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CONCLUSIONI I reperti anforici oggetto di questo studio, confermano e arricchiscono il quadro dei commerci precedentemente delineato

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Academic year: 2021

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CONCLUSIONI

I reperti anforici oggetto di questo studio, confermano e arricchiscono il quadro dei commerci precedentemente delineato per la città Pisa dall’età tardoimperiale all’età altomedievale.

Nel periodo compreso tra il III e il V secolo si collocano gli ultimi arrivi di prodotti a base di pesce della Penisola Iberica, affidati alle anfore Almagro 50 e 51 C, prevalentemente di origine lusitana. Contemporaneamente dall’area nord -africana giungono contenitori per il trasporto di derrate alimentari di vario genere, i cui indici di presenza diventano notevolmente superiori a partire dal IV secolo, come in molti altri centri del Mediterraneo. In questo periodo le Keay 25 si confermano come le anfore africane maggiormente attestate in Piazza Duomo. La rilevanza delle importazioni dall’Africa perdura nel V secolo, con l’affermarsi di nuove tipologie. Si registra, infatti, un discreto numero di spatheia e di contenitori cilindrici di “grandi dimensioni”.

Il più alto numero di attestazioni in assoluto si rileva, però, per l’Anfora di Empoli. Ciò costituisce la riprova dell’esistenza, nel Valdarno e in Etruria, di una notevole produzione di vino, che in questa fase ha un ruolo preponderante nel

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rifornimento dei mercati locali1. Questo dato è probabilmente da connettere alla presenza di villae e fattorie, attive in età tardoantica nel territorio pisano – volterrano, che garantiscono un cospicuo surplus agricolo per il commercio2. Accanto al vino nord – etrusco, nel corso del V secolo è presente, in quantità più limitate, anche il vino orientale, importato a Pisa per mezzo dei contenitori LRA 1.

Nella seconda metà del V e fino al VII secolo i porti di Pisa, come gli altri porti dell’Etruria settentrionale, ricevono ancora grandi quantità di merci. La testimonianza di Cassiodoro3, relativa alle disposizioni di Teodorico per garantire la navigabilità dell’Arno e dell’Auser, rivela l’importanza della navigazione fluviale in questo periodo. La continuità delle importazioni africane nel contesto esaminato, in questo momento è documentata, pur se in percentuali molto ridotte, dalle anfore Keay 62 Q, Keay 62 A, e Keay 61 C. Si accompagnano a queste le produzioni orientali LRA 2, LRA 3 e LRA 8, rappresentate da singoli o pochissimi reperti. Nonostante la loro esiguità, come osservato nei precedenti

1 COSTANTINI 2011, p. 414.

2 PASQUINUCCI – DEL RIO – MENCHELLI 2002 , p. 777. 3 CASS., Var. 4,5.

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studi sui materiali anforici di Piazza Duomo4, esse manifestano una maggior rilevanza rispetto al periodo precedente. È questo il segno dell’influenza bizantina nei traffici commerciali, che determina la presenza, nei centri costieri, di anfore collegate ai rifornimenti militari realizzati esclusivamente per via marittima5.

Nella seconda metà del VII secolo, la sporadicità dei reperti conferma la contrazione del volume dei traffici che coinvolgono Pisa, ma l’arrivo di materiale anforico di importazione è ancora documentato. In questa fase si colloca un frammento di Keay 8A, che rappresenta l’anfora cilindrica di grandi dimensioni più tarda del contesto di Piazza Duomo. A questa si accompagnano frammenti di un’anfora di tipo Castrum Perti e di contenitori globulari provenienti dal Mediterraneo orientale o dall’Italia centromeridionale. Essi accrescono l’esiguo numero di attestazioni note in Toscana per queste tipologie, aprendo nuove prospettive sui commerci nel Mediterraneo occidentale nell’altomedioevo.

4 COSTANTINI 2011, p. 415.

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