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Capitolo primo: ASPETTI EPIDEMIOLOGICI, CLINICI E ORGANIZZATIVI DELLE CARDIOPATIE CONGENITE

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Capitolo primo: ASPETTI EPIDEMIOLOGICI, CLINICI E ORGANIZZATIVI DELLE CARDIOPATIE CONGENITE IN ETA’ EVOLUTIVA

La cardiologia pediatrica opera nella prevenzione, diagnosi e cura delle malattie cardiovascolari congenite e acquisite che hanno il loro esordio nell’età pediatrica e nell’adolescenza.

L’incidenza delle cardiopatie malformative corrisponde a circa 8-l0 su 1000 soggetti nati vivi, per cui in Italia il numero dei nuovi casi l’anno con cardiopatie congenite è di oltre 4500. Dal momento che la sopravvivenza in età adulta dei cardiopatici congeniti anche complessi e operati è dell’80-90%, si rende necessaria una regolare sorveglianza specialistica di quei circa 70.000 cosiddetti “congeniti adulti” (grown up congenital heart, GUCH, oggi in numero maggiore rispetto a quelli in età pediatrica) tuttora viventi, con conseguente indispensabile collaborazione tra il cardiologo generale e il cardiologo esperto in patologia congenita7. Inoltre, i circa 25.000 bambini in Italia affetti da patologie cardiovascolari acquisite o su base genetica, con turbe del ritmo e della conduzione, malattie primitive infiammatorie del miocardio o delle strutture cardiache necessitano, oltre che dell’assistenza garantita dal pediatra di famiglia, dal pediatra convenzionato e dall’ostetrico, di riferimenti specialistici all’interno della Rete Cardiologica, rappresentati da cardiologi o pediatri dell’ospedale di riferimento, in possesso di competenze in grado di affrontare le problematiche cliniche e le eventuali emergenze cardiologiche.

1.1 Epidemiologia delle cardiopatie congenite, con particolare attenzione alla Regione Toscana

Dalla collaborazione fra il Centro Nazionale Malattie Rare dell’Istituto Superiore di Sanità e i Registri italiani dei Difetti Congeniti è originata la stesura del “Registro Nazionale Malattie Rare”8, che va ad elaborare modelli e criteri per la sorveglianza sanitaria e la raccolta epidemiologica delle malattie rare, quali appunto i difetti congeniti. L’importanza delle __________________________________________________________________________

7 QUADERNI DEL MINISTERO DELLA SALUTE (2010), “Criteri di appropriatezza clinica, tecnologica e

strutturale nell’assistenza alle malattie del sistema cardiovascolare”

8 ISTITUTO SUPERIORE DI SANITA’ (2002), “Registro nazionale malattie rare. Epidemiologia di 44

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malformazioni è data dalla loro gravità clinica, dalla complessa eziopatogenesi multifattoriale, e dalla loro numerosità, che fa sì che queste patologie (rare, se prese singolarmente) abbiano complessivamente un’incidenza del 5-6% sulle nascite. Inoltre, fornendo tassi di prevalenza nei nati e nelle interruzioni di gravidanza, in tale documento si intende offrire degli indicatori utili, o addirittura indispensabili, sia per la programmazione e gestione dei servizi sanitari, sia per la ricerca scientifica: si ha la possibilità, dunque, di relazionare il sistema sanitario all’effettivo stato di salute della popolazione, nonché di verificare l’efficacia degli interventi intrapresi.

La definizione fornita dall’ISS di “difetto congenito” consiste in una “qualunque anomalia anatomica, metabolica o funzionale, ereditata con un meccanismo di trasmissione mendeliano, o causata da una nuova mutazione o da un’alterazione cromosomica o da qualunque insulto fisico, chimico o infettivo, sull’embrione prima della nascita”; con il termine “malformazione” si identifica invece un “difetto della morfogenesi in cui è presente un’alterazione macroscopica della struttura di un organo, o parte di esso, o di più organi”. I difetti congeniti hanno alla nascita una prevalenza totale stimata intorno all’8%, e da un punto di vista eziopatogenetico si possono suddividere in genetici, non genetici, e multifattoriali (cui concorrono fattori ambientali, alimentari). A questi dati si aggiunge poi la prevalenza dei nati con anomalie minori, tenendo presente che il 20-30% dei nati malformati presenta l’associazione di due o più difetti, ed è infine necessario computare le interruzioni volontarie di gravidanza dovute alla diagnosi precoce della malformazione. Considerata l’elevata letalità delle cardiopatie congenite, emerge l’imperativo sociale di attuare una procedura di screening che ne permetta il riconoscimento precoce, intrauterino: il test di screening oggi più frequentemente utilizzato è la scansione delle 4-camere cardiache mediante ecografia morfologica, con la raccomandazione di associare anche la valutazione degli efflussi ventricolari.

Le malattie congenite rare nell’ambito cardiovascolare oggetto dello studio dell’ISS si limitano alla trasposizione dei grossi vasi, alla tetralogia di Fallot, all’ipoplasia del cuore sinistro, alla coartazione dell’aorta e al canale atrio-ventricolare; tale scelta, infatti, si basa sulla valida applicazione che i criteri adottati per definire una “malattia rara” hanno con tali patologie, ovvero la supposta rarità, l’appartenenza all’elenco delle Malattie Rare esentate dalla partecipazione al costo, l’essere oggetto di rilevante interesse scientifico in termini di ricerca epidemiologica e biomedica e di sorveglianza da parte dei sistemi internazionali, nonché l’essere presenti nei Registri delle malformazioni congenite operanti in Italia.

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limitatamente ai difetti congeniti cardiaci, si ottengono i seguenti dati, riferiti al periodo 1992-1999:

Difetto congenito numero nati numero IVG totale Prevalenza nati x104 Prevalenza totale x104 Trasposizione grossi vasi 40 1 41 1, 92 1, 96 Tetralogia di Fallot 53 1 54 2,54 2,59 Ipoplasia cuore sinistro 35 7 42 1,68 2,01 Canale atrioventricolare 52 1 53 2,49 2,54 Coartazione aorta 57 0 57 2,73 2,73 _________________________________________________________________________________________ Il documento fornisce le seguenti definizioni:

Canale atrio-ventricolare Spettro di malformazioni che derivano dall’alterato sviluppo dei cuscinetti

endocardici. Nel canale atrio ventricolare completo la parte inferiore del setto interatriale e la parte superiore del setto interventricolare sono malformate ed anche il piano delle valvole atrio- ventricolari (tricuspide e mitrale) è alterato. Ne deriva una comunicazione tra i due atrii e tra i due ventricoli

Coartazione aorta Malformazione congenita caratterizzata da un restringimento dell’aorta localizzato, nella

maggior parte dei casi, all’istmo aortico (tratto di aorta alla fine dell’arco aortico), che ostacola il flusso di sangue diretto al settore inferiore del corpo.

Cuore sinistro ipoplasico Grave insufficiente sviluppo del ventricolo sinistro conseguente ad una lesione

ostruttiva valvolare e vascolare del lato sinistro del cuore. Il ventricolo sinistro è piccolo o assente, l’atrio sinistro è piccolo, le valvole mitrale e aortica sono atresiche o gravemente ipoplasiche.

Tetralogia di Fallot Malformazione cardiaca congenita cianogena caratterizzata da: stenosi polmonare,

generalmente di tipo infundibolare; difetto setto interventricolare (DIV) sottocrestale di ampio diametro che si avvicina a quello dell’orificio aortico; aorta a cavaliere sopra il difetto settale, destroposta fino al 75% del suo orifizio; ipertrofia ventricolare destra.

Trasposizione grossi vasi Malformazione complessa, caratterizzata da impianto anomalo dell’aorta, che nasce

dal ventricolo morfologicamente destro, anteriormente e a destra dell’arteria polmonare, che parte dal ventricolo morfologicamente sinistro e posteriormente (destro-trasposizione).

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È opportuno puntualizzare che la prevalenza riportata nel Registro della Regione Toscana è fra quelle globalmente più elevata, grazie alla maggiore capacità diagnostica e alla buona capacità di recupero dei casi gravi diagnosticati da parte dei servizi di cardiochirurgia. Inoltre, ancora limitatamente a tale Regione e all’analisi dei difetti conotroncali (trasposizione dei grossi vasi, tetralogia di Fallot), si può notare una distribuzione abbastanza omogena sia per i nati che per i casi totali, seppure, specie includendo le interruzioni volontarie di gravidanza, sia visibile un trend in aumento Nord-Sud, e sia degno di nota un valore di rischio relativo più elevato nel Comune di Arezzo.

Analizzando invece il rapporto tra generi, si evidenzia un significativo eccesso di maschi non solo sul totale delle anomalie (sono infatti interessati il 29% in più rispetto al genere femminile), ma nello specifico anche su 24 delle 41 anomalie, mentre eccessi significativi di femmine emergono solo per quattro difetti congeniti, fra cui il canale atri-ventricolare. Quest’ultimo rapporto sbilanciato a sfavore delle bambine è di particolare interesse, cioè risulta peculiare dal momento che il canale atri-ventricolare è frequentemente presente nell’ambito della sindrome di Down (e più raramente isolato), ma che quest’ultima si caratterizza per un eccesso significativo di maschi del 20%.

Per quanto riguarda invece la distribuzione per tipo di evento, sul complesso delle malattie congenite rare si osserva una percentuale pari al 2,37 di nati morti sui nati totali (nati vivi + nati morti): nel dettaglio, ve ne sono alcune caratterizzate da una percentuale di natimortalità maggiore del 5%, fra cui ad esempio l’anencefalia, la trisomia 13 e 18, e altre che invece presentano una percentuale di natimortalità minore dell’1%, quali la tetralogia di Fallot, l’ipoplasia del cuore sinistro, il canale atri-ventricolare e la coartazione dell’aorta. Ne deduciamo quindi che i difetti cardiaci congeniti si caratterizzano per un’elevata sopravvivenza alla nascita e ai primi mesi di vita, e questo giustifica l’interesse che tali patologie, per quanto rispondenti ai criteri di rarità, dovrebbero evocare presso gli operatori sanitari e la comunità, senza dimenticare la complessità e la necessaria globalità della loro presa in carico, poiché per la loro base genetica si presentano spesso in importanti quadri sindromici. Nonostante la debole disomogeneità fra i sei Registri italiani, infatti, la manifestazione di queste malattie rare risulta frequentemente associata e sindromica, soprattutto, in ambito cardiologico, per quanto riguarda il canale atrio-ventricolare, la tetralogia di Fallot e l’ipoplasia del cuore sinistro.

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1.2 Inquadramento clinico e diagnostico delle cardiopatie congenite

I difetti congeniti del cuore si riferiscono a tutte quelle alterazioni della morfologia o del normale funzionamento di quest’organo, che si sono determinate al momento del concepimento o durante la vita endouterina, ricordando che il cuore si forma nelle prime quattro-dieci settimane di gravidanza. Sono fra le malformazioni più frequenti in utero e alla nascita, rappresentano la principale causa di mortalità neonatale e la loro incidenza, calcolata come il numero di bambini con cardiopatia sul totale dei nati vivi, è rimasta sostanzialmente stabile negli ultimi decenni nelle varie casistiche raccolte.

Le cardiopatie congenite possono presentarsi come malformazioni isolate o al contrario associate ad altre anomalie extracardiache, sono frequentemente presenti nei neonati prematuri e/o di basso peso, ma indipendentemente dalla loro espressione esse presentano nell’80% dei casi un’eziologia multifattoriale, vale a dire si verificano per effetto di una predisposizione genetica sui cui si inscrivono fattori ambientali9; circa il 15% delle restanti cardiopatie è su base esclusivamente genetica, e per un 5% derivano solo da fattori ambientali. Gli agenti teratogeni, fra cui l’eccesso di alcol, il fumo, alcuni farmaci e virus, costituiscono un’importante causa conosciuta di malformazioni, non solo cardiache, poiché sono responsabili di complessi malformativi sindromici.

La dimostrazione della predisposizione genetica è offerta dalle famiglie nelle quali due o più casi di cardiopatia congenita ricorrono fra consanguinei, e in particolare quando sono i genitori (specie le madri) a presentare un difetto congenito del cuore, l’incidenza di figli anch'essi affetti incrementa in modo significativo; può essere ragionevole prevedere quindi un lento aumento dell'incidenza di anomalie congenite del cuore nel corso degli anni, grazie alle più recenti terapie mediche e chirurgiche che consentono di guarire i bambini portatori di questi difetti, dando loro la possibilità di crescere e di avere figli.

Le cardiopatie congenite possono quindi essere riscontrate in sindromi da anomalie cromosomiche numeriche o strutturali come, per esempio, le trisomie 21, 18, 13, la monosomia X (Sindrome di Turner), la Sindrome di Marfan e di Noonan, oppure le microdelezioni come la sindrome di Williams o di Di-George: in particolare, il 90% dei pazienti con trisomia 18, il 50% di quelli con Sindrome di Down e il 40% dei pazienti con la Turner ha una cardiopatia associata10.

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9 A. BRANZI e F.M. PICCHIO (2013), “Core curriculum Cardiologia, edizione McGraw Hill Education 10 Dati elaborati dalla Divisione di Cardiologia Pediatrica di Napoli, Azienda Ospedaliera Monaldi

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Occorre tuttavia sottolineare che dal momento che l’identificazione dei geni-malattia è oggi resa più complessa dall’eterogeneità genica e dall’espressività variabile degli stessi geni o fattori di trascrizione, anche i meccanismi patogenetici alla base delle cardiopatie congenite sono molteplici e non ancora completamente chiariti: si suppone che l’alterazione genetica, tramite numerosi e importanti geni di trascrizione, modifichi una serie di processi che concorrono alla formazione delle strutture cardiovascolari, quali la migrazione cellulare ectomesenchimale, con possibili modificazioni dell’emodinamica intracardiaca, apoptosi, anomalie nella matrice extracellulare o dell’ansa del tubo cardiaco primitivo.

Per quanto riguarda la classificazione anatomica, il vizio cardiaco congenito può consistere innanzitutto in un’anomalia a carico della struttura interna del cuore (come le stenosi o insufficienze valvolari, il difetto interatriale o interventricolare), e/o del punto di intersezione dei vasi che si inseriscono al cuore o che ne originano, come rispettivamente il ritorno venoso anomalo o la trasposizione dei grossi vasi, o può trattarsi del persistere della pervietà del dotto di Botallo. Queste stesse alterazioni, presenti singolarmente o in forma associata, possono essere distinte in due grandi categorie cliniche: cardiopatie cianogene e acianogene. Nelle prime il sintomo preminente della cianosi è dato dal passaggio di sangue non ossigenato dalla parte destra a quella sinistra del cuore da cui raggiunge la periferia, nelle cardiopatie acianogene, invece, si determina un sovraccarico del circolo polmonare per il passaggio anomalo di sangue verso la parte destra del cuore, provocando lo scompenso cardiaco come sintomo clinico principale11.

Un’altra modalità di classificazione anatomica è quella che prevede la distinzione fra cardiopatie semplici e complesse, a seconda che rispettivamente vi sia un difetto di settazione/valvulopatia, o più difetti siano associati fra loro, con conseguenti importanti alterazioni dell’architettura cardiaca. A queste caratteristiche anatomiche, si associa dal punto di vista clinico la distinzione fra cardiopatie congenite lievi, moderate e severe: sono lievi quando le alterazioni a carico dell'apparato cardiaco, per la scarsa entità dei sintomi clinici, nella maggior parte si risolvono spontaneamente pochi giorni dopo la nascita; sono moderate quando mostrano complicanze cliniche più significative, tali da richiedere un trattamento cardiologico più o meno intensivo; severe se, per la loro gravità, possono condurre alla morte prematura del feto durante la gestazione o, in caso di bambini nati vivi, si rivela necessario un intervento chirurgico di correzione, nella maggior parte dei casi _________________________________________________________________________

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palliativo, o più interventi da ripetersi nel tempo nel caso di gravi malformazioni.

L’incidenza delle forme gravi, pari a circa 2,5-3 per mille nati vivi, si è comunque sensibilmente ridotta negli ultimi anni, mentre quelle lievi sono le più numerose, sebbene la stima della loro frequenza si differenzi in funzione del momento in cui viene formulata la diagnosi, spesso solo in età adulta dato il loro debole impatto clinico.

Fra le cardiopatie congenite, alcune forme sono decisamente più frequenti di altre, come il difetto interventicolare (che rappresenta il 28-32% di tutte le cardiopatie congenite), il difetto interatriale (circa il 9%), il dotto di Botallo pervio e la coartazione aortica (circa 8%); meno frequenti invece la Tetralogia di Fallot e la trasposizione completa delle grandi arterie, ciascuna delle quali rappresenta il 5-6% del totale.

La pervietà del setto interatriale è l’anomalia tipicamente associata alla sindrome di Down, e rientra tra le forme lievi dalla diagnosi tardiva; il difetto cardiaco in assoluto più frequente consiste, come sopra accennato, nel difetto interventricolare, ovvero nella soluzione di continuità del setto interventricolare, nella sua componente membranosa e/o muscolare. Tale anomalia è osservata più frequentemente nei prematuri e dopo la seconda settimana di vita, quando le resistenze polmonari, fisiologicamente elevate alla nascita, si riducono: il passaggio di sangue verso il ventricolo destro può determinare un sovraccarico di circolo, e quando l’iperafflusso polmonare risulta protratto nel tempo si determina l’ipertensione polmonare, ragione per cui l’intervento chirurgico viene in genere effettuato sotto l’anno di vita. Nei casi di pervietà grave del setto si hanno difetti di accrescimento, scompenso cardiaco, difficoltà respiratorie con frequenti fenomeni flogistici ed abitudini alimentari che comportano pasti più frequenti e di minor entità a causa dell’affaticamento durante la suzione.

La pervietà del dotto arterioso, invece, deriva dalla mancata o ritardata chiusura del dotto di Botallo, è molto frequente nel neonato pretermine dove l’iperafflusso polmonare causato da questa pervietà peggiora i problemi respiratori: il passaggio di sangue dalla circolazione sistemica a quella polmonare (ovvero lo shunt sinistra-destra) determina infatti un iperafflusso polmonare e un aumentato ritorno venoso polmonare, con sovraccarico di volume e conseguente dilatazione delle cavità cardiache sinistre.

La stenosi valvolare aortica consiste in un’ostruzione valvolare, sopra- o sotto-ventricolare che ostacola lo svuotamento sistolico ventricolare: si caratterizza a monte per un aumento pressorio (con conseguente ipertrofia del ventricolo e, se serrata, un’insufficienza della mitrale con edema polmonare, dispnea e affaticabilità sotto sforzo, tachicardia, irritabilità, diaforesi), a valle per scarsa perfusione a livello cerebrale, periferico e coronarico (con

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rischio di angina).

Cardiopatie di complessità e gravità maggiore sono la trasposizione dei grossi vasi arteriosi, malformazione incompatibile con la vita al momento della chiusura del dotto di Botallo e del forame ovale a meno che non vi sia un difetto interventricolare associato, e la Tetralogia di Fallot, malformazione cianogena data dalla combinazione di quattro anomalie i cui segni clinici sono la dispnea, la difficoltà ad alimentarsi, i ritardi nell’accrescimento, e il tipico squatting (accovacciamento come tentativo di aumentare il flusso ai polmoni).

Molte cardiopatie congenite possono rendersi evidenti sin dalla nascita, anche se con sintomi del tutto aspecifici, fra cui, più comunemente, la progressiva comparsa di cianosi o pallore che possono aumentare con il pianto, la tachipnea, la letargia, la sudorazione durante le poppate e l’accrescimento insufficiente. Data l’aspecificità dei sintomi, è importante eseguire un esame obiettivo accurato affiancato dalla diagnostica strumentale (tipico è l’esame ecocardiografico), ricorrendo eventualmente anche alla saturimetria transcutanea, all’elettrocardiogramma, all’angiografia, all’esame radiografico e al cateterismo cardiaco. L’ecocardiografia, in particolare, ha aumentato le possibilità di diagnosticare precocemente i difetti congeniti del cuore, anche durante la vita intrauterina; le tecniche avanzate di ecocardiografia color Doppler, risonanza magnetica e tomografia computerizzata con angiografia consentono diagnosi anatomiche e funzionali molto accurate.

Essendo possibile la diagnosi prenatale, sono aumentati i casi di ricorso all'interruzione di gravidanza per le cardiopatie più complesse, riducendone sensibilmente l'incidenza nei nati vivi; se quindi le forme gravi sono diagnosticate alla nascita o già durante la vita intrauterina, quelle moderate ricevono solitamente un inquadramento nei primi mesi di vita, mentre le forme lievi possono restare asintomatiche fino all’età adulta, per cui di solito vengono diagnosticate dopo la tardiva comparsa dei sintomi. Non bisogna infine dimenticare quel 30% circa di cardiopatie congenite che presentano quadri clinici di cianosi o scompenso tali da richiedere diagnosi e provvedimenti terapeutici tempestivi, ma che risultano incompatibili con la sopravvivenza a breve o medio termine dopo la nascita.

È possibile dunque sottoporre le cardiopatie congenite a interventi cardiochirurgici correttivi anche in età assai precoce; la riparazione può essere risolutiva dal punto di vista anatomico, specie nelle forme complesse con alcuni residui emodinamici, ma in una minoranza di casi, vista la gravità e complessità della malformazione, l’intervento è palliativo e in grado di offrire una soluzione compatibile con la vita dal punto di vista fisiologico. Un’altra possibilità terapeutica, destinata ad alcune precise cardiopatie, consiste in un trattamento non

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chirurgico mediante procedure effettuate con cateterismo cardiaco, mentre nei casi gravi e/o non suscettibili di intervento esiste l’opinione del trapianto cardiaco. La sopravvivenza all’età adulta dei pazienti nati affetti dalle varie cardiopatie e operati nell’infanzia è mediamente elevata e superiore all’80%; è simile a quella della popolazione normale per le forme anatomicamente più semplici.

1.3 Rassegna della letteratura scientifica disponibile sull’outcome del bambino cardiopatico congenito operato

La rassegna degli articoli pubblicati nel database bibliografico “Pubmed” negli ultimi cinque anni relativi all’outcome, ovvero agli esiti sanitari e di Qualità di Vita, in bambini con patologia cardiaca, ha permesso la stesura di tale paragrafo, sicuramente non esaustivo e non comprensivo di tutti gli studi condotti, ma in cui si intende principalmente sottolineare l’impatto, a medio e lungo termine, che tale patologia ha sul piccolo paziente e sulla sua famiglia, anche laddove si proceda a chirurgia correttiva o palliativa.

Un ampio studio multicentrico americano del 201012 si è proposto di confermare la validità e l’affidabilità del PCQLI, Questionario della Qualità di Vita Cardiaca Pediatrica, attraverso il coinvolgimento sia di pazienti pediatrici (di età compresa fra 8 e 18 anni) con malattia cardiaca, sia dei loro genitori, reclutati per la sua compilazione. In particolare, è stato possibile valutare l’impatto sulla Qualità della Vita (QdV) della popolazione pediatrica cardiaca di importanti fattori clinici e individuali: una più bassa QdV è associata a una marcata severità della malattia e a un forte utilizzo di cure mediche, a una più povera auto-percezione e competenza del paziente, nonché ad aumentati problemi comportamentali o emozionali. I punteggi ottenuti sono validi nell’orientare il management clinico e offrono una valutazione utile all’individuazione di quelle opportunità in grado di migliorare la QdV, proprio attraverso l’identificazione dei fattori psicosociali, comportamentali, fisici, che risultano modificabili e capaci di incrementare la comunicazione fra pazienti, genitori e fornitori di cure.

Quello appena riportato è solo uno dei numerosi studi che, a partire dalla significativa riduzione dei tassi di mortalità dei bambini con malattia cardiaca avvenuta nelle ultime decadi grazie ai progressi e alle nuove tecniche chirurgiche, valutano l’impatto sulla Qualità __________________________________________________________________________

12 B.S. MARINO et al (2010), “Validation of the pediatric cardiac quality of life inventory”, Pediatrics.

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della Vita prodotto non solo dalla patologia in quanto tale, ma anche dal suo management e dalle importanti morbilità fisiche, neurologiche e psicosociali che ad essa si accompagnano in questa crescente popolazione di sopravvissuti.

Ha progressivamente assunto una valenza significativa anche l’analisi della QdV dei genitori di bambini cronicamente malati, indagata come “Health related quality of life” (HRQOL) attraverso la scala SF-36. In Egitto, in particolare, è stato recentemente condotto uno studio13 in due dei principali ospedali che trattano le patologie cardiache in età evolutiva, che aveva la finalità di confrontare i punteggi della scala SF-36 riportati da 400 genitori di bambini cardiopatici con quelli di 400 genitori di bambini con malattie minori, valutando così l’impatto delle differenti variabili. In tutti gli items della scala, i genitori di bambini con malattie cardiache hanno riportato una QdV significativamente inferiore, eccetto per l’item dolore. La maggiori differenze vertevano sulla salute generale, sulla vitalità e la limitazione fisica: più nello specifico, i fattori che avevano un impatto significativo sulla HRQOL erano la severità e il tipo di malattia cardiaca in aggiunta all’età del bambino, la presenza di più figli e di una condizione di comorbilità, la situazione economica della famiglia.

Ancora con l’obiettivo di valutare l’impatto a lungo termine della correzione chirurgica cardiaca, si riporta lo studio sperimentale, condotto nel 2011 presso il Dipartimento di Riabilitazione dell’Università polacca di Gdansk14

, attraverso il reclutamento di sessanta giovani adulti ugualmente suddivisi nei due gruppi per numero, distribuzione di sesso e con età media sovrapponibile: il gruppo sperimentale era costituito da pazienti con difetti cardiaci congeniti lievi, di età compresa fra i 18 e i 36 anni che erano stati sottoposti a chirurgia cardiaca correttiva almeno dieci anni prima. Nel valutare l’impatto della correzione chirurgica, lo studio ha previsto il confronto di parametri quali la capacità di esercizio, la QdV, l’attività fisica e la depressione in giovani adulti con un semplice shunt sinistra-destra con gli stessi dati ottenuti dai volontari sani. Dalla somministrazione di questionari e test (come l’EuroQoL5) sono emersi una riduzione e un peggioramento di tali parametri nel gruppo di pazienti considerato, con uno stato di salute complessivo non in grado di soddisfare la definizione di recupero completo.

Se invece si intende valutare l’impatto delle patologie cardiache di maggior entità, è possibile sintetizzare la rassegna della letteratura disponibile nello studio condotto in __________________________________________________________________________

13 M.A. ARAFA et al (2008), “Quality of life among parents of children with heart disease”, Health

Qual Life Outcomes. 2008 Nov 3;6:91

14 G. HAPONIUK et al (2011), “Exercise capacity and the quality of life late after surgical correction of

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California nel 201115: il campione in questione, costituito da 54 giovani pazienti sopravvissuti all’intervento di Fontan (procedura palliativa per soggetti in cui non sia fattibile una riparazione biventricolare), ma sottoposti nel corso degli anni a numerose procedure chirurgiche, permette di definire come necessaria l’integrazione delle strategie di intervento rivolte alle problematiche fisiche con la presa in carico globale del paziente, in un’ottica anche psicosociale; questi pazienti presentano infatti una complessa sintomatologia, caratterizzata dall’associazione di asciti, emicranie, scoliosi, cirrosi epatiche, palpitazioni, vertigini e aritmie, con conseguente preoccupazione nell’attitudine lavorativa e nella possibilità di una vita autonoma.

Dall’analisi degli studi citati, selezionati all’interno di un numero molto più ampio di ricerche finalizzate alla valutazione della Qualità della Vita, si sottolinea l’elemento “cronicità” della patologia cardiaca che, indipendentemente dall’entità e gravità del difetto originario, ha un impatto nel medio-lungo termine relativamente agli esiti clinico-sanitari e alla Qualità della Vita percepita dagli stessi pazienti e dai care-givers, anche nella popolazione sottoposta a intervento chirurgico.

1.4 La Rete della Pediatria Specialistica nella Regione Toscana e le criticità della cardiochirurgia

Nel 2005 nella Regione Toscana è stata istituita la “Rete Regionale della Pediatria Specialistica”16, con l’obiettivo di formulare linee guida e proposte in merito alla

realizzazione di percorsi assistenziali, rafforzando la collaborazione esistente tra gli specialisti regionali delle varie branche della Pediatria Specialistica e tra questi e i Pediatri di famiglia. Con questa “rete aperta” si auspica, tanto nell’articolazione organizzativa quanto nelle linee di azione, l’ulteriore sviluppo della rete pediatrica basato sui principi di appropriatezza clinica ed organizzativa, sulla condivisione dei percorsi, sulla partecipazione attiva e sulla valorizzazione di ciascuna specificità, mantenendo comunque come riferimento principale l’assetto organizzato per complessità delle cure.

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N.A. PIKE et al (2011), “Clinical profile of the adolescent/adult Fontan survivor”, Congenit Heart Dis. 2011 Jan-Feb;6(1):9-17

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Con la “regionalizzazione delle cure”, finalizzata a migliorare gli esiti degli interventi sanitari, l’assistenza viene erogata in un sistema strutturato in rete, in cui i pazienti possano essere indirizzati verso le strutture che dispongono delle migliori capacità nei riguardi di uno specifico tipo di patologia, dato che il coordinamento dell’assistenza in un determinato ambito territoriale e il conseguente incremento dei volumi specifici per procedura consentono il miglioramento degli esiti; si presuppone inoltre il trasferimento di pazienti dal centro di riferimento al luogo di cura più vicino al domicilio, allorché la fase più acuta del problema clinico risulti sufficientemente controllata. Addirittura in questa struttura organizzativa il classico modello “hub and spoke” tende ad essere sostituito da modelli più articolati (web model) in cui le relazioni e i flussi di pazienti sono bi-direzionali, ovvero non si stabiliscono solo fra i singoli nodi e il centro di riferimento, ma anche fra gli stessi nodi della rete. L’emergere della cronicità rappresenta una nuova sfida per l’organizzazione dell’assistenza in ambito pediatrico, dal momento che richiede un’ampia e rapida articolazione tra ospedale e territorio. La pianificazione di tale organizzazione non dovrebbe prescindere dalla conoscenza della frequenza delle patologie croniche dell’infanzia, ma l’elaborazione di una simile stima è resa ardua dalla mancanza di una definizione condivisa di questo termine: negli USA, ad esempio, le patologie croniche dell’infanzia vengono definite come problemi di salute che durano più di tre mesi, condizionano le normali attività del bambino e richiedono molti ricoveri in ospedale e/o assistenza domiciliare o medica estensiva, e questo permette di stimarne la frequenza tra il 15 e il 18% dei bambini (le principali sono l’asma, il diabete, le paralisi cerebrali, le anemie, la fibrosi cistica e le neoplasie). Inoltre, è necessario tener sempre presente che sia per il miglioramento della sopravvivenza, sia per la maggiore precocità diagnostica, la prevalenza di queste malattie nei bambini è destinata ad un progressivo incremento: è pertanto auspicabile, affinché la gestione di tali patologie risulti più efficace, la diffusione della consapevolezza in merito alle dimensioni epidemiologiche del fenomeno e alla specificità delle condizioni pediatriche. Per programmare ed organizzare i servizi in funzione del bambino è necessario superare la frammentazione dei servizi pediatrici favorendo l’integrazione tra la medicina primaria e quella specialistica, e prevedere all’interno dell’organizzazione complessiva un’articolazione per Area Vasta, ottenuta attraverso la chiara definizione e integrazione dei percorsi assistenziali, tali da ottimizzare sia le risorse professionali, sia la mobilità del paziente all’interno del proprio territorio di riferimento.

Partendo dall’analisi dei dati di attività degli Ospedali di Aziende USL e soprattutto delle AOU che seguono patologie specialistiche, è possibile individuare protocolli di follow-up da

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condividere, nonché percorsi regionali e ambulatoriali complessi che, prevedendo la consulenza degli specialisti anche nelle sedi periferiche (attraverso la mobilità degli specialisti stessi e/o via web), riescano a minimizzare la mobilità dei pazienti pediatrici, a migliorare l’assistenza ed ottimizzare l’appropriatezza dei ricoveri. Il trasferimento di un paziente tra i diversi ambiti assistenziali costituisce sempre, infatti, un momento critico del percorso di cura; al momento del passaggio da un ambiente protetto quale l’ospedale al domicilio, o dall’assistenza per patologie acute e gravi all’assistenza per condizioni croniche e stabili, i soggetti -in questo caso bambini e famiglie- appaiono più fragili e bisognosi di una presa in carico globale e continuativa. Una recente review su “Organisational and clinical aspect of children surgery”, redatta dall’organizzazione inglese “National confidential enquiry into patient outcome and death – NCEPOD”, ha mostrato come l’indecisione e il ritardo nel trasferimento di pazienti pediatrici verso centri chirurgici specialistici sia un forte determinante di esito; in base ai dati raccolti durante un programma pilota dell’AUO Meyer si può valutare che nella Regione Toscana circa 250 bambini all’anno si gioverebbero di una migliore organizzazione della continuità assistenziale tra ospedale e territorio.

Si deduce quindi che un adeguato percorso di cura si sviluppa attraverso: la valutazione tempestiva e multidimensionale, nel corso del ricovero, dei bisogni assistenziali del bambino e della famiglia con necessità di medio-lunga assistenza, il coinvolgimento dell’UO di pediatria dell’Azienda USL di appartenenza, l’attivazione della rete territoriale per garantire la presa in carico domiciliare già al momento della dimissione, la valutazione e certificazione prima della dimissione delle competenze del bambino/famiglia relative all’autogestione (il che presuppone che siano stati forniti i principali supporti educativi ai pazienti e ai genitori per una collaborazione attiva e sicura nella gestione del piano assistenziale), la consegna di presidi e farmaci necessari alla gestione della propria patologia all’arrivo al domicilio.

Più nello specifico, nel quadro delle indicazioni riguardo la Continuità Assistenziale, l’AOU Meyer ha predisposto e attivato il progetto sperimentale “Cure Domiciliari” (ancora da sottoporre a verifica per valutarne l’applicabilità ad altre aree della Regione), che segua i bambini/adolescenti e le loro famiglie per tutto il percorso di cura e di assistenza, dalla degenza al proprio domicilio. Il Coordinamento delle “Cure Domiciliari” attiva la valutazione del piano assistenziale individuale (PAI) almeno ogni 3/4 mesi con il Team di professionisti; la riduzione delle giornate di degenza, dei ricoveri ripetuti non programmati

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e il gradimento dei bambini e della famiglia rappresentano alcuni tra gli indicatori che possono essere utilizzati per il monitoraggio dell’attività.

Il prerequisito fondamentale per un armonico e integrato sviluppo della rete pediatrica regionale consiste nell’arricchimento e completamento delle aree di assistenza pediatrica non ancora organizzate in modo ottimale, fra cui la cardiochirurgia. Infatti, l’attuale organizzazione dell’attività cardiochirurgica pediatrica nella Regione Toscana presenta alcune rilevanti criticità: un numero significativo di pazienti pediatrici toscani che necessitano di interventi chirurgici si rivolgono a strutture di altre regioni; le professionalità cardiochirurgiche attualmente disponibili vengono spesso coinvolte nelle prestazioni di interventistica endoscopica bronchiale nei confronti di pazienti con problematiche da ostruzione bronchiale afferenti da tutta Italia; gli attuali volumi di attività realizzati dalla struttura pediatrica di Massa sono nettamente inferiori agli standard internazionali, che prevedono per questi centri di riferimento cardiochirurgici almeno 400 interventi per anno. La soluzione di queste criticità consiste in un modello di “joint management”, che, valorizzando e rafforzando ulteriormente i punti di forza dell’Ospedale Pediatrico Apuano (dotato di un’équipe cardiochirurgica pediatrica con elevate professionalità e competenze) e dell’Ospedale Meyer (che vanta di un completo range di servizi specialistici necessari), permetta la costituzione di un’unica équipe integrata medico-chirurgica: si verrebbe così a costituire il Dipartimento Interaziendale Cardiologico Medico Chirurgico, cui affidare le risorse presenti nelle due sedi e l'organizzazione dell’attività specialistica pediatrica della Regione Toscana, con il personale riunito in un’unica équipe che garantisce l’operatività e la continuità assistenziale in entrambe le strutture.

Dal punto di vista organizzativo si potrebbero ottenere buoni risultati in termini di riduzione delle migrazioni extra regionali, attrazione di pazienti da “fuori regione”, sviluppo di percorsi clinico-terapeutici condivisi, consulenze web per utenti, familiari e operatori sanitari, riduzione della mobilità dei pazienti e incentivo a quella dei professionisti secondo la logica delle “transition clinics” e integrazione con gli specialisti dell’adulto.

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Riferimenti

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