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Capitolo 3

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Academic year: 2021

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Capitolo 3

Analisi del moto di rocking attivato su

pareti di edifici ecclesiastici

L’osservazione dei danni riportati dalle chiese in muratura in occasione dei principali eventi sismici italiani degli ultimi decenni (a partire dal terremoto de L’Aquila del 2009 ma anche del Friuli nel 1976, dell’Umbria e delle Marche nel 1997 e del Molise nel 2002) ha evidenziato come il comportamento sismico di edifici storici sia caratterizzato da fenomenologie ricorrenti quali ad esempio meccanismi di ribaltamento della facciata (Fig. 3.1), di ribaltamento del timpano (Fig. 3.2) o meccanismi di collasso dell’arco trionfale (Fig. 3.3). Nonostante quindi la varietà delle tecniche costruttive, delle dimensioni e delle forme con cui si presentano le chiese di epoche e luoghi diversi, si riscontra un comportamento comune, caratterizzato da una risposta strutturale sostanzialmente autonoma di porzioni architettoniche rispetto alla chiesa nel suo complesso.

Il comportamento unitario, tipico delle moderne costruzioni, concepite come strutture intelaiate, difficilmente può essere riscontrato nelle costruzioni storiche. Esse sono in genere il risultato di trasformazioni ed accrescimenti, che comportano la formazioni di lesioni negli elementi portanti, non potendo le nuove murature, spesso realizzate con materiali e tecniche diverse, ammorsarsi perfettamente a quelle preesistenti. Inoltre gli eventuali dissesti (cedimenti in fondazione, degrado dei materiali, etc.) o i danni indotti da precedenti eventi (terremoti, incendi, fulmini, etc.) rappresentano un’ulteriore causa di lacerazione del solido murario. Infine l’articolazione geometrica del complesso architettonico e la limitata solidarietà dell’intera struttura, dovuta alla mancanza di impalcati rigidi e spesso anche di efficaci collegamenti orizzontali, favoriscono una vibrazione dinamica autonoma nelle diverse parti della fabbrica.

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(a) (b)

Figura 3.1 Meccanismo di ribaltamento della facciata: (a) terremoto del Friuli 1976 – Chiesa del SS Nome di

Maria del Fossale. (b) Terremoto dell’Abruzzo 2009 - Chiesa di San Giuseppe Dei Minimi

Figura 3.2 Meccanismo di ribaltamento del timpano: terremoto dell’Irpinia 1980 – Chiesa di Santa Maria del

Carmine

Figura 3.3 Meccanismo di ribaltamento dell’arco trionfale: terremoto dell’Abruzzo 2009 – Chiesa di SS

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Per tutte queste ragioni quindi il ricorso a modelli locali appare, nel caso delle chiese, non solo la via più semplice, ma anche la più corretta; lo studio della risposta dinamica tramite un’analisi modale avrebbe poco significato, in quanto essa si basa sulla sovrapposizione di modi indipendenti di vibrazione ciascuno dei quali coinvolge l’intera costruzione; in virtù delle sconnessioni presenti, ogni elemento tende invece a vibrare autonomamente, con una propria frequenza di vibrazione. L’altra prerogativa dell’analisi modale è la linearità di comportamento del materiale, necessaria per eseguire la sovrapposizione degli effetti sui diversi modi: anche questo requisito non è soddisfatto in un edifici storico, visto il comportamento non lineare della muratura anche per bassi livelli tensionali.

Lo studio del comportamento sismico può avvenire quindi suddividendo la chiesa in porzioni architettoniche, denominate macroelementi, per le quali è possibile osservare, a seguito delle azioni sismiche, un comportamento unitario.

Il concetto di macroelemento è stato introdotto da Doglioni [Doglioni, 1994]: “Per

macroelemento si intende una parte costruttiva riconoscibile e compiuta del manufatto, che può coincidere, ma non necessariamente coincide, con una parte identificabile anche sotto l’aspetto architettonico e funzionale (es. abside, facciata, cappelle); è di norma estesa almeno ad una intera parete o ad orizzontamento ma solitamente è formata da più pareti ed elementi orizzontali connessi tra di loro a costituire una parte costruttiva unitaria e, in alcuni casi, volumetricamente definita, pur se in genere collegata e non indipendente dal complesso della costruzione”.

Lo studio del comportamento sismico può essere effettuato analizzando, per ciascun macroelemento, tutti i possibili meccanismi di collasso, individuati introducendo piani di frattura che permettono ai vari blocchi di ruotare e scorrere l’uno rispetto all’altro.

Tale metodologia di calcolo non è quindi applicabile nel caso di murature scadenti, per le quali la crisi può avvenire per frantumazione della muratura (Fig. 3.4) dovuta sia ad azioni nel piano che fuori piano, prima che si attivino i meccanismi previsti.

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Figura 3.4 Collasso per frantumazione della muratura

La metodologia utilizzata per l’individuazione dei meccanismi di collasso attivati è quella prevista nell’allegato C “Modello per la valutazione della vulnerabilità sismica delle

chiese” della Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 febbraio 2011 “Valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale con riferimento alle Norme tecniche per le costruzioni di cui al D.M. 14/01/2008” che considera 28

meccanismi di danno associati ai diversi macroelementi che possono essere presenti in una chiesa. Le analisi sismiche locali verranno svolte, nel seguito, per il meccanismo di ribaltamento della facciata con riferimento al modello di calcolo di meccanismo di ribaltamento semplice di parete monolitica (Fig. 3.5).

Figura 3.5 Meccanismo di ribaltamento della facciata estratto dall’abaco dei meccanismi di collasso delle

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3.1. Definizione macroelemento e meccanismo di collasso

Pareti caratterizzate dalla carenza di collegamenti con le murature ad esse ortogonali e libere in sommità possono essere interessate, a seguito di azioni orizzontali, da meccanismi di ribaltamento semplice. Elementi caratterizzati da un comportamento di questo tipo possono essere studiati come elementi isolati. Le condizioni di vincolo che rendono possibile tale meccanismo sono quindi l’assenza di connessioni nel pannello murario ed assenza di dispositivi di collegamento, come cordoli o catene, in testa alla parete.

Meccanismi di questo tipo sono facilmente individuabili da lesioni verticali in corrispondenza dell’incrocio tra la parete soggetta ad azioni fuori dal piano e le pareti ad essa ortogonali, fuori piombo e, nel caso di edifici a più piani, dallo sfilamento delle travi dei solai dal muro.

La risposta della parete alla sollecitazione trasversale dipende essenzialmente dalla natura e dalle caratteristiche della muratura stessa. In particolare, nel moto di rotazione attorno alla base, la parete tende a scaricare il proprio peso sul lembo esterno generando una forte sollecitazione di taglio lungo il piano medio. In questa fase entra in gioco la capacità del muro di conservare la propria configurazione geometrica durante l’evoluzione del cinematismo. Murature caratterizzate dalla scarsa presenza di diatoni, ovvero di elementi passanti che collegano i diversi paramenti della muratura in senso trasversale, non offrono sufficiente resistenza alla sollecitazione di taglio e tendono a scomporsi, raggiungendo il collasso più rapidamente rispetto a murature caratterizzate da un buon ammorsamento tra i vari strati per le quali l’azione sismica tenderà a far oscillare la parete attorno alla posizione di equilibrio, senza determinare la disgregazione del solido murario (Fig. 3.6).

(a) (b) (c)

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3.2. Equazione del moto di rocking

Il modello utilizzato per descrivere il moto di dondolamento (rocking) di pareti appoggiate a murature ortogonali è stato quello di un oscillatore parallelepipedo poggiato su una base rigida che può ruotare in un verso soltanto a causa della presenza delle pareti laterali che perciò costituiscono un vincolo monolatero (Fig. 3.7).

Figura 3.7 (1) (2) (3)Sequenza di oscillazioni monolatere causate dalla presenza di murature trasversali Si tratta di una modellazione che può essere considerata valida solo se valgono le seguenti ipotesi:

 forma della parete approssimativamente parallelpipeda e quindi definita dalle tre grandezze geometriche: larghezza, altezza e spessore;

 muratura di buona qualità che sia in grado di garantire un comportamento monolitico della parete (ipotesi di corpo rigido);

 presenza di murature ortogonali alla parete: sono indispensabili per garantire che il moto sia monolatero in quanto costituiscono un vincolo alle oscillazioni in senso opposto;

 collegamento inefficace tra la parete e le murature ortogonali: la parete dovrà essere libera da ritegni in grado di impedire l’innesco del ribaltamento e la libera oscillazione.

Se tali ipotesi sono valide allora il moto oscillatorio della parete può essere descritto dalla seguente equazione [Housner, 1963], [Doherty, 2002], [Sorrentino, 2008]:

̈ ( ) = − ( ) sin( − | ( )|) , + ̈ ( )cos( − | ( )|) (3.1) dove:

( ) = rotazione del blocco, positiva se antioraria (Fig. 3.8); = ∙

∙ parametro di frequenza;

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= √ + ℎ ; ℎ = semialtezza;

= semilarghezza;

= tan ;

̈ ( ) = accelerazione del suolo normale alla parete;

, = , ( ) ∆ ∙ + , + ; (3.2) , = sin[ (1 − ∆ )]; (3.3) = 1; = 1 ( )≤ ∆ 0 ( )> ∆ = 1 ∆ < ( ) ≤ ∆ 0 = 1 ( )> ∆ 0 ( )≤ ∆

∆ e ∆ sono coefficienti che dipendono dallo stato di degrado in qui si trova il giunto di malta posto alla base della parete [Doherty, 2002].

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Andando a sostituire il termine , all’interno dell’equazione 3.1 si ottiene una funzione definita a tratti:

 se ( )≤ ∆ ∙ (3.4) ̈ ( ) = (− ) ( ) ∙ , ∆ ∙ ∙ ( ) ∙ sin( − | ( )|) + (− ) ̈ ( ) ∙ cos( − | ( )|)  se ∆ ∙ < ( ) ≤ ∆ ∙ (3.5) ̈ ( ) = (− ) ( ) ∙ , ∙ sin( − | ( )|) + (− ) ̈ ( ) ∙ cos( − | ( )|)  se ( )> ∆ ∙ (3.6) ̈ ( ) = (− ) ( ) ∙ sin( − | ( )|) + (− ) ̈ ( ) ∙ cos( − | ( )|) Questo sistema di equazioni descrive il moto di rocking della parete in un intervallo di rotazioni (θ) comprese tra un valore minimo di zero, corrispondente alla configurazione di parete appoggiata alle murature trasversali, e un valore massimo di α, corrispondente al ribaltamento della parete che avviene per perdita dell’equilibrio tra momento stabilizzante e momento ribaltante dovuto alla forza peso (Fig. 3.9).

Figura 3.9 (1) Condizione iniziale (2) oscillazioni governate dall’equazione 3.1 (3) condizione limite di

equilibrio a cui corrisponde convenzionalmente il ribaltamento (4) parete ribaltata a causa dell’uscita della forza peso dall’impronta di base

L’energia dissipata durante il moto è stata concentrata tutta al momento dell’impatto della parete con le murature ortogonali e con la base d’appoggio. Tale perdita di energia cinetica è stata definita attraverso un opportuno coefficiente di restituzione (o fattore di riduzione di velocità) che permette di ricavare la velocità angolare subito dopo l’urto partendo da quella immediatamente prima:

̇ = ∙ ∙ ̇ (3.7) dove:

̇ = velocità angolare dopo l’urto (positiva); ̇ = velocità angolare prima dell’urto (negativa);

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= snellezza;

= coefficiente di riduzione del coefficiente di restituzione che tiene conto della supplementare perdita di energia dovuta alla presenza del vincolo monolatero, varia tra 0 e 1 [Hogan, 1992] [Winkler, 1995] [Liberatore 2003].

Figura 3.9 (1) Fase oscillatoria con velocità negativa (2) impatto tra la parete e le murature trasversali che

provoca la dissipazione di energia e l’inversione di segno della velocità (3) fase oscillatoria che inizia con velocità definita dall’equazione 3.7

Sono state analizzate sia rotazioni antiorarie (positive) che orarie (negative) in quanto, come è stato osservato anche sperimentalmente [Sorrentino, 2008], una parete sottoposta ad un determinato accelerogramma ̈ ( ), subisce diverse storie temporali ( ) se la direzione consentita dello spostamento viene modificata (o la direzione del sisma è invertita). Quindi se consideriamo due configurazioni diverse della stessa parete (Fig. 3.10), dove nella prima sono permesse solo rotazioni antiorarie mentre nella seconda solo orarie, sottoposte alla stessa accelerazione del suolo, si ottengono due distinte storie temporali: ( ) e ( ).

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La storia temporale della parete numero due ( ( )) equivale a quella ottenuta nella configurazione uno con il segno dell’accelerogramma invertito (Fig.3.11).

Figura 3.11 Oscillazioni generate dal cambio di polarità del segnale

La convenzione usata nel presente lavoro di Tesi è illustrata in figura 3.12 dove per uno stesso accelerogramma sono state analizzate sia rotazioni positive (antiorarie) generate considerando il verso positivo dell’accelerazione quello entrante nella parete, sia rotazioni negative (orarie) ottenute invertendo il segnale.

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3.3. Algoritmo di integrazione numerica

Il sistema di equazioni definito al paragrafo precedente descrive completamente il moto della parete. Le equazioni del moto di ogni singolo tratto presentano delle non linearità dovute alla presenza di funzioni trigonometriche e della funzione segno. Inoltre si presentano delle non linearità molto forti anche a causa delle brusche discontinuità che si verificano in corrispondenza degli urti. Ogni volta che = 0 si verifica un impatto alla base e sulle pareti ortogonali che porta ad un inversione di segno della velocità angolare ̇ ⟶ ̇ . È stato pertanto implementato un algoritmo per l’integrazione numerica nel dominio del tempo delle equazioni di moto descritte dalle (3.4), (3.5), (3.6), facendo ricorso a un algoritmo di Runge – Kutta a passo fisso (0,001 secondi), ovvero ricorrendo alla suite ODE4 di Simulink (Fig. 3.13), che utilizza un metodo di Runge – Kutta del quarto ordine.

Figura 3.13 Simulink v. 8.1

Simulink è un prodotto della società MathWorks leader mondiale nella fornitura di software per il calcolo matematico a ingegneri e scienziati. È un ambiente per la modellizzazione, l’analisi, e la simulazione di sistemi dinamici lineari e non lineari, che operano con segnali continui e/o discreti di tipo tempo continuo e/o tempo discreto. Simulink fornisce una interfaccia grafica che consente di definire e di costruire il modello mediante il suo diagramma a blocchi che può essere creato trasportando i singoli blocchi logici sul piano di lavoro mediante il mouse (Fig. 3.14).

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Figura 3.14 Simulink: finestra di lavoro

Simulink include un elevato numero di librerie (Fig. 3.15) che contengono molti blocchi predefiniti in grado di svolgere operazioni (più o meno elementari) sui segnali (Fig. 3.16).

Figura 3.15 Simulink: librerie disponibili

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Il modello di programmazione di Simulink è basato sulla successione di tre sequenze logiche (Fig. 3.17).

Figura 3.17 Modello di programmazione di Simulink

La libreria delle sorgenti di segnale “Source” (Fig. 3.18) contiene i blocchi logici necessari per definire i segnali di input: ad esempio il blocco “From Workspace” consente di selezionare un segnale di ingresso definito attraverso una matrice dove la prima colonna rappresenta la successione degli istanti temporali e la seconda i corrispettivi valori del segnale.

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Per visualizzare e registrare i dati di uscita si possono utilizzare i blocchi contenuti nella libreria “Sinks” (Fig. 3.19): di particolare interesse risulta essere il blocco “To Workspace” che permette di salvare in una matrice l’andamento nel tempo del segnale di uscita.

Figura 3.19 Libreria “Sinks”

Nell’algoritmo implementato è stata usata un’opzione di identificazione di eventi: ad ogni urto in corrispondenza della base, ovvero quando si verifica la condizione di = 0, la velocità angolare immediatamente dopo l’urto viene ridotta del coefficiente di restituzione e cambiata di segno: ̇ = ∙ ∙ ̇ dove ̇ è la velocità angolare prima dell’urto e ̇ quella dopo l’urto. Questo consente di ottenere in corrispondenza di ogni impatto le nuove condizioni di partenza in termini di rotazione (ovviamente = 0) e velocità angolare ( ̇) da assegnare al solutore ODE4 di Simulink fino all’identificazione dell’evento successivo. L’algoritmo è in grado di individuare dopo ogni evento in quale tratto ci si trovi e quindi quali siano le equazioni del moto specifiche da utilizzare ed integrare nel dominio del tempo. In pratica, tra un urto e l’altro l’algoritmo risolve le equazioni del moto iniziando da quella del primo tratto (3.4) fino a quando non si verifica la condizione ∆ ∙ < ( ) ≤ ∆ ∙ dopo la quale la rotazione sarà definita dall’equazione del secondo tratto (3.5) fino al raggiungimento della terza condizione ( )> ∆ ∙ che se superata aggiorna l’equazione da integrare a quella dell’ultimo tratto (3.6).

Partendo dai dati geometrici della parete (b,h), dalle caratteristiche del giunto di base (∆ e ∆ ), dalla quantità di energia dissipata ( ) e fissato l’accelerogramma ̈ ( ) (implementato

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attraverso il blocco “From Workspace”) l’algoritmo è in grado di tracciare l’andamento della rotazione adimensionale (oraria e antioraria) della parete nel tempo ( ) (Fig. 3.20).

Dati di INPUT Geometrici b , h Giunto di base ∆ e ∆ Energetici Accelerogramma ̈ ( ) ELABORAZIONE Dati di OUTPUT Rotazioni antiorarie ( ) Rotazioni orarie ( )

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Figura 3.20 Output: esempio di storia temporale oraria e antioraria

Tempo [s]

( )

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