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Capitolo 8 Discussione

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Academic year: 2021

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Capitolo 8

Discussione

Dal nostro studio emerge un’estesa compromissione della cognizione sociale nei pazienti rappresentato da compromissione del Faux-pas task (FP/FP e FP/C), delle Strange Stories, ridotta capacità di riconoscere la paura in base all’espressione del volto ed infine compromissione della percezione delle emozioni verbali.

Benchè gli studi utilizzati in letteratura differiscano molto per il tipo di scale utilizzate, i dati concordano nel sostenere una compromissione della ToM in corso di MH.

Uno studio condotto su pazienti affetti da MH e Demenza Fronto-Temporale (DFT) ha evidenziato una minor compromissione della ToM in MH rispetto a DFT. Secondo gli autori i pazienti affetti da MH mostrano lievi difficoltà nel comprendere le intenzioni degli altri, deficit non correlato ad altre funzioni cognitive esaminate [Snowden JS et al 2003]. Un ulteriore studio ha indagato la ToM, mediante una serie di 6 storie presentate come cartoni, in MH e Schizofrenici rispetto ai controlli, evidenziando una compromissione della ToM in MH rispetto ai controlli, deficit simile a quello riscontrato in pazienti schizofrenici [Bruene M et al

2011].

Dal presente studio inoltre emerge che nei pazienti con MH si osserva compromissione sovrapponibile della componente cognitiva e di quella

affettiva della ToM. Questo dato risulta in accordo con uno studio condotto

su 18 pazienti MH, in fase inziale di malattia e 18 controlli sani, in cui la valutazione della ToM comprendeva due test, un primo dove si richiedeva

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al soggetto di attribuire le intenzioni di soggetti raffigurati in alcune storie seguita da domande logiche di controllo di comprensione della storia stessa (ToM cognitiva), ed un secondo test rappresentato da una versione del conosciuto RME (ToM affettiva); le due componenti risultavano ugualmente coinvolte nel gruppo dei malati [Allain P et al 2012].

Dall’analisi dei dati nella popolazione generale di studio è emersa una correlazione tra parametri demografici, come scolarità ed età anagrafica, e riconoscimento dell’espressione dei volti; pazienti con scolarità maggiore e più giovani hanno mostrato performance migliori alla scala KDEF. Il valore di questi due parametri è stato confermato anche nelle due popolazioni esaminate separatamente con coinvolgimento delle emozioni negative, in particolare rabbia e paura per quanto riguarda la popolazione di controllo e disgusto, tristezza e espressioni neutre per quanto riguarda la popolazione di MH.

La correlazione tra età e cognizione sociale è stata a lungo indagata in letteratura con risultati sovrapponibili a quelli emersi dal nostro studio [Isaacowitz DM et al 2012, Lambrecht L et al 2012] per quanto concerne il riconoscimento delle espressioni dei volti. In particolare con l’aumentare dell’età si rilevano maggiori difficoltà nel riconoscimento di espressioni negative, specie rabbia, paura, e tristezza.

Nel presente studio la correlazione tra età e percezione delle emozioni è confermata se esaminiamo la popolazione generale e i pazienti, raggiungendo livelli di significatività per espressioni di rabbia, disgusto, tristezza e neutro; mentre nel gruppo di controllo la correlazione emerge unicamente per il punteggio generale della scala KDEF.

Altro fattore sociodemografico di rilevo in entrambe le popolazioni in esame è la scolarità; dato in linea con quanto emerso da un recente studio condotto su una popolazione di pazienti schizofrenici, parenti di primo

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grado e controlli sani [Rodríguez Sosa JT et al 2013]. Livelli di scolarità maggiori correlano con migliori prestazioni alle scale di valutazione della cognizione sociale; nel presente studio la correlazione raggiunge livelli di significatività con la scala KDEF, ma non con altri parametri della ToM, dato che può essere dovuto sia alla numerosità del campione in esame sia alla scelta della scale di valutazione della ToM.

Dall’analisi di correlazione emerge inoltre che minore è la compromissione cognitiva valutata mediante la MoCa, migliori sono le prestazioni alla cognizione sociale, in particolare Faux-pas task (FP-FP, FP-C, N-C), Bush test, Strange stories e KDEF.

Per quanto riguarda il gruppo dei pazienti la correlazione ha raggiunto livelli di significatività per il FP-C, la percezione della tristezza e le Strange stories. La relazione con il FP-C è facilmente comprensibile essendo questa parte del test puramente cognitiva, trattandosi di comprensione della storia. La correlazione tra performance cognitive, in particolare UHDRS subitem cognitivo, e ToM era già stato dimostrato in precedenza in uno studio che includeva 25 pazienti MH con stadio di malattia medio-moderato [Bruene

et al 2011].

La ToM rappresenta l’abilità di riconoscere ed utilizzare informazioni socialmente rilevanti, ovvero la capacità di immedesimarsi negli altri comprendendone lo stato mentale [Baron-Cohen S et al 1995].

Studi recenti hanno ipotizzato l’esistenza di due diverse componenti alla base della ToM: una componente cognitiva implicata nel riconoscimento delle intenzioni degli altri, e una componente affettiva implicata nella comprensione delle emozioni [Shamay-Tsoory SG et al 2009].

In questo studio sono state utilizzate scale di valutazione come la Bush prototipo di indagine per la componente cognitiva e Faux Pas Task e Strange Stories che, come descritto al capitolo 4, indagano entrambe le

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componenti. L’analisi statistica ha identificato una correlazione tra performance alla MoCa corretta per scolarità e punteggi alle tre scale sopracitate. In particolare quanto migliori sono le prestazioni alla MoCa, tanto maggiori sono i punteggi ottenuti alla Bush, al Faux-pas Task e alle Strange Stories; confermando il valore cognitivo del test Bush e sottolineando una componente cognitiva anche negli altri due test.

I primi dati in letteratura riguardanti la percezione delle espressioni dei volti nella MH risalgono al 1996 quando Sprengelmeyer dimostrò, mediante il test di Benton per il riconoscimento dei volti, una compromissione del riconoscimento di volti che esprimevano disgusto già nelle fasi iniziali di malattia [Sprengelmeyer R et al 1996]; dato confermato anche in pazienti presintomatici [Gray JM et al 1997] anche per stimoli di tipo uditivo, olfattivo o gustativo [Hayes CJ et al 2007]. Parallelamente studi successivi hanno dimostrato una estesa compromissione del riconoscimento di emozioni negative senza però evidenziare un prevalente deficit nel riconoscimento del disgusto [Henley

S et al 2008; Johnson SA et al 2007]. Benchè molti studi differiscano per

tipo di stimolo utilizzato e grado di malattia indagato, per quanto riguarda il riconoscimento delle espressioni del volto, una recente revisione ha dimostrato una maggior compromissione del riconoscimento della rabbia e e disgusto in pazienti con MH manifesta e un deficit prevalente nel riconoscimento del disgusto in pazienti pre-sintomatici [Henley S et al

2012].

In accordo con i dati in letteratura nel presente studio nel gruppo dei pazienti le espressioni prevalentemente compromesse sono disgusto, tristezza e neutro. Quest’ultimo dato non è completamente supportato dai dati in letteratura [Snowden JS et al 2008, Tabrizi S et al 2009], differenza che può dipendere sia dal tipo di scala impiegata per la

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valutazione delle espressioni, poiché per la prima volta è stata impiegata la KDEF, sia dallo stadio di malattia indagato.

Sempre nel gruppo dei pazienti l’analisi statistica ha evidenziato inoltre una correlazione tra cognizione sociale, in particolare FP-FP e KDEF, e indici di malattia. Pazienti con durata di malattia maggiore mostrano punteggi più bassi al FP-FP task ovvero hanno minore capacità di interpretare la storia proposta e difficoltà nell’identificare l’azione scorretta. L’altro indice di malattia è rappresentato dall’età di esordio, tanto più alta è l’età di esordio tanto migliore è la capacità di riconoscere espressioni di paura. In letteratura non sono presenti dati di correlazione tra indici di malattia e performance cognitive sociali. I dati del presente studio potrebbero essere spiegati sia dalla scelta di test utilizzati sia dal tipo di popolazione selezionata, infatti la maggioranza dei pazienti arruolati hanno età di esordio sopra i 50 anni, e pertanto potremmo ipotizzare di aver studiato prevalentemente il sottotipo clinico tardivo di malattia.

Poiché sia nella popolazione generale che nelle due popolazioni l’aspetto cognitivo sociale che più ha mostrato correlazioni è stata la percezione delle emozioni indagate mediante KDEF sono state condotte indagini di regressione lineare. La scolarità, l’età allo studio e la MoCa corretta sono in grado di predire nella popolazione generale la variabilità di KDEF, questa relazione non raggiunge livelli di significativà nelle due popolazioni analizzate separatamente verosimilmente a causa del limitato campione numerico.

Per quanto concerne i livelli ematici di ossitocina seppur evidenziando livelli minori nei pazienti rispetto ai controlli, non sono emerse differenze significative tra i due gruppi verosimilmente a causa del basso numero di soggetti arruolati nello studio.

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L’analisi di correlazione condotta nella popolazione generale ha però evidenziato una correlazione positiva tra la Teoria della Mente in particolare N-FP task e i livelli ematici di OT, nel senso che livelli più alti di ossitocina migliorano la capacità di interpretare azioni apparentemente scorrette. Non sono state evidenziate correlazioni tra i livelli ematici di OT e la cognizione sociale nel gruppo dei pazienti analizzato separatamente. L’indagine di regressione lineare condotta nella popolazione generale e nel gruppo dei pazienti utilizzando un modello composto dalla MoCa corretta e dai livelli basali di OT ha raggiunto livelli di significatività per la percezione delle emozioni dei volti indagata mediante KDEF, seppur limitata dalla numerosità del campione tale relazione si mantiene anche analizzando la popolazione dei malati.

L’Ossitocina, appannaggio esclusivo dei mammiferi placentati, appartiene alla famiglia dei nonapeptidi presente dagli invertebrati ai mammiferi. Le caratteristiche che accomunano i membri di questa famiglia sono tre: 1) i nonapeptidi sono espressi comunemente a livello cerebrale e delle gonadi; 2) i loro recettori sono influenzati dal sesso e dagli ormoni steroidi; 3) hanno un ruolo nel comportamento sociale, spesso specifico per ogni specie.

L’ossitocina viene prodotta in gran parte a livello del nucleo paraventricolare ipotalamico con estensione dorsale a livello della stria terminale e a livello del nucleo sopraottico. Studi di immunoistochimica hanno dimostrato anche numerosi raggruppamenti neuronali perivascolari a livello dell’ipotalamo rostrale nella zona compresa tra i due nuclei. I neuroni deputati alla sintesi di OT sono rappresentati prevalentemente da due popolazioni: i neuroni magnocellulari presenti sia a livello del nucleo sopraottico che paraventricolare, che rilasciano l’ormone principalmente a livello del circolo ipotalamo-ipofisario, e i neuroni parvocellulari

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localizzati nella porzione dorsale del nucleo paraventricolare che rilasciano OT dai loro assoni a livello di altri siti del sistema nervoso centrale ad eccezione della neuroipofisi [Veening JG et al 2010]. Verosimilmente il ruolo centrale dell’OT dipende in gran parte da questa seconda popolazione di neuroni.

La scarsa correlazione tra livelli ematici di OT e cognizione sociale emersa dal presente studio potrebbe quindi dipendere dalla discrepanza tra livelli ematici e livelli centrali. Infatti a livello del liquido cefalorachidiano l’OT presenta una circadianicità con picco intorno a mezzogiorno, cosa non riscontrata a livello plasmatico [McCarthy MM et al 1997], inoltre l’emivita dell’ormone a livello centrale è di circa 28 minuti, mentre a livello plasmatico circa 5 minuti [Mens WB et al 1983]. Questi dati fanno presupporre che l’OT ai due livelli sia legata a meccanismi di regolazione differenti ed indipendenti. A supportare questa ipotesi un recente studio condotto da Kagerbauer e colleghi ha dimostrato che i livelli di ossitocina a livello centrale sono maggiori di quelli plasmatici e che i due valori non mostrano alcuna correlazione tra di loro [Kagerbauer SM et al 2013]. Nel corso degli ultimi 20 anni si è sempre più spostata l’attenzione sull’OT non solo come ormone, con noto effetto durante il parto e l’allattamento, ma come neuromodulatore-neurotrasmettitore con il ruolo di controllare il comportamento sociale. Questo è stato prima di tutto ipotizzato alla luce dei dati emersi sugli animali, infatti nei roditori di piccola taglia la somministrazione intraventricolare di OT ha comportato un aumento della tendenza all’affiliazione sociale e una riduzione di ansia ed aggressività [Harmon A et al 2002]. Il rapporto tra ossitocina e cognizione sociale è ulteriormente supportato dalla compromissione del riconoscimento sociale, associato a integrità dell’apprendimento e della memoria, in topi knockout per ossitocina [Kavaliers M et al 2003]; tale deficit verrebbe compensato

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dalla somministrazione di ossitocina in particolare a livello dell’amigdala [Ferguson JN et al 2001].

Gli studi nell’uomo sono in gran parte limitati sia dal fatto che l’unica misura dei livelli centrali di OT è rappresentata dal dosaggio a livello del liquido cefalorachidiano sia dalla presenza della barriera ematoencefalica: infatti poiché l’unica modalità di somministrazione utilizzata è la via intranasale, risulta difficile stimare la quantità di ormone che raggiunge il sistema nervoso centrale.

Pur considerando le suddette limitazioni i dati presenti in letteratura derivanti da studi sull’uomo sostengono un ruolo sociale dell’ossitocina anche nell’uomo, riguardante sia capacità ansiolitiche che la percezione delle emozioni.

L’OT è stata implicata in molte patologie psichiatriche come la fobia sociale, il disturbo post-traumatico da stress, il disturbo ossessivo compulsivo e la depressione. Diversi studi in letteratura hanno messo in relazione cambiamenti dei livelli plasmatici di OT con comportamenti affettivi alterati nel contesto di patologie neuropsichiatriche [Modahl C et

al 1998; Goldman M et al 2008] o con lo stato d’ansia in volontari sani

[Marazziti D et al 2006]; infine livelli elevati di OT sono stati rilevati all’autopsia in pazienti affetti da malattia di Alzheimer.

A sostegno di un ruolo ansiolitico dell’OT uno studio in doppio cieco cross-over (27 UI di ossitocina intranasale versus placebo) condotto su 15 controlli sani di sesso maschile, sottoposti a risonanza magnetica funzionale al fine di valutare l’attività dell’amigdala in risposta a volti o scene raffiguranti rabbia o paura, ha dimostrato che l’ossitocina riduce il livello di attivazione dell’amigdala e la conseguente risposta vegetativa [Kirsch P et al 2005].

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Con un disegno simile a quello sopradescritto è stato condotto uno studio su 36 pazienti sani trattati con placebo (n:18) o con Ossitocina intranasale ad un dosaggio di 20UI (n:18) dal quale è emerso che la somministrazione di OT migliora il riconoscimento dell’espressione dei volti, in particolare, nel caso in cui esprimano rabbia [Savaskan E et al 2008].

Questi dati sperimentali sono stati recentemente avvalorati da indagini immunoistochimiche condotte su campioni autoptici di due donne di età 44 e 28 anni da Boccia ML e colleghi utilizzando un anticorpo monoclonale 2F8, diretto verso il recettore uterino dell’OT, al fine di indagare la localizzazione dei recettori per OT a livello cerebrale. Dallo studio è emerso che a livello umano i recettori per OT sono prevalentemente espressi nella corteccia del cingolo, corteccia piriforme, area subcallosale, nucleo olfattorio, uncus, nucleo settale ventrolaterale, amigdala, area preottica mediale, nucleo paraventricolare, nucleo tuberomammilare, nucleo solitario [Boccia ML et al 2013].

La relazione emersa dal presente studio nella popolazione generale e nel gruppo dei pazienti tra performance cognitiva, livelli basali di ossitocina e percezione delle emozioni valutate mediante l’espressione dei volti si presenta pertanto in linea con i dati presenti in letteratura confermando il ruolo dell’OT nella cognizione sociale.

Il coinvolgimento ipotalamico nella Malattia di Huntington è stato

ampiamente dimostrato da studi bioumorali, di imaging e

immunoistochimici.

Nel 2009 è stato condotto uno studio su 219 pazienti affetti da MH e 71 soggetti sani omogenei per sesso ed età; il quale ha evidenziato elevati livelli di GH e fattore di crescita 1 insulino-simile (IGF-1) nel gruppo di pazienti; in particolare livelli più elevati di GH e IGF-1 così come livelli più bassi di ormone tireostimolante, triiodiotironina e testosterone

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(quest’ultimo nella popolazione maschile) sono correlati con punteggio maggiore alla Total Functional Capacity Scale (indice di severità di malattia) [Saleh N et al 2009].

Studi di risonanza magnetica hanno evidenziato, mediante tecnica voxel

based morphometry (VBM), riduzione volumetrica dell’ipotalamo in

pazienti in fase precoce di malattia [Kassubek J et al 2004]; successivamente l’indagine VBM condotta su 220 pazienti presintomatici stratificati in base alla distanza dall’esordio dei sintomi motori, stimata sul grado di espansione della tripletta CAG [Langbehn DR et al 2004], ha evidenziato riduzione volumetrica dell’ipotalamo almeno 10 anni prima dell’esordio dei sintomi [Soneson C et al 2010].

Ipotizzando alla base del coinvolgimento ipotalamico non soltanto una perdita neuronale, ma anche un’alterazione funzionale verosimilmente legata alla nota compromissione del sistema dopaminergico nella MH è stato condotto un studio PET con l’impiego di 11C-Raclopride, tracciante dei recettori D2, e 11C-(R)-PK11195, tracciante per la microglia attivata. Lo studio, condotto su 9 pazienti MH, 10 pazienti presintomatici e rispettivi controlli, ha evidenziato una un ridotta captazione di 11C-Raclopride a livello ipotalamico, sovrapponibile nei due gruppi di MH rispetto ai controlli associata ad un concomitante aumento della captazione di 11 C-(R)-PK11195 [Politis M et al 2008].

Tra il 2010 e il 2012, al fine di supportare i dati in vivo, sono stati inoltre condotti due importati studi anatomopatologici.

Nel primo studio condotto da Gabery e colleghi sono stati confrontati 6 controlli sani e 6 pazienti affetti da MH evidenziando una significativa perdita neuronale a carico del nucleo tuberale laterale e del nucleo paraventricolare e, mediante indagini immunoistochimiche, una riduzione della popolazione neuronale secernente orexina, OT, AVP con aumento

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della positività per il trascritto di regolazione cocaina-amfetamina e amine [Gabery S et al 2010]. Successivamente, identificando nel nucleo paraventricolare (PVN) il principale attore nel controllo neuroendocrino e punto di integrazione del sistema autonomico a livello ipotalamico, è stata condotta un’ulteriore ricerca anatomopatologica unicamente incentrata su questo nucleo [Van Wamelen DJ et al 2012]; il numero di neuroni immunoreattivi per OT e AVP, in questo studio, non differiscono tra pazienti e controlli sani, mentre risulta assente nei casi di MH la correlazione positiva tra popolazione neuronale positiva per OT e AVP riscontrata nei controlli sani. La parziale discordanza di dati emersi dai due studi potrebbe essere legata ad un più esteso studio nel primo caso, forse più completo per valutare la popolazione di neuroni secernenti ossitocina non localizzati unicamente a livello del nucleo paraventricolare come indicato in precedenza.

Nel nostro studio la mancanza di correlazione tra i livelli ematici di ossitocina e le performance cognitive nel gruppo dei pazienti potrebbe avere una genesi multifattoriale.

Dal un lato è possibile che nella malattia come nel soggetto sano i livelli ematici non rispecchino i livelli centrali di OT; altra possibile causa può essere rappresentata dall’esiguo numero di pazienti arruolati.

E’ però possibile anche che il deficit della cognizione sociale nei pazienti sia in parte correlato all’ossitocina, ma che coinvolga anche altri meccanismi ed altre aree coinvolte nel processo degenerativo.

Un recente studio di risonanza magnetica condotto su 123 pazienti MH sintomatici, 120 presintomatici e 123 controlli ha evidenziato, mediante sequenze di studio volumetriche, un’esteso interessamento del sistema nervoso centrale. In particolare oltre al più noto interessamento nel nucleo caudato e del putamen è emersa una riduzione volumetrica a carico del

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pallido, del nucleo accumbens; altre strutture come l’amigdala non hanno mostrato una riduzione volumetrica sostanzialmente diversa tra controlli e pazienti, in particolare non se confrontata con il tasso di atrofia globale dell’encefalo [Van den Bogaard SJ et al 2011].

L’ossitocina, sia dal punto di vista evolutivo che bioumorale appare strettamente collegata alla serotonina.

Studi condotti su animali, ratti e topi di campagna, hanno dimostrato che una precoce esposizione ad un agonista non selettivo del recettore della serotonina determina una ridotta rappresentazione di OT a livello del nucleo paraventricolare con conseguente ridotta tendenza all’affiliazione e all’interazione sociale [McNamara IM et al 2008; Martin M et al 2011]. Inoltre l’esposizione di cuccioli di topo di campagna a OT esogena determina la formazione di un più alto tasso di assoni serotoninergici in varie regioni cerebrali [Eaton JL et al 2012].

Nell’uomo la serotonina è importante regolatore del rilascio di ossitocina, come dimostrato dall’incremento dei livelli ematici di OT in seguito alla somministrazione di 3,4-metilendiossimetamfetamina (MDMA) sostanza che causa dil rilascio di serotonina [Jorgens H et al 2003].

Recentemente questa relazione è stata confermata anche in pazienti affetti da Disturbi dello Spettro Autistico (DSA), disturbi pervasivi dello sviluppo accomunati dalla marcata compromissione dell’interazione sociale e della comunicazione; Hammock E e colleghi hanno valutato i livelli ematici di ossitocina e serotonina in 31 pazienti dimostrando una correlazione negativa tra Serotonina e Ossitocina [Hammock E et al 2012].

Altri neurotrasmettitori risultano essere correlati con la regolazione bioumorale dei livelli di Ossitocina come il Glutammato e la Dopamina. Per quanto riguarda il primo sono stati riscontrati nei ratti recettori AMPA e NMDA a livello dei neuroni OT, l’inibizione o l’attivazione di questa

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seconda popolazione di recettori determina rispettivamente riduzione o incremento della produzione di OT [Moos FC et al 1997].

La distribuzione recettoriale di ossitocina e dopamina a livello del sistema nervoso centrale mostra dei punti a comune come l’area preottica mediale, l’amigdala, i nuclei ipotalamici sopraottico e paraventricolare; ipotalamo e sistema limbico sono aree cerebrali largamente coinvolte nel controllo del comportamento sociale e delle interazioni sociali [70-73]. Oltre alla compresenza recettoriale a livello delle suddette aree cerebrali studi su animali hanno dimostrato un’azione sinergica di OT e Dopamina nel determinare legami sociali; infatti nel topo di campagna è necessaria la concomitante stimolazione di recettori OT e D2 dopaminergici per raggiungere l’accoppiamento e il blocco di uno dei due recettori determina la scomparsa delle scelta del partner stimolata da OT o Dopamina D2 [Liu

Y et al 2003]. Questa relazione nell’uomo è stata confermata mediante

indagini PET con l’impiego di 11C-Raclopride, tracciante dei recettori D2, che ha mostrato ridotta captazione del tracciante a livello ipotalamico nei pazienti MH rispetto ai controlli [Politis M et al 2008].

La mancanza di correlazione tra livelli ematici di ossitocina e cognizione sociale del presente studio, contrapposta ai dati di letteratura di interessamento ipotalamico nella malattia e di coinvolgimento dell’OT nella cognizione sociale suggerisce di ampliare lo spettro di indagini, valutando il sistema ipotalamico anche mediante l’impiego di tecniche di neuroimaging funzionale o morfologico e valutando anche altri neurotrasmettitori come la serotonina, il glutammato, e la dopamina.

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