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Capitolo 10 MODELLAZIONE

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Academic year: 2021

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Capitolo 10

MODELLAZIONE

Per il progetto del ponte in esame sono stati realizzati diversi modelli, globali e locali, in modo da cogliere a pieno il comportamento della struttura nei diversi ambiti.

Questi sono stati realizzati mediante il programma di analisi strutturale agli elementi finiti (FEM) SAP 2000 v14.0.0 Advanced della “Computers and Structures, Inc.”, Berkeley – California (USA).

I vari modelli possono essere raggruppati in tre categorie principali: - Modelli semplificati;

- Modello globale per lo studio statico, sismico e dell’instabilità; - Modelli locali.

10.1. MODELLI SEMPLIFICATI

In fase di predimensionamento, sono stati utilizzati diversi modelli piani “unifilari”, che hanno consentito un rapido e semplice calcolo delle sollecitazioni nei vari elementi, principali e secondari del ponte, che in questa prima fase di progettazione, sono stati rappresentati con schemi statici elementari.

Tra questi troviamo il modello piano arco-trave collaborante, utilizzato per il confronto, in termini di momento flettente della travata, sforzo normale dell’arco e spinta, con il modello del ponte al continuo (vedi cap.9).

Figura C10-1_ Modello FEM piano dello schema Langer

In tale modello la trave d’impalcato e l’arco sono stati modellati mediante elementi beam a sezione costante mentre i pendini sono stati modellati mediante elementi beam sempre a sezione costante alle cui estremità sono stati rilasciati entrambi i momenti flettenti per ottenere un comportamento a biella.

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10.2. MODELLI GLOBALE PER LO STUDIO STATICO, SISMICO E DELL’INSTABILITÀ

Data la complessità della struttura, per il calcolo delle sollecitazioni e per la conseguente esecuzione delle verifiche di resistenza, di esercizio, di stabilità e per l’analisi sismica, si è ricorsi ad una modellazione agli elementi finiti adottando elementi frame e shell per schematizzare opportunamente le diverse parti del ponte.

La piastra ortotropa, costituita dalla lamiera d’impalcato e dalle canalette, è stata modellata mediante elementi shell in cui le rigidezze estensionale, flessionale e torsionale delle canalette sono state opportunamente “spalmate”, in modo da ridurre il numero complessivo di elementi finiti necessari alla soddisfacente schematizzazione della piastra stessa.

I traversi che sorreggono la lamiera in acciaio, le travi di testata e le travi – catena laterali sono stati modellati con elementi frame.

Gli archi sono stati schematizzati mediante elementi frame di diversa lunghezza e connessi in mezzeria con un elemento shell per una estensione complessiva di circa 15 metri.

I pendini sono stati modellati come elementi frame incernierati ad entrambe le estremità.

I dispositivi di vincolo sono stati modellati come appoggi perfetti seguendo il layout definito nel progetto.

Essendo la struttura simmetrica rispetto alla pila centrale ed inoltre, dato che il ponte viene realizzato mediante l’affiancamento di due sistemi arco trave che non interagiscono fra loro, è possibile riferirsi solamente ad una campata, semplificando il numero di nodi del modello con conseguente maggiore celerità nel calcolo da parte del risolutore.

Il modello così ottenuto consta di 176 nodi, 184 elementi frame e 7 elementi shell. Si è preferito creare, con l’intento di non appesantire troppo la modellazione, degli elementi shell unici e compatti, per poi definire un’adeguata

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e regolare meshatura con l’opzione di “automatic mesh area” fornita dal programma.

Figura C10-2_ Modello FEM globale

Come detto, il modello si presta bene sia per le analisi finalizzate alle verifiche di resistenza e deformabilità sia a quelle finalizzate alla valutazione del fattore di buckling, per la determinazione dell carico critico per l’instabilità fuori piano degli archi.

10.2.1 DISPOSITIVI DI VINCOLO E LORO DISPOSIZIONE

Lo scopo principale nella disposizione dei vincoli è quello di fa passare il flusso delle azioni dalla sovrastruttura alla sottostruttura secondo lo schema statico adottato nel calcolo del ponte.

Nella scelta della disposizione dei vincoli occorre far sì che il ponte abbia la capacità di manifestare le proprie deformazioni “naturali”, ovvero quelle legate al ritiro, alla variazioni termiche e alla viscosità, evitando schemi iperstatici, a meno che il loro effetto non sia trascurabile.

Per il ponte in questione, per ciascuna campata, è stata assunta una disposizione dei DDV secondo un layout di tipo classico modificato.

Focalizzando l’attenzione solo sulla prima campata, vista la simmetria della struttura, si osserva: un appoggio fisso in corrispondenza del lato sinistro della

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pila laterale, un appoggio mobile multidirezionale sul lato destro, un appoggio mobile unidirezionale longitudinale allineato con il vincolo fisso e posizionato sulla pila centrale, ed infine, un ulteriore appoggio mobile multidirezionale allineato con quello della pila laterale e posizionato sulla pila centrale. La disposizione per la seconda campata si ottiene specchiando tale layout rispetto alla pila centrale, l’unica differenza con la prima campata, è che in questo secondo tratto è presente la spalla anziché la pila laterale.

In questa maniera otteniamo un layout isostatico nel piano orizzontale.

Le forze orizzontali longitudinali gravano così sui dispositivi di vincolo fisso. Se per le azioni del vento e della frenatura ciò è tollerabile, altrettanto non è per le azioni sismiche trasversali che determinerebbero forze eccessive su tali dispositivi. È stato previsto allora l’utilizzo di sei dispositivi addizionali fluidodinamici, o shock trasmitters; posizionati in corrispondenza

dei vincoli multidirezionali e monodirezionali, tutti in direzione parallela all’asse del ponte, per l’assorbimento delle azioni orizzontali impulsive (sisma).

Figura C10-3_Layout dei vincoli

10.2.2 LA PIASTRA ORTOTROPA

La modellazione a shell completa della piastra ortotropa d’impalcato, con una fitta discretizzazione sia della lamiera che delle canalette, richiederebbe un numero elevato di elementi shell e di nodi. Se da un lato questo consente di avere una descrizione minuziosa dello stato tensionale presente nella piastra, dall’altro richiede tempi di elaborazioni elevati per la ricerca della soluzione con un normale calcolatore.

Si sostituisce allora alla piastra ortotropa effettiva una piastra ortotropa equivalente.

Si consideri una porzione di p.o. effettiva di larghezza pari a 0,6 metri e lunghezza di 1 metro al cui interno sia contenuta una canaletta.

Analogamente si consideri una lamiera avente medesima larghezza e lunghezza dell’elemento di p.o. elementare e spessore pari a “t”.

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Tale spessore verrà determinato uguagliando le rigidezze flessionali tra i due elementi di piastra.

Figura C10-4_Piastra ortotropa effettiva ed equivalente (misure in mm)

Per rendere effettiva l’equivalenza nel modello di calcolo e consentire così la sostituzione della piastra reale con quella fittizia occorre modificare ulteriori parametri di rigidezza, massa e peso.

Il codice di calcolo SAP2000 permette la modifica dei seguenti parametri meccanici dell’elemento shell di base:

- Mod. membrana f11: consente di modificare la rigidezza estensionale dell’elemento shell lungo la direzione locale 1;

- Mod. membrana f22: consente di modificare la rigidezza estensionale dell’elemento shell lungo la direzione locale 2;

- Mod. membrana f12: consente di modificare la rigidezza estensionale dell’elemento shell lungo la direzione locale 1-2;

- Mod. flessione m11: consente di modificare la rigidezza flessionale dell’elemento shell per la flessione attorno all’asse locale 2;

- Mod. flessione m22: consente di modificare la rigidezza flessionale dell’elemento shell per la flessione attorno all’asse locale 1;

- Mod. flessione m12: consente di modificare la rigidezza torsionale dell’elemento shell;

- Mod. taglio v12: consente di modificare la rigidezza a taglio nel piano 1-2 dell’elemento shell;

- Mod. taglio v23: consente di modificare la rigidezza a taglio nel piano 2-3 dell’elemento shell;

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- Mod. peso: consente di modificare la peso per unità di superficie dell’elemento.

Nel caso in questione occorrerà modificare i parametri di rigidezza estensionali f11, f22 e f12, la rigidezza flessionale m22, il modificatore di massa e quello di peso. Non occorrerà modificare invece la rigidezza flessionale m11 in quanto l’equivalenza fra i due elementi di piastra è basata proprio sull’uguaglianza di tale rigidezza, necessaria per il calcolo dello spessore equivalente “t”.

Spessore equivalente “t”

Si definiscono innanzitutto le caratteristiche meccaniche dei due elementini:

Si considera il momento d’inerzia rispetto all'asse baricentrico della sezione e parallelo all’asse 2 della piastra superiore:

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Uguagliando i due momenti d’inerzia si ottiene lo spessore della piastra equivalente che ha la stessa rigidezza flessionale attorno all’asse 2 della p.o. effettiva.

Determinazione del modificatore di rigidezza estensionale f11

Tale parametro è pari al rapporto tra l’area della p.o. effettiva e quella della p.o. equivalente, entrambe estese per un tratto di lunghezza pari a “b”.

Determinazione dei modificatori di rigidezza estensionale f22 e f12

Tali parametri sono forniti dal rapporto tra l’area della lamiera superiore e quella della p.o. equivalente, entrambe estese per un tratto di lunghezza “b”.

Determinazione del modificatore di rigidezza flessionale m22

Questo parametro è fornito dal rapporto tra il momento d’inerzia attorno all’asse 1 della sola lamiera superiore e quello della p.o. equivalente, entrambe impedite di contrarsi lateralmente ed estese ad un tratto di lunghezza “b”.

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Determinazione del modificatore di rigidezza torsionale m12

Questo parametro è fornito dal rapporto tra la rigidezza torsionale della sezione effettiva e quello della p.o. equivalente, considerate estese ad un tratto di lunghezza “b”.

Determinazione dei modificatori di massa e di peso

Questi modificatori sono pari al rapporto tra le masse e i pesi della p.o. effettiva e di quella equivalente, ovvero al rapporto tra l’area della p.o. effettiva e di quella equivalente. Di fatto tali modificatori coincidono con il modificatore della rigidezza estensionale f11 e quindi sono pari a 0,170.

Relazione per la determinazione delle tensioni nella p.o. effettiva

Il codice di calcolo SAP2000 fornisce, come risultato dell’analisi, le sollecitazioni per unità di lunghezza presenti in ciascun elemento shell. Note quelle relative alla piastra ortotropa equivalente è possibile ricavare le tensioni nella piastra ortotropa effettiva.

Nel caso in esame le sollecitazioni di interesse sono:

la forza assiale F11, la forza assiale F22, il momento flettente M11 e il momento flettente M12, le restanti sollecitazioni per unità di lunghezza sono trascurabili. La tensione normale uniforme di trazione nelle canalette e nella lamiera della p.o. effettiva dovuta alla trazione F11 in direzione delle canalette è pari a:

La tensione normale uniforme di trazione nella lamiera superiore della p.o. effettiva dovuta alla trazione F22 in direzione ortogonale alle canalette è pari a:

La tensione normale di compressione all’estremità superiore della lamiera della p.o. effettiva dovuta alla flessione attorno all’asse locale 2 (M11) è pari a:

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La tensione normale di trazione all’estremità inferiore della canaletta della p.o. effettiva dovuta alla flessione attorno all’asse locale 2 (M11) è pari a:

Con:

- H = 264 mm →altezza complessiva della p.o. effettiva;

- yg = 202,06 mm →distanza del baricentro della p.o. effettiva dall’estremità inferiore della canaletta.

La tensione normale di trazione - compressione alle estremità della lamiera della p.o. effettiva dovuta alla flessione attorno all’asse locale 1 (M22) è pari a:

Quindi la tensione ideale nel generico punto della lamiera superiore è data da:

Mentre la tensione ideale nel generico punto delle piattabande inferiori delle canalette è data dall’espressione:

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10.3 MODELLI LOCALI

10.3.1 MODELLO LOCALE DELLA PIASTRA ORTOTROPA

Nel programma di calcolo agli elementi finiti SAP2000 utilizzato, i carichi da traffico vengono applicati, una volta definite le classi dei veicoli e le corsie convenzionali (“paths”), come carichi viaggianti uniformi e concentrati.

Il programma non consente infatti la diffusione del carico concentrato delle ruote dei veicoli sulle specifiche impronte. Se si osservano allora le tensioni sulla p.o. equivalente nel modello globale, si otterranno picchi di tensione non veritieri, dovuti all’applicazione dei carichi concentrati su punti e non sulle effettive impronte.

Si analizza dunque la piastra ortotropa effettiva mediante un modello locale, costituito esclusivamente da elementi shell di mesh molto fitta, applicando i carichi concentrati degli Schemi di Carico 1 e 2 definiti dalle NTC08 al par. 5.1.3.3.3 sulle effettive impronte, che tengono conto della diffusione del carico secondo un angolo di 45° attraverso la pavimentazione stradale fino al piano medio della lamiera superiore d’impalcato.

Figura C10-6_Diffusione dell’impronta di carico nella p.o.

Il modello locale è realizzato considerando cinque campi di canalette e quattro di traversi e verrà utilizzato solamente per la verifica della lamiera e delle canalette stesse, in quanto i traversi non risento dell’effetto locale dovuto alla diffusione dell’impronta di carico, e potranno essere verificati con le sollecitazioni ricavate dal modello globale.

I lati corti della p.o. sono stati vincolati mediante incastri mentre i lati lunghi sono stati considerati liberi, trascurando a favore di sicurezza il contributo irrigidente delle parti adiacenti la p.o. nella ripartizione dei carichi.

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I traversi sono stati vincolati alle estremità laterali delle piattabande inferiori mediante delle cerniere cilindriche che consentono la rotazione attorno ad un asse perpendicolare a quello delle canalette.

Figura C10-7_Modello locale della p.o.

Si sono considerati due modelli di carico:

- MODELLO 1: carichi permanenti strutturali G1, carichi permanenti portati G2 e carichi variabili da traffico relativi allo Schema di Carico 1.

- MODELLO 2: carichi permanenti strutturali G1, carichi permanenti portati G2 e carichi variabili da traffico relativi allo Schema di Carico 2.

MODELLO 1

È stato applicato un carico uniformemente distribuito pari a 9 kN/m2 e carichi

concentrati (assi tandem) da 300 kN disposti come da schema.

La larghezza degli assi tandem è pari a 2 metri mentre la semi-larghezza del campo di p.o. modellato è di 1,5 metri; applicando allora 2 delle 4 impronte sulla canaletta centrale, ne deriva che le altre 2 sono esterne al campo modellato e non vengono pertanto considerate. Inoltre, per massimizzare le tensioni derivanti dalla flessione, si fa agire una delle due impronte in corrispondenza della mezzeria della canaletta centrale.

Ciascun asse tandem del peso complessivo di 300 KN scarica su due impronte quadrate, di lato 400 mm, un carico concentrato di 150 KN. Se si considera uno spessore medio della pavimentazione stradale pari a 126 mm e una diffusione del carico come espresso in precedenza, si ottiene per ciascun carico concentrato

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un’impronta di base quadrata di lato 666 mm. Allora la pressione esercitata sull’impronta considerata sarà:

Figura C10-8_Disposizione del carico asse secondo lo Schema di Carico 1

MODELLO 2

È stato applicato un carico asse di 400 KN disposto in manovra, cioè con asse in direzione perpendicolare a quello delle canalette e con una delle due impronte posta in corrispondenza della mezzeria della canaletta centrale, in modo da massimizzare la flessione nelle canalette. Come nel modello 1, il carico concentrato è stato diffuso a 45° attraverso la pavimentazione stradale ottenendo un’impronta di base rettangolare di lati 616 mm e 866 mm; pertanto la pressione esercitata sull’impronta considerata sarà:

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10.3.2 MODELLO LOCALE DEL NODO ARCO-IMPALCATO

Uno dei nodi di maggiore criticità, per una struttura realizzata con un sistema collaborante arco-trave, è sicuramente il nodo di collegamento tra l’arco e la travata.

Per eseguire le opportune verifiche di resistenza e stabilità locale del nodo occorre realizzare, come per la piastra ortotropa, un modello locale di questa zona, utilizzando esclusivamente elementi shell, in grado di fornire le informazioni necessarie per sua particolare progettazione.

Il modello globale infatti, non è adatto a questo scopo.

Il modello locale è costituito dai tratti iniziali della trave – catena laterale di lunghezza pari a 5 metri, della trave di testata di lunghezza pari a 2 metri e di un ramo di arco lungo 3 metri circa. All’interno di tali elementi sono stati inseriti tutti gli opportuni irrigidimenti e sono stati considerati anche i fori per i passi d’uomo, necessari per l’ispezionabilità di questa fondamentale zona del ponte. All’estremità libera di ciascuna membratura principale sono state riportate le sollecitazioni derivanti dal modello globale per le condizioni di carico ritenute più gravose.

La difficoltà in questa modellazione risiede principalmente nella forma e nella geometria degli elementi da collegare. Infatti occorre realizzare una intersezione fra tre elementi cilindrici di cui uno, l’arco, essendo sghembo, non appartiene al piano di nessuno dei due restanti elementi.

Si è studiato, quindi, opportunamente il tipo di meshatura, valutando la necessità di inserire diverse zone di transizione della mesh, per realizzare una discretizzazione del nodo che risulti quanto più possibile uniforme e regolare.

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Figura C10-10_Modello locale del nodo Arco-Trave

10.3.3 MODELLO LOCALE ARCO

Per eseguire la verifica di stabilità locale di un generico concio dei due archi è stato realizzato un modello accurato, tramite una fitta maglia di elementi shell, di un concio di arco di lunghezza pari a 10 metri (situato in corrispondenza della zona maggiormente sollecitata), impostando per tale modello un’analisi di buckling, limitandosi però al caso lineare.

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Il concio in esame è stato caricato con le sollecitazioni derivanti dal modello globale, lette in corrispondenza della posizione del concio stesso. In tal modo il sistema risulta equilibrato e quindi la soluzione, in termini di sollecitazioni, è definita a meno di un atto di moto rigido; si può dunque vincolare un punto qualsiasi del modello in modo da renderla univoca.

10.3.4 MODELLO LOCALE DELLA PILA CENTRALE

Vista la geometria, per una corretta valutazione della rigidezza della pila, del grado di vincolo offerto all'impalcato e dell'andamento delle tensioni nel pulvino e nel fusto, si è optato per una modellazione spaziale 3d in cui la pila è stata realizzata mediante elementi "solid" di adeguata meshatura.

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Per ottenere una mesh che sia il più regolare possibile, vista la geometria della sezione e la sua rastremazione lungo lo sviluppo in altezza, si sono introdotte delle zone di transizione con inserimento di elementi triangolari. Il pulvino, meshato solamente con elementi solid quadrangolari, è stato "collegato" al fusto per mezzo del comando "generate solid auto edge constrain" in modo che all'interfaccia i nodi dei due elementi, anche se non in comune, si comportino come tali, vincolati ad un un unico piano.

Figura C10-13_Sezione nel piano X-Z della pila centrale

Figura C10-14_Vista nel piano X-Y della sezione di base della pila centrale

È stata modellata in seguito anche la fondazione, con la zattera realizzata mediante elementi solid di opportuna meshatura ed i pali mediante elementi

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frame, vincolati alla punta e lateralmente mediante molle elastiche traslazionali che riproducono il comportamento del terreno.

10.3.5 MODELLO LOCALE DELLA PILA LATERALE

Similmente a quanto fatto per la pila centrale, si è realizzato il modello 3D della pila laterale mediante elementi “solid” di opportune dimensioni. Si riporta di seguito la vista assonometrica del modello e la sezione nel piano X-Z.

Figura C10-15_Modello locale della pila laterale

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Capitolo 11

VERIFICHE DELLA SOVRASTRUTTURA

Definite le combinazioni di carico per gli SLU e per gli SLE, si procede all’analisi del modello globale e alla verifica della sovrastruttura.

Le verifiche previste sono:

Verifiche di resistenza:

- Verifica degli elementi della piastra ortotropa d’impalcato: lamiera e canalette; - Verifica di resistenza dei traversi;

- Verifica di resistenza degli archi;

- Verifica di resistenza delle travi - catena; - Verifica di resistenza delle travi di testa;

- Verifica di resistenza delle mensole del retroponte; - Verifica di resistenza dei pendini;

- Verifica di resistenza dei collegamenti pendino – arco e pendino - catena; - Verifica dei collegamenti.

- Verifica di resistenza dei dispositivi di vincolo; - Verifica del nodo arco – impalcato;

Verifiche di stabilità:

- Verifica di stabilità globale degli archi; - Verifica di stabilità delle travi - catena; - Verifica di stabilità dei traversi;

- Verifica di stabilità delle mensole del retroponte.

Verifica di deformabilità:

- Verifica di deformabilità globale del ponte mediante il controllo della freccia della trave d’impalcato.

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11.1 VERIFICHE DI RESISTENZA

11.1.1 VERIFICA DEGLI ELEMENTI DELLA PIASTRA ORTOTROPA D’IMPALCATO: LAMIERA E CANALETTE

Secondo quando indicato nell’EC3 parte 2 all’Appendice E, le tensioni ricavate da un comportamento globale della piastra ortotropa, devono essere combinate opportunamente con quelle derivanti da un comportamento locale.

Queste ultime possono essere ricavate direttamente dall’apposito modello locale della piastra ortotropa, dove i carichi concentrati sono stati ripartiti sulle effettive impronte.

La regola di combinazione fornita dalla norma è:

Dove:

- σEd → tensione ideale totale nel generico punto della nervatura, a seguito della combinazione;

- σloc,d → tensione ideale di progetto ottenuta dal modello locale; - σglob,d → tensione ideale di progetto ottenuta dal modello globale;

- ψ → coeff. di combinazione per ponti di lunghezza superiore a 40 metri pari a 0,7.

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La stessa normativa sopra citata, all’Appendice C par.1.2.2, fornisce delle raccomandazioni che, se rispettate, rendono le verifiche di resistenza a flessione sulla piastra ortotropa automaticamente soddisfatte. Tali prescrizioni sono: - Spessore della piastra superiore t = 14 mm ≥ 12 mm, per spessore del manto di asfalto maggiore o uguale a 70 mm;

- Spessore degli irrigidimenti ts = 6 mm ≥ 6 mm per nervature chiuse;

- Spaziatura dell’appoggio offerto dalle anime delle nervature della piastra di impalcato e = 300 mm ≤ 300 mm (emax);

- e/t = 21,4 ≤ 25;

- Momento d’inerzia baricentrico della nervatura compresa la piastra d’impalcato J = 10452 cm4 per traversi posti ad interasse di 2,50 metri, maggiore del minimo indicato nella figura seguente.

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11.1.2 VERIFICA DI RESISTENZA DEI TRAVERSI

I traversi sono disposti ad interasse “i” costante, pari a 2,50 metri, salvo che nei campi iniziali (posti a i = 4m), e la loro luce “L” è pari a 14 metri circa.

La verifica sarà condotta in campo elastico, secondo quando indicato dalle NTC08 al § 4.2.4.1.2., distinguendo la sezione A di momento massimo (mezzeria) dalla sezione B di momento minimo e taglio massimo (attacco con la trave – catena).

Inoltre la verifica sarà condotta in 3 punti di ciascuna sezione: - PUNTO 1: estremità superiore della piastra ortotropa;

- PUNTO 2: estremità inferiore della piattabanda inferiore del traverso;

- PUNTO 3: punto di intersezione tra l’asse neutro di flessione e l’asse dell’anima.

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Figura C11-3_Prospetto del generico traverso con indicazione delle sezioni di verifica

Figura C11-4_Inviluppo di taglio e momento sul traverso allo SLU

Prima di eseguire la verifica, si effettua la classificazione della sezione resistente e si determina la larghezza collaborante della lamiera superiore per tener conto degli effetti di trascinamento da taglio (shear lag), rispettivamente secondo quanto indicato dalle NTC08 §.4.2.3.1 e dalla corrispondente Circolare Applicativa §. C4.2.4.1.3.4.3.

Gli effetti del trascinamento da taglio possono essere trascurati se risulta b0 < 0,02 Le:

- b0 = 0,5*i = 1250 mm

- Le = L = 14000 mm → distanza tra due punti consecutivi di nullo del diagramma dei momenti, pari alla luce del traverso;

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- b0 = 1250 > 0,02 L = 280 → quindi non si possono trascurare gli effetti del trascinamento da taglio.

La larghezza collaborante può essere valutata come

beff = β*b0, dove β è un fattore riduttivo che dipende dal fattore k = α0*b0 / Le

Le ulteriori caratteristiche geometriche della sezione efficace sono:

Procediamo con la classificazione della sezione resistente: (ε = √(235/fyk ) = 0,81)

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Le sollecitazioni ricavate dal modello nella sezione più pericolosa sono (traverso 17-ai quarti):

Le tensioni in ciascun punto si ricavano attraverso le formule di Navier:

NOTA: le tensioni normali sono positive se di trazione e negative se di compressione.

Gli effetti del trascinamento da taglio possono essere trascurati se risulta b0 < 0,02 Le:

- b0 = 0,5*i = 1250 mm

- Le = L = 14000 mm → distanza tra due punti consecutivi di nullo del diagramma dei momenti, pari alla luce del traverso;

- b0 = 1250 > 0,02 L = 280 → quindi non si possono trascurare gli effetti del trascinamento da taglio.

La larghezza collaborante può essere valutata come

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Le ulteriori caratteristiche geometriche della sezione efficace sono:

Procediamo con la classificazione della sezione resistente: (ε = √(235/fyk ) = 0,81)

Le sollecitazioni ricavate dal modello nella sezione più pericolosa sono (traverso 17-ai quarti):

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11.1.3 VERIFICA DI RESISTENZA DEGLI ARCHI

Le sollecitazioni agenti risultano essere: lo sforzo normale N, i momenti flettenti Mx ed My, il momento torcente Mt e i tagli Tx e Ty.

Questi dati sono forniti come output dal programma di calcolo SAP2000 sotto forma di inviluppi delle massime sollecitazioni flettenti e taglianti.

In ogni sezione, tali sollecitazioni sono in genere determinate da condizioni di carico diverse e non sarebbe lecito sommare i loro effetti, tuttavia operando in tal senso si lavora a favore di sicurezza e la verifica è conservativa.

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La verifica è stata condotta, in accordo con quanto espresso dalle NTC08 § 4.2.4.1.2, sul tratto di arco compreso tra il nodo di estremità arco – impalcato e la sezione in chiave.

Dei tratti individuati è stato preso in considerazione quello soggetto alle sollecitazioni maggiori.

Su di esso sono state individuate 30 sezioni di verifica, distanti ognuna 4÷5 metri, e all’interno di esse 3 punti di riferimento in cui effettuare la verifica, come indicato nelle figure 11.5 e 11.6.

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Tabella C11-2_ Tabella riassuntiva delle tensioni in ciascun punto di riferimento per le diverse sezioni.

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Tabella C11-3_ Tabella riassuntiva delle tensioni ideali di calcolo, in ciascun punto di riferimento per le diverse sezioni.

Come si evince dalla tabella, la verifica di resistenza risulta essere soddisfatta visto che le tensioni ideali nei vari punti, per le 30 sezioni di riferimento,

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Il grafico seguente mostra i valori delle tensioni ideali a confronto con la resistenza di progetto.

Figura C11-7_Confronto σid/fyd per l’arco

11.1.4 VERIFICA DI RESISTENZA DELLE TRAVI-CATENA

La verifica è stata condotta in campo elastico sulla trave-catena maggiormente sollecitata. Data la simmetria della struttura, si è fatto riferimento solo a metà elemento ed in ciascuna delle 71 sezioni di verifica, distanti circa 1,5 metri, sono stati considerati 3 punti di verifica, ritenendoli soggetti agli stati di tensione più pericolosi.

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La verifica è stata condotta, in accordo con quanto espresso dalle NTC08 § 4.2.4.1.2, sul tratto di trave che va dal nodo arco – impalcato alla mezzeria della travata stessa

Dei tratti individuati è stato preso in considerazione quello soggetto alle sollecitazioni maggiori.

Su di esso sono state individuate 71 sezioni di verifica, distanti 1,0 - 1,5 - 2,0 metri a seconda della zona, e all’interno di esse 3 punti di riferimento in cui effettuare la verifica, come indicato nella figura precedente.

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Tabella C11-5_ Tabella riassuntiva delle tensioni in ciascun punto di riferimento per le diverse sezioni.

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Tabella C11-5_ Tabella riassuntiva delle tensioni in ciascun punto di riferimento per le diverse sezioni.

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Tabella C11-6_ Tabella riassuntiva delle tensioni ideali di calcolo, in ciascun punto di riferimento per le diverse sezioni.

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Tabella C11-6_ Tabella riassuntiva delle tensioni ideali di calcolo, in ciascun punto di riferimento per le diverse sezioni.

Come si evince dalla tabella, la verifica di resistenza risulta essere soddisfatta visto che le tensioni ideali nei vari punti, per le 71 sezioni di riferimento,

σid,i per i = 1,2,3 sono minori di fyd = 338,1 N/mm2.

Il grafico seguente mostra i valori delle tensioni ideali a confronto con la resistenza di progetto.

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Figura C11-10_Confronto σid/fyd per la trave-catena

11.1.5 VERIFICA DI RESISTENZA DELLE TRAVI DI TESTA

Le travi di testata, o di torsione, incassano la componente trasversale della spinta degli archi più il momento torcente trasmesso da questi ultimi e dall’impalcato e lo riportano sui dispositivi di vincolo. Il momento flettente e il taglio che vi agiscono sono pressoché gli stessi di un generico traverso.

Le dimensioni della sezione non sono dettate tanto da necessità strutturali quanto piuttosto geometriche. Infatti, dalle analisi svolte, questi elementi

risultano abbondantemente verificati e non richiedono maggiori

approfondimenti.

Figura C11-11_Sezione trasversale traverso di testa

0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 1 6 11 16 21 26 31 36 41 46 51 56 61 66 71 sid/ fyd Sezione di verifica

Verifica di resistenza della trave - catena

Punto 1 Punto 2 Punto 3 Resistenza

(42)

11.1.6 VERIFICA DI RESISTENZA DELLE MENSOLE DEL RETROPONTE

In corrispondenza di ciascuna delle estremità longitudinali del ponte, è stata inserita una lamiera che si estende per un tratto di 500 mm in senso longitudinale, collegata alla trave di testata, allo scopo di creare una zona dove posizionare il giunto di dilatazione.

La lamiera viene irrigidita mediante piatti di forma trapezoidale, saldati alla parete laterale esterna della trave di testata, posti ad interasse di 500 mm. Queste “mensole” devono essere in grado di incassare le stesse azioni a cui è sottoposta la piastra ortotropa del ponte, incrementate di circa 2 volte per tenere in considerazione gli effetti dinamici che si hanno in corrispondenza del giunto a causa dello “scalino” inevitabilmente.

(43)

Si determina la larghezza di piastra superiore collaborante.

Gli effetti del trascinamento da taglio possono essere trascurati se risulta b0 < 0,02 Le:

- b0 = l = 1200 mm

- Le = 2 l = 2400 mm → distanza tra due punti consecutivi di nullo del diagramma dei momenti, pari a due volte la lunghezza della mensola;

- b0 = 1200 > 0,02 Le = 48 → quindi non si possono trascurare gli effetti del trascinamento da taglio.

La larghezza collaborante può essere valutata come

beff = β*b0, dove β è un fattore riduttivo che dipende dal fattore k = α0*b0 / Le

(44)

DETERMINAZIONE DELLE SOLLECITAZIONI E VERIFICA Ciascuna nervatura ha larghezza pari ad “i” e lunghezza pari ad “l”.

Su di essa si considerano agenti gli stessi carichi a cui è soggetta la piastra ortotropa d’impalcato.

I carichi ruota vengono incrementati di un fattore 1,5, e si considerano agenti in corrispondenza dell’estremità della “mensola” in modo da massimizzare (in valore assoluto) il momento flettente d’incastro.

(45)

La verifica di resistenza risulta essere soddisfatta dato che le tensioni ideali nei vari punti, per le sezioni di riferimento, σid,i per i = 1,2,3 sono minori di

fyd = 338,1 N/mm2.

11.1.7 VERIFICA DI RESISTENZA DEI PENDINI

Ciascun piano di pendinatura, in ciascuna campata, è stato realizzato con 19 pendini, disposti simmetricamente rispetto alla mezzeria dell’impalcato, ad interasse costante di 7,50m, ad eccezione del primo e dell’ultimo, posti a 9m dagli appoggi.

Per la realizzazione dei pendini si sono impiegate delle funi spiroidali chiuse RADAELLI tipo FLC60, del diametro di 60 mm, la cui resistenza a trazione, dichiarata dal costruttore, è pari a FRd = 2218 KN.

Per la verifica di tali elementi, occorre controllare che il massimo sforzo di trazione FEd a cui la fune è soggetta sia inferiore alla resistenza di calcolo a trazione FRd, secondo quanto espresso dalle NTC08 al § 4.2.4.1.2.

(46)

Figura C11-13_Tipologie di funi spiroidali chiuse Radaelli FLC.

Come già descritto nel capitolo 10, i pendini sono stati modellati nel programma di calcolo FEM SAP2000 mediante semplici elementi “frame”, alle cui estremità si sono assegnati i rilasci a momento in modo da determinare un comportamento a biella. La determinazione dello stato di sollecitazione nei pendini per la condizione di ponte scarico, ossia caricato con i soli carichi permanenti, è stata possibile mediante il tool “CSI Load Optimizer” contenuto nel programma FEM. A partire dalla condizione di ponte scarico, sono state eseguite tutte le successive analisi, comprese quelle relative alla determinazione delle sollecitazioni agli SLU.

Occorre allora verificare che il minimo sforzo in ciascun pendino sia positivo, cioè che nessun pendino entri in compressione, sotto i carichi agenti, fatto chiaramente non possibile nella realtà ma plausibile nel modello di analisi.

(47)
(48)

Il massimo sforzo di trazione ottenuto dall’analisi è pari a 1560 KN mentre il minimo sforzo di trazione è pari a 518 KN. È quindi verificato che

FEd = 1548 kN < FRd = 2218 kN; inoltre nessun pendino è soggetto in nessuna condizione di carico a sforzi di compressione, quindi la cortina di sospensione è verificata.

11.1.8 COLLEGAMENTI PENDINO-ARCO / PENDINO-CATENA

Il collegamento dei capicorda superiore ed inferiore di ciascun pendino all’arco e alla trave catena è stato realizzato mediante l’impiego di piastre d’acciaio di opportuna geometria dello spessore di 30 mm.

Le piastre saranno saldate agli elementi principali del ponte mediante saldature a completa penetrazione.

A favore di sicurezza, le verifiche saranno condotte a completo ripristino di resistenza, applicando cioè, in luogo del tiro del pendino derivante dall’analisi globale del ponte, la resistenza a trazione di calcolo del cavo pari a

FRd = 2218 KN.

Per il collegamento dei pendini all’arco si sono utilizzati dei capocorda a forcella tipo TTF56 (Redaelli).

(49)

Tabella C11-8_ Caratteristiche dell’attacco superiore TTF56

Per il collegamento dei pendini alla trave-catena si sono utilizzati dei capocorda a forcella regolabili tipo TBF56 (Redaelli).

Figura C11-14_Particolare dell’attacco inferiore TBF56.

(50)

Le verifiche che dovranno essere eseguite su tali collegamenti sono quelle previste dalle NTC08 al §.4.2.8.1 riguardo unioni con bulloni, chiodi e perni. Tutti gli elementi di questa unione sono realizzati con acciaio Cor-Ten S355. Nello specifico saranno effettuate:

a) Verifica di resistenza a taglio del perno;

b) Verifica di resistenza a rifollamento del piatto in acciaio;

c) Verifica di resistenza delle connessioni a perno allo stato limite di esercizio; d) Verifica di resistenza a trazione della piastra nella sezione indebolita dal foro.

a) Verifica di resistenza a taglio del perno

Si adotta un perno del diametro di 109 mm, la resistenza a taglio del perno vale:

b) Verifica di resistenza a rifollamento del piatto in acciaio

La piastra di collegamento in prossimità del foro è imbottita, per compensare la differenza di pessore tra l’alloggiamento del capocorda a forcella e lo spessore della piastra di ancoraggio. Su ciascun lato della piastra si ha quindi un anello in acciaio dello spessore di 35 mm saldato alla piastra principale, perciò lo spessore complessivo da considerare nella verifica è di 100 mm.

c) Verifica di resistenza delle connessioni a perno allo stato limite di esercizio

Affinché sia possibile sostituire i cavi durante la vita del ponte, è necessario limitare la sollecitazione di taglio sul perno e di compressione sul contorno del foro (non si considerano agenti sul perno momenti flettenti vista la presenza delle imbottiture che ne impediscono l’inflessione).

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La forza di taglio agente sul perno in esercizio Fb,Ed,ser = FRd = 2218 KN deve soddisfare la seguente relazione:

Mentre la tensione di contatto σh,Ed (valutata secondo la formula di Hertz) deve essere inferiore al valore limite fh,Ed:

Dove d0 è il diametro del foro di alloggiamento del perno pari a 110,5 mm. Entrambe le condizioni sono rispettate quindi la verifica è soddisfatta.

d) Verifica di resistenza della piastra nella sezione indebolita dal foro

Secondo quanto espresso dalle NTC08 al § 4.2.4.1.2, la resistenza di calcolo a trazione Nt,Rd nella sezione forata è pari al minore dei seguenti valori:

Pertanto la resistenza di calcolo a trazione Nt,Rd della piastra vale 5324 kN ed è superiore al massimo sforzo di progetto che il cavo può sopportare FEd, quindi anche questa verifica risulta soddisfatta.

(52)

Figura C11-15_Particolare della piastra di attacco superiore

Figura C11-16_Particolare della piastra di attacco inferiore

11.1.9 COLLEGAMENTI

In prossimità di ogni collegamento tra arco e pendino è stato inserito, lungo il proseguimento della linea d’asse della fune, un elemento costituito da due UPN accoppiati, collegati ad un diaframma circolare interno, avente la funzione di evitare l’ovalizzazione del tubo che si potrebbe verificare a causa della elevata forza concentrata esercitata dal tiro del pendino stesso. Il profilo è stato scelto considerando la resistenza a trazione del pendino fornita dal costruttore ed il collegamento bullonato è stato realizzato a completo ripristino di resistenza considerando come sforzo sollecitante quello di plasticizzazione del profilo.

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Si procede con la verifica del collegamento bullonato. Considerando dei bulloni di classe 10.9:

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11.1.10 DISPOSITIVI DI VINCOLO

La scelta dei dispositivi di vincolo è fortemente condizionata dall’analisi del ponte in condizioni sismiche, pertanto si rimanda la completa trattazione dei vincoli al capitolo riguardante l’analisi sismica.

11.1.11 NODO ARCO - IMPALCATO

Data la criticità del nodo, in cui convergono gli elementi principali della struttura, ovvero la trave di testata, la trave catena e l’arco, si è ritenuto opportuno effettuare delle verifiche tensionali locali al fine di valutare correttamente la resistenza del collegamento.

Allo scopo è stato definito un modello locale, mediante il programma FEM SAP2000, realizzato con soli elementi shell di fitta meshatura, per rappresentare al meglio il quadro tensionale.

Per la definizione del modello locale si rimanda al capito 10, nelle figure seguenti sarà riporto l’andamento delle tensioni nel nodo per le varie combinazioni di carico considerate.

(59)

Si considerano poi altri due casi di carico, corrispondenti rispettivamente al "max envelope" e al "min envelope" derivante dal modello globale, che massimizzano gli effetti in ciascun elemento costituente il nodo.

Si fa notare che tali sollecitazioni, applicate alle estremità libere degli elementi strutturali, derivano da disposizioni del carico variabile differenti, ma che vengono considerate simultaneamente solo per rendere massime le sollecitazioni, a favore di sicurezza.

(60)

In alcuni punti alla base dell’arco ed in corrispondenza di alcune zone all'attacco della trave di testata con la trave-catena si hanno dei picchi di tensione non realistici, dovuti alla modellazione (nella realtà per effetto della plasticizzazione i picchi di tensione vengono abbattuti), quindi lo stato di tensione locale in tali aree è poco significativo.

Nelle restanti zone, per tutti i componenti del nodo, le tensioni ideali determinate risultano inferiori a quelle di calcolo del materiale, quindi le zone di innesto si intendono verificate.

11.2 VERIFICHE DI STABILITÀ

Nella progettazione di strutture metalliche leggere, come il ponte in esame, le verifiche di stabilità delle membrature, sia locali che globali, rivestono un ruolo fondamentale ai fini della sicurezza.

Nel caso in esame occorrerà verificare a livello locale l’instabilità flesso-torsionale dei traversi e delle mensole del retroponte e l’imbozzamento dei loro pannelli d’anima, mentre a livello globale sarà necessario controllare la stabilità complessiva degli archi, sia nel loro piano sia fuori piano.

11.2.1 VERIFICHE DI STABILITÀ DEGLI ARCHI 11.2.1.1 VERIFICHE DI STABILITÀ GLOBALE

La verifica di stabilità globale degli archi è uno degli aspetti più importanti nel progetto di un ponte di questa tipologia.

Gli archi, essendo strutture prevalentemente compresse, presentano dei fenomeni di instabilità sia nel piano che fuori di esso. La criticità di questo aspetto è in genere accentuata in quanto essi si presentano quasi totalmente liberi dal resto della struttura.

Nel caso in esame però questa criticità è notevolmente ridotta, infatti, per ciascuna coppia, gli archi sono inclinati verso l’interno e riuniti in mezzeria, formando una struttura “portalizzata”, sicuramente più stabile, sia nel piano che fuori dal piano, di una struttura ad arco singolo.

Riferendoci solamente ad una campata, data la simmetria del problema, dalle analisi seguenti ci accorgeremo di come la prima forma di instabilità del ponte non si estenda agli archi nella loro interezza, ma sia limitata ai quattro tratti compresi fra le imposte e la zona di contatto di sommità, la quale non sarà

(61)

soggetta a traslazioni verticali o orizzontali ma solamente a rotazioni.

Dal punto di vista della verifica, l’Appendice D dell’Eurocodice 3 – parte 2/2006 affronta il problema della stabilità per i ponti ad arco, fornendo alcune indicazioni in merito alla stabilità nel piano e fuori dal piano.

Le prescrizioni fornite dall’EC3 sono indirizzate però a strutture ad arco ricorrenti, che ricalcano gli standard progettuali.

Per un ponte come quello in esame, si è ritenuto necessario percorrere una strada alternativa.

Il procedimento adottato per verificare la stabilità globale degli archi è quello di condurre un’ analisi di buckling non lineare valutando che, per le sollecitazioni corrispondenti allo SLU, la risposta dell’arco, in termini di diagramma forza-spostamento, non si allontani molto dalla condizione di linearità.

Il programma agli elementi finiti utilizzato (SAP 2000 v.14) consente però di affrontare direttamente solo un’analisi di buckling di tipo lineare.

Mediante un’analisi di buckling lineare si riesce a determinare facilmente il moltiplicatore dei carichi tale da portare ad instabilità gli archi, ma ciò non è sufficiente ad escludere ogni possibilità riguardo questo tipo di fenomeno. Infatti, a causa delle imperfezioni presenti nella struttura reale, essa non segue la curva di bluckling ideale ma se ne discosta tanto più quanto più sono rilevanti tali imperfezioni, individuando così un moltiplicatore che, in genere, è minore di quello che si ottiene attraverso una semplice analisi di buckling lineare.

Per tale ragione, è stato ritenuto opportuno affrontare un’analisi non lineare che tenesse in considerazione gli effetti del secondo ordine e le imperfezioni iniziali della struttura. Gli effetti del secondo ordine sono stati considerati direttamente attraverso il programma di calcolo, definendo un’analisi non lineare “P-δ con grandi spostamenti”; per quanto riguarda le imperfezioni, invece, l’Eurocodice 3 parte 1-1/2006 prescrive che esse debbano essere assunte proporzionali alla forma di buckling elastico considerata.

(62)

Figura C11-19_Effetto di grandi spostamenti/imperfezioni sull’equilibrio

Dunque il primo step, per effettuare la verifica, consiste nell’esecuzione di un’analisi di buckling lineare, considerando più condizioni di carico ritenute significative e, successivamente, prendendo come riferimento quella cui corrisponde il fattore di buckling “λ” minore.

L'analisi di buckling lineare consente di ricavare il moltiplicatore dei carichi (λ) che porta ad instabilità la struttura secondo determinate forme di instabilizzazione (ψ).

L'analisi si concretizza mediante la soluzione del problema agli autovalori riportato di seguito:

Dove:

- K è la matrice di rigidezza del sistema;

- G è la matrice di rigidezza geometrica funzione del vettore dei carichi r; - λ autovalori;

(63)

Data quindi la dipendenza dell'analisi dalla condizione di carico, si devono prendere in considerazione le combinazioni più significative.

Le condizioni di carico alle quali si fa riferimento sono quelle già utilizzate agli SLU in cui, per quanto riguarda i carichi mobili, si considerano le seguenti disposizioni :

(64)

Dall'analisi si evince che il fattore di buckling minore si ha considerando come disposizione dei carichi da traffico la DC1, corrispondente alla situazione di ponte interamente caricato con gli assi tandem in mezzeria.

Il fattore di buckling ottenuto per tale condizione di carico è pari a:

(65)

Analizzando la configurazione instabile del ponte sono stati estrapolati dalla forma di buckling in esame gli spostamenti dei punti appartenenti agli archi. In seguito, tali spostamenti, sono stati amplificati tutti di uno stesso fattore in modo da raggiungere, con gli spostamenti massimi, il valore dell’imperfezione desiderato.

Tale valore, per il ponte in esame (curva di stabilità “c”) e per una forma di instabilità fuori dal piano viene determinato come segue.

L'Eurocodice 3 parte 1-1/2006 prescrive che le imperfezioni debbano essere assunte proporzionali alla forma di buckling elastico considerata. Il fattore di proporzionalità, secondo quanto espresso nell’Appendice D dell’Eurocodice 3 parte 2/2006 deve essere assunto in base a diversi fattori (luce, tipologia dell’arco, ecc…) riportati in opportune tabelle.

(66)

Ottenuta la struttura deformata (struttura “imperfetta”), si va ad eseguire l’analisi non lineare “P-δ in grandi spostamenti” monitorando l'andamento del diagramma forza mobilitata-spostamento.

L’analisi non lineare è stata condotta in controllo di forza, prendendo come punto di partenza la condizione di ponte scarico.

È stata preferita un’analisi in controllo di forza ad una in controllo di spostamento, perché in quest’ultimo caso non saremmo stati in grado di valutare, al raggiungimento dello spostamento fissato, se avessimo superato o meno il picco, relativo all’instabilità, del grafico F – u.

Figura C11-20_Diagramma F-u

Procedendo invece in controllo di forza questa eventualità non può verificarsi; si tratterà di valutare unicamente se, al raggiungimento del valore di carico di progetto, il diagramma risulta essere lineare o se si distacca da questa condizione, il che significherebbe di essere prossimi all’instabilità.

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Per eseguire al meglio l'analisi non lineare ("P-δ in grandi spostamenti") in controllo di forza, si considera come target il 20% in più del carico critico ottenuto mediante l'analisi agli autovalori, considerando un numero di step intermedi pari a 100, in modo da ottenere un andamento dettagliato della curva forza-spostamento. Si definisce dunque il caso di carico in Sap2000, assumendo come punto di partenza dell'analisi la matrice di rigidezza della struttura nella condizione di ponte scarico (G1+G2+P), come indicato nella figura seguente.

Figura C11-21_Load Case per l’analisi non lineare in controllo di forza

Si riporta di seguito l'andamento del diagramma forza mobilitata - spostamento

del punto di controllo (punto dell'arco caratterizzato dai maggiori spostamenti)

ottenuto dall'analisi svolta.

(68)

Figura C11-23_Diagramma Forza Mobilitata-Spostamento Punto di Controllo

I valori di spostamento non partono dall’origine ma da un valore maggiore di 0, dovuto alla condizione di ponte scarico (carichi permanenti e pretensione della cortina di sospensione).

Come si evince dal grafico il valore del carico critico si raggiunge con un

moltiplicatore di collasso pari a 6,6 ben più piccolo del λcri ottenuto

mediante l'analisi di buckling lineare.

Ciò nonostante tale valore è sufficiente ad escludere la possibilità di instabilità globale del ponte per le combinazioni allo SLU e dunque la verifica può ritenersi soddisfatta.

11.2.1.2 VERIFICHE DI STABILITÀ LOCALE

Per il soddisfacimento della verifica di instabilità locale, si realizza un modello FEM, con l’ausilio del programma SAP2000, in modo da schematizzare localmente un concio di arco di lunghezza pari a 10 metri (situato in corrispondenza della zona con le sollecitazioni maggiori), mediante elementi shell di opportuna meshatura e impostando per tale modello un’analisi di buckling, limitandosi però al caso lineare.

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Figura C11-24_Modello locale shell del concio di arco considerato

L’analisi di buckling lineare ha fornito diversi valori dei moltiplicatori di carico necessari per raggiungere l’instabilità, tra i quali il minore è pari a 20.

L’elevato valore di tale moltiplicatore permette di ritenere ampiamente soddisfatta la verifica di stabilità.

11.2.2 VERIFICHE DI STABILITÀ DEI TRAVERSI

I traversi sono elementi soggetti prevalentemente a flessione nel piano dell’anima, anche se è presente una modesta sollecitazione di compressione, dovuta all’inclinazione dei pendini. Nel traverso maggiormente sollecitato, questa compressione è pari a 346,75 kN e risulta ben inferiore al carico critico euleriano di questo elemento, stimato intorno ai 109130 kN. Perciò, ai fini della verifica, il traverso viene considerato solamente inflesso.

Complessivamente saranno eseguite due verifiche di stabilità:

- Verifica nei confronti dell’instabilità flesso – torsionale dell’intero elemento; - Verifica di stabilità dei pannelli d’anima.

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Come si evince dalle tabelle la verifica di stabilità a taglio dei pannelli d'anima dei traversi risulta soddisfatta.

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11.2.3 VERIFICHE DI STABILITÀ DELLA TRAVE-CATENA

Le travate laterali assieme alla parte collaborante di piastra ortotropa, assolvono la funzione di “catena” per i due archi.

Dunque lo stato di sollecitazione a cui sono soggette è di tenso – flessione biassiale. In quanto elementi tesi, la probabilità che si instabilizzino si riduce notevolmente.

Per la verifica si fa riferimento quindi all’Eurocodice 3 parte 1-1/2006 che, al paragrafo 6.3.2.1 punto (2) afferma: “Travi con ala compressa sufficientemente vincolata non sono soggette all’instabilità flesso-torsionale. In aggiunta, travi con alcuni tipi di sezioni trasversali, come sezioni tubolari quadrate o circolari, tubi con sezione circolare o sezioni a cassone quadrate non sono soggette all’instabilità flessotorsionale”.

11.2.4 MENSOLE DEL RETROPONTE

Il comportamento di questi elementi è assimilabile a quello di una mensola incastrata in corrispondenza dell’attacco con la trave di testata e ivi soggetta ad un momento negativo pari a MEd = -490 KNm, che tende le fibre superiori e comprime quelle inferiori che sono libere di sbandare.

È quindi necessario eseguire una verifica contro l’instabilità flesso – torsionale proprio in corrispondenza di questa sezione.

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11.3 VERIFICHE DI DEFORMABILITÀ

Per la verifica di deformabilità del ponte si controlla lo spostamento verticale massimo dei punti dell’impalcato, per effetto delle combinazioni di carico agli SLE.

Lo spostamento verticale massimo si realizza sotto la combinazione di carico SLE12(R) (vedi capitolo 9)quando i carichi mobili sono applicati su metà della lunghezza del ponte e gli asse tandem sono posizionati ad ¼ della luce complessiva.

Figura C11-25_Deformata del ponte per la combinazione SLE12(R)

Dall’analisi del modello si ottiene un valore dello spostamento verticale massimo del generico punto dell’impalcato pari a 290 mm; se si assume uno spostamento verticale limite di paragone pari a 1/500 della luce (con L = 153 m → δmax = 305 mm), si può ritenere soddisfatta la verifica di deformabilità globale del ponte.

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