loro caratteristica peculiare è quella di formare oligomeri (da 2 a 10 unità) o polimeri (da 10 a 60 unità) detti proantocianidine o tannini condensati. Esempi: catechine e proantocianidine. (figura 6) (Tazzini 2014;)

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Antocianine:

la struttura base è il catione flavilio, cui si legano gruppi idrossilici, metossilici ed uno o più zuccheri. La molecola priva di zucchero è detta antocianidina. Gli zuccheri più comuni presenti in questi composti sono: xilosio, glucosio, ramnosio, arabinosio, fruttosio e galattosio e si legano, in genere, in posizione C3 o C3 e C5, ma sono state osservate anche altre posizioni glicosilate (C7, C3' e C5'). I vari componenti di questa sottoclasse si differenziano in base alla posizione dei sostituenti precedentemente descritti. Si trovano soprattutto nei frutti rossi e nell’uva, mora e ribes nero. Esempi: cianidina, pelargonidina, peonidina (figura 7). Conferiscono una colorazione azzurro-rossa ai vegetali che le contengono (Tazzini 2014;).

Figura 7.

Struttura generale delle antocianine

Antocianidine R1 R2 R3 R4 R5 R6 R7 C5 Cianidina -OH -H -OH -H -OH -OH -H -OH Pelargonidina -OH -H -OH -H -H -OH -H -OH Peonidina -OH -H -OH -H -OCH3 -OH -H -OH

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Nella tabella 1 sono state riassunte le varie classi di flavonoidi, con alcuni esempi

:

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1.1.3 Assorbimento, metabolismo e escrezione dei flavonoidi

Nell’ottica dell’utilizzo di derivati di natura flavonoidica per finalità nutraceutiche o fitoterapiche, è importante la valutazione del comportamento farmacocinetico dei flavonoidi all’interno dell’organismo umano, visto che questi in natura si possono incontrare o in forma glicosidica, cioè legati ad una molecola zuccherina, oppure in forma agliconica.

Prendendo in considerazione l’assorbimento, è fondamentale evidenziare il fatto che avviene in dipendenza delle proprietà chimico-fisiche del composto, come solubilità, lipofilicità e dimensioni molecolari. Il residuo zuccherino dei flavonoidi glicosidici è un fattore determinante della loro biodisponibilità : infatti, gli agliconi vengono facilmente assorbiti nell’intestino tenue, mentre i flavonoidi glicosilati devono essere convertiti nella forma agliconica, prima di essere assorbiti. Un’ altra via alternativa è rappresentata dalla porzione zuccherina del flavonoide glicosilato, che può essere in grado di mimare lo zucchero di un preciso trasportatore: ad esempio la quercetina (flavonoide glicosidico idrofilo) è trasportato attraverso il piccolo intestino dal cotrasportatore intestinale del glucosio Na+ dipendente (SGLT1)(Kumar and Pandey 2013;Hollman PC et al.1999). Un meccanismo alternativo può essere che i flavonoidi siano idrolizzati da lattasi, come la florizin idrolasi, una β- glicosidasi collocata sulla superficie esterna dell’orletto a spazzola della membrana dell’intestino tenue. Successivamente, l’aglicone, così liberato può essere assorbito (Kumar and Pandey 2013; Day AJ et al 2000).

I glicosidi, che non sono substrati di questo enzima o di altri enzimi simili, possono essere trasportati verso il colon dove i batteri sono capaci di svolgere due azioni simultanee: idrolizzare i flavonoidi glicosidici e degradare la parte agliconica che si è liberata (Kumar et Pandey 2013;Scheline 1973;).

Visto che la capacità di assorbimento del colon è molto ridotta rispetto a quella dell’intestino tenue, si prevede solamente un assorbimento esiguo di questi glicosidi e la restante parte viene eliminata (Kumar et Pandey 2013).

Dopo l’assorbimento avviene la fase di coniugazione, che si svolge a livello epatico, in cui, grazie alle reazioni di glucuronidazione, solfatazione, o

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metilazione questi composti vengono coniugati, oppure, sempre in questa sede, vengono metabolizzati in piccoli composti fenolici (Kumar et Pandey 2013;Bravo 1998).

Questi metaboliti possono seguire due strade per la loro escrezione: 1- possono ritornare nell’intestino tenue e poi essere escreti con le feci; 2- possono entrare nel circolo sistemico, dove raggiungeranno gli altri tessuti e organi fino ad arrivare ai reni dove verranno eliminati con le urine. I flavonoidi oligomerici possono essere idrolizzati in monomeri e dimeri sotto l’influenza delle condizioni acide dello stomaco. Le molecole più grandi, invece, raggiungono il colon, dove vengono degradate dai batteri. La dimerizzazione ha dimostrato di ridimensionare la biodisponibilità. Tra tutte le sottoclassi di flavonoidi, gli isoflavoni presentano la più alta biodisponibilità (Kumar et Pandey 2013;Spencer et al 2000).

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1.1.4 Attività benefiche dei flavonoidi

Negli ultimi anni i flavonoidi hanno destato l'interesse di molti studiosi per il fatto che essi possiedono attività terapeutiche nell'uomo, per tale motivo, molti ricercatori stanno testando queste sostanze al fine di trovare la giusta formulazione, in grado di sfruttare al meglio le loro proprietà curative. Tra le attività biologiche di questi composti, si annoverano:

1. attività antiossidante

Questa proprietà dipende dalla disposizione dei gruppi funzionali sulla struttura benzo-gamma-pirone. La configurazione, la sostituzione e il numero complessivo dei gruppi ossidrilici condizionano diversi meccanismi dell'attività antiossidante, come il “radical scavenging” e la chelazione di ioni metallici (Kumar and Pandey 2013; Kelly et al 2002; Pandey AK et al 2012).

Quest'effetto antiossidante si esplica attraverso la soppressione della formazione dei ROS, mediante inibizione degli enzimi oppure comportandosi da chelanti di oligoelementi coinvolti nella formazione dei ROS; lo scavenging ROS e la up- regulation o protezione delle difese antiossidanti (Kumar and Pandey 2013; Halliwell , Gutteridge1998;).

I flavonoidi inibiscono gli enzimi coinvolti nella generazione dei ROS, come la mono-ossigenasi microsomale, la glutatione

S-transferasi, succinossidasi mitocondriale, la NADH ossidasi, ( Kumar and Pandey 2013; Brown et al.1998).

Poiché la perossidazione lipidica è una conseguenza dello stress ossidativo, i flavonoidi sono in grado di proteggere i lipidi dal danno ossidativo (Kumar and Pandey 2013;Kumar et al 2013; kumar et al2012).

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2.attività epatoprotettrice

La silimarina, è una miscela, con azione epatoprotettiva, costituita dai seguenti flavonoidi: silicristina, silibina e silidianina, estratti dai semi e dai frutti del Silybum marianum (famiglia: Compositae). È stato dimostrato che la silimarina è in grado di stimolare, a sua volta, l'attività dell'enzima RNA polimerasi 1 DNA- dipendente e la successiva biosintesi di RNA e proteine, con conseguente biosintesi di DNA e proliferazione cellulare, che porta alla rigenerazione solo di strutture epatiche danneggiate (Sonnenbichler, Zetl 1986; Kumar , Pandey 2013).

Le proprietà farmacologiche della silimarina comprendono la regolazione della permeabilità della membrana cellulare e l'integrità, l'inibizione dei leucotrieni, ROS scavenging, la depressione delle proteine chinasi e la produzione di collagene ( Kumar and Pandey 2013; He Q et al. 2004).

Inoltre questo flavonoide trova applicazione clinica nel trattamento della cirrosi epatica, nella lesione ischemica e nell’epatite tossica indotta, per esempio, da paracetamolo e funghi tossici ( Kumar and Pandey 2013; Saller, Meier, Brignoli 2001).

3. attività antibatterica

Molti flavonoidi, come flavoni e flavonoli glicosilati, isoflavoni, flavanoni e calconi hanno mostrato di avere un' attività antibatterica potente (Kumar and Pandey 2013; Cushinie, Lamb 2005). I flavonoidi definiti antibatterici potrebbero avere molteplici bersagli cellulari, invece di un solo sito d'azione specifico. Una delle loro azioni a livello molecolare è la formazione di complessi con le proteine batteriche mediante forze, come ad esempio legami a idrogeno e effetti idrofobici e la generazione di legami covalenti. Il loro meccanismo d'azione può essere connesso alla capacità di inattivare le adesine microbiche, enzimi, proteine di trasporto,e così via. I flavonoidi lipofili, oltre alle azioni già menzionate, sono

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in grado di distruggere le membrane microbiche (Kumar and Pandey 2013; Cowan 1999; Mishra et al 2009).

Le catechine sono state ampiamente studiate per la loro attività antimicrobica: sono stati segnalati per la loro attività antibatterica in vitro contro Vibrio cholerae, Streptococcus mutans, Shigella e altri batteri (Kumar and Pandey 2013; Borris 1996; Moerman 1996). Le catechine hanno dimostrato di inattivare la tossina del colera in vibrio cholerae e di inibire le glucosiltransferasi batteriche in S. mutans, probabilmente dovuto ad attività complessanti (Kumar and Pandey 2013; Borris 1996; Nakahara et al 1993).

Robinetina, miricetina e (-)-epigallocatechina sono note per inibire la sintesi del DNA in Proteus vulgaris. Mori et al hanno suggerito che l’anello B dei flavonoidi può intercalare o formare legami a idrogeno con l’impilamento di basi degli acidi nucleici e in seguito portare all’inibizione della sintesi di DNA e RNA nei batteri (Kumar and Pandey 2013; Mori et al 1987).

Un altro studio ha dimostrato l’attività inibitoria di quercetina, apigenina e 3,6,7,3’,4’-pentaidrossiflavone nei confronti della DNAgirasi dell’E. coli (Kumar and Pandey 2013; Ohemeng et al 1993)

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4. attività analgesica e anti-infiammatoria

E’ stato riportato che flavonoidi come esperidina, apigenina luteolina e quecetina, possiedono effetti analgesici e antiinfiammatori. In generale queste sostanze naturali sono capaci di influenzare in maniera specifica la funzione dei sistemi enzimatici implicati nell'origine del processo infiammatorio, in particolare di proteine ad azione tirosina e serina – treonina protein- chinasica ( Kumar and Pandey 2013; Nishizuka 1988; Hunter 1995).

Le tirosin-chinasi sono enzimi che hanno il compito di regolare processi cellulari, quali la proliferazione e la differenziazione della cellula, e possono essere coinvolti nell’oncogenesi, visto che catalizzano la fosforilazione di residui tirosinici di alcuni recettori, come EGFR (Epidermal Growth Factor Receptor). Queste agiscono fosforilando residui di tirosina della proteina bersaglio: è un processo ATP-dipendente. Le serina/treonina chinasi sono proteine aventi attività chinasica, sono in grado di fosforilare gli amminoacidi treonina e/o serina delle proteine bersaglio, inoltre possiedono la capacità di autofosforilarsi. Anche il loro processo è ATP-dipendente. L'inattivazione delle chinasi è dovuta al legame competitivo dei flavonoidi con ATP nei siti catalitici degli enzimi. Questi enzimi sono coinvolti nella trasduzione del segnale e nei processi di attivazione cellulare, che coinvolgono le cellule del sistema immunitario. Inoltre è stato riportato che i flavonoidi sono capaci di inibire l'espressione dell’ isoforma inducibile di ossido nitrico sintasi, le cicloossigenasi e le lipoossigenasi, responsabili della produzione di prostaglandine, leucotrieni, NO e altri mediatori dell'infiammazione, come citochine e chemochine (Kumar and Pandey 2013; Tunon et al.2009 Mar).

Gran parte dell'effetto antiinfiammatorio dei flavonoidi è legato agli effetti sulla biosintesi delle citochine, proteine che mediano la migrazione dei leucociti circolanti ai siti danneggiati (Kumar and Pandey 2013; Manthey JA 2000).

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5. attività anticancro

Frutta e verdura contengono una notevole quantità di flavonoidi, che sono stati segnalati come agenti chemiopreventivi per il cancro (Kumar and Pandey 2013; Mishra et al 2013; Ho et al 1994). Ad esempio, è stata dimostrata l’esistenza di una correlazione inversa tra il consumo di cipolle e/o mele, le due maggiori fonti di quercetina, e l'incidenza del cancro alla mammella , al polmone, alla prostata e allo stomaco. Inoltre è stato dimostrato che i moderati bevitori di vino riportino un rischio più basso di sviluppare tumori all'endometrio, all'esofago, allo stomaco al colon e al polmone (Kumar and Pandey 2013; Koen et al 2005).

I principali meccanismi molecolari attraverso cui si esplica l'azione dei flavonoidi sono essenzialmente i seguenti:

◦ downregulation della proteina p53 mutante

◦ arresto del ciclo cellulare

◦ inibizione della tirosina chinasi

◦ inibizione delle proteine dello shock termico

◦ capacità di legarsi ai recettori per gli estrogeni

inibizione dell'espressione delle proteine Ras (Kumar ePandey 2013).

6.attività antivirale

Varie combinazioni di flavoni e flavonoli hanno dimostrato di esibire sinergismo. Kaempferolo e luteolina mostrano un effetto sinergico contro il virus herpes simplex (HSV). Sinergismo è stato osservato anche tra i flavonoidi e altri agenti antivirali. E' stato visto che la quercetina può potenziare gli effetti di 5-etil-2-dioxyuridina e aciclovir contro HSV e l'infezione da pseudo rabbia (derivante dall'Herpesvirus suino 1). Gli studi hanno mostrato che i flavonoli sono più attivi dei flavoni contro il virus dell'herpes simplex di tipo 1 e l'ordine di attività è risultato essere galangina ˃

kaempferolo ˃ quercetina (Kumar and Pandey 2013; Cushnie , Lamb 2005 ).

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7. attività cardioprotettiva

È stato riportato che l’assunzione giornaliera di frutta e verdura sia associata ad un ridotto rischio di Coronary Heart Disease, CHD (Wang etal. 2014; Crowe et al 2011; Dauchet et al. 2006).

Inoltre è stato scritto che cibi e bevande ricchi di flavanoli possano esercitare effetti cardioprotettivi rispetto alla reattività piastrinica e alla funzione vascolare (Wang et al 2014; Murphy et al 2003; Heiss et al 2003).

I possibili meccanismi tramite i quali i flavonoidi riducano il rischio di CardioVascular Disease, CVD, probabilmente coinvolgono più di un pathway, cui è stato riportato che sia spesso legato alle loro funzioni antiinfiammatoria e antiossidante (Wang et al 2014; Middleton et al 2000) e proprietà vasodilatatorie (Wang et al 2014; Fisher et al 2003).

Usando i flavonoli come esempio, ci sono molte prove che la quercetina e i relativi flavonoli esercitino effetti protettivi sulle forme più comuni di CVD. I flavonoli svolgono un ruolo protettivo nell’aterosclerosi, inibendo uno o più processi implicati nella progressione della malattia, come lo stress ossidativo, la disfunzione endoteliale e l’infiammazione. I flavonoli possono proteggere i vasi coronarici, prevenendo l’aterosclerosi, l’ipertensione e la disfunzione endoteliale (Wang et al 2014; Perez-Vizcaino e Duarte 2010).

La maggior parte degli eventi coronarici acuti sono dovuti alla rottura di una placca aterosclerotica e la successiva ischemia miocardica. Tuttavia, la quercetina può stabilizzare la placca aterosclerotica diminuendo l’espressione delle metallo proteinasi della matrice (Wanget al 2014;Motoyama et al 2009).

Inoltre, i flavonoli possono avere effetti sulle diverse fasi dell’ictus. Nella fase acuta, i flavonoli possono prevenire l’aggregazione piastrinica e la trombosi, inibire lo stress ossidativo, ridurre l’esotossicità e migliorare il flusso sanguigno cerebrale (Wang et al 2014; Simonyi et al 2005).

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Nella fase intermedia, i flavonoli possono proteggere l’integrità endoteliale e diminuire la flogosi (Wang et al 2014; Patil et al 2003; Kao et al 2010).

Nella fase tardiva, i flavonoli possono interferire con i meccanismi di morte cellulare ischemia-indotti, come la necrosi e l’apoptosi (Wang et al 2014; Silva et al 2008; Mercer et al 2005; Echeverry et al 2010).

Un esempio di flavonoide con azione cardioprotettiva è la naringenina, abbondante nelle piante del genere Citrus, come arancia e pompelmo. I suoi effetti anti-ischemici sono stati decritti in modelli sperimentali di ischemia/ riperfusione (Testai et al. 2013; Kang et al. 2007).

Nel modello dell’infarto sperimentalmente indotto, la naringenina mostra significativi effetti cardioprotettivi, quasi comparabili con quelli prodotti dal meccanismo endogeno di “self-defence” di ischemic pre- conditioning, IPC (Testai et al 2013).

Quando il BK-blocker PAX viene somministrato prima della naringenina, l’effetto protettivo del flavonoide nel modello sperimentale dell’infarto acuto è chiaramente antagonizzato. Questa evidenza sperimentale suggerisce fortemente che l’attivazione dei canali BK del potassio è il principale meccanismo d’azione, responsabile dell’effetto cardioprotettivo della naringenina (Testai et al. 2013).

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1.2 Luteolina

La luteolina (3',4',5,7-tetraidrossiflavone) è un composto polifenolico appartenente alla famiglia dei flavonoidi e alla sottoclasse dei flavoni. È presente in molti cibi, che rientrano comunemente nell'alimentazione umana di tutti i giorni, vari esempi sono sedano, olio d'oliva, menta, carote e peperoni (Cosimo Colasanto2010;Johnson et al 2010).

Inoltre tale composto è presente in varie piante medicinali come

Chrysanthemum morifolium (Flos Chrysanthemi; tradizionale della medicina

cinese), Lonicerae japonicae, Aloe spp. La Luteolina è stata altresi isolata in un certo numero di fiori, come Reseda luteola, Delonix elata, Elsheltzia rugolosa (Khan et al. 2014; Moiteiro et al 2008; Liu et al 2011).

Inoltre essa è il costituente colorante della pianta erbacea Reseda Luteola, appartenente alla famiglia delle Resedaceae, diffusa in Eurasia, Nord Africa e Nord america (USDAGrin Taxonomy for Plants).

Per quanto concerne le proprietà benefiche, è stato dimostrato che questo flavone ne possieda molte con rilevante importanza, come l’effetto inibitorio nei confronti degli enzimi stimolanti la sintesi delle cruciali molecole infiammatorie, coinvolte anche nel cancro al colon, cioè COX-2 e iNOS. Infatti la luteolina è in grado di sopprimere iNOS e indirettamente di prevenire la produzione di NO nelle condizioni della malattia. Molti studi riportano che questo flavonoide inattiva selettivamente la COX-2 in molte patologie, visto che la sua somministrazione porta alla diretta soppressione dell’espressione dell’enzima e conseguentemente alla riduzione della flogosi del colon (Kumar et al 2014). Inoltre è stato riportato che sia capace di ridurre i livelli di fosfatasi alcalina (marcatore utile per la determinazione della differenziazione delle cellule nel cancro al colon; catalizza l’idrolisi di una varietà ampia di monofosfatasi organiche) e lattato deidrogenasi LDH (enzima presente in varie isoforme e riconosciuto come un potenziale enzima marcatore tumorale nella valutazione della proliferazione delle cellule maligne)(Kumar et al. 2014).

Oltre a questa importante attività, la luteolina è dotata di proprietà antiossidanti, poiché risulta essere in grado di penetrare all’interno dei nuclei cellulari e

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sopprimere il danno ossidativo al DNA (Zhou et al. 2008).

Possiede, inoltre, capacità vasodilatanti, visto che studi recenti hanno comprovato che il flavonoide in questione attenui la riduzione della funzione contrattile ed il flusso coronarico di un cuore di ratto isolato provocato da ischemia/riperfusione (Zhou et al 2008).

Le proprietà vasodilatanti sono state provate anche testando il flavonoide su anelli isolati dell’aorta toracica di ratti Wistar kyoto normotesi del peso di circa 250 – 300 g (Calderone et al. 2004). In questo studio sono stati testati vari flavonoidi, oltre alla luteolina, e i risultati ottenuti, riguardanti la luteolina, confermano pienamente questa importante funzione (Calderone et al. 2004). In più è conosciuta per il suo potenziale cardioprotettivo e la sua capacità di influenzare la patogenesi dell’aterosclerosi tramite l’inibizione della biosintesi di colesterolo a differenti livelli, aumentando, così, l’eliminazione del colesterolo dal fegato e impedendo il processo ossidativo delle LDL. È stato poi riportato che varie piante medicinali contenenti questo flavonoide sono utilizzate per la prevenzione o per il trattamento di diabete, obesità e altri disordini metabolici (Khan et al 2014;Moreno DA 2006; Park CM et al. 2001; Wang 2011).

Infine la luteolina, come altri flavonoidi, tra cui la quercetina, manifesta attività mutagenica in vitro (Rueff et al 1995; Chen et al 2011); fortunatamente questo effetto non si osserva in vivo a causa dell’ampia metilazione a cui è sottoposta da parte dell’organismo (Zhu et al 1994; Chen et al 2011).

La luteolina è scarsamente solubile in acqua (< 2 x 10-2mmol/ml), ha un ridotto assorbimento per via orale e una bassa biodisponibilità che ne limitano il suo utilizzo nella pratica clinica (Qiu JF et al. 2013).

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1.2.1 Farmacocinetica della Luteolina

In figura 8 è rappresentata la struttura chimica della luteolina:

Figura 8.

Struttura chimica della Luteolina

Questo composto, come molti altri in natura, si trova sia in forma agliconica che in forma glicosidica e tale fattore ne condiziona l’assorbimento. Generalmente l’aglicone può essere direttamente assorbito a livello enterico per diffusione passiva, i glicosidi della luteolina, invece, saranno assimilato dopo il processo di idrolisi, (anch’esso avente sede intestinale), dovuto alla flora batterica o all’enzima lattasi florizin idrolasi (Chen Z. et al. 2011; Shimoi et al. 1998; Sesink et al. 2003; Kottra and Daniel, 2007; Lu et al. 2010).

Inoltre recenti studi, eseguiti da Zhou e colleghi, hanno permesso di dimostrare che la luteolina è principalmente assorbita passivamente nel digiuno (Zhou et al. 2008).

La luteolina oltrepassa relativamente bene le membrane biologiche, come dimostrato in vitro tramite il modello di cellule Caco-2 stratificate (Chen et al 2011; Ng et al. 2004).

Tuttavia l’assorbimento risulta estremamente variabile, come osservato da Yee, che nella specie animale ha rilevato una biodisponibilità che varia dal 20 al 70%( Chen et al 2011; Yee 1997).

A conferma del modesto assorbimento enterico del flavonoide puro, è stato pubblicato uno studio sperimentale, in cui viene comparato l’assorbimento della

O

O

OH

O

H

OH

OH

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luteolina pura e della luteolina proveniente dall’estratto del guscio di arachidi. Dai risultati ottenuti si evince che la luteolina proveniente dall’estratto di guscio di arachide viene assimilata prima rispetto a quella pura. Osservando le differenze farmacocinetiche dei due composti presi in esame si nota che la concentrazione della luteolina aumenta nettamente quando al ratto viene somministrato l’estratto, mentre la concentrazione di luteolina incrementa in maniera graduale quando, invece, il ratto riceveva il flavonoide puro: si deduce che i componenti presenti nell’estratto potrebbero facilitare l’assorbimento intestinale di luteolina (Zhou et al 2008).

Come per alcuni farmaci, anche alcuni flavonoidi possono subire un estensivo metabolismo di primo passaggio e questo va ad influenzare la quota del flavonoide che effettivamente andrà ad agire sui siti d’azione opportuni. È necessario sottolineare il fatto che la luteolina è uno di quei flavonoidi che è sottoposto ad esteso metabolismo di primo passaggio, che insieme alla sua scarsa solubilità, ne ostacola l’assorbimento sistemico, limitandone ulteriormente l’utilizzo nell’uomo (Khan et al. 2014).

Per l’analisi delle reazioni di fase 2, definite reazioni di coniugazione, a cui è sottoposto questo flavone, è molto importante osservare con attenzione la sua struttura chimica riportata in figura 8: vista la sua struttura polifenolica, sembra essere un ottimo substrato per l’enzima Uridina difosfato- glucuroniltransferasi UDGT e solfotransferasi (Chen et al2011; Shimoi et al 1998).

Tali enzimi operano le reazioni di glucuronidazione e solfatazione sui gruppi ossidrilici presenti, al livello della mucosa intestinale e del fegato (sia quando avviene il metabolismo presistemico di primo passaggio, sia in caso di reazione metabolica vera e propria).

Vi sono limitate informazioni riguardanti l’assorbimento e l’escrezione di luteolina nell’uomo e nei modelli sperimentali, specialmente quando è contenute nell’estratto di erbe (Chen et al 2007). Utilizzando l’estratto di

Chrysantemum morifolium è stato possibile effettuare uno studio farmacocinetico comparativo di apigenina e luteolina, eseguito dal Dott. Chen e i suoi ricercatori, i quali hanno somministrato 200mg/kg di estratto di

Chrysantemum morifolium per via orale a ratti di sesso maschile. Come

campioni sono stati raccolti: sangue, dal quale è stato estratto il plasma, prelevato a intervalli di tempo ben definiti (Chen et al 2007).

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21

Per quanto riguarda i risultati ottenuti da questo studio: si nota, in figura 9, che la concentrazione plasmatica di luetolina si mantiene al di sotto dei 5 µg/ml per tutta la durata dell’esperimento.

Figura 9.

Grafico concentrazione plasmatica-tempo della Luteolina ripreso dall’articolo riguardante lo studio

(Chen et al 2007)

Quindi, i livelli plasmatici del presente studio suggeriscono un assorbimento relativamente rapido e una lenta fase di eliminazione di luteolina. Ci sono due picchi nella curva concentrazione plasmatica- tempo, i quali suggeriscono che la luteolina è riassorbita dal circolo enteroepatico o dalla parte distale dell’intestino tenue o dal colon (Chen et al 2007).

Continuando l’analisi metabolica del flavone, sulla molecola, riportata in figura 8, è presente il gruppo catecolico: questo sostituente è il substrato di un altro enzima implicato nelle reazioni di fase 2, cioè Catechol-O-Methyltransferasi (COMT), che aggiunge un gruppo metilico ad uno dei due gruppi ossidrili. In questo caso si possono ottenere due metaboliti a partire dalla luteolina: il crisoeriolo (metabolita metilato al 3’OH) e la diosmetina (composto metilato al 4’ OH) come si vede in figura 10:

(22)

22

COMT

Luteolina

Figura 10.

Prodotti dei reazione dell’enzima COMT

Il crisoeriolo e la diosmetina sono metaboliti molto importanti per il fatto che non solo possiedono alcuni effetti biologici molto simili a quelli del composto originario, ma hanno una loro propria attività, per esempio sull’osteoporosi (Chen et al 2012; Bui et al 2009;Hsu et al 2008).

Essi sono, inoltre, “profarmaci” nella prevenzione del cancro, poichè potrebbero essere convertiti in luteolina dal Citocromo P 450 (CYP 450), come dimostrato dagli studi sperimentali effettuati da Chen e dai suoi collaboratori (Chen et al.2012; Androustopoulos et al 2009; Arroo et al 2009): perciò avranno anche tutte le proprietà farmacologiche del flavone.

Infatti dai dati ottenuti dai loro studi, condotti utilizzando microsomi del fegato di ratto, si ricava che entrambe i metaboliti vengono demetilati da enzimi di fase 1 e riconvertiti in luteolina (Chen et al 2011).

O O OH O H OH OH COMT O O OH O H OH CH3 O Diosmetina Crisoeriolo O O O H OH OH C H3 O

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23

Sempre da questi studi si evince che, per quanto concerne la luteolina, COMT presenta regioselettività e mostra preferenza per la metilazione dell’ossidrile in 4’ rispetto a quello posizionato al 3’ in tutti tessuti di ratto presi in esame (Chen et al. 2011).

È stato effettuato anche un altro studio a supporto della regioselettività della COMT riguardante la metilazione della luteolina in vivo e in vitro, ma stavolta sull’uomo: infatti sono stati utilizzati sia COMT ricombinante umana e fegato umano al fine di poter analizzare la cinetica della meta e para- metilazione, figura 11, sia campioni di urina da volontari dopo aver somministrato loro una formulazione contenente luteolina (Chen ZJ et al 2013).

Figura 11.

Grafico riportante la formazione della cinetica della luteolina meta- e para- metilata da parte di COMT solubile ricombinante umana (grafico A) e nelle cellule epatiche umane (grafico B) tratto dall’articolo riguardante lo studio.

(Chen ZJ et al 2013)

I risultati sono contrastanti perché hanno mostrato che la luteolina ha subìto la para metilazione, tuttavia dai campioni di urina si osserva una preferenza di meta-metilazione. Per chiarire il meccanismo, è stata valutata la stabilità dei metaboliti meta e para metilati del flavone nei microsomi epatici umani e CYP 450 umane ricombinanti. Gli esperimenti hanno rivelato che la luteolina

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para-24

metilata è facilmente demetilata dall’ isoforma CYP1A2 umano e il metabolita meta-metilato dall’isoforma CYP3A4 e CYP3A5 (Chen ZJ et al 2013).

Lo studio si conclude affermando che la luteolina è un substrato della COMT umana, che favorisce la para metilazione, cioè la formazione di diosmetina, però, l’ulteriore demetilazione di questo metabolita da parte di CYP1A2, CYP3A4, CYP3A5 provoca un accumulo di crisoeriolo in vivo (Chen ZJ et al.

2013).

Passando all’ultimo stadio farmacocinetico, analizzando tutte le informazioni raccolte, si può dire che la luteolina subisce un’escrezione urinaria, fecale e bilare.

In merito all’escrezione biliare, i risultati, dello studio precedentemente menzionato, dimostrano l’esistenza di un’ escrezione biliare di luteolina (Chen et al 2007).

A sostegno di questa tesi, nello studio è stato riportato che la luteolina totale escreta con la bile era 2.05% della dose. Inoltre, circa alle 6 e 24 ore compare il picco di escrezione, ma il picco di massima escrezione è stato raggiunto in 24 ore, come si nota nel grafico riportato in figura 12. Perciò, è stata indicata un’escrezione bassa e lenta di luteolina dalla bile (Chen et al 2007).

Figura 12.

Grafico sull’escrezione biliare della luteolina e dell’apigenina ripreso dallo studio sul Chrysantemum morifolium (Chen et al 2007)

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25

In aggiunta è opportuno affermare che nella bile sono presenti alte concentrazioni di metaboliti coniugati della luteolina: alcuni dei metaboliti solfoconiugati e metaboliti glucuronati del flavone presenti nella bile sono stati anche metilati. L’identificazione di questi metaboliti ha dimostrato che il fegato è un sito attivo per la metilazione dei flavonoidi (Crespy et al 2003), oltra a giocare un ruolo fondamentale per il ricircolo enteroepatico.

Per quanto riguarda, invece, l’escrezione fecale e urinaria, da questo studio è stato ricavato che il tasso di escrezione urinaria totale di luteolina è, del 6.6% nei ratti durante 72 ore dopo somministrazione orale di Chrysantemum

morifolium, e suggerisce il fatto che la luteolina abbia una lenta escrezione

renale; mentre, il tasso di escrezione fecale cumulativo di luteolina e nello stesso tempo è 31.3% ; in tal modo il recupero totale del flavone nelle urine e nelle feci è 37.9% (Chen et al 2007).

I picchi dei tassi di escrezione appaiono a circa 8 ore: quindi la loro concentrazione nelle urine e nelle feci diminuisce lentamente, come di denota nel grafico riportato in figura 13. La luteolina è stata escreta completamente in 72 ore dopo l’ingestione di Chrysantemum morifolium. L’ammontare di luteolina nelle feci è maggiore di quelli nelle urine (Chen et al 2007).

Figura 13.

Grafico escrezione cumulativa della dose- tempo riguardante l’eliminazione fecale e urinaria di luteolina e apigenina ripreso dallo studio condotto sul chrysantemum morifolium (Chen et al 2007)

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1.3 Fitosomi contenenti Luteolina

Negli ultimi anni, la complessazione tra principi attivi polifenolici, di origine vegetale e fosfolipidi, definita col termine di fitosoma, è stata ritenuta una formulazione innovativa capace di migliorare parametri importanti, come l’assorbimento di principi attivi applicati sulla pelle, la biodisponibilità orale e l’efficacia clinica del composto. A sostegno di ciò esistono molte sostanze che, incorporate in questi complessi, hanno migliorato la loro solubilità, la loro biodisponibilità ed efficacia, come ad esempio curcumina, silibina e quercetina (Bombardelli et al 1989).

I fosfolipidi, utilizzati per la costruzione di questi complessi somigliano in modo univoco ai fosfolipidi costituenti le cellule di mammifero e per questo sono sufficientemente biocompatibili (Khan et al 2014; Goda et al 2010).

Inoltre, sono conosciuti per essere non mutagenici e non cancerogenici (Khan J et al. 2014; FDA-report 1997)

Il fosfolipide usato come carrier è la fosfatidil colina, la quale ha anche un’attività epatoprotettrice e valore nutrizionale. Questo è un fattore molto vantaggioso dal punto di vista dell’utilizzo della formulazione (Surendra Tripathy et al. 2013).

I fitosomi sono conosciuti anche per migliorare la solubilità, la stabilità e, di conseguenza, l’efficacia terapeutica di farmaci idrofobici (Khan et al 2014; Semalty 2010).

Molti principi attivi di piante medicinali con struttura polifenolica sono stati combinati con fosfolipidi alimentari per formare micelle solubili, con il risultato di nuovi prodotti dotati di migliore biodisponibilità orale ed effetto terapeutico (Khan et al 2014; Changediva et al 2011). Un altro aspetto vantaggioso riguarda il dosaggio della sostanza da incorporare all’interno del fitosoma: è necessaria una dose bassa di flavonoide e l’assorbimento aumenta notevolmente (Surendra et al. 2013).

Nonostante diano buoni risultati, dati completi circa la formulazione di questi complessi sono insufficienti e questa tecnica è ancora in fase di studio.

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27

migliorare il suo andamento farmacocinetico. Sono stati effettuati studi su questa nuova formulazione del flavonoide in esame: la luteolina è stata complessata con i fosfolipidi e la formulazione è stata valutata per le proprietà chimico-fisiche, con studi di solubilità e di rilascio. Inoltre è stata caratterizzata tramite raggi UV-visibile e FTIR (Fourier Transform Infrared spectroscopy); in vivo, invece, adoperando ratti Wistar, è stata analizzata l’attività antiinfiammatoria della luteolina e del suo complesso con fosfolipidi usando carragenina e 12-O-tetradecanoilforbolo-13-acetato come induttori di edema alla zampa nei ratti Wistar e edema all’orecchio nei topi albini Swiss, rispettivamente (Khan et al 2014).

Da questi esperimenti risulta che il profilo dissoluzione-diffusione del complesso fosfolipide- luteolina è migliore rispetto a quello del flavone puro e della miscela fisica, costituita dal flavone più fosfolipidi.

Il flavonoide mostra un profilo farmacocinetico di primo ordine con graduale aumento della percentuale di rilascio del flavone nel tempo, comunque dopo 2 ore la quantità totale di luteolina assorbita risulta circa del 40% (la miscela fisica mostra una cinetica di rilascio simile); a fronte del 95 % circa rilasciato dal complesso. Il rilascio di luteolina dal complesso è stato dimostrato che segue un andamento bifasico: ad un iniziale picco segue un rilascio sostenuto nel tempo, suggerendo che il flavonoide possa venir intrappolato nelle molecole lipidiche (Khan J et al. 2014).

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1.3.1 Struttura e proprietà chimico-fisiche del fitosoma

Da un punto di vista chimico- fisico, il fitosoma è una struttura chimica determinata dall’interazione di una frazione polifenolica pura o standardizzata con una matrice fosfolipidica estratta dalla soia. Sono complessi liposomiali particolari perché sono capaci di cedere con facilità sostanze vegetali, come i flavonoidi. Sono prodotti lipofili idrodispersibili, in cui il principio attivo è parte integrante della membrana essendo ancorato attraverso legami chimici alla testa polare del fosfolipide con i quali è in rapporto stechiometrico 1:1.

I fitosomi, però, non devono essere confusi con i liposomi, dove le molecole del farmaco o altre sostanze, idrofile sono intrappolate all’interno di una cavità oppure fra gli spazi intramembranari. I liposomi possono coinvolgere moltissime molecole di fosfolipidi, circa un centinaio, grazie a questa tecnica di intrappolamento, e solitamente sono utilizzati per scopi cosmetici. Invece, i fitosomi utilizzano 1-4 molecole fosfolipidiche con i fitocostituenti chimicamente ancorati tra loro. In figura 14 è illustrata una comparazione fra liposomi e fitosomi:

Figura 14.

Struttura comparativa liposoma - fitosoma

Diversi studi hanno dimostrato che i fitosomi possono essere una efficace alternativa ai liposomi, in termini di permeabilità e stabilità di membrana. In generale il fitosoma è un prodotto lipofilo dotato di un punto di fusione ben

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preciso, ma soprattutto diverso da quello dei costituenti presi singolarmente. Per quanto riguarda la solubilità, si possono facilmente sciogliere in solventi aprotici e nei grassi, ma sono insolubili in acqua e possiedono, inoltre, la caratteristica di essere composti idrodispersibili. Anche se hanno questo carattere molto importante per il loro utilizzo, i fitosomi, quando vengono trattati con acqua, assumono la forma di una micella, simile a quanto accade con i liposomi. Possono essere considerati, infatti, delle forme particolari di liposomi, come conferma la correlazione con la spettroscopia PCS (Photon Correlation Spettroscopy), la quale rivela che i fitosomi hanno acquisito dai liposomi la loro struttura particolare. Il fitosoma è instabile in alcool e dimetilsofossido (DMSO) (Surendra Tripathy et al. 2013).

Dai dati ottenuti dall’ 1H NMR e 13C NMR, si può dedurre che le catene dei grassi danno segnali invariati sia nei fosfolipidi liberi che in quelli del complesso, ciò indica che le lunghe catene alifatiche sono avvolte intorno alla molecola del principio attivo, formando così un involucro lipofilo (Surendra Tripathy et al. 2013).

1.3.2 Meccanismo d’azione dei fitosomi

Il meccanismo d’azione è ciò che determina il netto miglioramento della biodisponibilità dei principi e delle frazioni attive. Recentemente, sono stati eseguiti degli studi, che, però, hanno portato solo alla formulazione di un ipotetico meccanismo d’azione: dopo la somministrazione orale di un principio attivo vegetale sotto forma di fitosoma, superata la barriera dello stomaco, giunge nell’intestino tenue. A questo livello subisce il processo di emulsificazione e micellazione, grazie all’interazione con i sali biliari. In forma di micella, il fitosoma è ora in grado di attraversare la mucosa intestinale, dove viene incorporato dai chilomicroni per mezzo dei quali, attraverso il sistema linfatico ed il torrente sanguigno, arriva ai tessuti bersaglio, dove i principi attivi vengono liberati in forma pura(Surendra Tripathy et al. 2013).

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Capitolo 2

Scopo della ricerca

La luteolina è un flavonoide con moltissime attività benefiche, che spaziano dall’ambito cardiovascolare a quello antiinfiammatorio, passando per quello anticancro, tuttavia presenta problemi a livello della solubilità e della sua farmacocinetica, poiché subisce metabolismo epatico presistemico, il quale ne limita l’utilizzo terapeutico. Per questo motivo, attualmente la ricerca è concentrata sullo sviluppo di formulazioni atte a risolvere tale complicazione. Lo scopo di questa tesi di laurea è stato studiare il profilo farmacocinetico del flavonoide luteolina in forma pura e nella nuova formulazione del fitosoma. A questo scopo sono stati eseguiti protocolli in vivo dove il flavonoide e la sua nuova formulazione sono stati somministrati per via orale e intra-peritoneale, così da comparare le diverse cinetiche di assorbimento. Infine, in un’ultima fase della sperimentazione luteolina e i fitosomi contenenti il flavonoide sono stati testati in un modello in vitro di everted gut sac, per valutare eventuali differenze nelle cinetiche di assorbimento attraverso l’epitelio intestinale

.

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31

Capitolo 3

Materiali e Metodi

3.1 Sperimentazione in vivo

3.1.1 Animali

Per ogni protocollo sperimentale eseguito sono stati adoperati ratti albini del ceppo Wistar Kyoto del peso compreso tra 300-450 g, esclusivamente di sesso maschile (figura 15):

Figura 15. Ratto albino Wistar Kyoto

Gli animali vengono allevati secondo norme precise: infatti, vivono in gabbie dalle dimensioni adeguate, dove possono muoversi liberamente ed hanno cibo ed acqua ad libitum. Inoltre, vengono esposti a cicli regolarmente alternati di luce/buio di dodici ore.

La sperimentazione è stata adempiuta in conformità alla normativa comunitaria Direttiva CEE 86-609 e alla legge italiana D.L. n° 116/92.

Visto che la luteolina è un flavonoide e gli animali utilizzati per la sperimentazione vengono nutriti con pellet contenenti flavonoidi, per poter analizzare meglio il flavone in esame, si è impiegato ratti Wistar Kyoto tenuti a digiuno per 24 ore.

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32

3.1.2 Esperimento e operazione chirurgica

Per quanto concerne la procedura chirurgica, questa prevede che il ratto Wistar venga anestetizzato con una dose d’attacco di pentobarbitale sodico di 70 mg/kg somministrato per via intraperitoneale. All’occorrenza, durante l’esperimento, si somministrano, sempre per via intraperitoneale, dosi di mantenimento di 10 mg/kg.

Dopo l’anestesia, si procede con l’incannulamento della trachea. La cannula tracheale viene collegata ad una pompa di ventilazione. Il respiratore serve per fornire costantemente la giusta quantità di aria all’animale, tramite i seguenti parametri:

o 70 atti respiratori/minuto

o 1 ml aria/100g di peso corporeo dell’animale, per atto respiratorio.

Successivamente, si incannula l’arteria carotidea sia per effettuare i prelievi dei campioni a determinati intervalli di tempo, sia per l’eventuale somministrazione di una soluzione fisiologia 0.9% e di una soluzione di citrato di sodio 3,8% p/v (agente anticoagulante) in egual volume. Le due soluzioni vengono somministrate due minuti prima e subito dopo il prelievo di ogni campione, così da reintegrare i sali ed evitare la formazione di coaguli. Prima della somministrazione del composto e terminata l’operazione microchirurgica, è necessario un periodo di stabilizzazione di 15 minuti e dopo di ciò si può cominciare la raccolta dei campioni, effettuando il prelievo del sangue prima della somministrazione, definito basale.

In seguito, si prepara il composto da dare all’animale, lo si somministra e poi si procede al prelievo dei campioni di sangue, che avviene ad intervalli di tempo ben precisi. Per questo protocollo sperimentale si è scelto di eseguire i prelievi a 5 minuti, 15 minuti, 35 minuti, 1 ora, 2 ore e 4 ore dalla somministrazione. Inoltre di ogni campione ematico raccolto, se ne preleva un’aliquota ben definita di 100 μl. Successivamente ogni frazione di sangue viene trattata e analizzata, adoperando la tecnica gas- cromatografica.

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Nel caso in cui venga scelta la via endovenosa, dopo aver lavorato sull’arteria, è opportuno l’inserimento di un catetere nella vena giugulare e tramite questa cannula viene somministrata la dose di farmaco. Nella somministrazione endovenosa la luteolina viene sciolta in dimetil-solfossido (DMSO) nel quantitativo necessario a raggiungere il dosaggio di 10 mg/kg.

Quando, invece, viene scelta la via orale, si somministra il farmaco attraverso il gavaggio, procedura che consiste nell’inserimento di una sonda dalla bocca del ratto e viene fatto arrivare fino allo stomaco.

In questo caso la luteolina deve essere sospesa in una soluzione costituita da 10% DMSO e 90% di metilcellulosa 1%, in modo da raggiungere il dosaggio previsto di 10 mg/kg; mentre la luteolina in fitosomi va sospesa in metilcellulosa 1% , per avere il dosaggio equimolare alla luteolina somministrata da sola. Oltre a queste due vie, si è deciso di impiegare anche la via intraperitoneale. Per questo tipo di somministrazione la luteolina deve essere sciolta nel quantitativo di DMSO utile per ottenere il dosaggio di 10 mg/kg. Affinchè il complesso luteolina con fitosomi si mantenga tale e sia possibile somministrarlo per via intraperitoneale, deve essere sospeso nella soluzione fisiologica 0.9%, nella quantità opportuna per avere la dose equimolare alla luteolina da sola.

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3.1.3 Strumentazione

I materiali, di cui ci si avvale, per seguire il protocollo sperimentale appena descritto, sono:

a) Elettrocardiografo Mindray PM 50000: impiegato per il controllo dei parametri vitali dell’animale, come il respiro e i battito cardiaco;

b) Respiratore Ugo Basile: utilizzato per fornire le corrette insufflazioni d’aria in maniera costante per tutta la procedura.

c) Gas cromatografo Trace- GC con autocampionatore modello AS2000, rivelatore di massa Polaris – Q a trappola ionica e software gestionale Xcalibur: usato per rivelare la presenza del composto esaminato nel campione e la sua quantificazione attraverso i calcoli necessari.

d) Sistema di evaporazione sotto flusso di azoto

e) Colonna Restek Rtx-5MS (15 m x 0.25 mm x 0.25 µm)

3.1.4 Sostanze e solventi

Le sostanze, utilizzate per poter mettere a punto l’esperimento, sono:

o luteolina e luteolina in fitosomi, fornite dall’azienda farmaceutica Indena- Milano;

o dimetilsolfossido (DMSO), o carbossimetilcellulosa 1%, o citrato di sodio 3.8 %p/v o la soluzione fisiologica 0.9%

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3.2 Sperimentazione ex vivo: Everted

Gut Sac

3.2.1 Procedura sperimentale

In generale, per ogni esperimento si usano ratti albini Wistar Kyoto del peso di circa 300-450 g, posti nella condizione di digiuno per 24 ore. Inizialmente si procede con la fase di sedazione: si induce nel ratto un’anestesia profonda, somministrando una dose di 100 mg/kg di pentobarbitale sodico (i.p.). Successivamente si passa alla fase di asportazione dell’organo: si comincia assicurandoci la morte dell’animale, eseguendo il dissanguamento ascellare, andando ad incidere un vaso sanguigno all’altezza della zampa anteriore destra, poi si applica un’incisione mediana a livello addominale, dopo aver rimosso la pelliccia, e si procede, quindi, con l’estrazione dell’organo di interesse. Viste le varie porzioni, di cui è costituito l’intestino, si asporta la parte che inizia ad una distanza di circa 5 cm dal piloro e arriva fino alla valvola ileo- ciecale: perciò viene esaminato tutto l’intestino tenue (duodeno, digiuno e ileo). Appena prelevato dalla cavità addominale, l’organo viene immediatamente immerso in un becker contente Krebs, soluzione tampone precedentemente saturata con carbogeno (soluzione gassosa contenente 95% di ossigeno e 5 % di anidride carbonica) e riscaldata a 37°C a bagnom aria.

La soluzione salina Krebs ha la seguente composizione:

• NaHCO3 0.025M • Glucosio 0.012 M • NaCl 0.118 M • KCl 0.005 M • MgSO4 x 7 H2O 0.0012 M • CaCl2 x 2 H2O 0.0025 M • KH2PO4 0.0012 M

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Successivamente, si passa alla fase di toilettatura dell’intestino, in cui viene rimosso tutto il materiale fecale presente all’interno del lume intestinale, facendo passare la soluzione Krebs carbogenata e rimuovendo delicatamente il tessuto adiposo rimasto esternamente, dopo l’asportazione. Durante questa fase è necessario mettere a bagno nel tampone la parte dell’organo in uso ad intervalli abbastanza ravvicinati, in modo da mantenere vitale il tessuto enterico. La preparazione continua con il ribaltamento dell’intestino: per fare ciò, si rende opportuno dividere l’organo in tre porzioni relativamente grandi, così da facilitare l’azione di rovesciamento.

Si procede, quindi, riempiendo l’intero segmento con la soluzione krebs saturata con gas carbogeno e, in seguito, formando i sacchettini utili per l’esperimento, i quali verranno poi immessi in un becker contenente il medesimo tampone, messo a bagno maria alla temperatura di 37°C.

Servendosi di una colonna riempia di soluzione di Krebs carbogenata e riscaldata a 37 °C, vengono preparati dei sacchetti di intestino chiusi ad entrambe le estremità e riempiti di circa 500 µl di tampone.

I sacchetti vengono quindi inseriti dentro al becker contenente soluzione di Krebs, carbogenata e riscaldata a 37 °C, medicata c on una sospensione di luteolina in MC 1% (10 mM) o fitosomi di luteolina in MC 1% (1mM).

Come per il protocollo sperimentale in vivo, anche in questa situazione vengono effettuati prelievi ad intervalli ben definiti: si tratta di prelevare la soluzione contenuta all’interno dei sacchetti e sottoporla a trattamento per la determinazione analitica della luteolina, similmente a quanto fatto con i campioni ematici.

È stato stabilito di prelevare la soluzione Krebs contenuta nei preparati intestinali a 10, 30 minuti e 1 ora dall’incubazione della sospensione di luteolina o luteolina in fitosomi.

successivamente è stato scelto di effettuare un unico prelievo di 3 o 4 campioni a 20 minuti dall’inoculazione del flavone.

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37

3.2.2 Retta di Taratura per l’analisi quantitativa di luteolina

La retta di taratura è un’analisi di tipo quantitativo, che consente di disegnare una retta in base alla concentrazione di un determinato composto in più soluzioni. Questo grafico cartesiano esprime la relazione di proporzionalità diretta tra l’area del picco cromatografico e la concentrazione dell’analita. È spesso utilizzata, a partire proprio da questi valori noti, per determinare la concentrazione incognita adoperando il valore rilevato con la strumentazione. Per la messa a punto dell’esperimento everted gut sac e della procedura sperimentale in vivo si è reso necessario la costruzione della retta di taratura, in modo da quantizzare i valori presenti nei campioni presi in esame.

Per la realizzazione, è stata utilizzata una soluzione madre di luteolina alla concentrazione di 1 mg/ml e da questa sono state eseguite le diluizioni, con il solvente contenente lo standard interno prescelto, la crisina (50 ng/200 µl), utili per avere le soluzioni alle seguenti concentrazioni:

 50 ng/ 200 μl

 100 ng/ 200 μl

 200 ng/ 200 µl

 400 ng/ 200 μl

 800 ng/ 200 µl

Come concentrazioni note si è deciso di adoperare concentrazioni crescenti, l’una il doppio dell’altra.

Queste soluzioni vengono poi portate a secco su blocco riscaldato a 50°C sotto flusso di azoto e poi derivatizzate utilizzando BSTFA w/1% TMCS. In seguito, si trasferisce gli standard a concentrazione nota nelle vials e si esegue l’analisi in GC/MS. Al termine, è stato possibile ottenere un cromatogramma per ogni campione.

Analizzando tale cromatogramma, si costruisce la retta in funzione delle aree ottenute mediante l’integrazione dei picchi cromatografici, relativi alla luteolina e alla crisina. In particolare, sulle ordinate sarà presente il valore del rapporto fra l’area del picco della crisina e l’area del picco della luteolina, mentre sull’asse

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delle ascisse verrà riportato il rapporto fra i ng di crisina e i ng di luteolina. Essendo una retta, essa sarà definita dalla seguente equazione:

y = mx + q

e il software calcolerà anche il valore definito r2, coefficiente di correlazione che deve essere il più vicino possibile a 1. Se il suo valore supera 0.990, si può considerare affidabile e si è operato nella maniera corretta.

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39

3.2.3 Tecnica gas – cromatografica con detector di massa (GC/MS)

Ogni campione viene successivamente analizzato secondo la tecnica gas cromatografica/ spettrofotometria. Nello specifico, la procedura eseguita è la seguente: a 5 μl del campione si addiziona 50 µl di Krebs e 200 µl di acetonitrile (AcCN) contenente lo standard interno di riferimento, ovvero la crisina (50 ng), figura 16:

Figura 16. Struttura della Crisina

Si agita la soluzione così ottenuta, facilitando l’azione dell’agente deproteinizzante, e, dopo averla trasferita in apposite provette, viene portata a secco usando un blocco riscaldato a 50 °C con fluss o di azoto. Successivamente si procede con la reazione di derivatizzazione, aggiungendo l’agente derivatizzante BSTFA (N,O bis-trimetilsililtrifluoroacetoamide) w/1% TMCS, figura 17, e scaldando a 70°C per circa 20-30 minuti su un blocco riscaldato:

Figura 17.

Struttura N,O bis – trimetilsililtrifluoroacetoamide (BSTFA)

O O OH O H Si N O F3C Si CH3 C H3 CH3 C H3 C H3 CH3

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40

Il processo di derivatizzazione è molto importante: il BSTFA aggiunge gruppi trimetilsilano, figura 18, ai gruppi idrofili presenti sulla molecola, come l’ossidrile (– OH) e il gruppo carbossilico ( – COOH), secondo la reazione proposta in figura 19. In questo modo vengono eliminate completamente le componenti polari della molecola, si aumenta il peso molecolare della sostanza, ottenendo così un cromatogramma ottimale e uno spettro di massa più indicativo.

Figura 18. Gruppo trimetilsilano

Luteolina

Figura 19. Reazione di derivatizzazione della luteolina

Attraverso questo metodo è possibile quantificare la luteolina, il flavone preso in esame per questa tesi di laurea.

BSTFA

R

Si

CH

3

CH

3

CH

3

O O OH O H OH OH

Luteolina dopo trattamento con BSTFA O O O O O O Si Si Si CH3 C H3 C H3 Si CH3 CH3 C H3 C H3 C H3 CH3 C H3 CH3 CH3

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41

Le condizioni strumentali gas-cromatografiche e di spettrometria di massa usate sono le seguenti:

o Volume iniettato 2 μl

o Iniezione in modalità Splitless con iniettore a 250 °C o Temperatura iniziale 100 °C per 1 minuto

o 17 °C/minuto fino a 310 °C o 310 °C per 2 minuti

o Temperatura finale: 310 °C per 2 minuti o Transfer line 300°C

L’acquisizione è stata eseguita nel range: 300 - 600 m/z

Gli ioni, che permettono l’identificazione della luteolina, sono i seguenti: 399, 471, 559. Lo ione utilizzato per la quantificazione del flavonoide è stato il 559. Per quanto riguarda la crisina, gli ioni utilizzati per l’identificazione sono stati il 184, 311,383. Quest’ultimo è stato utilizzato per l’analisi quantitativa.

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42

3.2.4 Soluzioni

Per poter eseguire l’esperimento Everted gut sac si è reso necessario preparare e utilizzare la soluzione tampone Krebs e metilcellulosa 1%, oltre al gas carbogeno.

A. Soluzione tampone Krebs:

per la preparazione della seguente soluzione salina, è opportuno mantenere le seguenti concentrazioni: • NaHCO3 0.025M • Glucosio 0.012 M • NaCl 0.118 M • KCl 0.005 M • MgSO4 x 7 H2O 0.0012 M • CaCl2 x 2 H2O 0.0025 M • KH2PO4 0.0012 M

B. Metilcellulosa 1%

Per la preparazione di questa soluzione, invece di utilizzare la soluzione bidistillata, si è adoperato, come solvente, la soluzione tampone Krebs:

1g carbossimetilcellulosa sciolti a freddo in 100 ml Krebs

C. Carbogeno

Il carbogeno è una soluzione gassosa costituita dal 95% di ossigeno e 5 % di anidride carbonica.

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3.2.5 Strumentazione

si è reso opportuno l’uso della sueguente strumentazione:

A. Bagnomaria contente acqua riscaldata in continuo alla temperatura costante di 37 °C

B. Colonnina graduata munita di rubinetto

C. Gas cromatografo Trace-GC con autocampionatore modello AS 2000, rivelatore di massa Polaris-Q a trappola ionica e software gestionale Xcalibur (Thermo Finigann)

D. Colonna Restek Rtx-5MS (15 m x 025 mm x 025 µm)

E. Sistema di evaporazione sottoflusso di azoto (vap con Reacti-Therm, Thermo)

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Capitolo 4

Risultati e Discussione

4.1 Somministrazione endovenosa

La somministrazione endovenosa del flavone al dosaggio di 10 mg/Kg ha portato all’osservazione di una concentrazione di circa 13 µg/ml, trascorsi 5 minuti dalla somministrazione del flavonoide.

Le concentrazioni di luteolina si sono ridimensionate molto rapidamente ed è plausibile collocare una riduzione almeno in due fasi:

→ la prima fase ha un’ emivita molto veloce, con t ½ dell’ordine di pochi minuti;

→ la seconda, invece, comincia a circa 15 minuti dalla somministrazione, con concentrazioni di luteolina ridotte di circa l’80%, che possiede, approssimativamente, un’emivita di 1.6 h

Per quanto concerne gli altri parametri farmacocinetici, che emergono dalla somministrazione endovenosa, si denota una AUC0→∞ pari a 224 µg/ ml/ min ed

un volume di distribuzione di circa 1,7 l/Kg.

È interessante notare che la morfologia della curva concentrazione plasmatica vs tempo ottenuta in questo lavoro sperimentale è quasi sovrapponibile a quanto è stato precedentemente costato da Chen et al. 2011 (figura 20; tabella 2).

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Figura 20. Curva concentrazione vs tempo della luteolina dopo somministrazione endovenosa 0 15 30 45 60 0 3000 6000 9000 12000 15000 120 180 240 min L u te o li n C p ( n g /m l)

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4.2 Somministrazione orale

Prendendo in esame la luteolina somministrata per os al dosaggio di 10 mg/Kg, si riscontra una rapida presenza del flavone nel circolo sistemico dell’animale, in particolare raggiungendo un primo picco a 15 minuti nell’ordine di 0.4 µg/ml. Nella fase successiva a questo picco si riscontra una temporanea flessione delle concentrazioni plasmatiche ed una successiva ricomparsa di un picco a 4 ore, nell’ordine di 0.20 µg/ml.

Al tempo di 60 minuti, esaminando il profilo, si osserva una risalita della curva: questo è sinonimo di una variabilità relativa, che può rimandare alle differenze inter-individuali nell’assorbimento e/o nel metabolismo di primo passaggio, ma anche ai seguenti fenomeni:

→ I metaboliti metilati della luteolina possono essere riconvertiti nel fegato in luteolina e quindi riprendere nuovamente la circolazione sistemica

→ I metaboliti glucuronidati subiscono la reazione di idrolisi, a livello intestinale, grazie all’enzima β-glucuronidasi: il prodotto di reazione è la luteolina, che può andare incontro ad un riassorbimento

L’AUC 0→∞ relativa alla somministrazione orale di luteolina risulta essere di circa

42 µg/ml/min. Tale parametro consente di stimare una biodisponibilità orale del flavone pari al 19%, tale valore non si discosta in modo significativo da quanto osservato da altri autori, in studi analoghi sulla stessa specie (Chen et al 2012). Analizzando il profilo farmacocinetico della nuova formulazione, figura 22, si osserva che il flavonoide viene rilasciato dal fitosoma, somministrato per via orale alla dose equivalente in luteolina, a concentrazioni molto basse tanto che il picco massimo si rileva a 30 minuti dalla somministrazione ed è nell’ordine di 0.1 µg/ml (figura 21, tabella 2).

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Figura 21. Grafico del profilo farmacocinetico della luteolina e dei fitosomi contenenti luteolina somministrati per via orale.

Il valore corrispondente all’AUC 0→∞ è 9 µg/ml/min: questo dato consente di

stimare un pessimo livello di biodisponibilità del fitosoma contenente luteolina, del 4 %, circa.

I risultati ottenuti permettono di affermare che questa specifica formulazione presa in esame per questo studio sia inadeguata per la somministrazione orale, ipotizzando per i seguenti motivi:

1. La formulazione in fitosomi è prontamente assorbita, ma è sottoposta ad un importante metabolismo di primo passaggio a livello epatico;

oppure

2. Il fattore limitante l’entrata nel circolo sistemico del fitosoma è l’intestino, in cui possono accadere i seguenti fenomeni: il fitosoma non è in grado di oltrepassare la barriera intestinale, o l’intestino stesso metabolizza la luteolina. 0 15 30 45 60 0 100 200 300 400 500 600 120 180 240 LUT LUT/PS min L u te o li n C p ( n g /m l)

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