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Ponti: tutti d'accordo sulle grandi opere tanto non sono a carico di nessuno. Ma è così?

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Academic year: 2022

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Le grandi opere berlusconiane sono immortali

(Marco Ponti)

Si riapre apparentemente il dibattito sulla linea Torino-Lione (impropriamente chiamata TAV), ma anche sul sottopasso e la nuova stazione dell’Alta Velocità a Firenze. Sia Renzi che il ministro dei trasporti Del Rio avevano espresso, prima di assumere i ruoli attuali, fortissime perplessità sulla logica berlusconiana delle Grandi Opere.

Ma poi sembra che hanno cambiato idea. Forse occorre capire il perché di questa passione

“bipartisan” per lo spreco di soldi pubblici. Sgombriamo subito il campo dalle pseudo- argomentazioni strumentali: “L’Europa lo vuole!”, e, “Ci sono dei contratti firmati che comporterebbero penali terribili”.

L’Europa: è noto a chiunque si sia occupato della questione che le opere “decise dall’Europa”

(corridoi TEN-T ecc.) non sono altro che “collages” di opere volute a livello nazionale e contrattate in Europa tenendo conto dei soldi disponibili per ciascun paese, soldi che a loro volta sono frutto di quanto versato dai paesi stessi (anche se con riaggiustaggi per tener conto dei diversi livelli di reddito). Se non si vuole un’opera, si chiedono gli stessi soldi per un’altra.

Le penali: il soggetto politico o amministrativo che abbia firmato con privati contratti onerosissimi molto prima che i soldi fossero realmente disponibili dovrebbe forse interessare indagini penali, prima che si parli di altri tipi di penali. A parte questo, lo Stato che volesse recedere da uno di quei

“patti scellerati” ha moltissime armi nel suo arsenale, come dimostrò Bersani prima del ritorno di Berlusconi al governo: può per esempio negoziare opere diverse, e di più rapida realizzazione, sotto la molto credibile minaccia che quell’impresa diventi “sgradita” al suo principale cliente.

Tralasciamo anche il pur non trascurabile tema della corruzione (basti ricordare la celebre dichiarazione del compianto Andreatta, che parlava al suo partito, la DC: “chi promuove grandi opere è interessato solo alle proprie tangenti”).

La Grande Opera (inutile) è popolarissima perché piace proprio a tutti: ai politici centrali e locali perché inaugurano prima l’apertura del cantiere e poi l’opera finita (se viene finita…). “Guardate, o gente, cosa vi regaliamo…”.

Poi chi controlla se è costata il doppio del preventivo (il tempo minimo per costruirla va dai 5 anni in su…quei politici non ne risponderanno, ed è difficilissimo chiudere cantieri avviati)? Sono ovviamente molto contenti anche i costruttori, ed i lavoratori che saranno impegnati (generalmente pochissimi per € speso, ma questo fatto non viene molto pubblicizzato, ovviamente)

Figuriamoci poi se il traffico reale risulta, ancora altri anni dopo l’apertura dell’opera, la metà di quello previsto, confermando così l’inutilità o il forsennato sovradimensionamento del progetto.

Non ci se ne accorgerà nemmeno. E questo evidenzia un altro gruppo importante di “supporters”:

gli utenti, che comunque godono dell’opera, non pagandola loro, o avendone comunque vantaggi tali da essere disposti a pagarla in parte con il pedaggio. Ultime, spesso, le comunità locali, che ottengono risarcimenti e compensazioni a volte anche quando hanno reali benefici dall’opera:

l’aumento dei costi per opere di mitigazione o servizi extra non è che dispiaccia ai promotori e ai costruttori, anzi, di solito festeggiano. Le opposizioni locali ostinate che non accettano compensazioni sono l’eccezione, non la regola.

Veniamo ora il primo caso citato all’inizio: la TAV. Le opere di cui si riducono i costi sono solo quelle sulla linea da Torino all’imbocco del tunnel, probabilmente del tutto inutili, visto che i francesi dal loro versante hanno dichiarato ufficialmente che non faranno nulla per la linea fino a Lione, “causa traffico insufficiente”. Quindi per i prossimi decenni (molti) la linea servirà solo il

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traffico merci, non i servizi AV. Quindi noi “risparmiamo” su opere che dopo la decisione francese dovevano essere quasi integralmente cancellate. Rimane il tunnel vero e proprio, pagato a metà dai francesi e in parte dall’Europa, con quella “partita di giro” di cui si è detto. E’ certo di molto dubbia utilità, a causa del modestissimo traffico e della sottoutilizzazione della linea esistente. Ma un risparmio serio potrebbe essere ottenuto passando da una doppia canna ad una semplice, ampiamente sufficiente per tutti i treni super-pesanti che si vogliano prevedere, e che

“soffrirebbero” sulla linea esistente, molto più pendente.

La stazione di Firenze in sotterranea è un progetto costosissimo e scomodo per il rapporto tra AV e treni locali, che continueranno a servirsi dell’attuale stazione fiorentina in superficie, dato che le due stazioni sono mal raccordate. Il passaggio sotterraneo fu ottenuto dai fiorentini per non essere da meno dei bolognesi, che l’avevano ottenuto per pseudo-ragioni ambientali poco prima.

Tanto, nessuno di questi nobili enti locali ne paga i costi.

I costi sono, come per tutte le opere ferroviarie, interamente a carico della collettività, tanto lo Stato italiano è ricco, al punto di aver messo in cantiere altre opere ferroviarie forse più inutili e certo più costose della TAV (il terzo valico di Genova, per citarne una). E perché no, d’altronde, se son vere le considerazioni che abbiamo esposto?

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