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La matematica nell'architettura: la forma delle volte

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Academic year: 2022

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La matematica nell'architettura: la forma delle volte

Andrea Bacciotti

Dipartimento di Scienze Matematiche, Politecnico – Torino

Sunto. La profonda relazione che sussiste tra matematica e architettura è stata ed è tutt'oggi oggetto di numerosi studi (si veda ad esempio Sala et al., 2003). Scoprire la matematica che si nasconde in certe strutture architettoniche anche molto comuni come cupole e volte, e cercare di capire come si possono calcolare in modo semplice aree e volumi di superfici e solidi da esse determinati, può essere un esercizio molto utile da proporre a studenti universitari di facoltà scientifiche alle prese con lo studio degli integrali multipli. Oltre a fornire motivazioni concrete per un argomento notoriamente ostico, l'interpretazione geometrica di una forma architettonica aiuta a sviluppare e affinare l'abilità di percezione tridimensionale.

Premessa

Il peggio che può capitare a uno studente che entra in aula per sostenere l'esame di Analisi Matematica II è trovarsi di fronte a un integrale triplo o un integrale di superficie. Il senso di sconforto è paragonabile solo a quello del professore, che poi dovrà correggere decine, se non centinaia, di quegli esercizi. Ma cos'è che rende così difficile la risoluzione di un integrale in più variabili? Di solito non si tratta di complicazioni legate alle tecniche di integrazione o ai meri calcoli: gli errori più frequenti si verificano piuttosto nella fase di determinazione degli estremi di integrazione. Tali errori dipendono dalla scarsa capacità di visualizzare oggetti tridimensionali: è un problema molto diffuso. Finché si ha a che fare con figure piane ci si può aiutare col disegno, ma in dimensione 3 possiamo fare affidamento solo sull'immaginazione.

Un modo per stimolare l'interesse degli studenti verso la teoria degli integrali multipli, fornendo loro motivazioni concrete, e al tempo stesso aiutarli ad esercitare le loro capacità di percezione tridimensionale, può essere quello di proporre esercizi relativi a realizzazioni architettoniche comuni come cupole e volte.

Questa idea, che ho cominciato a sviluppare alcuni anni or sono, ha trovato uno sbocco naturale in un progetto di attività didattiche innovative sul quale alcune colleghe e colleghi del Dipartimento di Scienze Matematiche del Politecnico hanno iniziato a lavorare dal 2018, mettendo le basi per la costituzione del Laboratorio di Matematica del Politecnico (LA.M.PO) (Ceragioli et al., 2020). Quanto segue è anche il frutto di vari scambi di idee e di esperienze con alcuni di questi colleghi (vorrei ricordare e ringraziare in particolare Francesca Ceragioli, Caterina Cumino e Maria Luisa Spreafico) che, in collaborazione con un gruppo di altri docenti del Politecnico, lavoravano già da tempo sullo studio dei rapporti tra Matematica e Architettura, sia pure con un approccio e finalità diversi dai miei (Cumino et al. 2015, 2020). A loro sono debitore di molte informazioni, spunti e suggerimenti.

Guardare e vedere

Come noto, “guardare” e “vedere” non sono la stessa cosa. L'immagine in Figura 1 può aiutarci a illustrare questo concetto. Si tratta naturalmente della cupola della cattedrale di Santa Maria del Fiore in Firenze, costruita su progetto e sotto la direzione di Filippo Brunelleschi tra il 1420 e il 1436. A prima vista colpiscono le sue enormi dimensioni, e l'armonia delle sue linee.

Proviamo ora a confrontarla con un'altra cupola famosa: quella del Pantheon di Roma, costruita molti secoli prima. Si osservano analogie e differenze. Per esempio, le due cupole hanno, metro più metro meno, lo stesso diametro alla base; la cupola di Firenze si spinge molto più in alto.

Ma la diversità veramente significativa, e che curiosamente spesso sfugge a una prima

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osservazione distratta, sta nella forma geometrica: mentre la cupola del Pantheon è semisferica, la cupola del Duomo di Firenze è poligonale: più precisamente, se se ne prende una sezione orizzontale si trova un ottagono. Si tratta di una caratteristica che, combinata con le sue dimensioni e la sua altezza, la rende unica. Non è certo questa la sede per spingersi su questioni inerenti la scienza delle costruzioni: ci limitiamo solo a ricordare che costruire una cupola poligonale di quelle dimensioni e a quell'altezza, comporta problemi strutturali molto più complessi che non nel caso di una cupola sferica. Gli studiosi si stanno ancor oggi interrogando sulla natura degli accorgimenti architettonici e tecnici ai quali la genialità del Brunelleschi dovette far ricorso per portare a compimento la sua opera: (Conti, 2014; Conti et al., 2005).

Tuttavia, un breve esame delle caratteristiche geometriche della cupola fiorentina è opportuno, per farsi un'idea della loro complessità. Concentriamoci su uno degli otto spicchi. Possiamo descriverlo come una calotta ritagliata da una superficie cilindrica. Ma l'asse del cilindro non passa per il centro della base della cupola. Inoltre, la sezione piana ortogonale all'asse e passante per il vertice della cupola interseca il cilindro lungo un arco ellittico. Sono invece archi di circonferenza le sezioni piane che tagliano il cilindro lungo i lati di ogni spicchio, in corrispondenza dei costoloni. Gli angoli che determinano tali archi misurano circa 75o. Tutti questi dettagli, ovviamente, non sono casuali.

Il cilindro

Si chiama cilindro una superficie in R3 unione di rette (dette generatrici) tutte parallele tra loro e uscenti da una curva continua (detta direttrice) che, senza perdita di generalità, possiamo supporre contenuta in un piano ortogonale alle rette stesse. La direttrice determina la natura del cilindro: circolare, ellittico ecc. La direttrice non è unica: le curve che si ottengono sezionando il cilindro con un qualunque piano ortogonale alle generatrici sono infatti tutte uguali tra loro e tutte interpretabili come direttrici.

Vi sono molti tipi di volte architettoniche che fanno uso di calotte cilindriche. La più semplice, naturalmente, è la volta a botte a sezione circolare. Possiamo descriverla come un semi-cilindro tronco, cioè come un cilindro la cui direttrice è una semi-circonferenza di raggio R, tagliato da due piani ortogonali alle generatrici. Chiameremo asse del semi-cilindro la retta che passa per il centro della semi-circonferenza e che è parallela alle generatrici e altezza la distanza H tra i due piani. Per rendere più verosimile l'interpretazione architettonica, dopo avere fissato un sistema di coordinate cartesiane xyz nello spazio e avere posto per praticità R=1 e H=2, conveniamo di disporre il semi-cilindro “appoggiato” sul piano xy come indicato nella Figura 2, in modo che l'asse del semi-cilindro coincida con l'asse cartesiano delle x.

L'intera superficie cilindrica sarà dunque rappresentata dall'equazione y2+z2=1, mentre il semi-cilindro che rappresenta la volta a botte, e che da qui in avanti indicheremo con Σ1, potrà essere identificato col grafico della funzione

z=f(x,y)= (1−y2)1/2 con (x,y) Q=

[−1,1]× [−1,1].

Alternativamente, possiamo anche far uso di rappresentazioni in forma parametrica come

x=u , y=v , z= (

1−v2)1/2 con (u,v)

∈ Q

oppure

x=s , y = cos t , z=sin t con s

∈ [−1,1] , t ∈ [0,π].

Indichiamo con Ω1 il solido delimitato dal quadrato Q giacente nel piano xy e dalla superficie Σ1. Il volume di Ω1 e l'area di S1 si possono facilmente determinare in base a considerazioni euristiche. E' comunque un buon esercizio ritrovare le formule note usando i metodi di integrazione che si insegnano in Analisi Matematica. Ma vi sono ulteriori possibili approcci molto istruttivi. Supponiamo per esempio di dover costruire un'impalcatura per effettuare dei

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restauri alla nostra volta: il ponte di lavoro deve essere collocato ad una quota stabilita z ∈ [0,1].

Quanto misurerà la sua area? Il ponte può essere immaginato come una sezione di Ω1 parallela al piano xy, e avrà forma rettangolare. Una delle dimensioni di tale rettangolo è costante, mentre l'altra dipende da z. Si noti che una volta determinata l'area del rettangolo, si può risalire al volume di Ω1 con un'integrazione semplice.

Volte composte

Come abbiamo già osservato, la cupola di Santa Maria del Fiore è formata da 8 spicchi uguali, ritagliati da cilindri posizionati con diverse angolature. Volte di questo genere si dicono composte.

Un esempio semplice di volta composta è la così detta volta a padiglione

.

Consideriamo una seconda superficie Σ2 uguale a Σ1 ma orientata ortogonalmente, sempre al di sopra del quadrato Q. L'equazione del cilindro da cui Σ2 è ritagliata è x2+z2=1 (le generatrici sono ora parallele all'asse y). Sia 2 il solido delimitato dal quadrato Q e dalla superficie Σ2. La volta a padiglione è la superficie che delimita l'intersezione tra i solidi Ω 1 e Ω 2 (Figura 3).

Possiamo interpretarla anche come grafico della funzione g(x,y)= min { (1−x2)1/2 , (1−y2)1/2}

con (x,y) Q= ∈ [−1,1]× [−1,1].

Le sezioni di questa superficie con piani orizzontali hanno la forma di un quadrato (il cui lato dipende da z; precisamente è uguale a (1−z2)1/2). Questa osservazione è utile per calcolare il volume della regione sottostante, ed anche per calcolarne l'area: il ragionamento è simile a quello già illustrato in precedenza nel caso del semi-cilindro, ed equivale in sostanza ad una riduzione per strati. Per inciso, ricordiamo che le regioni definite come intersezioni di cilindri sono anche note come solidi di Steinmetz.

La volta a padiglione è parente stretta della volta a crociera. Per volta a crociera si intende la superficie che delimita l'unione tra i solidi Ω 1 e Ω 2 (Figura 4). Possiamo interpretarla anche come grafico della funzione

h(x,y)= max { (1−x2)1/2 , (1−y2)1/2}

sempre con

(x,y) Q= ∈ [−1,1]× [−1,1].

Si chiama così perché sezionando questa superficie con piani orizzontali si ottiene un poligono a forma di croce greca, i cui bracci si assottigliano via via che z cresce, fino a degenerare in una coppia di segmenti orizzontali quando z=1. Anche in questo caso, studiando come varia l'area e il perimetro della sezione si può arrivare a determinare l'area della superficie e il volume del solido sottostante.

Riflettiamo ancora un momento sullo stretto legame che sussiste tra la volta a padiglione e quella a crociera. Sezioniamo entrambe le superfici con piani che contengono l'asse z e passano per le diagonali e le mediane del quadrato di base. Per ciascuna volta si ottengono otto parti uguali (a meno di una simmetria). Se si prende una di queste parti ottenuta sezionando la volta a padiglione (chiamata fuso) e una delle parti ottenuta sezionando la volta a crociera (detta unghia) e le si avvicinano opportunamente, si ottiene un quarto di cilindro (vedi Figura 5).

Fuso e unghia, ovvero le due parti in cui si suddivide il quarto di cilindro, contengono quindi tutte le informazioni per risalire all'area totale sia della volta a padiglione sia della volta a crociera, e al volume dei solidi sottostanti.

Vale la pena di osservare che, sempre assumendo

R=1

e

H=2

(o, almeno espressi da numeri razionali), area e volume del cilindro sono irrazionali (c'è di mezzo π). Però area e volume del fuso sono razionali. Ovviamente area e volume dell'unghia sono irrazionali. Un altro metodo per calcolare l'area dell'unghia e del fuso consiste nel costruirne lo sviluppo piano.

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Sviluppi

Dal un punto di vista della geometria differenziale, il cilindro è una superficie sviluppabile, anzi probabilmente la più semplice delle superfici sviluppabili. Questa proprietà può essere utilmente sfruttata anche architettonicamente, sia in fase di costruzione che in fase, per esempio, di restauro. Una volta ottenuto lo sviluppo piano di una calotta cilindrica sarà infatti facile determinare le distanze tra i punti della superficie, calcolare le aree, ricostruire eventuali decorazioni. Cosa significhi che un cilindro è sviluppabile è facile da spiegare sul piano intuitivo:

basta prendere un foglio rettangolare e arrotolarlo. Molto più impegnativo darne una definizione matematicamente rigorosa. Cerchiamo di proporre una ragionevole via di mezzo.

La nozione di superficie sviluppabile appartiene alla geometria differenziale (Andreatta, 2019), ed ha essenzialmente un carattere metrico. Conviene quindi cominciare col ricordare una definizione un po' astratta, ma non difficile.

Sia M il sostegno di una superficie di R3. Si può dotare M di una struttura di spazio metrico definendo in M una nozione di distanza. Per distanza si intende una funzione d(x,y) dal prodotto cartesiano M ×M in R tale che:

d(x,y) ≥ 0 qualunque siano

x,y M

d(x,y)=0 se e solo se

x=y

d(x,y)=d(y,x) qualunque siano x,y M

d(x,y) d(x,z)+d(z,y) qualunque siano

x,y,z M

Queste proprietà non definiscono la nozione di distanza in modo unico. A noi interessa la distanza geodetica, che è definita come

d(x,y)= inf { Lγ (x,y) }

dove Lγ (x,y) rappresenta la lunghezza di una qualunque curva regolare γ i cui punti estremi sono x e y, e il cui sostegno è interamente contenuto in M. In altri termini, una geodetica indica il percorso che si deve seguire per spostarsi da x a y, a parità di velocità, nel minor tempo possibile e rimanendo sempre su M. Le geodetiche nel piano o nello spazio tridimensionale (in assenza di ostacoli) sono linee rette, sulla superficie sferica sono archi di cerchio massimo, su un cilindro circolare, a seconda della scelta di x e y, possono essere linee rette, archi di circonferenza, oppure archi di eliche (per una trattazione accessibile anche ad uno studente universitario, si veda Sanini et al.,1977).

Da questo momento in poi, col termine superficie metrica intenderemo sempre una superficie definita da funzioni di classe almeno C2 dotata della distanza geodetica. Siamo interessati a trasformazioni tra superfici metriche che lasciano invariata la distanza geodetica.

Siano M, N superfici metriche contenute in R3 . Si chiama isometria una funzione biunivoca f:M→N di classe C2 tale che d(f(x),f(y))=d(x,y) qualunque siano x,y M .

Una superficie regolare M di R3 (in forma parametrica o cartesiana) si dice sviluppabile se esiste un’isometria f:M→S dove S è un sottoinsieme di R2 dotato dell'usuale distanza euclidea. S si dice lo sviluppo piano di M. Il concetto di superficie sviluppabile ha a che fare con quello si superficie rigata. Una superficie M di R3 si dice rigata se per ogni punto x ∈ M esiste una retta passante per x ed interamente contenuta in M . Vale il seguente teorema.

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Teorema. Ogni superficie sviluppabile è rigata.

Il viceversa è falso. Ben noti controesempi sono il paraboloide iperbolico, (equazione cartesiana: z=x2−y2 ) e l'iperboloide a una falda (equazione: x2+y2−z2=1).

Come mostra la Figura 6, lo sviluppo piano di un semi-cilindro circolare è un rettangolo i cui lati sono rispettivamente uguali alla lunghezza del semi-cilindro stesso, e alla lunghezza della semi-circonferenza che rappresenta la direttrice. In particolare, tutte le direttrici sono uguali e hanno la stessa lunghezza. Per questa ragione, costruire lo sviluppo piano del semi-cilindro è facile e intuitivo.

Determinare lo sviluppo piano di un fuso è già un po' meno banale. Infatti adesso sezionando il fuso con piani ortogonali alle generatrici del cilindro da cui il fuso stesso è stato ritagliato, si trovano archi di circonferenze tutti diversi tra loro. La lunghezza di ciascun arco dipende dal punto scelto per far passare la sezione. Se l'equazione del cilindro è y2+z2=1 e il fuso che ci interessa è quello che si trova sopra il triangolo T={ 0 x 1 , x y 1 }, conviene prendere come parametro x. La lunghezza L dell'arco generico γ è funzione di x, e la si può calcolare con un integrale elementare non difficile. Riportando poi in un diagramma separato il grafico di L(x) per x∈[0,1], si ottiene la forma dello sviluppo cercato. Si tratta di un arco di sinusoide, come mostra la Figura 7.

Finora abbiamo parlato solo di volte ricavate da cilindri circolari. In certe circostanze, è necessario ricorrere a cilindri ellittici. Per esempio, se la regione ricoperta dalla volta è rettangolare (questo capita per esempio se vi sono due corridoi ortogonali di diversa larghezza), solo uno al massimo dei due cilindri che formano la volta potrà essere circolare.

In linea di principio, la tecnica sopra descritta per realizzare lo sviluppo piano di un fuso si applica anche nel caso di cilindri ellittici. Ma c'è un problema: questa volta l'integrale da calcolare per trovare la lunghezza degli archi di direttrice non è elementare. Per ricostruire la forma dello sviluppo, bisogna ricorrere a metodi numerici. Si calcola la lunghezza di un certo numero di archi usando, per esempio, il metodo dei trapezi, e poi si fa un'interpolazione spline con i valori così ottenuti. Ecco dunque un buon esempio per illustrare come le funzioni non elementarmente integrabili non sono stravaganze matematiche ma posso intervenire anche in problemi pratici.

Conclusione

Lo studio delle volte, oltre a far emergere collegamenti interessanti tra matematica e architettura, mette anche in luce come, per affrontare problemi pratici sia spesso necessario il concorso di diverse branche della matematica: nel nostro caso, il calcolo differenziale e integrale, la geometria, l'analisi numerica.

La Figura 8 infine mostra alcuni modelli di unghia e fuso prodotti con la stampante tridimensionale del Laboratorio di Matematica del Politecnico.

Ringraziamenti

Francesca Ceragioli, Caterina Cumino, Maria Luisa (Sonia) Spreafico, Eulalia Tramuns

Riferimenti bibliografici

(6)

Andreatta, M. (2019), La forma delle cose. L'alfabeto della geometria, Il Mulino

Ceragioli, F. e Spreafico, M.L. (2020), Tangible Tools in Mathematics for Engineering Students:

Experimental Activity at Politecnico di Torino, Digital Experiences in Mathematics Education, published online, April 2020, Springer Nature

Conti, G. (2014), La matematica nella cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze, Ithaca: Viaggio nella Scienza IV, pagg. 5 – 11

Conti, G., Corazzi, R. (2005), The cupola of Santa Maria del Fiore, Sillabe srl, Livorno

Cumino, C., Frigerio, E., Gallina, S., Spreafico, M.L. e Zich, U. (2015), Modelling Vaults in Origami: a Bridge between Mathematics and Architecture, Proceedings of the 6th Meeting on Origami Science, Mathematics and Education, Volume II,

Cumino, C., Pavignano, M. e Zich, U. (2020), Geometry of a Barrel Vault with Lunettes between Subjectivity and Objectivity of its Representation: a critical approach, Proceedings of APLIMAT 2020: 19th Conference on Applied Mathematics

Sala, N. e Cappellato, G. (2003), Viaggio matematico nell'arte e nell'architettura. Franco Angeli

Sanini, A. e Rivolo, M.T. (1977), Lezioni di geometria, Cooperativa libraria universitaria torinese, Torino

Torino, 14 maggio 2020

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Figura 1

Cupola di Santa Maria del Fiore

Figura 2

Volta a botte

Figura 3

Volta a padiglione

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Figura 4

Volta a crociera

Figura 5

Unghia e fuso

Figura 6

Sviluppo piano del semi-cilindro

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Figura 7

Sviluppo piano del fuso (arco di sinusoide)

Figura 8

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