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CAPITOLO 5 – L’ANALISI STATICA

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 5 – L’ANALISI STATICA

5.1 Le idee alla base del calcolo strutturale

L’analisi statica seguente tiene nella giusta considerazione la tipologia di struttura in esame sia per quanto riguarda i materiali che le dimensioni dei singoli componenti.

L’adozione di una membrana richiede necessariamente la considerazione di campi di spostamento grandi o moderati dal momento che le membrane naturalmente si dispongono secondo configurazioni equilibrate corrispondenti alle funicolari dei carichi di volta in volta applicati su di esse. L’individuazione di tali configurazioni richiede l’uso di analisi geometriche non-lineari. Tuttavia, poiché sia la membrana che gli altri componenti (cavi, pilone, elementi di collegamento in genere, ecc.) esibiscono deformazioni piccole o moderate o addirittura non possiedono un campo plastico di lavoro, l’analisi statica può prevedere dei legami costitutivi lineari per tutti i materiali considerati. Per i motivi anzidetti, le analisi che di volta in volta saranno effettuate si possono classificare come lineari (lato materiale) e del second’ordine (lato spostamenti).

L’ordine con cui le singole condizioni di carico o combinazione sono esaminate, coincide strettamente con la sequenza delle fasi costruttive e di esercizio della struttura. In particolare, si esaminerà dapprima il cosiddetto “stato 0”, in cui sono simultaneamente presenti la pretensione ed il peso proprio delle parti strutturali. Successivamente, allo “stato 0” sarà aggiunta l’azione della neve o, alternativamente, una delle possibili condizioni di carico da vento spirante secondo le diverse direzioni. Infine, saranno analizzate le combinazioni fra lo “stato 0”, sempre presente, e le singole condizioni di carico da neve e da vento, assumendo come principale una di queste e come secondaria l’altra.

Operando col metodo della densità di sforzo, la definizione dello “stato 0” è immediata

se il programma di calcolo di cui si è a disposizione permette di introdurre nel modello

meccanico i valori delle densità di sforzo, già calcolate, necessarie per addivenire alla

particolare configurazione iniziale della membrana (la forma scelta). Se invece, come nel

caso in esame, il codice non permette di introdurre elemento per elemento i valori degli

sforzi corrispondenti ad un particolare stato di equilibrio, lo stato di tensione iniziale (la

presollecitazione) può facilmente essere originato nei diversi elementi imponendo delle

particolari distorsioni ad alcuno dei suoi elementi. Nel caso in esame, la presollecitazione di

progetto è introdotta nei diversi componenti strutturali imponendo uno spostamento

relativo di 1 , 5 cm fra il porta capicorda superiore, bloccato alla sommità del pilone, ed il

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disco inferiore, che è invece scorrevole liberamente lungo il pilone. Tale disco, a spostamento impresso, è bloccato anch’esso sul pilone. Poiché inizialmente la membrana è allentata (priva di tensioni) mentre alla fine di tale fase essa risulta pressoché uniformemente tesa (tensione massima quasi uniforme del valore di 20 daN / cm 2 ), la determinazione della configurazione di equilibrio deve essere fatta mediante un’analisi non lineare geometrica che utilizza un procedimento di tipo iterativo. Al contrario, siccome alla fine dello “stato 0” sia la membrana che gli altri elementi presollecitati possiedono una rigidezza non trascurabile, si constata facilmente che gli effetti statici e deformativi dovuti alle diverse condizioni di carico accidentale (neve e vento) ricavati con un’analisi non- lineare si discostano poco da quelli ottenibili con una corrispondente analisi lineare, perciò si è deciso di valutare in quest’ultimo modo tali effetti. Ciò ha reso particolarmente semplice la formulazione delle combinazioni di carico.

Riguardo alle combinazioni di carico, e tenuto conto della specificità della tipologia strutturale, è parso opportuno riferirsi a quanto suggerito dalla “European Design Guide for Tensile Surface Structures” anziché alle normative nazionali od europee sulle costruzioni in genere. La differenza non è di poco conto. Infatti, le normative nazionali ed europee sulle costruzioni in genere utilizzano per la verifica della sicurezza il “Metodo agli stati limite ultimi”

che ha come idea fondamentale la presenza nei legami costitutivi dei materiali di un’ampia fase plastica che determina il carico limite di ciascun elemento strutturale e, quindi, dell’intero organismo (la capacità portante). Al contrario, il tessuto di cui è costituita la membrana (fibra di vetro), i singoli filamenti di acciaio armonico che compongono i cavi ed anche molti degli elementi minuti che realizzano i collegamenti fra le parti, non hanno una fase plastica apprezzabile perciò la modalità tipica di rottura è di tipo fragile. A seguito di tali considerazioni, la“European Design Guide for Tensile Surface Structures” suggerisce di verificare la sicurezza strutturale di tutti gli elementi avvalendosi del “Metodo delle tensioni ammissibili”, utilizzando un coefficiente di sicurezza che varia fra i limiti 5 e 7. Proseguendo per tale via, perdono parimenti di significato tutti i coefficienti parziali di sicurezza ( γ ) ed i fattori di concomitanza ( ψ ). Di conseguenza, le singole condizioni di carico permanenti (peso proprio e pretensione) si suppongono agenti col 100% del loro valore caratteristico, mentre le singole condizioni di carico accidentali (neve e vento) si suppongono agenti col 60% del loro valore caratteristico.

Nei due paragrafici successivi vengono illustrati i criteri per la determinazione dei valori

caratteristici del vento e della neve e il modo in cui tali azioni agiscono sulla tensostruttura.

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L’ultimo paragrafo illustra, invece, l’analisi non lineare dell’intera tensostruttura che segue le diverse fasi di costruzione ed operative.

5.2 L’azione del vento:prescrizioni normative

Per valutare l’azione che il vento esercita sulla tensostruttura, si è fatto riferimento alle Norme Tecniche per le Costruzioni del 2005, che costituiscono la normativa nazionale attualmente in vigore. Relativamente alle azioni dovute al vento, tali norme non presentano sostanziali differenze rispetto al precedente DM 16/01/1996; le uniche varianti riguardano i valori dei coefficienti di forma e le modalità di introduzione della rugosità del terreno, considerata in modo esplicito nella nuova normativa.

Il vento esercita sulle costruzioni azioni dirette che variano nel tempo e nello spazio, provocando in generale effetti dinamici. Per configurazioni e tipologie strutturali ordinarie, semplici e di limitata estensione, ovvero poco sensibili all'azione del vento, è possibile descrivere le azioni indotte dal vento mediante sistemi di forze o pressioni statiche i cui effetti sono equivalenti a quello del vento turbolento, considerando di regola la direzione del vento orizzontale, ed assimilando, quindi, l’azione dinamica del vento ad un’azione quasi-statica equivalente.

In modo schematico, tale norma prevede per il calcolo dell’azione del vento la seguente procedura:

caratterizzazione del sito

o definizione della zona (macrozonazione): valore della velocità di riferimento;

o definizione del periodo di ritorno: adeguamento della velocità di riferimento;

o coefficiente di esposizione e di topografia (microzonazione);

o definizione della velocità di picco:

o definizione della pressione cinetica di picco;

caratterizzazione della tipologia strutturale;

caratterizzazione dell’opera specifica.

Da evidenziare è il fatto che la tensostruttura oggetto di studio non possiede una forma

ordinaria né appartiene ad alcuna tipologia ordinaria; per costruzioni dotate di elementi di

grande altezza o lunghezza, di rilevante snellezza o leggerezza, di notevole flessibilità e

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ridotte capacità dissipative, il vento può dar luogo ad effetti particolari e la sua azione andrebbe valutata in modo specifico. Nel caso in esame occorrerebbe una prova in galleria del vento, essendo la normativa carente di una specifica trattazione al riguardo. Per ovviare all’impossibilità di tale sperimentazione, faremo una stima approssimata dell’azione del vento utilizzando al meglio la normativa in vigore e riferendoci alla manualistica specializzata, laddove questa contempli casi simili a quello in esame.

Come si è puntualizzato precedentemente, la determinazione dell’azione del vento sulla costruzione parte dall’individuazione della velocità di riferimento v ref , definita come il valore massimo della velocità media su un intervallo di tempo di 10 minuti, misurata a 10 metri dal suolo, su un sito di II categoria e con un periodo di ritorno di T R = 50 anni, corrispondente ad una probabilità di essere superata in un anno pari al 2%. Nel caso in esame, essendo la costruzione sita in Piombino (Li), avremo che:

m

a s = 21 (altitudine media di Piombino sul livello del mare), m

a 0 = 500 (parametro che deriva dal fatto che la Toscana si trova in zona 3).

Poiché a s < a 0 , avremo che v ref v ref 27 m / s

0

=

= (parametro che deriva dalla macrozonazione per il vento). Considerando un periodo di ritorno di 50 anni, la velocità di riferimento è v R ( ) T R = v ref = 27 m / s .

Il profilo altimetrico della velocità media del vento v m ( ) z come funzione della quota altimetrica z, è dato dall’espressione:

( ) r t ( ) ( ) R R

m z k c z v T

v = ⋅ ⋅ α ⋅ ,

in cui α ( ) z = ln( z / z 0 ) , e z 0 , z min , k r parametri forniti dalla norma in funzione della categoria di esposizione del sito e c t coefficiente di topografia.

La categoria di esposizione del sito viene determinata in funzione della classe di rugosità del terreno e della quota sul livello del mare. Per le zone ubicate entro fasce di 40 km dal mare, la categoria di esposizione è indipendente dall’altitudine del sito, ma dipende esclusivamente dalla classe di rugosità del terreno.

Per zone appartenenti alla categoria di esposizione III, i parametri elencati sono:

10 ,

0 = 0

z , z min = 5 , k

r

= 0 , 20 ,

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e il coefficiente α z risulta essere α

z

= ln( 22 / 0 , 1 ) = 5 , 3936 , mentre il coefficiente di topografia è c t = 1 per zone pianeggianti, ondulate, collinose o montane, per cui avremo che v m ( ) z = 0 , 20 ⋅ 1 ⋅ 5 , 3936 ⋅ 27 = 29 , 1254 m / s .

La velocità di picco del vento, che tiene conto degli incrementi di velocità relativi a fenomeni di raffica, da usarsi per la determinazione della pressione cinetica di picco, viene definita come:

( ) ev ( ) ref

p z c z v

v = ⋅ in cui c ev ( ) z è il coefficiente di esposizione per le velocità ed è definito, nel nostro caso, per z < z min dall’espressione:

( ) z k c [ . ( ) z [ 7 c ( ) z ] ]

c ev = rt α ⋅ + t ⋅ α . Nel caso in esame avremo:

( ) z = k c [ . ( ) z [ 7 + c ( ) z ] ] = 1 , 6351

c ev r t α t α e v p ( ) z = 1 , 6351 ⋅ 27 = 44 , 1477 m / s . Adesso, possiamo introdurre la pressione cinetica di picco definita dall’espressione:

( ) z 1 / 2 v ( ) z 1 / 2 1 , 25 44 , 1477 1218 , 1371 N / m 2

q = ⋅ ρ ⋅ p = ⋅ ⋅ = ,

in cui ρ è la densità dell’aria espressa in Kg / m 3 .

Per il calcolo della pressione statica equivalente, sembra opportuno considerare il caso delle tettoie, pensiline, muri, parapetti e torri a traliccio per cui occorre calcolare la pressione netta ω = c pc dq , agente normalmente sugli elementi della superficie che compongono la costruzione. In questa, q è il valore della pressione cinetica di picco, precedentemente calcolato, c p è il coefficiente di pressione netta, e c d è il coefficiente dinamico. Il coefficiente di pressione netta deve essere ricavato da dati suffragati da opportuna documentazione o da prove sperimentali in galleria del vento. In mancanza di prove sperimentali poniamo c p = 1, valore altamente cautelativo, per cui avremo:

/ 2

1371 , 1218 1371

, 1218 1

1 ⋅ ⋅ = N m

ω = , ovvero, 121 . 8 kg / m 2 .

Data la particolare forma della struttura in esame, non si può pensare che tale pressione

agisca uniformemente su tutti i suoi elementi; date le carenze normative, è stato necessario

adattare al nostro caso i risultati ottenuti in galleria del vento per superfici coniche aperte,

fortunatamente molto simile ad esso. Tali risultati, forniti da Brian Foster e Marijke

Mollaert nel testo: “The European design guide for tensile stuctures”, prevedono la suddivisione

dell’elemento in pianta, in quattro zone, ognuna caratterizzata da un proprio coefficiente di

pressione.

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Figura 28: Suddivisione dell’elemento in base ai valori di c p .

I due autori prevedono una suddivisione delle strutture in aperte e chiuse, individuando, per ciascuna di esse, in base a prove sperimentali, i valori del coefficiente di pressione, come riportato in tabella:

Valori di cp A B C D

Strutture aperte -0,15 -0,6 -1,0 +0,4/-0,2 Strutture chiuse -0,41 -0,7 -1,0 +0,75/-0,6

Tabella 4: Valori di c p ottenuti in galleria del vento per strutture aperte e chiuse

I quattro coefficienti ricavati ci permettono di trovare quattro diversi valori del carico da vento, seconda che la zona sia in compressione o trazione più o meno grande:

/ 2

3 ,

18 Kg m

Q A = − , Q B = − 73 , 2 Kg / m 2 , / 2

122 Kg m

Q C = − , Q D = 48 , 8 Kg / m 2 , nei quali è assunto positivo il valore del carico di compressione.

Da puntualizzare il fatto che i coefficienti di pressione esterna, ricavati dalla manualistica

specializzata, si riferiscono a strutture coniche, aperte e simmetriche, in pianta, rispetto ad

infiniti assi di simmetria. Il nostro caso, però, si discosta leggermente da tali ipotesi poiché

il reticolo di base della tensostruttura risulta formato dalla sovrapposizione di due

circonferenze eccentriche, per cui questo, disporrà di un solo piano di simmetria. Tale

precisazione vuole chiarire ciò che apparirà più chiaro nella formulazione delle

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combinazioni di azioni, ovvero il fatto che si considerino per il vento due direzioni di azione, assumendo che per ciascuna di essa siano validi i coefficienti di pressione esterna di cui sopra. La figura seguente mostra più chiaramente quanto detto:

Figura 29: Direzioni di azione del vento considerate nelle combinazioni di carico.

5.2 L’azione della neve: prescrizioni normative

La neve può depositarsi su una copertura in modi differenti in funzione della forma

della stessa, delle sue proprietà termiche, della rugosità della sua superficie, della quantità di

calore generata sotto la copertura, della prossimità degli edifici limitrofi, del terreno

circostante e del clima meteorologico locale e regionale. Da valutare è anche la circostanza

in cui la pioggia segua la caduta della neve; in tal caso, in particolar modo nelle strutture

ribassate e flessibili, quali le tensostrutture, può verificarsi che nelle zone di maggiore

cedevolezza si crei un ulteriore accumulo di neve che può innescare un fenomeno di

instabilità.

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In modo schematico la procedura di calcolo da seguire per la determinazione del carico neve è la seguente:

caratterizzazione del sito

o definizione della zona (macrozonazione): valore caratteristico del carico neve al suolo;

o definizione del periodo di ritorno: adeguamento del carico neve al suolo;

o coefficiente di esposizione (microzonazione);

o definizione del coefficiente termico;

caratterizzazione della tipologia strutturale: definizione del coefficiente di forma

valutazione degli effetti locali

o accumulo di neve contro parapetti e pareti;

o neve sporgente all’estremità della copertura;

o neve su protezioni paraneve ed altri ostacoli sulla copertura.

Il carico provocato dalla neve sulla copertura sarà valutato mediante la seguente espressione:

T E sk i

s q C C

q = µ ⋅ ⋅ ⋅ , in cui:

q s è il carico neve sulla copertura;

µ i è il coefficiente di forma della copertura;

q sk è il valore caratteristico del carico neve al suolo espresso in [ KN / m 2 ] ; C E è il valore del coefficiente di esposizione;

C T è il coefficiente termico.

Il valore da utilizzare nel nostro caso come carico neve al suolo è q sk = 1 , 15 KN / m 2 , valore valido per siti ad altitudine inferiore a 200 m ( a s < 200 m ), posti in zona II.

Il coefficiente di esposizione C E deve essere utilizzato per modificare il valore del carico neve in copertura in funzione delle caratteristiche specifiche dell’area in cui sorge l’opera.

Nel caso in esame si pone C E = 0 . 8 , coefficiente utilizzato per aree pianeggianti, non

ostruite, esposte su tutti i lati, senza costruzioni o alberi più grandi.

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Il coefficiente termico C t viene utilizzato per tener conto della riduzione del carico da neve a causa dello scioglimento della stessa, causata dalla perdita di calore della costruzione.

Tale coefficiente tiene conto delle proprietà di isolamento termico del materiale utilizzato in copertura. Nel caso in esame si assume C t = 1.

Di più difficile valutazione è il coefficiente di forma, poiché anche in questo caso la normativa non può prevedere il caso specifico. Per la determinazione di tale coefficiente ci siamo ricondotti al caso II previsto dalla norma per le coperture a più falde, ricavando gli angoli α 1 e α 2 e il valore medio α :

Figura 30: Angoli α 1 e α 2 .

Nel nostro caso, abbiamo α = 25 o e il valore ( ) 1 , 47

30 ) 8 , 0 8 ( ,

2 α = 0 + ⋅ α =

µ , per cui il

valore del carico neve è: q s = µ iq skC EC T = 135 , 2 Kg / m 2 . 5.4 La soluzione numerica

Tutti i calcoli sono stati effettuati utilizzando il codice di calcolo strutturale SAP2000.

Per conoscere le modalità operative del programma ed il tipo di risultati grafici ottenibili

con tale codice, è stato effettuata un’analisi non-lineare iniziale considerando la sola

pretensione della membrana. I risultati ottenuti per tale caso sono riportati nelle seguenti

Figure. La Figura 31 mostra la risposta in termini di sforzo assiale dei cavi, dell’anello e del

pilone (le compressioni sono indicate in rosso e le trazioni appaiono in blu). I risultati

dell’analisi confermano le previsioni sullo stato di presollecitazione della struttura. In

particolare, la membrana ed i cavi risultano tutti tesi, mentre l’anello e il pilone sono

compressi. I valori degli sforzi corrispondenti sono riportati nella tabella 5.

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Figura 31: Sforzo assiale derivante dalla presollecitazione

La figura 32 mostra la risposta della membrana alla presollecitazione espressa in termini di tensioni massime.

Figura 32: Tensione massima nella membrana dovuta alla presollecitazione.

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Nella Figura 34 seguente si riporta lo sforzo assiale negli elementi della tensostruttura nella configurazione corrispondente allo “stato 0”.

Figura 33: Presollecitazione- Diagramma dello sforzo assiale.

Di seguito (Figura 35) si riporta la configurazione deformata amplificata di un fattore 50 per soli scopi di visualizzazione.

Figura 34: “Stato 0”-Spostamento impresso

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Figura 35: Stato “0”-Configurazione deformata

Di seguito si riporta la risposta, in termini di sforzo assiale, della combinazione di carico Stato 0 + neve e due prospetti della relativa configurazione deformata (rispettivamente Figure 36, 37, 38)

Figura 36:“Stato 0”+neve - Diagramma dello sforzo assiale.

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Figura 37: Stato “0”+neve – Configurazione deformata, prospetto frontale.

Figura 38: Stato “0”+neve – Configurazione deformata, prospetto longitudinale.

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Le Figure 39 e 40 riportano il diagramma dello sforzo assiale e la deformata della tensostruttura per la combinazione “Stato 0”+neve+vento vY-.

Figura 39: Stato “0”+neve+vento Y – Diagramma dello sforzo assiale

.

Figura 40: Stato “0”+neve+vento Y¯ – Configurazione deformata

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Riportiamo adesso, in termini numerici, i valori dello sforzo assiale in alcuni punti significativi dell’elemento strutturale, andando a verificare che in tutte le combinazioni di carico i cavi risultino tesi, il pilone e l’anello compressi. In Figura si riportano i punti considerati.

Figura 41: Elementi di cui si riporta lo sforzo assiale

Nella successiva tabella riportiamo i valori dello sforzo assiale espresso in Kg.

Cavo A Cavo B Cavo C Anello A Anello B Base pilone

Cima pilone

Pretensione 445 185 231 -2024 -998 0 -2100

“0” 867 624 634 -2913 -1904 -8178 -3898

“0”+neve 2110 3467 2518 -7551 -15122 -35184 -16800

“0”+neve+ vY- 2296 4612 0 -7938 -21231 -27980 -13982

Tabella 5 : Valori dello sforzo assiale in alcuni punti significativi

Con riferimento alla tabella 4, se consideriamo il cavo superiore più sollecitato esso

presenta uno sforzo di trazione pari a 4612 Kg mentre il carico di rottura, per funi

spiroidali del diametro di 16 mm è di 24000 Kg . Esso presenta un coefficiente di sicurezza

pari a η = 5 , 2 per cui la verifica risulta ampiamente soddisfatta.

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