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Il caso dell’Enrica Lexie

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116 CAPITOLO 5

Il caso dell’Enrica Lexie

SOMMARIO:_5.1.Enrica Lexie: la necessità di chiarire le questioni politiche e giuridiche_5.2.Cronologia dei fatti_5.3.Il problema della giurisdizione _5.4.La questione dell’immunità _5.5.Le competenze del comandante della nave e della squadra di sicurezza_5.6.Accordi tra Stati sulla giurisdizione_5.7. Il problema delle armi nelle acque territoriali altrui.

5.1. Enrica Lexie: necessità di chiarire le questioni politiche e giuridiche.

La scelta di prevedere l'impiego di personale armato, militare o civile, a bordo di navi mercantili transitanti in aree a rischio pirateria solleva, inevitabilmente, alcuni problemi di carattere giuridico e operativo, in parte diversi tra contingenti militari e civili, in parte sovrapponibili.

La vicenda dell’Enrica Lexie è un esempio che mostra la gravità delle

conseguenze, giuridiche e politiche, che l'imprevedibilità del contesto

operativo legato alle missioni del personale armato anti-pirateria può

provocare in assenza di una previsione normativa chiara e completa,

tanto nell'ordinamento interno, quanto in quello internazionale. Il caso

Enrica Lexie, non ancora risolto, dovrebbe aver mostrato uno scenario

tale da convincere la comunità internazionale e i singoli Stati del fatto

che la protezione armata dei mercantili è una pratica complessa, su-

(2)

117

scettibile di generare situazioni di rischio sia per l'incolumità dei

soggetti, sia per la personalità internazionale degli Stati coinvolti, e che

dunque richiede una formulazione nuova.

(3)

118 5.2. Cronologia dei fatti

Intorno alla vicenda ci sono ancora molti punti da chiarire

1

. Difatti sarebbero contrastanti i riferimenti sia alla posizione della petroliera, sia all'orario, sia al momento in cui i due Marò hanno fatto fuoco e la morte dei due pescatori.

Secondo la ricostruzione delle autorità italiane, i Marò del Nucleo Militare di Protezione imbarcato sulla Enrica Lexie hanno comunicato alle autorità militari italiane di aver registrato, alle ore 12.28 italiane, un attacco da parte di sospetti pirati imbarcati sulla St. Antony e di aver messo in atto azioni dissuasive con colpi di avvertimento e conseguente allontanamento del naviglio sospetto. Alle ore 15 italiane, il comandante della Enrica Lexie ha ricevuto la richiesta delle autorità indiane di dirigersi verso il porto di Kochi al fine di collaborare all’identificazione di alcuni soggetti sospettati di essere i pirati autori dell’attacco. Alle ore 15,30 era stata ricevuta comunicazione che la compagnia armatrice aveva accolto la richiesta indiana autorizzando la deviazione di rotta. Non avendo alcun motivo di sospetto e al fine di cooperare con le autorità indiane, il centro operativo della difesa non aveva avanzato obiezioni.

Quando l’Enrica Lexie è giunta nelle acque territoriali indiane, alle ore 17.48, il Maresciallo Latorre ha riferito di aver appreso la notizia della

1

F. SARZANINI, Le raffiche, gli orari, la rotta I punti oscuri della vicenda, in

Corriere.it. 20.2.2012

(4)

119 morte dei due pescatori dalla compagnia armatrice.

Alle 18 è avvenuta la consegna dei Marò che, secondo la ricostruzione del Ministro degli Esteri italiano, è avvenuta con modalità coercitive da parte delle autorità indiane

2

.

Le indagini tecniche, come autopsia sui corpi e accertamenti balistici, sono state condotte solamente dalle autorità indiane estromettendo la partecipazione dell'autorità giudiziaria italiana.

Altra circostanza contestabile, di fondamentale rilevanza per determinare la giurisdizione competente è relativa alla posizione delle imbarcazioni al momento dell'evento: secondo la ricostruzione degli investigatori italiani la Enrica Lexie si sarebbe trovata a 33 miglia nautiche dalla costa indiana, quindi in acque internazionali, mentre, secondo la Corte Suprema Indiana, il fatto sarebbe avvenuto alla distanza di 20,5 miglia nautiche, ovvero nello spazio di mare denominato zona contigua

3

, attribuendo alla stessa la competenza giurisdizionale del caso.

4

La sentenza della Corte Suprema Indiana fa chiarezza sugli eventi

2

Ministro degli Esteri, Informativa sull’arresto di due militari italiani in India, in 690°

seduta XVI legislatura, Senato della Repubblica, 13.3.2012, Roma, p.7 ss.

3

Enc. TRECCANI, voce zona contigua: nel diritto del mare, è la zona adiacente il mare territoriale, nella quale lo stato costiero esercita poteri di controllo anche sulle navi straniere, al fine di prevenire o reprimere infrazioni alla sua legislazione nazionale. L’estensione della zona contigua è stabilita in 122 miglia nautiche, misurate a partire dal limite esterno del mare territoriale.

4

F.LICATA, Diritto internazionale, immunità, giurisdizione concorrente, diritti

umani: le questioni aperte nel caso dei Marò e la posizione della Corte Suprema

Indiana, in Diritto Penale Contemporaneo, 2013, p.3ss.

(5)

120 immediatamente successivi alla sparatoria che hanno condotto all'arresto dei due fucilieri: il 15 Febbraio 2012, una richiesta telefonica raggiungeva l'imbarcazione italiana che si trovava a 38 miglia nautiche dalla costa indiana, quindi in acque internazionali in cui si chiedeva di recarsi al porto di Kochin per collaborare all'indagine.

Il 16 Febbraio 2012 il Comandante della petroliera, dopo aver attraccato al porto indiano, veniva a conoscenza di un'inchiesta penale per il reato di omicidio volontario in concorso (in base al combinato disposto delle sezioni 302 e 34 del codice penale indiano) di due pescatori

5

.

Il 19 Febbraio 2012, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone vengono arrestati per il predetto reato dalla polizia dello stato del Kerala. La sentenza emessa dalla Corte Suprema Indiana, ritenendo il difetto di giurisdizione da parte dello stato del Kerala, ha giudicato illegittima la custodia cautelare cui sono stati sottoposti i due militari italiani

6

.

Altro punto rilevante a favore della struttura difensiva italiana

7

è il

5

Corte Suprema Indiana, sentenza del 18.1.2013, in The Judgments Information system, 2013, p. 4 ss.

6

Corte Suprema Indiana, sentenza del 18.1.2013, in The Judgments Information system, 2013, p. 13, parole dei giudici indiani: “It is also the case of the writ petitioners that the proceedings, if any, in such cases, could only be initiated by the Union at its discretion. Consequently, the arrest and continued detention of the Petitioner Nos.2 and 3 by the State of Kerala is unlawful and based on a misconception of the law relating to disputes between sovereign nations”.

7

F.LICATA, Diritto internazionale, immunità, giurisdizione concorrente, diritti

umani: le questioni aperte nel caso dei Marò e la posizione della Corte Suprema

Indiana, in Diritto Penale Contemporaneo, 2013, p.4.

(6)

121 fatto che la Corte Indiana ha riconosciuto la fondatezza dell'assunto secondo cui, al momento dell'accaduto, il peschereccio non batteva bandiera indiana, ferma restando la nazionalità indiana delle vittime e, non risultando inserito nell'apposito registro delle navi mercantili, sarebbe stato dubbio che il peschereccio potesse considerarsi di nazionalità indiana

8

atteso che, l’Indian Merchant Shipping Act del 1958 nega espressamente l’attribuzione di tale qualità al vascello non registrato

9

.

8

Corte Suprema Indiana, sentenza del 18.1.2013, in The Judgments Information system, 2013, p. 31 e p. 106.

9

Indian Shipping Act, 1958, art. 22: “22. Obligation to register. (1) Every Indian ship,

unless it is a ship which does not exceed fifteen tons net and is employed solely in

navigation on the coasts of India, shall be registered under this Act. (2) No ship

required by sub-section (1) to be registered shall be recognized as an Indian ship

unless she has been registered under this Act”.

(7)

122 5.3. Il problema della giurisdizione

Lo Stato Italiano, inizialmente, ha invocato l'esclusività della propria giurisdizione richiamando un principio fondamentale del diritto internazionale marittimo sancito sia dall'art. 96 della Convenzione di Montego Bay, il quale afferma che:

“Le navi di proprietà o al servizio di uno Stato, e da questo impiegate esclusivamente per servizi governativi non commerciali, godono nell'alto mare della completa immunità dalla giurisdizione di qualunque Stato che non sia lo Stato di bandiera

10

”,

sia dal Diritto Consuetudinario. Tale principio è la regola per cui la giurisdizione sulle navi in acque internazionali spetta esclusivamente allo Stato di bandiera e a nessun altro.

Vero è che la zona contigua è a tutti gli effetti alto mare, e i poteri dello Stato costiero al suo interno non includono azioni per generici reati a bordo. Tuttavia va osservato che:

a) la giurisdizione italiana non può essere esclusiva sia in virtù del principio per cui la nave va considerata come un'estensione del territorio nazionale, il quale fa sì che la Enrica Lexie sia territorio italiano così come il St. Anthony sia territorio indiano; inoltre, in base al principio della personalità passiva, le vittime sono di nazionalità

10

Convenzione di Montego Bay, 1982, recante norme che attribuiscono agli stati i

diritti e le responsabilità nell’utilizzo dei mari e degli oceani, art. 96.

(8)

123 indiana;

b) il fatto che, dopo l'evento, la Enrica Lexie si sia diretta a Kochi e abbia attraccato in territorio indiano, rende inevitabile l'esercizio, da parte delle autorità indiane, della giurisdizione esecutiva come le misure cautelari. Ciò anche se la cattura della nave fosse avvenuta illecitamente. Infatti, in base al principio male captus, bene detentus, uno Stato che catturi un presunto reo in modo illecito, può comunque esercitarvi la giurisdizione penale, salva la responsabilità internazionale dello Stato catturante nei confronti dello Stato di nazionalità del reo.

Poiché in base a questo la giurisdizione sul fatto si profila come concorrente, bisogna vedere se vi siano norme in grado di stabilire una priorità. È stata avanzata l'ipotesi che a farlo potrebbe essere l'art. 97 della Convenzione di Montego Bay

11

, il quale dispone il diritto esclusivo per lo Stato di bandiera di porre in essere azioni cautelari e penali "in caso di abbordo o di qualunque altro incidente di

11

Convenzione di Montego Bay, 1982, recante norme che attribuiscono agli stati i diritti e le responsabilità nell’utilizzo dei mari e degli oceani, art. 97 “1. In caso di abbordo o di qualunque altro incidente di navigazione nell'alto mare, che implichi la responsabilità penale o disciplinare del comandante della nave o di qualunque altro membro dell'equipaggio, non possono essere intraprese azioni penali o disciplinari contro tali persone, se non da parte delle autorità giurisdizionali o amministrative dello Stato di bandiera o dello Stato di cui tali persone hanno la cittadinanza.

2. In ambito disciplinare, lo Stato che ha rilasciato la patente di capitano o un'idoneità o licenza, è il solo competente, dopo aver celebrato un regolare processo, a disporre il ritiro di tali documenti, anche nel caso che il titolare non sia cittadino dello Stato che li ha rilasciati.

3. Il fermo o il sequestro della nave, anche se adottati come misure cautelari nel corso

dell'istruttoria, non possono essere disposti da nessuna Autorità che non sia lo Stato

di bandiera.”

(9)

124 navigazione"

12

. Questo riferimento, che se fondato contribuirebbe a garantire all'Italia la giurisdizione, appare debole in considerazione del fatto che è quantomeno dubbia la possibilità di includere tra gli incidenti di navigazione eventi come la sparatoria di cui si tratta. Dal momento che nella Convenzione si trovi la locuzione "ogni altro incidente" può sì far pensare all'intento di estendere quanto più possibile la gamma di eventi cui applicare l'art. 97, ma il fatto di specificare che gli incidenti devono essere "di navigazione" pare escludere episodi, quali il conflitto a fuoco, che non coinvolgano direttamente la tecnica nautica. Inoltre, né dai lavori preparatori alla Convenzione, né dalla giurisprudenza successiva, si individuano orientamenti a favore dell'applicabilità dell'art. 97 a fattispecie affini a quella della Enrica Lexie

13

.

12

N. RONZITTI, La difesa contro i pirati e l'imbarco di personale militare sui mercantili: il caso della Enrica Lexie e la controversia Italia-India, in Rivista di Diritto internazionale, fasc. 4, 2013.

13

N. RONZITTI, La difesa contro i pirati e l'imbarco di personale militare sui

mercantili: il caso della Enrica Lexie e la controversia Italia-India, in Rivista di

Diritto internazionale, fasc. 4, 2013.

(10)

125 5.4. La questione dell'immunità funzionale

L'immunità funzionale può essere utilizzata come punto più saldo per provare l'infondatezza della giurisdizione indiana sul caso. Tale principio è di Diritto Consuetudinario secondo cui gli organi di uno Stato sono immuni dalla giurisdizione penale estera per atti commessi nell'esercizio delle proprie funzioni. Tale immunità è riconosciuta anche dopo che l'organo cessi di essere tale. L'istituto dell'immunità funzionale è una delle varie tipologie di immunità riconosciute dal Diritto Internazionale a soggetti differenti. Le altre due tipologie rilevanti sono “l'immunità dello Stato dalla giurisdizione estera”, in base alla quale uno Stato non può essere convenuto in giudizio da un altro per atti compiuti nello svolgimento delle proprie prerogative sovrane, e “l'immunità diplomatica”, accordata al personale accreditato presso lo Stato estero e ai suoi familiari, che, a differenza dell'immunità funzionale, copre anche atti compiuti al difuori dell’esercizio delle proprie funzioni ma non li copre dopo che l'individuo ha cessato di essere un agente diplomatico.

Per il riconoscimento dell'immunità funzionale devono sussistere due condizioni:

a) deve sussistere la qualifica di "organo" per l'individuo in esame;

b) l'atto per cui si invoca l'immunità deve avere natura ufficiale e non

(11)

126 privata.

Per la prima condizione, alla luce di quanto stabilito dalla Legge 130/2011, e considerando l'appartenenza dei fucilieri all'organizzazione militare dell'Italia, nonché le loro attribuzioni di ufficiale e agenti di polizia giudiziaria, Latorre e Girone sono senz'altro organi dello Stato italiano. E lo sono anche nell'attività di protezione in qualità di personale NMP; infatti, il fatto che la rotta per Kochi sia stata o meno decisa in piena autonomia dal comandante non ha importanza, in quanto al fine di riconoscere l'immunità funzionale rileva se i fucilieri fossero o meno assoggettati al controllo dello Stato nella sola attività anti-pirateria (e lo erano, essendo quell'attività specificamente assegnata loro da disposizioni di legge); inoltre, il fatto che il personale NMP sia a carico del solo armatore e non dello Stato non può portare a concludere che si tratti di una convenzione privata in cui i fucilieri operano indipendentemente dallo Stato, sia perché il denaro è diretto allo Stato e non stipendia i fucilieri, sia perché una dipendenza economica non è sufficiente a scalfire l'esistenza di altri vincoli di natura giuridica (ossia quelli tra Stato e fucilieri alla luce della normativa italiana)

14

.

Per la seconda condizione, bisogna capire se l'atto di cui sono accusati i due militari rientra nell'esercizio delle funzioni loro assegnate. È

14

P. BUSCO, F. FONTANELLI, Questioni di giurisdizione e immunità nella vicenda dell'Enrica Lexie, alla luce del diritto internazionale, in Diritto Penale

Contemporaneo, n. 3/2013. Disponibile su: http://www.penalecontemporaneo.it

(12)

127 escluso che la sparatoria possa essere qualificata come atto privato, nel qual caso l'immunità funzionale non opererebbe. È stato poi affermato che i fucilieri non godrebbero dell'immunità perché impegnati in un'attività iure gestionis, ovvero la protezione di navi private, e non iure imperii; questo è un problema mal posto, perché tale distinzione rileva in merito alla giudicabilità degli Stati da parte di tribunali esteri in materia civile, e non in materia penale rispetto all'attività di organi statali. Condizione perché questi ultimi godano dell'immunità è che l'atto compiuto rientri nelle funzioni prescritte dalla normativa cui sono sottoposti; in altre parole, rileva solo se l'atto commesso sia un atto ufficiale o meno, con la conseguenza che anche in caso di attività iure gestionis (categoria in cui comunque l'attività degli NMP è difficile da far rientrare) il funzionario-organo continua a godere dell'immunità funzionale se l'atto compiuto è di natura ufficiale, ossia presenta un nesso funzionale con le attribuzioni dell'organo.

Infine, benché il ruolo dei militari all'estero sia solitamente disciplinato

da apposite convenzioni bilaterali, chiamate Status of Forces

Agreements (SOFA),e che dunque la loro immunità funzionale in

territorio straniero non sia univocamente accettata in assenza di tali

accordi, la vicenda non è sovrapponibile ai casi in cui i SOFA trovano

applicazione, perché i fucilieri NMP sono assegnati a una funzione

anti-pirateria in acque internazionali e su territorio, di fatto, italiano (le

navi battenti bandiera italiana); proprio in alto mare e in connessione a

(13)

128 quella specifica funzione è stato commesso l'atto su cui si fonda l'incriminazione.

Sembrerebbe quindi , doversi concludere che spetti all'Italia la giurisdizione penale sui due fucilieri sulla base della necessità di riconoscere loro l'immunità funzionale. Ciò nonostante, le corti indiane che si sono pronunciate sul caso non sono sembrate molto collaborative ad affrontare con rigore la questione, e il fatto che l'India non pare incline a rinunciare alla propria giurisdizione, indica con tutta probabilità che il caso debba essere risolto ricorrendo a qualche strumento di risoluzione delle controversie internazionali, sia esso un metodo diplomatico (negoziato, conciliazione, mediazione), o giudiziale, ad esempio ricorrendo all'arbitrato previsto dall'Allegato VII alla Convenzione di Montego Bay. La possibilità di attivarlo in via unilaterale, in deroga al generale principio che vincola la giurisdizione di un organo internazionale al previo accordo tra gli Stati interessati, potrebbe essere vantaggiosa vista la riluttanza dell'India a deferire il caso a una corte internazionale, ma non risolve il problema legato alla natura delle norme applicabili dal relativo tribunale arbitrale.

Rimangono quindi dubbi e incertezze sia sulla strada che verrà

intrapresa, sia sulle tempistiche prospettabili per la risoluzione.

(14)

129 5.5. Le competenze del comandante della nave e della squadra di sicurezza

Aspetto rilevante che si può trarre dalla vicenda riguarda la decisione del comandate dell’imbarcazione Enrica Lexie di invertire la rotta per conformarsi alla richiesta indiana. Il comandante della nave, nonostante non vi siano indicazioni esplicite in testi normativi, è l'unico responsabile delle manovre di navigazione, come se il personale militare a bordo non vi fosse.

15

Nel caso specifico non risulta che il Ministero della Difesa italiano abbia autorizzato o ordinato al comandante di seguire le istruzioni delle Autorità Indiane, né che lo abbia fatto il Ministero degli Esteri, il quale ha anzi affermato di essere stato informato dell'accaduto dalla Difesa, a operazioni concluse. In base a quanto riportato in una nota espressa al Senato in data 14 Marzo 2012, l'ex Ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant'Agata affermava che “[...] il comandante della Lexie, acquisita l'autorizzazione dall'armatore, decideva di dirigere in porto e il comandante della squadra navale e il Centro operativo interforze della Difesa non avanzavano obiezioni [...] Tengo a sottolineare che, da Ministro degli Affari Esteri, non avevo titolo, né autorità, né influenza per modificare la decisione del comandante della Enrica Lexie” risulta che il comandante abbia deciso di invertire

15

M. TONDINI, Impiego di NMP e Guardie Giurate in funzione antipirateria. Poteri

di arresto e uso della forza, in Rivista Marittima, vol. 146, n. 1, 2013.

(15)

130 la rotta consultandosi con l'armatore, e ciò è in linea di principio corretto e conforme alla legge, ma solleva un problema in ragione della presenza a bordo di personale militare. Avendo avuto il comandante e l'armatore (due soggetti privati) il diritto di decidere la rotta e ogni altra significativa misura di navigazione, il personale NMP ha subito dirette conseguenze da quella precisa decisione, dato che non sarebbe stato possibile alle Autorità Indiane arrestare i fucilieri ed esercitare altre misure cautelari se la nave non fosse entrata nelle acque territoriali indiane.

Alla luce di questo è dunque da stabilire se e quanto lo Stato Italiano possa tollerare il rischio che la situazione giuridica dei propri organi militari possa essere influenzata da decisioni provenienti da soggetti privati e perciò non controllabili dallo Stato stesso. Sembrerebbe quindi necessario un intervento normativo che ponga un chiarimento sul punto. Una soluzione possibile, come ritenuto da Natalino Ronzitti, potrebbe consistere nel prevedere che, senza nulla togliere al principio per cui lo Stato non ha di norma autorità sulle imbarcazioni private, per quanto la rotta da seguire e le manovre nautiche, in caso di emergenza e nel periodo successivo ad attacchi o altri incidenti, il percorso da fare e le azioni da intraprendere riguardo all'imbarcazione sia decisa dall’autorità del Ministero alle cui dipendenze opera il personale militare a bordo

16

.

16

N. RONZITTI, Contro il vuoto normativo sulle scorte “anti-pirati” nuove

(16)

131 5.6. Accordi tra Stati sulla giurisdizione

Dal caso dell'Enrica Lexie si può trarre anche un altro aspetto controverso per il personale armato operante a bordo di navi mercantili, ovvero il rischio che in seguito a un'azione comportante l'uso della forza armata nasca una controversia su quale Stato abbia diritto di esercitare la giurisdizione penale.

Sulla base di quanto detto, a riguardo dell'Immunità Funzionale, la vicenda si sarebbe dovuta risolvere in tempi brevi anche senza la presenza di previsioni esplicite pensate per le operazioni dei NMP.

Guardando da un'altra prospettiva, pero`, proprio per il fatto che il contenzioso sia ancora aperto suggerisce, l'esigenza per gli Stati di accordarsi sullo status dei propri militari nel caso si verifichino incidenti di tale genere. Pensiamo ad esempio a un VPD che usi la forza, in legittima difesa, nelle acque territoriali di un altro Stato: è vero che il VPD sarebbe in principio coperto dall'immunità funzionale, ma lo Stato costiero, oltre ad aprire un'inchiesta sul caso, potrebbe avanzare l'obiezione che lo Stato di nazionalità del VPD abbia inviato personale militare in servizio nel suo territorio senza alcuna autorizzazione. Per evitare lunghe controversie e per far sì che l'attività di protezione non sia minacciata anche dal pericolo di incidenti diplomatici, è preferibile che gli Stati di nazionalità di VPD e PNC in funzione anti-pirateria concludano accordi con il maggior numero

convenzioni e un provvedimento d'urgenza, in Guida al Diritto, n. 16, aprile 2012,

N.RONZITTI e F. CAFFIO, La pirateria: che fare per sconfiggerla?, in IAI,, 2012.

(17)

132 possibile degli Stati costieri.

17

17

M. TONDINI, Impiego di NMP e Guardie Giurate in funzione antipirateria.

Poteri di arresto e uso della forza, in Rivista Marittima, vol. 146, n. 1, 2013.

N. RONZITTI, Contro il vuoto normativo sulle scorte “anti-pirati” nuove

convenzioni e un provvedimento d'urgenza, in Guida al Diritto, n. 16, aprile 2012.

(18)

133 5.7. Il problema delle armi nelle acque territoriali altrui

Il regime giuridico dei Vessel Protection Detachment e dei Private Naval Company a bordo di mercantili deve garantire che queste squadre operino in conformità con le normative degli Stati costieri nelle acque territoriali dei quali le navi si trovino a passare per transitare e/o per entrare in porto. Ciò vale anche per le normative che disciplinano l'importazione e l'esportazione di armi dal Paese, la cui importanza è stata sottolineata nelle raccomandazioni emanate dall'IMO. Se con riguardo ai VPD tali questioni dovrebbero essere affrontate e regolate dagli accordi fra gli Stati, il problema rimane aperto per le PNC.

A tale proposito ci si deve preliminarmente chiedere se la presenza di PCASP nelle acque territoriali altrui possa integrare una o più violazioni dell'art. 19 della Convenzione di Montego Bay, relativo al passaggio inoffensivo, che afferma:

“1. Il passaggio è inoffensivo fintanto che non arreca pregiudizio alla pace, al buon ordine e alla sicurezza dello Stato costiero. Tale passaggio deve essere eseguito conformemente alla presente Convenzione e alle altre norme del diritto internazionale.

2. Il passaggio di una nave straniera è considerato pregiudizievole per

la pace, il buon ordine e la sicurezza dello Stato costiero se, nel mare

(19)

134 territoriale, la nave è impegnata in una qualsiasi delle seguenti attività:

a) minaccia o impiego della forza contro la sovranità, l'integrità territoriale o l'indipendenza politica dello Stato costiero, o contro qualsiasi altro principio del diritto internazionale enunciato nella Carta delle Nazioni Unite;

b) ogni esercitazione o manovra con armi di qualunque tipo;

c) ogni atto inteso alla raccolta di informazioni a danno della difesa o della sicurezza dello Stato costiero;

d) ogni atto di propaganda diretto a pregiudicare la difesa o la sicurezza dello Stato costiero;

e) il lancio, l'appontaggio o il recupero di aeromobili;

f) il lancio, l'appontaggio o il recupero di apparecchiature militari;

g) il carico o lo scarico di materiali, valuta o persone in violazione delle leggi e dei regolamenti doganali, fiscali, sanitari o di immigrazione vigenti nello Stato costiero; h) inquinamento intenzionale e grave, in violazione della presente Convenzione;

i) attività di pesca;

j) la conduzione di ricerca scientifica o di rilievi;

k) atti diretti a interferire con i sistemi di comunicazione o con

(20)

135 qualsiasi altra attrezzatura o installazione dello Stato costiero;

l) ogni altra attività che non sia in rapporto diretto con il passaggio.”.

La questione si fonda su due principali percorsi:

• primo, accertare se la mera presenza di squadre armate violi o possa far perdere alla nave il diritto di passaggio inoffensivo;

• secondo, capire come il transito e lo stazionamento di PCASP nel territorio di un altro Stato possano essere influenzati dalla normativa interna di detto Stato.

Riguardo alla prima questione, la sola presenza di PCASP non è da ritenere idonea a configurare alcuna delle attività descritte dalle lett. a), b) ed e) dell’art. 19, comma 2. Tuttavia, qualche dubbio potrebbe porsi in relazione alla lett. l), la cui formulazione “ogni altra attività che non sia in rapporto diretto con il passaggio” è sufficientemente vaga da lasciare un ampio margine di discrezionalità allo Stato costiero. Inoltre, se anche la mera presenza dei contractors non creasse ambiguità sotto questo profilo, ci si deve chiedere se un'eventuale azione in legittima difesa possa invece rappresentare un'attività vietata ex art. 19, lett. l).

Nessuna considerazione può escludere il diritto di una persona di reagire per difendere sé o altri da un pericolo imminente e concreto.

Ma visto che in questo caso si si troverebbe di fronte a un effettivo uso

delle armi, non è improbabile pensare che alcuni Stati potrebbero

interpretarlo come una “esercitazione o manovra con armi di

(21)

136 qualunque tipo” (lett. b) o come un'attività “che non sia in rapporto diretto con il passaggio” (lett. l) al fine di configurare una violazione dell'art. 19. Rimane comunque probabile l'apertura di un'inchiesta da parte dello Stato costiero ai sensi dell'art. 27 della Convenzione di Montego Bay.

18

Con riferimento alla seconda questione, viene in rilievo l'art. 21 della Convenzione di Montego Bay, che afferma:

“1. Lo Stato costiero può emanare leggi e regolamenti, conformemente alle disposizioni della presente Convenzione e ad altre norme del diritto internazionale, relativamente al passaggio inoffensivo attraverso il proprio mare territoriale, in merito a tutte o a una qualsiasi delle seguenti materie:

a) sicurezza della navigazione e regolamentazione del traffico marittimo;

b) protezione delle attrezzature e dei sistemi di ausilio alla navigazione e di altre attrezzature e installazioni;

c) protezione di cavi e condotte;

d) conservazione delle risorse biologiche del mare;

e) prevenzione delle violazioni delle leggi e dei regolamenti dello Stato costiero relativi alla pesca;

18

N. RONZITTI, in Un passo avanti per la tutela delle navi italiane, ma troppa

cautela nella legge di conversione, in Guida al diritto, n. 43, 29 ottobre 2011.

(22)

137 f) preservazione dell'ambiente dello Stato costiero e prevenzione, riduzione e controllo del suo inquinamento;

g) ricerca scientifica marina e rilievi idrografici;

h) prevenzione di violazioni delle leggi e regolamenti doganali, fiscali, sanitari o di immigrazione dello Stato costiero.

2. Tali leggi e regolamenti non debbono interessare la progettazione, la costruzione, l'armamento o l'allestimento di navi straniere a meno che non diano attuazione a regolamenti o norme internazionali generalmente accettate.

3. Lo Stato costiero dà opportuna diffusione a tali leggi e regolamenti.

4. Le navi straniere che esercitano il diritto di passaggio inoffensivo nel mare territoriale si attengono a tali leggi e regolamenti e a tutte le norme internazionali generalmente accettate relative alla prevenzione degli abbordi in mare“

attribuendo allo Stato costiero il diritto di emanare normative relative

al passaggio inoffensivo limitatamente ad alcune materie. La

regolamentazione degli armamenti non è menzionata, ma potrebbe

facilmente essere inclusa nella lett. h), che tratta di “prevenzione di

violazioni delle leggi e regolamenti doganali, fiscali, sanitari o di

immigrazione dello Stato costiero”: se lo Stato costiero vincola

l'importazione di armi a certi requisiti, una PNC che autorizzi il

(23)

138 proprio personale a entrare nelle sue acque territoriali senza tenerne conto, potrebbe di riflesso far subire al comandante e ai contractors conseguenze per violazione delle norme sul passaggio inoffensivo, e comunque, anche se il mancato rispetto delle leggi sull'importazione di armi non venisse interpretato come violazione dell'art. 19 della Convenzione, lo Stato costiero sarebbe tuttavia senz'altro legittimato a prendere provvedimenti penali nei confronti del PCASP per aver violato la propria normativa.

Le normative variano spesso in modo sostanziale, ad esempio, mentre l'Oman pone restrizioni sul tipo delle armi e sulla durata massima del passaggio con armi a bordo (96 ore), l'Arabia Saudita esplicitamente ammette il trasporto di armi per legittima difesa

19

.

Alla luce di queste considerazioni emerge come la varietà delle soluzioni normative in materia di armi si sommi ad alcune disposizioni della Convenzione di Montego Bay, nella pratica suscettibili di interpretazioni contrastanti, creando uno scenario aperto a contenziosi.

Oltre a questo emerge anche come le PNC siano costrette a muoversi in un labirinto di autorizzazioni e licenze, spesso assai costose e talvolta di dubbia regolarità. La proposta qui condivisa è dunque di invitare gli Stati costieri ad accordarsi per adattare normative che siano più semplici e, se non uniformi, almeno armonizzate e meno

19

A. PETRIG, The Use of Force and Firearms by Private Maritime Security

Companies against Suspected Pirates, in International and Comparative Law

Quarterly, 2013, in <https://ius.unibas.ch/> p. 685

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contraddittorie tra Stato e Stato. Di grande aiuto sarebbero iniziative

intraprese dagli Stati di bandiera e dagli “home States” delle PNC, che

potrebbero intavolare trattative con gli Stati costieri per accordarsi

sulla legislazione relativa agli armamenti e all'imbarco/sbarco del

personale di sicurezza.

Riferimenti

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