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Anno 17 (2021) N. 2 BATTESIMO DEL SIGNORE 10 gennaio 2021

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Academic year: 2022

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Bollettino della Parrocchia di S. Gioacchino in Prati – Roma

Cari parrocchiani e amici, mi piace celebrare il battesimo ai bambini. Ogni tanto qualcuno piange, strilla, grida, ma la gioia di amministrare questo sacramento è più grande di ogni disturbo da parte dei piccoli. Non ho mai chies- to ai miei genitori come mi sono comportato durante il mio batte- simo, forse per questo motivo ho guardato con grande commozione il mio fonte battesimale.

Sollecitato dalla pro- posta di tornare alle origini della nostra vita cristiana in occasione dell’Anno della Fede mi sono recato nella chiesa in cui è iniziato il mio cammino con Cristo. Non avrei mai immaginato di

trovarmi davanti a una piccola vasca accuratamente scolpita in legno, segno della tradizione mon- tanara e perfettamente inserita nel contesto della chiesa e del paese circondato dalle montagne. Mi ricordo di aver rinnovato le promesse battesimali. Ho toccato il robusto coperchio e il mio pensiero è volato al fiume Giordano dove mi sono presentato dopo la mia ordinazione sacerdotale con i fedeli della mia vecchia parrocchia. Anche lì, sulle rive del fiume in cui si è immerso Gesù, ho sentito un

battito del cuore e mi sembrava di sentire le parole: “Tu sei il mio figlio prediletto”.

Ogni anno nel ricordo del Bat- tesimo del Signore penso alla mia vita di fede, ai genitori, al mio padrino e alla mia madrina e mi domando se sono fedele a ciò che prometto e ringrazio Gesù per essere “cristificato”. È una parola cara a papa Francesco che diceva che «chi ha ricevuto il Battesimo e va “cristificato”, assomi- glia a Cristo, si trasforma in Cristo e lo rende dav- vero un altro Cristo».

Parole grandi e impegna- tive che ci portano a fare un bel esame di coscienza sulla nostra fedeltà a Cris- to e sulla condotta della vita cristiana.

Sono sempre impressionato da come gli Ortodossi ricordano ques- ta giornata. Il sacerdote in proces- sione porta la croce dell’altare al fiume e la immerge in un buco di ghiaccio per santificare l’acqua.

Una volta terminato il rito i corag- giosi vi si immergono per la puri- ficazione spirituale e la liberazione dal peccato. Non lo consiglio, ma oggi vi invito a ricordare con gratitudine il vostro battesimo e ringraziare per il dono dell’apparte- nenza alla Chiesa di Gesù.

P. Pietro

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Il Vangelo della Domenica

Dal Vangelo secondo Marco (1, 7-11) In quel tempo, Giovanni proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato:

in te ho posto il mio compiacimento».

Sulle rive del Giordano, il Padre presenta Gesù al mondo, lo strappa all’anonimato dei trent’anni. Gesù non aveva alcun bisogno di farsi battez- zare, è come se avesse lui invece battezzato il Giordano, santificato per contatto la creatura dell’acqua. Lo sa e lo ripete il celebrante nella preghiera eucaristica terza: «Tu che fai vivere e santifichi l’universo». Straordinaria te- ologia della creazione: Tu che non solo dai vita all’uomo ma all’universo inte- ro; non solo dai vita alle cose, ma le rendi sante! Santità del cielo, dell’ac- qua, della terra, delle stelle, del filo d’erba, del creato...

«E subito, uscendo dall’acqua vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba». Sento tutta la bellezza e la potenza del verbo: si squarciano i cieli, come per un amore incontenibile; si lacerano, si strappano sotto la pressione di Dio, sotto l’urgenza di Adamo e dei poveri. Si spalancano come le braccia dell’amata per l’amato.

Da questo cielo aperto e sonante di vita viene, come colomba, il respiro di Dio. Una danza dello Spirito sull’acqua è il primo movi- mento della Bibbia (Gen 1,2). Una danza nelle acque del grembo materno è il primo movimento di ogni figlio della terra. Una colom- ba che danza sul fiume è l’inizio della vita pubblica di Gesù. Venne

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una voce dal cielo e disse: “Tu sei il Figlio mio, l’amato, il mio compiacimento”.

Tre parole potenti, ma primo viene il tu, la parola più importante del cosmo. Un io si rivolge a un tu. Il cielo non è vuoto, non è muto. E parla con le parole proprie di una nascita. Figlio è la prima parola, un termine potente per il cuore. E per la fede. Vertice della storia umana. Dio genera figli di Dio, genera figli secondo la propria specie. E i generati, io e tu, tutti abbiamo una sorgente nel cielo, il cromosoma divino in noi.

Seconda parola: il mio nome non è solo figlio, ma amato. Lo sono da subito, da prima che io faccia qualsiasi cosa, prima che io risponda. Per quello che sono, così come sono, io sono amato. E che io sia amato dipende da lui, non dipende da me.

La terza parola: in te ho posto il mio compiacimento. La Voce grida dall’alto del cielo, grida sul mondo e in mezzo al cuore, la gioia di Dio: è bello stare con te. Ti amo, figlio, e mi piaci. Sono contento di te. Prima che tu mi dica sì, prima ancora che tu apra il cuore, tu mi dai gioia, sei bello, un prodigio che guarda e respira e ama e si incanta.

Ma che gioia posso dare a Dio, io con la mia vita accidentata e dis- tratta, io che ho così poco da restituire? Con tutte le volte che mi dimentico di Lui? Eppure quelle tre parole sono per me, lampada ai miei passi, lume acceso sul mio sentiero: figlio, amato, gioia mia.

(P. Ermes Ronchi)

PREGA CON IL VANGELO

Signore Gesù, non avevi bisogno di conversione, eppure, solidale con il tuo popolo, hai condiviso il cammino penitenziale. La Teofania al Giordano ci fa rileggere nel Battesimo la nostra rinascita dall’acqua e dallo Spirito Santo sentendoci, o Padre, anche noi figli amati. Si adempia “ogni gius- tizia” anche nell’oggi e la tua volontà, ci trovi pronti ad accoglierla:

supereremo come il Battista le esitazioni per camminare con la forza dello Spirito ovunque ci conduca.

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ALLA SCUOLA DEI MAGI

Dall’omelia di Francesco nella Festa dell’Epifania

Alla scuola dei Magi per imparare ad adorare Dio, meditando su tre atteggiamenti: «Alzare gli occhi, mettersi in viaggio e vedere». È la riflessione che il Papa ha sviluppato nell’omelia della Messa celebrata nella basilica vaticana per la solennità dell’Epifania. Un’adorazione che, ha affermato Francesco, «non è un fatto immediato: esige una certa maturità spirituale, essendo il punto d’arrivo di un cammino interiore, a volte lun-

go». Perché il rischio è quello di «sba- gliare obiettivo»: gli idoli invece di Dio.

«Nella nostra epoca è particolarmente necessario che, sia singolarmente che comunitariamente, dedichiamo più tempo all’adorazione, imparando sem- pre meglio a contemplare il Signore. Si è perso un po’ il senso della preghiera di adorazione, dobbiamo riprenderlo», ha detto il pontefice. E come fare?

Anzitutto occorre «alzare gli occhi», come chiede Isaia: «È un invito a mettere da parte stanchezza e lamen- tele, a uscire dalle strettoie di una visione angusta, a liberarsi dalla dittatura del proprio io» senza «fare dei problemi e delle difficoltà il centro della propria esistenza. Ciò non vuol dire negare la realtà – ha spiegato il Papa -. Si tratta invece di guardare in modo nuovo i problemi e le ango- sce, sapendo che il Signore conosce le nostre situazioni difficili, ascolta attentamente le nostre invocazioni e non è indifferente alle lacrime che versiamo». Una «gratitudine filiale» che apre il cuore all’adorazione. In caso contrario, «la paura invade il cuore e lo disorienta, dando luogo alla rabbia, allo smarrimento, all’angoscia, alla depressione». Quando «alziamo gli occhi a Dio, i problemi della vita non scompaiono, no, ma sentiamo che il Signore ci dà la forza necessaria per affrontarli». Questo porta a scoprire

«in Dio una gioia nuova».

Occorre poi, sull’esempio dei Magi, mettersi in viaggio, cosa che

«implica sempre una trasformazione, un cambiamento. Dopo un viaggio non si è più come prima. Non si giunge ad adorare il Signore senza passare prima attraverso la maturazione interiore che ci dà il metterci in viaggio». In questo senso «i fallimenti, le crisi, gli errori possono diventare esperienze istruttive. Col passare del tempo, le prove e le fatiche della vita – vissute nella fede – contribuiscono a purificare il cuore, a renderlo più umile e quindi più disponibile ad aprirsi a Dio. Anche i peccati, anche la coscienza di essere peccatori, di trovare cose tanto brutte». Come i Magi,

«anche noi dobbiamo lasciarci istruire dal cammino della vita, segnato dalle inevitabili difficoltà del viaggio. Non permettiamo che le stanchezze, le cadute e i fallimenti ci gettino nello scoraggiamento».

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Infine, vedere. Ma i Magi, «di fatto, che cosa videro? Videro un povero bambino con sua madre». Tuttavia, «seppero trascendere quella scena così umile e quasi dimessa, riconoscendo in quel Bambino la presenza di un sovrano. Furono cioè in grado di vedere al di là dell’apparenza». Per adorare il Signore, ha concluso il Papa, «bisogna vedere oltre il velo del visibile, che spesso si rivela ingannevole». Al contrario di Erode e dei nota- bili di Gerusalemme, nei Magi prevale un «realismo teologale» capace di giungere a comprendere «che Dio rifugge da ogni ostentazione. Il Signore è nell’umiltà, il Signore è come quel bambino umile» e «questo modo di vedere che trascende il visibile, fa sì che noi adoriamo il Signore spesso nascosto in situazioni semplici, in persone umili e marginali. Si tratta dunque di uno sguardo che, non lasciandosi abbagliare dai fuochi artificiali dell’esibizionismo, cerca in ogni occasione ciò che non passa, cerca il Signore». (da Romasette.it)

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IL SOGNO DEL PASTORE BENINO

Il ruolo dei musicisti nelle rappresentazioni presepiali Un ventaglio di canti di alto valore simbolico

Nelle rappresentazioni presepiali tipiche della tradizione italiana i musicisti rivestono un ruolo simbolico molto importante. Cerimonieri dell’avvenuta profezia evangelica, i tanti suonatori che caratterizzano la scena presepiale vengono presentati all’interno di spaccati di storia quotidiana dove il fare musica è un elemento essenziale e naturale. È così importante la loro funzione che gli artisti presepiali da sempre ricos- truiscono con pregevole attenzione minia- turistica i musicisti nell’atto di suonare collocando l’immagine all’interno di varie scene fra cui spiccano gli zampognari, sempre protagonisti delle rappresentazioni della Natività. Nei tanti presepi in stile settecentesco napoletano che ancora ven- gono allestiti sia nelle chiese che in moltissime case dell’Italia centro meridio- nale ai suonatori di chitarre e “tammo- rielle”, di "tiorbe a taccone” e “colasciune”, di “viole” e “violune” spetta il compito di animare molte scene ambientate nelle tipiche taverne. Nelle riproduzioni di strumenti a corde come la

“tiorba a taccone”, un cordofono di grandi proporzioni suonato con un’apposita penna (taccone) o il calascione, gli artisti presepiali sfoggiano una straordinaria ricercatezza nei particolari, realizzando una serie di intarsi di osso, avorio e madreperla. Ma quello che più colpisce è la raffi- gurazione dei volti scavati e rugosi dei personaggi che sembrano richia- mare alcune descrizioni di sant’Alfonso de’ Liguori sui “lazzari” napoletani, quei poveri e umili pastori costretti a vivere in condizioni esistenziali di indigenza e fame endemica a cui il messaggio evangelico dona fede e speranza.

Intorno alla presenza di questi personaggi si sono diffusi moltissimi canti che fanno da corona alle scene presepiali come quello riportata nell’esempio qui allegato che richiama i motivi narrativi tipici del repertorio di Sant’Alfonso: «Jettero li pasturi alla capanna / pe’ ritrovà Giuseppe co’

Maria / a mmiezz’’a loro c’era un bianco viso / ch’era ‘nu piezze de’

Paradiso / restareno incantate e a voccaperta / pe’ tanto tempo senza di’

parola / jettarono suspire da dint’o core / cacciarono a migliaia atte d’ammore / Pigliata confidenza se mettetero a sonare / e a cantà co’

l’angeli e co’ Maria / co’ ‘na voce ch’era accussì doce / ca ‘o Bammeniello s’addurmette in pace / E Ninnillo mio si’ tu / e si tu sole d’amore».

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Un altro dei personaggi più affascinanti e di grande valenza simbolica delle raffigurazioni presepiali è il pastore Benino. La leggenda popolare presenta questo personaggio mentre sta dormendo nello stesso presepe che sta sognando e, poiché quel presepe è il frutto del suo sogno, svegliare Benino vorrebbe dire l’istantanea estinzione del presepe. Ispirato dal passo evangelico che descrive l’annuncio degli Angeli ai pastori dormienti, il sogno di Benino non deriva però da un semplice sonno ozioso di un giovincello stanco ma rappresenta invece il momento in cui l’uomo accoglie nella sua totale pienezza l’evento straordinario del mistero dell’Incarnazione. Tanto che nel suo sognare egli stesso diventa prota- gonista delle trasformazioni del creato e della natura che gli appaiono attorno.

Ed è per questo che nei presepi il pastorello Benino viene collocato nel punto più alto della scena: perché la sua visione, tra viottoli, discese, e dirupi, sfocia attraverso un viaggio denso di simboli ed interpretazioni nella grotta sottostante, dove sono collocati Giuseppe, Maria e Gesù Bambino.

Il valore simbolico di questo personaggio ha dato vita a numerose narrazioni fra cui quelle legate alla famosa Cantata dei Pastori, un’origi- nale opera drammaturgica attribuita

ad Andrea Perrucci, segnata da un successo plurisecolare nella forma sempre rimaneggiata e arricchita, pubblicata a Napoli nel 1698 con il titolo originale Il vero lume tra l’ombre. Nella Cantata la scena del primo atto si apre con il dialogo con Benino e il padre Armenzio che lo ha svegliato da un sogno straordinario in cui ha visto la terra trasformarsi in Paradiso.

Attorno a questa scena sono nate anche alcuni componimenti musicali conosciuti come Il sogno di Benino, che vengono ancora eseguiti come

prologo alle tante rappresentazioni di Presepi viventi meridionali, fra questi spicca l’esempio qui riportato diffuso nell’area del Lazio meridionale:

«Mentre sognavo / d’un tratto si apre il cielo / piove argento e oro / il mondo era tutto un tesoro / I fiori erano pietre preziose / dai fiumi scorre l’argento / dalle viti pendevano grappoli / di brillanti topazi e rubini / E mentre guardavo estasiato / vedo apparire una luce / sorge dalla grotta di Betlemme / grande come cento soli / E mentre quella luce s’alzava / sento una voce che mi dice / Vieni a me figlio mio / che Io sono sceso in terra / In mezzo a quello splendore / vedo un bambino che mi chiama / ha sul viso raffigurato / il Paradiso».

(Da: Ambrogio Sparagna in Osservatore Romano)

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BEATO PIETRO DONDERS

14 gennaio

A ragione sulla tomba di Pietro Donders si potrebbe scrivere: “Qui è sepolto l’apostolo dei lebbrosi del Suriname e loro Padre amorevolissimo”.

Ebbene Pietro Donders riservò loro una premura così misericordia, quale appena si può immaginare. Nacque a Tilburg, una città della Bragan- zia settentrionale il 27 ottobre 1809. All’età della ragione, capì di essere chiamato al sacerdozio ed i compagni, mentre la madre piangeva di gioia, dicevano che sarebbe diventato parroco.

A sette anni cominciò a frequentare la scuola elementare; poi, a causa delle ristrettezze economiche della famiglia, fu costretto ad abbandonarla per andare a lavorare la tela, rima- nendo, però, fedele a una vita mori- gerata e pia.

Nella solennità della Pentecoste 1831, mentre pregava fervorosa- mente, ebbe la certezza di essere chiamato al sacerdozio; quindi su richiesta del parroco ottenne di poter servire nel seminario minore di Buscowiz ma con il proposito di dedicarsi agli studi letterari per quanto gli fosse possibile.

A causa della sua età già avanza- ta all’inizio fu vittima degli schermi degli studenti e degli inservienti; ma egli tutto sopportava di buon animo e dopo qualche tempo la situazione si trasformò in lode e ammirazione per la sua persona.

Infatti nel lavoro, nello studio, nella pratica religiosa fu così zelante e paziente che a giudizio di tutti era ritenuto un santo.

Frattanto coltivava vivamente il desiderio di guadagnare anime a Cristo tra i popoli lontani, immersi nelle tenebre e nell’ombra di morte. Per raggiungere più facilmente questo scopo, tentò di entrare in qualche istituto religioso, ricevendo però dovunque un rifiuto, a causa della sua età avanzata.

Ma Iddio venne in suo aiuto, facendogli incontrare il sacerdote respon- sabile della missione del Suriname. Subito lo pregò di essere ammesso nel gruppo dei missionari e il sacerdote l’accontentò volentieri col patto che, terminati gli studi, fosse ordinato sacerdote.

Dopo l’ordinazione, avvenuta il 5 giugno 1841, si imbarcò verso la Guiana, giungendo a Paramaribo dopo 50 giorni di navigazione. Di lì, quando in compagnia del Prefetto Apostolico quando per suo mandato, cominciò a percorrere le zone della Missione, passando di luogo in luogo:

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insegnava a piccoli e ai grandi i misteri della fede in modo che ovunque andava, il numero dei cristiani aumentava e la loro condotta migliorava.

Nel 1846 una febbre, chiamata crocea, si diffuse per le case e per le strade di Paramaribo: Pietro assisteva tutti, a ognuno prestava cure finché, colpito anch’egli dalla malattia, si mise a letto serenamente paziente fino a che nel 1847 riacquistò la salute con l’aiuto di Dio.

Intanto era morto il Vicario Apostolico e ne era subentrato un altro ed egli volle raggiungere i Negri nella regione delle Piantagioni. Questi distavano molto lontano, erano molto rozzi per carattere e condotta, schiavi di padroni crudeli e addetti alla coltivazione dei campi: quasi tutti odiavano il nome di Cristo, ma Pietro

superò gli ostacoli. Infatti quando li lasciò, molti di essi erano battezzati, molti erano passati dalla libera unione al matrimonio cristiano, i padroni si erano riconciliati con gli schiavi e molte chiese erano sorte in onore della Vergine.

Ma il merito e le lodi più grandi li raccolse nel luogo chiamato Batavia.

Qui si dedicò completamente all’assis- tenza dei lebbrosi, per i quali fu sacer- dote, medico, maestro, servo, padre tenerissimo. Al mattino, a sera, nel cuore della notte rifaceva i loro giacigli, spazzava il pavimento delle capanne, curava le ferite fetide e purulenti, assis- teva i moribondi. Entrato nella Congre- gazione del SS. Redentore, continuò in

quest’opera di carità. Emessi i voti il 24 giugno 1867, ebbe l’ordine di ritornare nel lebbrosario di Batavia, dove, con carità ancora più grande, si diede alla cura dei lebbrosi.

Inoltre organizzò sante missioni per gli Indi che vivevano nelle fitte ed inesplorate foreste e per i Negri che, nati da africani ridotti in schiavitù e poi scappati, si erano organizzati in gruppo.

Infine, all’età di 69 anni, prostrato da tante e così grandi fatiche, si addormentò nel Signore a Batavia il 14 gennaio 1887 piamente, come era vissuto.

PREGHIERA

O DIO, CHE NEL BEATO PIETRO DONDERS, SACERDOTE, HAI MANIFESTATO IN MODO MIRABILE LA TUA MISERICORDIA VERSO I LEBBROSI, CONCEDI BENIGNO A NOI, SUL SUOI ESEMPIO E PER LA SUA INTERCESSIONE, DI ESERCITARE LA CARITÀ VERSO I NOSTRI FRATELLI PIÙ ABBANDONATI E DI RICONOSCERE IN LORO LA TUA IMMAGINE.

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L’ADORAZIONE EUCARISTICA PROLUNGATA

Dal 1 ottobre abbiamo ripreso l’orario continuo dell’adorazione. Chiediamo gli adoratori di ripren- dere, se possibile, l’adorazione negli orari già sta- biliti, per garantire la continuità della preghiera davanti al Gesù Sacramentato.

Il Santissimo Sacramento sarà esposto dal lunedì al venerdì dalle ore 8.30 alle 18.30 e il sabato dalle ore 8.30 alle 12.45 (durante la Santa Messa delle 9.30 sarà reposto). L’adora- zione eucaristica della sera sarà sospesa fino alla fine dell’emergenza sanitaria. Abbiamo sistemato la cappella dell’adorazione cercando di seguire le norme sanitarie, mantenendo la distanza minima di sicurezza. In alcuni orari (8.00-11.00 e 17.00-19.00) la cappellina serve per il Sacramento della Riconciliazione visto che non possiamo ancora usare i confessionali.

8.30-11.00: sull’Altare Maggiore

11.00-17.00: nella Cappella dell’Adorazione 17.00-18.30: sull’Altare Maggiore

Ogni giovedì, ore 19.00: l’adorazione eucaristica comunitaria

LECTIO DIVINA IN PARROCCHIA

Mercoledì 13 gennaio, alle ore 19.15, nella nostra Chiesa, si terrà l’incontro con la Parola di Dio – Lectio Divina.

“La Sacra Scrittura è fonte dell’evangelizza- zione. Pertanto, bisogna formarsi continuamente all’ascolto della Parola. La Chiesa non evangelizza se non si lascia continuamente evangelizzare. È indispensabile che la Parola di Dio «diventi sem- pre più il cuore di ogni attività ecclesiale». (…) Lo studio della Sacra Scrittura dev’essere una porta aperta a tutti i credenti. È fondamentale che la Parola rivelata fecondi radicalmente la catechesi e tutti gli sforzi per trasmettere la fede. L’evan- gelizzazione richiede la familiarità con la Parola di Dio e questo esige che le diocesi, le parrocchie e

tutte le aggregazioni cattoliche propongano uno studio serio e perseve- rante della Bibbia, come pure ne promuovano la lettura orante personale e comunitaria”. (Evangelii Gaudium, nn. 174-175).

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SOSTENERE LA CARITAS E LA CHIESA PARROCCHIALE:

Anche nella nostra Parrocchia si vive il dramma sociale, legato al blocco di tante attività, che crea nuove povertà.

La nostra comunità continua a prodigarsi nel servizio di carità, pur essendo enormemente diminuiti gli introiti. Per poter garantire la continuità dell’attività di assistenza e mantenere le strutture parrocchiali, vi chiediamo di contribuire alle nostre necessità in diversi modi.

 Con l’adesione al progetto “Carrello sospeso” presso il Supermercato Pam in via dei Gracchi. Tutti i prodotti ali-mentari raccolti vegono portati alla Caritas parrocchiale che poi prepara i pacchi per le famiglie in difficoltà.

 Per chi preferisce dare un contributo in denaro. Si può lasciare il contributo presso l’ufficio parrocchiale oppure tramite bonifico.

L’IBAN del conto corrente della Parrocchia è: PARROCCHIA S.

GIOACCHINO IN PRATI IBAN: IT73 R031 0403 2010 0000 0130 899

Vi ringraziamo anticipatamente per la vostra generosità.

NATALE DI FRATERNITÀ

Durante il tempo natalizio e anche dopo continuiamo nella nostra Parrocchia una Grande Raccolta alimentare che andrà a sostenere le famiglie che si rivolgono al nostro Centro di ascolto della Caritas parrocchiale. Nella nostra Diocesi dall’inizio della pandemia (marzo 2020) sono stati migliaia i nuclei che hanno chiesto assistenza per l’acquisto di viveri e beni di prima necessità in tutte le parrocchie romane. Nello specifico, nella nostra Parrocchia le famiglie assistite dalla Caritas con pacchi viveri sono state circa 500 e sono stati anche consegnati 103 Buoni spesa dal valore di € 20 cias-cuno per un totale di € 2060.

Come fare? La raccolta avviene all’interno della chiesa dove è predis- posto un cesto in cui ognuno potrà portare, in qualsiasi orario, generi alimentari non deperibili di prima necessità.

Lo scopo di queste raccolte non è solo di rifornire il nostro magazzino parrocchiale, ma soprattutto è un opera di sensibilizzazione per tutta la comunità parrocchiale a donare un aiuto concreto a coloro che ne hanno più bisogno.

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Vita della Parrocchia

10 G

ENNAIO

: B

ATTESIMO DEL

S

IGNORE S. Messe: 9.00 – 10.30 – 12.00 – 13.00 – 18.30 Confessioni: Durante tutte le Sante Messe

L

UNEDÌ

(11) S

ABATO

(16)

S. Messe: 8.00 – 9.30 – 11.00 – 13.00 (no sabato) 18.30

Confessioni: 8.00 – 11.00 e 17.00 – 19.00 Rosario: 18.00

Adorazione: 8.30 – 18.30 (Sabato 8.30 - 12.45)

10 G

ENNAIO

: II

ª

D

OMENICA DEL

T

EMPO

O

RDINARIO

S. Messe: 9.00 – 10.30 – 12.00 – 13.00 – 18.30 Confessioni: Durante tutte le Sante Messe

I

NCONTRO BIBLICO

Riprendiamo i nostri incontri biblici – Lectio Divina. Il primo incontro si terrà mercoledì prossimo 13 gennaio alle ore 19, nella nostra chiesa parrocchiale. Tutti sono invitati.

A

DORAZIONE EUCARISTICA COMUNITARIA

Giovedì prossimo 14 gennaio invitiamo tutti all’Adorazione eucaristica comunitaria dalle 19 alle 20.

I

L CAMMINO DI PREPARAZIONE AL

M

ATRIMONIO

Venerdì prossimo 15 gennaio inizia in parrocchia il cammino di preparazione al Sacramento del Matrimonio. Gli inte- ressati possono rivolgersi all’ufficio parrocchiale.

Bollettino settimanale della Parrocchia di S. Gioacchino in Prati, Roma

Tel. 063216659;SITO WEB: www.sangioacchino.org - Parroco: P. Pietro Sulkowski Facebook: Parrocchia San Gioacchino in Prati

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