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Come si fa un recesso

Autore: Francesca Romana Riili | 30/11/2016

Nei casi determinati dalla legge ci si può sciogliere dal contratto inviando all’altro contrente una apposita dichiarazione.

Nessuno può venire meno all’impegno preso con un contratto, se non nei casi previsti dalla legge. Uno dei modi per porre termine a un contratto è il recesso,

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che consiste in una dichiarazione con cui una parte comunica all’altra di volersi sciogliere dal vincolo e terminare il contratto. Vediamo in dettaglio come si può fare il recesso.

Ogni volta che si decide di concludere un contratto bisogna considerare che si assume un impegno definitivo. In altra parole, non si può annullare il contratto a proprio piacimento, per esempio perché abbiamo trovato altre occasioni più interessanti. Infatti, con la firma del contratto, si crea un rapporto che coinvolge almeno un’altra persona, nel caso di un contratto tra due parti, o anche più soggetti, quando il contratto è concluso da più di due persone.

D’altro canto non è neanche possibile assumere un obbligo contrattuale perpetuo, cioè per sempre. Il nostro legislatore infatti considera questi obblighi senza fine contrari al principio della libertà individuale.

Che cosa è di preciso il recesso?

Il recesso è la dichiarazione di una della parti del contratto, con cui l’interessato dichiara di volersi ritirare dal rapporto.

Normalmente l’esigenza di esercitare il recesso si realizza con riferimento a quelli che vengono definiti contratti di durata, ovvero quei contratti che sono caratterizzati da una esecuzione continuata o periodica, come ad esempio la locazione, la fornitura di energia elettrica, il mandato e così via.

Per questi contratti il recesso ha effetto soltanto per le prestazioni future, ma non tocca tutte quelle già eseguite. Ciò comporta che tutto quello che è stato già pagato non può essere rimborsato. Ad esempio, quando si recede da un contratto di fornitura di energia elettrica, tutte le bollette già pagate non vengono annullate dal recesso, che riguarda solo le mensilità successive alla dichiarazione di recesso.

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Talvolta però può essere esercitato il recesso anche per i contratti che non hanno una durata prolungata nel tempo, i quali dunque sono caratterizzati da una esecuzione istantanea. Tipico esempio è la compravendita: il contratto è già vincolante ed efficace nel momento in cui viene apposta la firma e tutto il rapporto giuridico che nasce dal contratto solitamente si esaurisce nell’istante in cui viene consegnato il bene e viene pagato il prezzo.

Come dicevamo, in alcuni casi la legge prevede il diritto di recesso anche per i contratti cosiddetti istantanei. Un esempio è dato dai contratti stipulati dai consumatori a distanza o fuori dai locali commerciali, che ti consigliamo di approfondire con la lettura dell’articolo Il nuovo diritto di recesso dai contratti di vendita.

Come si fa un recesso?

Il recesso, come detto, è una dichiarazione che una parte fa all’altra di volersi ritirare dal contratto.

La legge non richiede particolari requisiti formali. Tuttavia è opportuno che la dichiarazione venga fatta nella stessa forma del contratto da cui si dichiara di voler recedere [1]. Ovvero, se il contratto principale è fatto in forma scritta, anche il recesso va fatto in forma scritta.

In ogni caso nella dichiarazione di recesso vanno specificamente indicati:

il contratto da cui si vuole recedere;

le motivazioni del recesso (questo elemento è essenziale quando il recesso può essere fatto solo per giusta causa);

l’eventuale preavviso che si concede alla controparte, quando il termine di preavviso non è già previsto dalla legge o dal contratto.

É essenziale, perché il recesso abbia effetto, che la dichiarazione venga inviata e ricevuta dall’altro contraente. In effetti il recesso diventa efficace solo nel momento in cui viene portato a conoscenza dell’altra parte del rapporto giuridico contrattuale.

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Salvo diverse previsioni di legge o di contratto, la dichiarazione di recesso può essere comunicata con una lettera raccomandata con avviso di ricevimento, con un messaggio di posta elettronica certificata (la cosiddetta pec), con una lettera notificata dall’ufficiale giudiziario, ecc.

Particolare attenzione va posta quando la legge o il contratto prevedono che il recesso vada fatto entro un dato termine, come quando si impone di dare un certo preavviso all’altra parte. In tale ipotesi la dichiarazione va non solo spedita, ma anche recapitata entro il termine previsto [2]. Quindi se, ad esempio, la disdetta di un contratto di locazione va comunicata con un preavviso di tre mesi rispetto alla scadenza del contratto, che comporterebbe la rinnovazione automatica, la lettera di disdetta deve essere ricevuta dal locatore o dall’inquilino prima che cominci il periodo di preavviso di tre mesi.

Quando può farsi il recesso?

Non sempre si può esercitare liberamente il recesso.

A questo scopo distinguiamo:

– i contratti da cui si può recedere a libera scelta, per i quali il recesso costituisce una scelta discrezionale del soggetto che lo esercita. In questi casi normalmente l’altra parte del contratto deve essere tenuta indenne dai danni che le possono derivare dal recesso. Un esempio tipico è dato dal recesso del committente dal contratto di appalto. Il committente, cioè colui che richiede l’esecuzione dell’opera (come il proprietario del terreno che commissiona ad una impresa edile la costruzione della propria abitazione), può recedere dal contratto di appalto a sua scelta, ma è obbligato a pagare all’appaltatore il corrispettivo per i lavori già eseguiti e a rimborsargli le spese sostenute;

– i contratti da cui si può recedere solo al ricorrere di determinati presupposti. Si pensi ad esempio al licenziamento per giusta causa, che rappresenta il recesso del datore di lavoro, che è legittimo solo quando effettivamente ricorre una giusta

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causa. Su questo argomento ti suggeriamo l’articolo Giusta causa di licenziamento.

Nei casi in cui si sceglie di recedere nonostante non sussistono i presupposti del recesso previsti dalla legge o dal contratto, si è tenuti al risarcimento dei danni cagionati all’altra parte del contratto.

Note

[1] Cass. sent. n. 5454/1994 del 07.06.1994. [2] Cass. SS.UU. sent. 24822/2015 del 09.12.2015.

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