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Academic year: 2021

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(1)

'HHWHULRPRUIHJOLDQLPDOLHO·DVSHWWRGHOOH(ULQQL

Vorrei adesso occuparmi dell’immagine delle Erinni in associazione ad alcuni tipi di animali e

analizzare inoltre i casi in cui la loro figura comprende elementi non umani. La teriomorfia è infatti un

aspetto importante delle divinità del mondo antico e la sua interpretazione ci fornisce indizi

interessanti sulle loro caratteristiche.

B. C. Dietrich sostiene che le sembianze spaventose e la natura demoniaca e ctonia di alcune divinità,

come le Erinni e le Moire, in qualche misura era dovuto all’influsso dell’arte e delle tragedie e a

Eschilo in particolare. Ciò non varrebbe per i componenti del corteo di Ecate e generalmente per gli

spettri spaventosi della superstizione contro cui erano prese misure che avevano come fine quello di

annullarne i poteri negativi. A questo gruppo appartenevano le maschere terribili e “le teste” usate nei

riti apotropaici, come ad esempio le Gòrgoni. La loro diffusione sembra concentrarsi in Argolide.

Risalgono all’ VIII sec. a.C. le maschere fittili del santuario di Era a Tirinto, rappresentanti il tipo

arcaico della Gòrgone con zanne. Ad Argo, sulla piazza del mercato, vi era un gorgòneion che nella

comune credenza si riteneva opera dei Ciclopi. La cultura greca ci da inoltre testimonianza di

mascheramenti animali, come ad esempio i teschi di toro utilizzati come maschere provenienti dai

santuari ciprioti (ma si tratta di un’usanza che non si è diffusa al di fuori dell’isola), i giovani mescitori

di vino chiamati

WDXeURL, tori, durante la festa di Poseidone ad Efeso (vedremo più avanti l’importanza

delle epiclesi del dio e come si leghino con l’Erinni), e le giovani

SRYORL, puledre, ragazze così

nominate nel culto spartano delle Leucippidi.

58

58 B. C. DIETRICH, o.c., p. 120. Sul valore delle maschere nella cultura greca antica si veda anche W. BURKERT,

o.c., ,,SS3HUODIXQ]LRQHGHOODPDVFKHUDFKHQDVFRQGHLGHQWLà consentendo di assumerne una

extra-ordinaria, lo studioso parla di influssi di diverse tradizioni e collegamenti con le culture neolitiche e orientali. Stabilisce inoltre un legame tra la Gòrgone e gli idoli pitturati rinvenuti a Micene, sui quali si veda in questa analisi la p. 38. Sulla Gòrgone come divinità polivalente, legata alLPPDJLQDULRIHPPLQLOHFRDFHUYRGLHOHPHQWLSUHHOOHQLFL GHULYDQWHGDOFXOWRGHOOD*UDQGH0DGUHHUDSSUHVHQWD]LRQHGHODVSHWWRJHQHUDWLYRHGLVWUXWWLYRFIDUWGHOODVWXGLRVD- MARLER, An archeomythological investigation of the Gorgon, Anubis, 2002. Nella sua analisi accenna anche agli antichi culti del serpente, citando ad es. le sculture di terracotta di donne serpente rinvenute a Creta tra il 6000 e il D&6XOVHUSHQWHFRPHDQWLFRVLPERORGHOHSLIDQLDGLYLQDHFDUDWWHULVWLFDFRPXQHGHOOH*òrgoni e delle Erinni torneremo più avanti. Le tre dee della vendetta, le cosiddette Praxidìkai, che talora vengono identificate con le Erinni, erano venerate sotto forma di teste. Sulle Praxidìkai, si veda HSCH. Lexicon: 3UD[LGLYNKGDLYPRQDYWLQDYIDVLWKQ Z-YVSHUWHYOR‹HMSLWLTHLeVDQWRLe‹WHOHJRPHYQRL‹NDLSUDWWRPHYQRL‹GLRNDLWDDMJDYOPDWDNHIDOD‹JLYQHVTDL NDLWDT[D]XYPDWDR-PRLYZ‹

(2)

Ai fini della mia riflessione, attraverso il confronto tra testi letterari, fonti iconografiche e resti

archeologici, sostengo l’ipotesi che Eschilo, e in generale i tragici, pur con formulazioni personali,

attingano proprio dai tratti arcaici e popolari delle “teste” demoniache e in particolare delle

rappresentazioni della Gòrgone, normalmente raffigurata con ali (caratteristica questa assente

dall’immagine eschilea, recepita invece da Euripide) e serpenti, il corpo in forma di uccello, Sirena o

Sfinge, per saldarli su una originale figurazione delle Erinni. L’immagine delle dee si sarebbe fissata

secondo queste caratteristiche per il forte impatto esercitato dallo spettacolo tragico che a sua volta

aveva la sua fonte di ispirazione nell’immaginario greco, nel quale si trovava sedimentato l’insieme

dei tratti cui attingeva la cretività dei poeti tragici.

Ma veniamo all’analisi del nesso tra le Erinni e la forma degli animali, sul quale le fonti ci segnalano

diversi dati interessanti.

Le Erinni vengono spesso definite cagne, probabilmente in riferimento al loro carattere persecutorio e

feroce e alla tenace ossessività del loro inseguimento.

Così in Ch. 924 Clitemnestra mette in guardia Oreste dalle sue cagne rabbiose (

PKWUR‹ HMJNRYWRX‹

NXYQD‹), intendendo le Erinni che lo braccheranno dopo la sua uccisione (la stessa espressione si trova

in Ch. 1054). Nelle Eu il Coro descrive se stesso come un cane che insegue un cervo ferito, trovando

la pista attraverso le tracce del sangue lasciato dalla preda. Eschilo poi rafforza l’immagine nei versi

seguenti facendo dire alle Erinni di ansimare nelle viscere, il che suggerisce la tensione spossante della

corsa persecutoria:

HLMeHQWRYGMHMVWLWDMQGUR‹HMNIDQH‹WHYNPDU

H-MSRXGHPKQXWKeUR‹DMITHYJNWRXIUDGDLe‹

WHWUDXPDWLVPHYQRQJDUZ-‹NXYZQQHEURQ

SUR‹DLMePDNDLVWDODJPRQHMNPDWHXYRPHQ

SROORLe‹GHPRYFTRL‹DMQGURNPKeVLIXVLD²e

VSODYJFQRQ

(vv.244-250)

59

59 Per Eu. 246-49 cf. il commento di A. H. SOMMERSTEIN (Eumenides, 1989) che rileva il carattere paradossale e

(3)

Nelle Rane di Aristofane le Erinni sono descritte come cagne erranti del Cocìto

 (.ZNXWRXe WH

SHULYGURPRL NXYQH‹).

60

Si tratta della famosa sezione sulla geografia infera che è vivacemente resa

attraverso una carrellata di mostri che i due protagonisti paventano di incontrare sul loro cammino.

61

Nell’IT Oreste, in preda alle visioni della follia, dice che le Erinni imitano i muggiti dei buoi e i latrati

dei cani.

62

E sempre Euripide parla delle Chere spaventose dalle facce di cane (

GHLQDL GH .KeUHY‹ <V M>

DL-NXQZYSLGH‹THDLY, El. 1252). E’ probabile che in questo passo le Chere alludano alle Erinni, peraltro

menzionate alcuni versi più avanti (cf. Or. 260 dove le Erinni sono pure

NXQZYSLGH‹).

Cagna è detta anche la Sfinge in un frammento di Eschilo. Anche qui siamo di fronte a un mostro

mitologico che evoca una sfera primitiva della cultura e che dunque, sfuggendo alle normali categorie,

viene descritto attraverso il riferimento ad altri esseri, e in particolare l’identificazione col cane assume

una connotazione spregiativa.

63

Ma vediamo meglio quali sono le caratteristiche dei principali mostri della mitologia.

In Th. i combattenti Argivi hanno sugli scudi simboli di potenze opposte all’Olimpo. Ad esempio

l’immagine di Tifone e le serpi sullo scudo di Ippomedonte (v. 490 e seg.) e la Sfinge su quello di

mortale, che parla senza dar segno di affanno. Tra l’altro l’affaticamento delle Erinni è reso con un riferimento fisico concreto agli organi del corpo (VSODYJFQRQ).

60 Ar. Ra. 472.

61 Un passo particolarmente interessante che attesta la vitalità dell’immaginario mostruoso all’interno della cultura

greca del V sec. a. C. che abbiamo già avuto modo di rilevare. Al v. 143 Eracle annuncia a Dioniso le visioni del regno dei morti, “serpenti e mostri innumerevoli vedrai”; al v. 207 si parla di EDWUDNRNXYNQZQTDXPDVWDY(rane-cigni); al v. 277 parla Xantia dopo aver fatto il giro del lago infernale ed essersi riunito a Dioniso, nel frattempo trasportato da Caronte, “meglio andare avanti: qui è il posto delle belve feroci, che andava dicendo lui [Eracle]”; al v. 288 Xantia e Dioniso temono l’arrivo di Empusa, un mostro della mitologia popolare che si riteneva succhiasse il sangue dagli uomini. Empusa sarebbe figlia di Ecate e le sue caratteristiche sembrerebbero simili a quelle di Lamia. Si parla anche di empuse al plurale come di lamie, e del resto abbiamo imparato che i dèmoni della mitologia greca vengono invocati sia singolarmente che in gruppo (come avviene per le Erinni del cui carattere demoniaco diremo più avanti). Peraltro il dialogo tra Xantia e Dioniso sul sopraggiungere di Empusa pare riecheggiare l’inizio delle Eu. dove la Pizia cerca di descrivere le Erinni. Il modo in cui i due personaggi aristofaneschi elencano le caratteristiche che dovrebbero indicare la presenza del dèmone sembra rimandare al passo di Eschilo con l’intento di parodiarlo. E’ peraltro interessante che l’ipotetico contatto tra i due autori venga a crearsi in una medesima scena di visione di mostri; al v. 470 seg. di fronte alla casa di Plutone, Eaco elenca i mostri degli inferi che spera possano scatenarsi contro Dioniso, spacciatosi per Eracle. Insieme alle cagne randage del Cocìto, che sono per l’appunto le Erinni, vengono menzionate anche le *RUJRYQH‹7HLTUDYVLDL, Gòrgoni Titrasie, in riferimento a un demo dell’Attica, pare per il carattere delle donne che lo abitavano.

62 Eur. IT 293-294. In Eu. 131-132 Clitemnestra dice che le Erinni nel sonno latrano come cani. 63 Aesch. Fr. 236 N,

6ILYJJDGXVDPHULDeQSUXYWDQLQNXYQD “la Sfinge, la cagna che presiede le tristi giornate”. Qui più nel senso di un essere che fa la guardia, ma si tratta di una custodia di segno negativo. La Sfinge veglia sulla tristezza della sorte umana. Sulla Sfinge come mostro ambivalente simbolo di distruzione e saggezza, evocatrice di un universo arcaico, cf. V. DI BENEDETTO, E. MEDDA, o.c., p. 323 a proposito dell’OT.

(4)

Partenopeo del quale si dice che si schiera alla battaglia con occhi di Gòrgone (v. 537,

JRUJRQGM

RMYPPMHMYFZQ), un’espressione equivalente a JRUJZeSL‹.

64

Nel terzo stasimo delle Ph. di Euripide la Sfinge è definita figlia della Terra e dell’Echidna, donna solo

per metà, mostro con ali vaganti, avida di carne cruda (v. 1018 seg.):

HMYED‹HMYED‹

ZMeSWHURXeVVD,

JDe‹ORYFHX-PDQHUWHYURXWMM(FLYGQD‹,

.DGPHLYZQD-USDJDY,

SROXYITRUR‹SROXYVWRQR‹

PHL[RSDYUTHQR‹,

GDYLRQWHYUD‹,

IRLWDYVLSWHURLe‹

FDODLeVLYWMZMPRVLYWRL‹

65

La Sfinge, la Gòrgone, l’Arpia, l’Erinni tendono a condividere alcune caratteristiche del loro aspetto.

E’ ipotizzabile che appartenessero a un immaginario di mostri contiguo, nel quale le loro fisionomie si

sono contaminate. Le Gòrgoni, figlie del dio marino Forco, rappresentate dalla tradizione in numero di

tre, due immortali e una, Medusa, mortale, hanno una natura ctonia. Loro madre sarebbe infatti la

Terra. Euripide nello Ione definisce la Gòrgone mostro orrendo generato dalla terra, “

HMQWDXeTD*RUJRYQ

HMYWHNH*Ke,/ GHLQRQWHYUD‹” (v. 989) e la chiama anche FTRQLYD*RUJZY(vv. 1053-1054). In un vaso del

periodo arcaico, appartenente alla collezione del Museo di Vienna, è raffigurata una donna Gòrgone

con ali sulla schiena mentre stringe un serpente con entrambe le mani. Ora, questo tipo di Gòrgone

64 L’evocazione di queste figure qui serve a drammatizzare il combattimento imminente e a far crescere la tensione,

attraverso il riferimento ad immagini paurose. Sull’accostamento in generale tra Gòrgoni, Arpie, Erinni cf. le osservazioni di C. A. BÖTTIGER, pp. 254, 258.

65 Eur. Ph. 1018 seg. “Tu venisti, venisti,/ creatura alata, prole della Terra/ e di Echidna infernale,/ riparatrice dei

Cadmei,/ causa di molte morti, di molti pianti,/ donna a metà,/ mostro ostile,/ con le tue ali vaganti/ e gli artigli avidi di/ carne cruda.” (trad. Enrico Medda, Bur).

(5)

alata appare in arte ed è possibile ipotizzare che la concezione popolare del tipo della Gòrgone con

serpente abbia ispirato o almeno contribuito alla rappresentazione delle Erinni in ambito tragico.

66

Ancor più interessante per questa ipotesi di filiazione rappresentativa fra Gòrgoni ed Erinni è il motivo

della persecuzione di Perseo da parte delle due sorelle dopo la decapitazione di Medusa. Ciò che

potrebbe interpretarsi come un valido precedente per la reppresentazione dell’inseguimento di

Oreste.

67

66 Vaso del Museo di Vienna (MASNER, Cat. 221), citato da B. C. DIETRICH, p. 141 seg. Vedi anche il

JRUJRYQHLRQ presso l’istituto archeologico dell’università di Heidelberg, antefissa di terracotta policroma, datata al 550-500 a. C.: si tratta di una



Medusa e, rispetto alle figurazioni più antiche, la barba scompare e vengono aggiunti i serpenti alla capigliatura. La presenza del serpente è di particolare interesse per la nostra ricerca in quanto accomuna la Gòrgone con l’Erinni. L’Athenaion di Siracusa ci ha restituito un rilievo di terracotta policroma con una Medusa alata, che mostra le zanne e la lingua e tiene sotto il braccio destro il cavallo alato Pegaso. Il pezzo si data al 570 a. C. (Siracusa, Museo regionale “Paolo Orsi”). Qui c’è un ulteriore motivo di interesse che connette la Gòrgone col cavallo nato da lei, un animale che abbiamo già visto comparire accanto all’Erinni (si ricordi la versione data da Pausania a proposito della generazione del cavallo Arione da parte di Demetra-Erinni). Esiodo riporta la genealogia secondo cui Medusa, l’unica mortale delle tre Gòrgoni, si unisce a Poseidone, dando alla luce a Pegaso e Crisaore, usciti dal suo collo dopo che Pegaso le aveva tagliato la testa (Hes. Th. 278-281). Per ciò che concerne l’iconografia delle Gòrgoni si veda quanto riportato dal LIMC, vol. IV, 1 pp. 285-230, I. KRAUSKOPF e S. C. DAHLINGER, e vol. IV, 2 pp. 163-187 per i repertori iconografici, Artemis Verlag Zürich und München, 1988. Tra i tipi più interessanti per il nostro tipo di comparazione si noti: il rilievo di bronzo dell’Herakleion di Dreros (Creta), datato al tardo VII sec. a. C su cui la Gòrgone è rappresentata con due serpenti (o draghi) sulla fronte in corrispondenza degli archi sopracciliari, LIMC fig. 12 p. 164 e 289; per i tipi arcaici e la nascita del cosiddetto tipo medio: decorazione di scudo proveniente da Olympia, presso il Museo di Olympia B 1636, quarto del VI sec. a. C. riprodotto in LIMC fig. 19 p. 290; manico di una hydria di bronzo proveniente dalla Laconia, con Gòrgone caratterizzata da capelli lunghi, naso camuso, serpenti che sembrano prolungare le orecchie verso l’esterno, Museo di Sofia, LIMC fig. 27 p. 164 e 291; vaso attico a figure nere eseguito dal cosiddetto “pittore delle Gòrgoni”, che rappresenta una Gòrgone con sei serpenti in testa e uno sotto il mento, datato al 590-80 a.C, presso il Teller. Baltimore, Walters Art. Gall. 48. 215, LIMC fig. 36 p. 165 e 291; kalpis del cosiddetto “pittore di Berlino” rappresentante una Gòrgone con zanne, naso camuso, serpenti stilizzati intorno alla testa, proveniente da Tarquinia, del 490-80 a. C., presso il BM E 180, Londra, LIMC fig. 45 p. 167 e 292; vaso attico a figure rosse da Antikyra (Focide), rappresentante una Gòrgone con orecchini, bocca aperta che mostra denti e lingua, serpenti all’altezza delle orecchie e due svastiche, terzo del VI sec. a.C., LIMC fig. 46 p. 167 e 292; per il cosiddetto tipo medio che si trova dal V al IV sec. a. C. permane la caratteristica dei serpenti, come la “Tonantenfixe” da Taranto, con due serpenti che escono dai capelli della Gòrgone, datata alla metà del V a.C., LIMC fig. 108 b, p. 171 e 197; il mosaico di Sicione con una testa di Gòrgone al centro e serpenti tutt’attorno, datato al IV a.C., LIMC fig. 98 riprodotto a p. 296; per ciò che riguarda il tipo con ali lo troviamo abbondantemente attestato prima della rappresentazione tragica delle Erinni, cosa che ci interessa particolarmente visto che le Erinni hanno ali sia a livello di produzione plastica sia nella immaginazione di Euripide. Si segnalano i seguenti documenti con Gòrgoni alate che dimostrano l’antichità del soggetto: la Gòrgone (Medusa) del frontone del tempio di Artemide a Corfù. Al centro la Medusa alata indossa una cintura di serpenti e serpenti tra i capelli, chitone corto, calzari alati a simulare il movimento, a fianco Pegaso e Crisaore e due leoni. Il pezzo si data al 590 a. C., LIMC fig. 289 riprodotto a p. 311; rilievo attico da una stele funebre su cui compare una Gòrgone alata, chitone corto e atteggiamento da corsa, 530-520 a. C., LIMC fig. 238b, p.178 e 306; sul tipo con serpenti in mano, anche questo particolamente interessante per il confronto con l’Erinni si veda una decorazione di scudo proveniente da Olympia in cui la Gòrgone porta alla cintura due serpenti che stringe con entrambe le mani, LIMC fig. 239 riprodotta a p. 307; collo di anfora campana a figure nere, in cui la Gòrgone è rappresentata con due serpenti all’altezza delle orecchie, chitone corto, in corsa, un serpente in una mano e nell’altra un ramo rivolto verso il basso, presso camp. Wagner- Mus. L 797, pezzo datato al 480 a. C., LIMC fig. 247 p. 179 e 307.

67 Si tratta di un motivo attestato nell’arte plastica già dal periodo arcaico. L’inseguimento avviene di norma dopo

l’assassinio di Medusa, ma in un reperto datato tra il 500 e il 475 a.C. esso è addirittura simultaneo alla presenza di Perseo che si trova davanti una Medusa con ali e calzari alati, caratteri che indicano l’azione della corsa: kyathos a figure nere, pittore di Theseus, coll. Malibu, Getty Museum, LIMC vol. VII (1986) p. 340.

(6)

Veniamo quindi ad analizzare i due animali che ricorrevano più comunemente nel culto delle Erinni,

in modo da cercare di definirne il legame con le dee e vedere cosa possono raccontarci nel rapporto

con loro. Essi erano il cavallo e il serpente.

68

L’associazione con il cavallo è probabilmente dovuta al fatto che questo animale incarnava la fertilità

e forse, nel credo popolare, la morte. Un aspetto che si ritrova anche nel culto etrusco. Di sicuro si

tratta di un elemento che rimanda a una qualche funzione originaria della divinità. Questa dualità di

creazione e morte, lungi dal costituire due termini oppositivi, risulta coesistente nella natura delle

Erinni. Del resto la morte, la fine del ciclo vitale, non è un aspetto unicamente distruttivo ma è un

qualcosa di necessario e compenetrato all’ordine di natura. Si tratta peraltro, proprio attraverso

l’esplorazione di queste caratteristiche, tenendo presente anche il collegamento a livello cultuale tra

Demetra e l’Erinni, di cui ci siamo appena occupati, di correggere la tesi secondo cui le Erinni

incarnano soltanto gli aspetti punitivi della colpa.

69

68 B. C. DIETRICH, o.c., p. 137.

69 cf. Der neue Pauly, p. 72, s. v. Erinys, Enzyklopädie der Antike, 1996. Si fa riferimento anche all’iscrizione in

lineare B, la più antica testimonianza che abbiamo sull’Erinni, dove viene segnalata un’offerta d’olio alla dea. Iscrizione 200 = Fp1, in VENTRIS-CHADWICK, Documents in Mycenaean Greek, Cambridge 1956, p. 305:

-DE-U-KI-JO-JO / ME-NO

DI - KA-TA-JO / DI-WE oil 1

DA-DA-RE-JO-DE oil 2

PA-DE oil 1

PA-SI-TE-O-I oil 1

QE-RA-SI-JA oil [1?]

A-MI-NI-SO / PA-SI-TE-O-I <oil> [2?]

E-RI-NU oil 3

* 47-DA-DE oil 1

A-NE-MO / I-JE-RE-JA <oil> 4

TO-SO oil 3, 2, 2

Traduzione:

Sul monte di Deukios:

A Zeus Diktaion 12 litri di olio/ A Dedaleia [ città di Creta] 24 litri di olio/ A Pa-de 12 litri di olio/ A tutti gli dei 36 litri di olio/ All’augure ?12 litri di olio/ Amnisos, a tutti gli dei ?24 litri di olio/ Alle? Erinni? 6 litri di olio/ Ai 47-da- 2 litri di olio/ Ai sacerdoti del vento 8 litri di olio/ Totale 136 litri di olio.

(7)

Che il cavallo sia legato a creature mostruose del mito appare in diversi racconti sulla generazione di

questi animali. Nell’Il. i cavalli di Achille, Xanto e Balio, sono generati dall’amplesso di Zefiro con

l’Arpia Podarge. Dell’unione di Demetra o dell’Erinni con Poseidone da cui sarebbe nato il cavallo

Arione ho già parlato.

70

Quinto Smirneo riporta in un passo la generazione da parte di un’Erinni

EORVXUZeSL‹ (dallo sguardo

truce) di quattro cavalli, in seguito alla sua unione con Borea.

71

Il medesimo aggettivo nell’Il. qualifica

Il testo è un’iscrizione votiva (per questo assegnato dagli editori alla sezione dedicata alle offerte rituali alle divinità a Cnosso) e fa parte di un corpus di 11 tavolette catalogate dalla serie Fp, scoperte da Evans all’inizio della campagna del 1900, rinvenute tra il Propileo est e la corte centrale del palazzo di Cnosso insieme ai resti di una scatola di legno. L’intera serie farebbe parte di un calendario rituale e registra le offerte spedite a un numero di luoghi, sacerdoti e divinità che figurano nei diversi elenchi. Nell’elenco del testo in questione (cf. interpretazione e nn. alle pp. 306-307) figura il nome E-ri-nu tra i destinatari dell’olio per le sacre offerte. Nelle nn. di C-V si discute come interpretare il sostantivo, se declinato al dativo singolare o plurale, e per ciò che concerne l’identificazione delle divinità con le Erinni. Alcuni idoli dissotterrati sul versante sud dell’acropoli di Micene rappresentavano donne avvolte in larghi serpenti, cosa che ha suggerito l’associazione con potenze ctonie di natura femminile e in particolare con la figura di Demetra secondo l’epiclesi di Erinni. Micene del resto si pone come centro cultuale estremamente arcaico. Oltre alla Demeter Erinys della cosiddetta “casa degli idoli”, in un altro tempio o edificio sacro contiguo ad essa, detto “casa dell’affresco”, si sarebbe pure adorata una Demetra che riceveva un’offerta di spighe. Per queste ipotesi S. MARINATOS, Athens Annals, VI, 1973, p. 188. E ancora, in una tavoletta cultuale micenea di Tebe viene fatta ad Era una inconsueta offerta di lana grezza, cosa che nel culto greco arcaico e classico è documentata solo per Demetra nel tempio di Figalia, quindi per una divinità che risulta essere investita di un analogo potere ambivalente nell’ambito della natura fino alla tarda antichità. Cf. L. A. STELLA, Origini micenee del culto di Era: problemi e considerazioni pp. 591-602, in Religioni e civiltà, “Scritti in memoria di A. Brelich”, 1982. Il periodo miceneo sembra attestare una vicinanza cultuale tra diverse divinità dalle caratteristiche ctonie e legate ai cicli di fertilità della terra. Sul nesso tra Erinni e fertilità si veda la chiusa delle Eu. 920 seg. / 940 seg.: l’invocazione di un potere positivo delle Erinni coincide con la fecondità della terra.

70 Hom. Il. XVI, 150 e commento di M. S. MIRTO, p. 1248, Il. Einaudi Gallimard, 1997. Su Demetra Erinni e

Poseidone cf. Apollod. III, 6,8. In questa sezione di testo l’autore ripercorre le vicende più importanti che compongono la saga tebana. Di notevole interesse è l’origine del cavallo Arione che ci riporta al racconto del travestimento di Demetra che stabilisce un contatto col passo di Pausania in cui si parla della Demetra Erinni a Telpusa (VIII, 25). Nella versione di Apollodoro però essa non si muta in cavalla ma si dice che consumi l’amplesso con Poseidone sotto forma di Erinni: “……. Anfiarao fuggì lungo il fiume Ismeno e, prima che Periclimeno potesse colpirlo alle spalle, Zeus scagliò la folgore e aprì un crepaccio nella terra. Anfiarao fu inghiottito, col suo carro e l’auriga Batone (o Elatone, secondo alcuni): Zeus lo rese immortale. Solo Adrasto fu salvato dal suo cavallo Arione, che Demetra generò da Poseidone a cui si era unita in sembianza di Erinni”; «=HX‹NHUDXQRQEDOZQWKQJKeQGLHYVWKVHQR-GHVXQWZ²e D-YUPDWL NDL WZ²e K-QLRYFZ² %DYWZQL Z-‹ GH HMYQLRL M(ODYWZQL HMNUXYITK NDL =HX‹ DMTDYQDWRQ DXMWRQ HMSRLYKVHQ -Y$GUDVWRQGHPRYQRQL-YSSR‹GLHYVZVHQM$UHLYZQWRXeWRQHM[3RVHLGZeQR‹HMJHYQQKVH'KPKYWKUHLMNDVTHLeVDHMULQXYL NDWDWKQVXQRXVLYDQ». “L’immortalità di Anfiarao è l’ DMYWLRQdel suo culto oracolare, che era a incubazione (Hdt. VIII 134, 1) e dal quale erano esclusi i Tebani. Il luogo in cui Anfiarao è stato inghiottito dalla terra si trovava, secondo Paus. IX, 8, 3, lungo la strada che conduceva da Potnie a Tebe […..]. Demetra portava l’epiteto di Erinni a Telpusa, in Arcadia, dove godeva di un culto di carattere misterico (Paus. VIII, 25, 4-10). Apollod. allude al mito di fondazione di questo culto. Un’altra tradizione arcadica situava l’evento a Figalia, dove la dea portava l’epiteto di 0HYODLQD, Nera, ed era raffigurata con la testa equina, ma dall’unione con Poseidone nasceva solo una figlia, che era chiamata 'HYVSRLQD, la Signora (Paus. VIII 42, 1-4).” (tratto dal commento all’ed. Mondadori-Valla). Questo passo del testo di Apollodoro è pieno di riferimenti ai prodogi e ai poteri delle divinità connessi con la terra e la fertilità che compongono un’eziologia complessa legata all’origine del cavallo Arione. L’evocazione dell’Erinni in tale contesto viene a nutrirsi di teriomorfia e ritualità magico-ctonia.

In Soph. El. 491 si legge FDONRYSRX‹M(ULQXY‹Cf. Il. VIII, 41 e XIII, 23: in entrambi i passi si trova l’espressione formulare FDONRYSRGML-YSSZB. C. DIETRICH, o.c., p. 140, sottolinea le affinità tra l’immaginario greco e i cavalli dèmoni delle saghe indiane e germaniche che esercitano lo stesso potere di creazione e distruzione.

(8)

la Gòrgone che orna lo scudo di Agamennone:

WK²e GMHMSLPHQ*RUJZEORVXUZSLe‹HMVWHIDYQZWR/

GHLQRQGHUNRPHYQK, SHULGH'HLePRY‹WH)RYER‹WH

72

L’impiego dello stesso aggettivo per l’Erinni e

la Gòrgone è per questa analisi di particolare interesse in quanto viene a rafforzare la nostra ipotesi di

contiguità e probabile filiazione tra questi due gruppi di divinità. Tra l’altro il motivo della

generazione dei cavalli stabilisce un contatto sia con la vicenda dell’Arpia Podarge (supra) che, a

ulteriore somiglianza dell’Erinni “smirnea”, si unisce a un vento, sia con quelle della Demetra-Erinni e

del parto violento della Gòrgone-Medusa, dalla cui testa decapitata esce Pegaso.

Il cavallo sembra essere un animale frequentemente associato al manifestarsi di divinità legate alla

sfera dei poteri ctonii. La presenza di un cavallo quale tratto teriomorfo della divinità o come soggetto

generato dal dio, così da costituirne talvolta l’epiclesi, coinvolge diversi dei della Grecia.

73

Questo

tratto comune, che in genere porta con sé anche altre caratteristiche simili condivise, ci permette di

scoprire interessanti collegamenti tra diverse regioni della Grecia (dal Peloponneso, alla Beozia e alla

Tessaglia) e di trovare una quantità di indizi anche per comprendere la dimensione in cui le Erinni

risultano svolgere la loro funzione. La cosiddetta Pheraia, dea di Pherai, città della Pelasgiotide, ma la

cui presenza risulta pure attestata secondo diverse epiclesi in altre località della stessa Pelasgiotide, in

Acaia, in Tessaglia e in Beozia, dove i Beoti espulsi dai Tessali ne avrebbero portato l’epifania equina

e taurina, è una divinità dai caratteri ctonii, collegata a Poseidone e a Zeus Meilìchios (lo Zeus

ctonio).

74

La Pheraia, nei coni di Pherai, si trova seduta su un cavallo e con l’attributo della fiaccola,

caratteristica questa che ci riporta alla Demetra di Licosura, portatrice di fiaccola, rappresentata

accanto alla Despoina. Nella Tessaglia settentrionale, da cui secondo Pausania il suo culto sarebbe

arrivato ad Argo e Sicione, dove pare si trovasse anche un santuario delle Eumenidi, essa è designata

72 Hom. Il. 36-37: “Di sopra [sullo scudo] faceva corona la Gòrgone dal volto agghiacciante, dallo sguardo tremendo, e

vicino il Terrore e la Disfatta.” Tra l’altro a far risaltare la sfera d’azione della Gòrgone vi sono le rappresentazioni della paura. Tutto questo è funzionale al sentimento di terrore che le armi del guerriero devono suscitare in battaglia. E sempre su questa scia si pone, nel medesimo contesto del rito della vestizione del re acheo, l’immagine del balteo di Agamennone dove si dice che si stende un serpente smaltato con tre teste da un solo collo.

73

Si pensi a Poseidone Hippios che si accoppia con Demetra Erinni, padre della Despoina e del cavallo Arione. Con questa epiclesi il dio è venerato nel boschetto di Onchestos in Beozia (cf. p. 27), e nel demo di Colono vi erano altari sacri a Poseidone Hippios e Atena Hippia (Paus. I, 30, 4 cf. p. 199 n. 295). Tra gli aspetti teriomorfi di Ecate vi è anche il cavallo e Afrodite conta tra i suoi epiteti quello di HMYILSSR‹,“a cavallo” cf. p. 41

74

Il culto dello Zeus sotterraneo, chiamato Meilìchios, “mite”, è attestato ad Atene dove si celebravano in suo onore le cosiddette feste Diasie, che si tenevano al 23 di Anthesterion, rientrando dunque nelle festività di primavera, e a Selinunte, dove le famiglie a turno costruivano e adoravano il loro “Meilìchios”. “Zeus Meilìchios viene rappresentato come figura paterna in trono, anche semplicemente come serpente; nell’immagine del padre affiora la riconciliazione

(9)

come

)ZVIRYUR‹e venerata come Artemis. A nord di Laris (Pelasgiotide settentrionale) nella località

di Phalanna, dove sorgeva un santuario di Plutone e Proserpina, la dea è portatrice di fiaccola ma

invece di montare a cavallo è portata in groppa da un leone.

In un bassorilievo di Krannon, sempre nella Pelasgiotide, indossa una veste lunga, con una fiaccola in

un pugno, e in posizione eretta posa la mano sulla testa di un cavallo.

Secondo la genealogia riportata da uno scolio a Licofrone, Pheraia sarebbe una seconda Ecate.

75

E di

Ecate Porfirio riporta i seguenti aspetti teriomorfi:

WKQ G M M(NDYWKQ L-YSSRQ, WDXeURQ, OHYDLQDQ,

NXYQD……SURVKJRYUHXVDQ

76

Questo esempio ci mette di fronte a una divinità complessa le cui epiclesi e attributi testimoniano

l’importanza e la centralità delle credenze ctonie in diverse aree della Grecia e ci portano in territori

dove abbiamo visto la presenza simultanea delle Erinni, di Demetra e di altre divinità che ne

condividono le caratteritische legate al ciclo di vita e morte. Risulta inoltre indicativo per gli elementi

teriomorfi, oggetto di questa analisi, che si configurano con caratteristiche simili e ricorrenti per

diverse divinità.

77

Quanto ai serpenti, molti sono i personaggi del mito la cui origine o aspetto risultano uniti a questo

animale. Esso compare anche nei miti di fondazione di certe istituzioni come il culto dei morti.

78 coi defunti, come il nome riassume l’effetto “mitigatore” delle libagioni ai morti”. W. BURKERT, o.c., IV 3, pp. 382-383.

75 Sch. ad Lyc. 1180.

76 Porph. De abstinent. IV, 16.

77 Sia Pheraia che Poseidone, nella tradizione che li collega, appaiono sotto forma di toro e cavallo. Per ciò che

concerne la centauromorfia e in generale l’associazione al cavallo abbiamo visto come la figura della Gòrgone, e in particolare della Medusa, sia informata da questi elementi. In un pithos beotico a rilievo dell’inizio del VII sec. a. C., Medusa è raffigurata con un corpo di cavallo: R. HAMPE, Frühe griech. Vasenbilder in Böotinen, tav. 38, 1. Abbiamo già più volte notato come la regione beotica sia straordinariamente interessante per la presenza di culti ctonii: la Pheraia, l’Afrodite Melainis, le Melainai, l’Erinni tilpusia. Sulla caratteristica ctonia di Afrodite che la avvicinerebbe a Demetra abbiamo già detto nel capitolo I. Bisogna tuttavia andar cauti nel riscontrare un contatto tra loro a proposito della teriomorfia. Afrodite non sembra mai avere parti zoomorfe ma da qualche testimonianza risulta accostata al cavallo o al capro: così l’Afrodite MY(ILSSR‹ di Il. II, 820; la statua di bronzo di Scopas che è M(SLWUDJLYD (perché avrebbe mutato una capra in capro); la voce di Esichio: -,SSRGDYPHLDK-%ULVKL!Y‹r NDLM$IURGLYWKPer le notizie relative alla Pheraia e all’universo ctonio condiviso con le altre divinità si veda P. PHILIPSONN, Origini e forme del

mito greco, trad. it. B. Boringhieri, pp. 141-180.

78Secondo la tradizione, Cecrope, primo re di Atene, figlio della Madre Terra, promotore dei primi segni di civiltà,

possedeva un corpo di uomo terminante con una coda di serpente e avrebbe per primo introdotto l’uso di seppellire i morti. E. ROHDE, nel suo volume Psiche scrive: “Non di rado si vede ritratto su figure vascolari sotto forma di serpente l’abitatore di una tomba, ai piedi del suo tumulo” (p. 247, n. 1); sostiene inoltre che i pani di miele dovevano considerarsi offerta per i serpenti sotterranei e per gli spiriti che si manifestavano sotto questa forma (p. 308, n. 2), da

Psiche, trad. it. Bari-Laterza, 1914. Nel mito di Erittonio, figlio della Terra su cui Athena avrebbe gettato lo sperma di

Efesto che, preso dal desiderio per lei, le aveva eiaculato su una gamba, si dice che il bambino dormisse nella cesta accanto a un serpente. “Dallo sperma caduto a terra nasce Erittonio. Atena lo allevò di nascosto dagli altri dei e voleva

(10)

Alcuni studiosi sostengono che la forma originaria dell’Erinni fosse proprio da identificarsi con questo

animale. Le testimonianze di Eschilo e di Euripide vanno in tale senso e si potrebbe pensare che

questo dato si consolidi ulteriormente nella tradizione attraverso l’influsso di Eschilo e delle forme di

arte contemporanee o successive alla tragedia.

79

L’Heraion del Sele, un santuario in onore di Era Argiva che si trovava alla foce del Sele, nella zona di

Posidonia (Paestum), di cui sono state rinvenute le fondamenta in seguito agli scavi avviati a partire

dal 1930, ha restituito una serie di metope (39) di particolare interesse. Il complesso architettonico, di

stile dorico, è stato datato alla metà del VI secolo a. C. Le scene delle metope rappresentano soggetti

mitologici. Tra questi vi è un ciclo che ripercorre le vicende sanguinarie avvenute nella casa degli

Atridi. Due sono le metope di maggiore interesse per il nostro argomento. Sulla prima si trova un

serpente che incombe alle spalle di Oreste, probabile figurazione del dèmone della vendetta (e dunque

dell’Erinni). Sull’altra, di più dubbia interpretazione, sono rappresentate due donne in movimento,

forse due Erinni inseguitrici di Oreste, una delle quali tiene in mano un oggetto rotondo a cerchi

concentrici, che lo studioso Denis Knoepfler suppone essere un serpente acciambellato.

80

renderlo immortale. Lo chiuse dunque dentro una cesta che affidò a Pandroso, figlia di Cecrope, proibendole di aprirla. Ma le sorelle di Pandroso, incuriosite, la aprono e vedono un serpente arrotolato accanto al fanciullo. Alcuni dicono che furono uccise dal serpente, altri che Atena, adirata, le rese folli ed esse si gettarono dall'alto dell'acropoli. Erittonio, allevato da Atena stessa nel suo santuario, scacciò Anfizione e diventò re di Atene; innalzò sull'acropoli il simulacro ligneo della dea e istituì la festa delle Panatenee” (Apollod. III, 14, 6).

Diverse divinità, ad esempio quelle marine, alle quali si attribuisce la capacità di compiere metamorfosi, sono in grado di trasformarsi in serpente, come ad esempio Proteo. Echidna, madre del leone di Nemea, fratello della Sfinge tebana, è definita la dea serpente per il suo aspetto. Attraverso queste figure risaliamo agli aspetti più primitivi della mitologia dove si incontrano creature portatrici di ambiguità e simbolismi che generano una tipologia mostruosa e stravolgente rispetto alle coordinate della realtà.

79 B. C. DIETRICH, p. 137 e seguenti. Per l’associazione Erinni-serpenti in tragedia, Aesch. Eu. 128 in cui si parla

della feroce idra a proposito delle Erinni, un’immagine che presuppone la loro rappresentazione in forma di serpenti; Eur. IT 286, Oreste in preda alle visioni della follia vede davanti a sé l’Erinni armata di vipere orrende; Eur. Or. 256 durante una crisi Oreste supplica la madre di non scatenargli contro le vergini dall’aspetto di serpi. Qui l’aggettivo GUDNRQWZYGHL‹(in forma di serpi), può essere riferito sia alla chioma delle dee sia alla presenza di serpi attorno alle braccia.

80 Le metope dell’Heraion del Sele rappresentano un ciclo che evidenzia i casi di personaggi che hanno a che fare con

il regno dei morti o sono legati a qualche colpa. Oltre al ciclo di Eracle (21 metope), eroe connesso all’Ade in seguito all’episodio della sua discesa agli inferi, appaiono Tantalo, Sisifo, afferrato alle spalle da un piccolo demone mostruoso e la storia di Oreste e della sua punizione. Questa testimonianza archeologica è interessante perché ci attesta l’attività di dèmoni punitivi nell’aldilà, sporadicamente registrata in testimonianze anteriori ad Eschilo cf. V. DI BENEDETTO, pp. 249-250, L’ideologia del potere e la tragedia greca. Per i cicli qui rappresentati viene presupposto l’influsso delle opere di Stesicoro. Delle Erinni viene messo in luce il loro aspetto persecutorio, tuttavia si rileva con interesse la loro associazione al serpente, un elemento squisitamente arcaico che potrebbe rappresentare in questo contesto il punto di giunzione tra un tipo di immaginario in cui questo animale aveva una caratteristica più neutrale e non necessariamente inquietante e la sua evoluzione di segno negativo, legato al concetto di vendetta. Le due metope sulle Erinni sono la N. 14 e la 15. Per un commento interpretativo di queste immagini rimando a D. KNOEPFLER, Les

Imagiers de l’Orestie, Catalogue d’une exposition crée au musée d’art et d’histoire du Neuchatel, ed. Akanthvs, 1992,

(11)

In uno scolio all’Ant., in cui si tratta dell’origine della stirpe tebana da un serpente, si dice che questo

drago sia stato generato da Ares e dall’Erinni di Tilpusa.

81

Il dato dei serpenti tenuti in mano dalle dee ricorre in molta parte del materiale iconografico che ci è

pervenuto. E’, si può dire, una caratteristica distintiva che ci permette immediatamente di visualizzarle

e contestualizzarle nella scena. La datazione dei documenti che ho analizzato copre l’arco di un secolo,

dal 450 a.C al 350 a.C circa. Su questo tipo di supporti gli elementi che caratterizzano le Erinni si

ripetono e col passare del tempo è possibile notare il crescere dell’attenzione e del gusto per la resa dei

dettagli. Dal chitone lungo si passa al chitone corto con l’intreccio dei lacci sul petto, le calzature alte

da caccia (

HMQGURPLY‹), le fiaccole e i serpenti in mano. Le immagini arcaiche rappresentanti mostri alati

nell’atteggiamento della corsa in ginocchio sono figurazioni della Gòrgone o di

MY(UL‹ i cui tratti

possono aver influito sia sulle formulazioni letterarie dell’aspetto delle Erinni sia su quelle artistiche.

Del resto le caratteristiche di

MY(UL‹, dea della discordia e delle liti, sembrano davvero rassomigliare

quelle dell’Erinni nel momento della sua piena e più netta configurazione di dea vendicativa della

colpa.

82

Pare che la capigliatura di serpenti attribuita alle Erinni sia invenzione di Eschilo, secondo la

testimonianza di Pausania, tratto ripreso dalle figure mostruose del mito come Medusa e le Gòrgoni,

figlie di Forco.

83

81 Sch. Ant. 126: […]

HMJHJRYQHLR-GUDYNZQHM[MY$UHZ‹NDL7LOIZYVVK‹M(ULQXYR‹; cf. P-W , p. 98.

82 Erinni con serpenti: lekythos attica datata 460-450 a.C. LIMC fig. 1, p. 595 e 827; hydria attica del 450 a.C. con

Oreste inseguito da due Erinni, una con un chitone corto, l’altra con la veste lunga e senza maniche, entrambe hanno serpenti in mano e in testa, LIMC fig. 41, p. 598 e 832; cratere attico del 440-430 a.C. con Erinni alata, serpenti in mano e nei capelli, chitone corto, LIMC fig. 42, p. 599 e 832; Pelike attica del 380-360 a.C., due Erinni in chitone lungo minacciano Oreste, LIMC fig. 45, p. 599 e 832; fra i documenti italioti, hydria campana del 350-325 a.C., Erinni in chitone lungo, alata, e con un grande serpente che le avvolge la vita fino al collo, LIMC fig. 58 p. 600 e 833; un’anfora lucana datata al 380-360 a.C. con Oreste in mezzo a due Erinni con serpenti, una delle quali tiene in mano uno specchio su cui è riflesso il volto di Clitemnestra, LIMC fig. 68, p. 600 e 834 e riproduzione in Daremberg et Saglio p. 1418; cratere apulo, 400-380 a.C., Oreste perseguitato da un’Erinni alata in chitone corto, LIMC fig. 70 p. 601 e 834; anfora apula, 330 a. C. circa, Erinni in piedi, alata, chitone corto, endromis, con una torcia in mano rivolta verso il basso (simbolo di morte), LIMC fig. 102 p. 604 e 837; il vaso a figure rosse di Ruvo datato alla metà del IV sec. a.C., con Oreste all’omphalos minacciato da un’Erinni in piedi, davanti a lui, che tiene in mano delle serpi (Museo Jatta, 1494), cf. P-W , p. 140, III, 1.

83 Paus. I, 28, 6: “

SOKVLYRQ GH L-HURQ THZeQ HMVWLQ D-‹ NDORXeVLQ M$TKQDLeRL 6HPQD‹, -+VLYRGR‹ GH M(ULQXe‹ HMQ 4HRJRQLYD² 3UZeWR‹ GHY VILVLQ $LMVFXYOR‹ GUDYNRQWR‹ HMSRLYKVHQ R-PRXe WDLe‹ HMQ WK²e NHIDOK²e TUL[LQ HLMeQDL”. Nell'iconografia indù, i capelli scompigliati sono il più delle volte una caratteristica delle divinità terribili (come pure delle Gòrgoni, nella mitologia greca), ma sono anche una caratteristica di Shiva. Sono in rapporto con Vâyu (il vento) e Ganga (il Gange), manifestazione del primo, che scorre dalla sua chioma di capelli arruffati. La trama, la tessitura dell'Universo, è costituita dai capelli di Shiva, che si identificano con le direzioni dello spazio.

(12)

I pittori, fino alla metà del V sec. a. C., rappresentavano solitamente le dee con l’attributo dei serpenti

in mano e non fra i capelli.

84

Il serpente è portatore di una doppia natura. Essendo legato alla terra è simbolo del ciclo naturale,

dunque di fertilità, di vita e di morte.

85

I serpenti venivano maneggiati anche durante i rituali dionisiaci

ed è per questo che divengono attributi delle Menadi. Le Baccanti avevano pure una capigliatura di

serpi. Più precisamente Euripide ci dice che solevano legare i loro capelli con serpi dal momento che

Zeus, alla nascita di Dioniso, aveva incoronato il bambino con una ghirlanda di serpi. Sui vasi del V

sec. a. C. le Menadi sono rappresentate con serpenti intorno alla testa o tra le mani.

86

Per quanto riguarda la sovrapposizione delle Erinni alle Baccanti negli autori di teatro, Eschilo, nelle

Eu

., parla di Menadi che vegliano sui mortali (

EURWRVNRYSZQ PDLQDYGZQ, vv. 499-500), Euripide ne

sottolinea a sua volta la caratteristica di instancabili cacciatrici. Nell’Or. dice che la sorte ha assegnato

loro un tiaso non bacchico (

DMEDYNFHXWRQ DL- TLYDVRQ, v. 319) mentre nell’Hec. sono le Baccanti

dell’Ade.

87

Questo tipo di associazione presuppone la messa in evidenza dell’aspetto selvatico delle

dee, della loro sfrenatezza nella danza e della crudeltà verso chi le oltraggia. Nell’iconografia questo

aspetto persecutorio che implica rapidità di movimento viene sottolineato attraverso l’uso di una

tunica corta in sostituzione della veste lunga fino ai piedi (

SRGKYUK‹).

84 Così, ad es., appare un’Erinni su un vaso a figure rosse del V sec. a. C. Riprodotta per la prima volta sul frontespizio

della monografia di Rosenberg e Cat. Hevdemann, Napoli, 2463.

85 La cosiddetta Minoan Snake Goddess (dea minoica dei serpenti) che si ritiene essere uno degli aspetti della Grande

Madre, sebbene non vi sia concordia fra gli studiosi in proposito, fu identificata dallo studioso A. EVANS. Tale divinità è rintracciabile dal cosiddetto periodo pre-palaziale (si pensi al vaso votivo di Koumasa, venuto alla luce insieme ad alcuni arredi funebri, il quale è a forma di figura femminile con un serpente avvolto attorno al suo corpo o le figurine rituali rinvenute nei magazzini del palazzo di Cnosso e nei santuari pubblici di Gurnia, Khania e Gorgtyn) a quello post-palaziale (1400-1000 a. C.). A quest’epoca risalgono oggetti rituali in terracotta, pur con caratteristiche differenti dal tipo originario della dea, che rappresentano figure stilizzate con le mani levate al cielo e simboli sacri: serpenti ma anche corni e uccelli. Modelli in terracotta di serpenti sono stati trovati nel centro di culto di Micene e il motivo dei serpenti compare fra le decorazioni di vasi funerari delle necropoli tardo micenee nel continente e nelle isole di Rodi, Kos e Cipro.

86 Eur. Ba. vv. 100-104 e 695-702. In questo passo il messaggero racconta il raduno delle Baccanti e ne descrive

l’aspetto. Si riporta che cingevano le pelli con serpenti che leccavano loro le guance. Inoltre si dice che al posto dei loro bambini allattavano cuccioli selvatici. Si tratta di un dato molto forte che rileva l’inversione delle norme di comportamento che caratterizza le seguaci di Dioniso. I rituali dedicati a Dioniso comprendevano anche la manipolazione di serpenti. L’allattare fiere è indice di una realtà demoniaca. Clitemnestra nelle Ch. sogna di allattare un serpente, una visione che traduce il suo stato di angoscia ed è rivelatrice della tragedia che presto si abbatterà su di lei.

87 Aesch. Eu. 499,

EURWRVNRYSZQPDLQDYGZQ; Eur. Or. 316 seg e Hec. 1078. Il passo dell’Or. le associa ad un tiaso ma ne nega la natura dionisiaca. Tuttavia ciò che è negato, nella misura in cui viene evocato, si rende presente a livello visivo.

(13)

L’anfora di Canosa ritrae una scena infera in cui le Erinni compaiono come punitrici, indossando la

QHYEUL‹, la pelle di cerbiatto, un attributo delle Menadi. Questa scena è particolarmente complessa e

aggruppa una serie di dei e personaggi legati all’espiazione.

88

Nella plastica le Erinni compaiono poche volte. Le figure femminili munite di fiaccole che si trovano

sui monumenti etruschi non appaiono solo nella rappresentazione dei miti in cui si parla di un delitto

ma ovunque vi sia una morte in atto o imminente. Si tratta quindi più che altro di generiche figure

della morte che non possono essere identificate esclusivamente con le Erinni greche, né interpretate

come personificazioni del rimorso.

89

Sui sarcofaghi romani le Erinni appaiono nei miti relativi a Penteo ed a Meleagro.

La cosiddetta Erinni Ludovisi è una testa di donna, copia romana d’epoca antonina di un esemplare

ellenistico, forse un bronzo, in cui, tra le diverse ipotesi, si è pensato di riconoscere un’Erinni

dormiente sulla tomba di Agamennone o sulla soglia del tempio di Delfi.

90

Per concludere questo excursus sulle origini mitiche, l’aspetto e l’immaginario delle Erinni, si commenterà brevemente la presenza delle dee nella cultura latina. Le

)XULDH



nel mondo latino, come del resto avviene per molti altri aspetti provenienti dalla civiltà greca, attingono a un’immagine più tarda delle dee, veicolata dalla cultura ellenistica, che ne aveva accentuato i dettagli terrificanti, collegando le Erinni al corteo di dèmoni inferi e notturni, guidati da Ecate, cui la superstizione e le pratiche magiche si affidavano per l’invocazione della sventura su chi aveva commesso qualche torto o per scongiurarne gli attacchi. In una satira di Orazio si legge di un rito notturno in cui vengono invocate Ecate e Tisifone. E le immagini infere di Virgilio risultano particolarmente espressive nel sottolineare gli aspetti più oscuri e angoscianti della vendetta e della punizione attuate dalle dee. 91

88 L’anfora di Canosa è riprodotta in Roscher, Lexikon d. Mythol., 1326; cf. P-W, 145, VIII, 1. Cf. anche Millin,

Tombeux de Canosa, pl. viii.

89 B. C. DIETRICH sostiene la dipendenza delle Erinni etrusche dalle divinità greche. All’inizio del IV si

accentuerebbero i loro tratti terrificanti, sempre sotto l’influsso greco cominciato prima del V sec. a. C., in seguito alla metamorfosi e innovazione che le dee subiscono nella cultura d’origine in seguito alla rappresentazione tragica. Lasa, Nathum, Leith, Culsu, Vanth (quest’ultima la più somigliante di tutte all’Erinni greca) sarebbero i nomi etruschi dell’Erinni. Lo studioso segue l’evoluzione etrusca dei dèmoni della morte identificabili con l’Erinni per avallare ulteriormente l’ipotesi secondo cui all’inizio, anche nel mondo greco, non si trattava di una dea della vendetta, ma di una divinità associata alle forze della natura e che fosse capace di infliggere la morte: in questo senso si spiegherebbe il legame col concetto di destino (o.c., p. 145 seg.).

90 Erinni Ludovisi, marmo lunense, Museo Nazionale Romano in Palazzo Altemps, inventario 8650. Anche se si tratta

di un’ipotesi ormai abbandonata, la testa continua a essere nota col nome di Erinni. La critica moderna la ritiene un’amazzone morta pertinente ad uno dei gruppi statuari di Pergamo. Per le diverse ipotesi LIMC p. 827.

91 Hor. Sat. I, 8; sull’Esquilino, nell’ex cimitero plebeo, riconvertito a giardino da Mecenate, le streghe Canidia e

(14)

La sovrapposizione tra le

)XULDH

e un’antica divinità nota come Furrina o Furina, forse di origine etrusca, al cui culto pare fosse preposto uno dei flamines minores, il flamen Furinalis, e per la quale risultano attestati anche dei

)XUULQDOLD

, cioè feste in suo onore, è stata favorita dalla somiglianza dei nomi. Come nel caso del Lucus Furrinae situato sulla riva etrusca del Tevere, che è ipotizzabile fosse consacrato originariamente a Furrina. In un periodo successivo, in seguito alla scomparsa degli elementi della cultura etrusca da Roma, si era tentato di “modernizzarlo” con l’aiuto di un gioco etimologico di parole che lo collegasse al culto delle

)XULDH

, ma senza grande successo. 92

Anche le Erinni, come molti altri aspetti della cultura greca penetrati a Roma e collegati a una fase più tarda di tale civiltà, quella ellenistica, risultano diversamente connotate rispetto alle origini e alla loro elaborazione classica nel mondo greco.

dall’intervento di Priapo: vv. 33- 36 «………Hecaten vocat altera, saevam/altera Tisiphonen: serpentes atque videres/ infernas errare canes lunamque rubentem,/ ne foret his testis, post magna latere sepulcra ».

“Una invoca Ecate, l’altra la terribile Tisifone:/ avresti potuto vedere vagare i serpenti e le cagne infernali/ e la luna rosseggiante calare dietro i grandi sepolcri/ per non essere testimone di ciò”.

Verg. Aen. VI 555-556, «Tisiphoneque sedens, palla succincta cruenta,/ Vestibulm exsomnis servat noctesque diesque » “Tisifone siede, avvolta in cruento mantello,/ e guarda il vestibolo, insonne di giorno e di notte.”; Aen. VII, 323-331, descrizione di Aletto definita figlia della Notte e di Plutone. Si dice che non ha un unico aspetto ed è capace di cambiarsi in molte forme, il corpo pullula di nere serpi ed ha la capacità di suscitare guerre.

« Haec ubi dicta dedit, terras orrenda petivit:/ luctificam Allecto dirarum ab sede dearum/ infernisque ciet tenebris, cui tristia bella/ iraque insidiaeque et crimina noxia cordi./ Odit et ipse pater Pluton, odere sorores/ Tartareae monstrum : tot sese vertit in ora, / Tam saevae facies, tot pullulat atra colubris…… »«………virgo sata Nocte»; Aen. XII, 845 seg. Descrizione di Megera associata alle Dirae. Inviata contro Turno in forma di uccello notturno, gli vola sul viso, sinistro presagio di morte (861-864): «Dicuntur geminae pestes cognomine Dirae,/ quas et tartaream Nox intempesta Megaeram/ uno eodemque tulit partu paribusque revinxit/ serpentum spiris ventosasque addidit alas». Sulla disgregazione dei legami familiari, Sen. Med. 958 seg. Medea invoca le furie alle quali dice di avere aperto il petto. il suo agire che appare quasi come un invasamento ispirato dalle dee è scatenato dalla violazione del patto coniugale da parte di Giàsone ed ha come controparte l’uccisione dei figli, in modo da annullare ogni legame, rimuovendo proprio il nesso di consanguineità rappresentato dalla prole. Non c’è un mandante delle furie. Esse sono suscitate dalla rottura dell’unità familiare

92 “Il Lucus Furrinae, situato nella parte centrale di Trastevere, a meridione della Via Aurelia Vetus, dove è ora Villa

Sciarra, era, forse in origine, consacrato a questa divinità estranea al culto latino; del resto ci troviamo proprio sulla riva etrusca del Tevere. Il nome stesso della divinità, di forma incerta e di etimologia oscura, rivela forse questa origine.Nel periodo repubblicano, parallelamente alla progressiva eliminazione degli elementi etruschi di Roma, questo bosco a poco a poco era stato dimenticato, come il numen che lo abitava” (P. GRIMAL, I giardini di Roma

antica, Garzanti-Storia, 1990). Cicerone, De natura deorum, III, 46 seg. dove l’autore latino associa i nomi delle due

divinità in questione, suggerendo una loro sovrapposizione. Assimilazione che forse si basa sul carattere sotterraneo di questa divinità, ma che fu facilitata, se non ispirata, dalla tragica morte di Caio Gracco in questo bosco (Plu. C.Gracch. 3, 1 Teubner e App. Bell.civ. I, 26 [ 117]. E questo magari sulla scorta della tradizione letteraria che aveva celebrato il boschetto di Colono e le Eumenidi loro abitatrici (cf. Soph. OC). L’identificazione tra Eumenidi ed Erinni per ciò che riguarda questo caso insieme alla tradizione dei boschi sacri che generalmente sono collegati nell’immaginario antico al mondo magico e ai poteri della terra, custoditi dalle divinità in essi consacrate, oltre al fatto che l’Erinni, a partire dalla rappresentazione letteraria del mito di Oreste, è associata ai fatti di sangue, può aver dato origine alla leggenda del lucus Furrinae.

(15)

In generale, al termine di questa rassegna introduttiva possiamo dire che comporre gli indizi

disseminati nelle fonti a nostra disposizione, pensando di ottenere un ritratto uniforme delle Erinni, è

un’impresa che può risultare deludente.

Innanzitutto le fonti stesse hanno via via filtrato caratteristiche legate alla rappresentazione delle dee

dettate dai cambiamenti del gusto e degli orientamenti nelle diverse epoche. Le testimonianze

registrano queste differenze e puntano la loro attenzione ora su un aspetto ora sull’altro, a seconda

della moda e della forza attrattiva che certi eventi, come ad esempio la rappresentazione delle Eu. di

Eschilo, possono aver esercitato, contribuendo alla canalizzazione e alla riformulazione degli aspetti

connessi con l’immagine delle dee.

Così la loro caratteristica punitiva e persecutoria di chi si è macchiato di una colpa è un elemento

arcaico, risalente ad Omero, ma si può supporre che abbia subito un approfondimento nella visione

orfica che conferiva alla vita nell’aldilà e al concetto di colpa uno spazio e un’articolazione molto

maggiori di quelli che riservava loro la credenza tradizionale. In base alla concezione orfica le Erinni

svolgono una funzione strettamente legata al mondo infero, come divinità preposte alla tortura e alla

vendetta.

93

Nel V a. C. la cultura greca sembra recepire in diversi contesti, dalla poesia alla pittura,

l’idea di persecuzione dei morti per le colpe di cui si sono macchiati da vivi. Si pensi ad alcune delle

93 L’idea di punizione delle colpe post mortem risulta appartenere alla cultura greca. Si pensi all’evocazione delle

Erinni come potenze che sotto terra puniscono i morti (Il. XIX, 259-260). Nell’ h. Cer., Persefone è ritratta come colei cui spetta la punizione dei malfattori. Sulla religione orfica e le sue testimonianze nel mondo antico torneremo nel capitolo seguente a proposito dei caratteri persecutori delle Erinni e il loro legame con la punizione delle colpe nell’al di là. Sull’idea di condanna, documentata nella cultura greca antica, a scontare nel mondo degli inferi le colpe commesse da vivi si veda l’excursus di testimonianze fatto da V. DI BENEDETTO, L’ideologia del potere, cap. V, pp. 249-251. Una posizione simile è espressa anche da W. BURKERT, o.c., IV 2, p. 378. Egli definisce le concezioni del giudizio e della punizione come frutto sia del diffondersi delle dottrine orfiche sia dell’influsso egizio, e cita in proposito L. RUBL, De mortuorum iudicio, 1903, e GRAF pp. 79 – 150.

Nell’O. II di Pindaro, datata al 476 a. C. e dedicata a Terone di Agrigento, appartenente alla famiglia degli Emmenidi che collegava la sua origine a Edipo e a Cadmo, il poeta ricostruisce le vicissitudini di questa stirpe (vv. 20-22) e parla di come le azioni ricadano sul sangue (vv. 29-30). Nel componimento, incentrato sui temi della colpa e della punizione, e nel quale viene menzionata l’Erinni che ha fatto uccidere Eteocle e Polinice con le proprie mani e in cui si parla del destino di beatitudine che attende coloro che si sono astenuti dal commettere ingiustizie (vv. 56-72), riecheggiano dottrine orfiche.

Il papiro di Derveni, datato al tardo IV sec a. C, contiene una sezione definita come “Teogonie di Derveni” che racchiude diverse versioni orfiche dell’origine degli dei. Si dice che dall’unione di Zeus con Rea-Demetra, entrambi sotto le spoglie di serpenti, fosse nata Core e che questa, unendosi con Plutone, gli avesse generato le nove Eumenidi (197, 360; M. L. WEST, The orphic poems, pp. 68-75, Oxford). Questa genealogia orfica, presupponendo la filiazione delle dee da Core, finisce per connettere l’elemento ctonio e ultraterreno a quello della fertilità. Pare dunque riaffiorare anche quella che doveva essere la caratteristica originaria delle divinità. Inoltre, dall’analisi di West, che interpreta questo papiro come un commentario alle dottrine orfiche, risulta che la parte introduttiva del commento fosse dedicata a una discussione sulle Erinni, sul loro ruolo di punitrici degli spergiuri e di custodi dell’ordine cosmico (West, ibidem, p. 78). Sulla discussione del rapporto fra Erinni e orfismo avremo modo di tornare nel corso di questa analisi.

(16)

testimonianze che abbiamo già avuto occasione di citare quali la Nekyia di Polignoto, la descrizione

infera della Rane, e ancora il riferimento alle dottrine orfiche nella O. II di Pindaro.

Le Eu. di Eschilo in cui le Erinni si presentano sulla scena come impressionanti punitrici dei colpevoli

traggono certamente ispirazione da quest’ordine di idee. Oltre, anche questo lo abbiamo rilevato più

volte, ad aver contribuito in maniera decisiva a una sorta di fissazione dei caratteri con cui si è

costruita l’immagine successiva delle Erinni. Un esempio di particolare interesse in questo senso lo

troviamo in un passo di Diogene Laerzio dove si dice che il filosofo Medemo, alunno di Colote di

Lampsaco, si atteggiava a Erinni:

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94

Questa immagine di mago visionario, messa in collegamento con le Erinni, rispecchia le credenze

superstiziose che in età ellenistica si sviluppano attorno alla considerazione di queste dee e mostra

l’affermarsi di un canone fisso per la caratterizzazione del loro aspetto. Ma in questo passo si

evidenzia anche un altro dato interessante: l’abito che imita l’addobbo delle Erinni è stretto da una

cintura rossa. Il rosso costituisce una delle immagini-chiave dell’Orestea, sul cui simbolismo tornerò

più avanti, e in particolare sembra evocare il corteo di buon augurio che chiude la trilogia dove le dee

sfilano indossando una veste rossa, come quella dei meteci nelle Panatenee. Un contatto questo che

rafforza il debito con la tragedia per ciò che concerne il ritratto più tardo delle Erinni.

94 D. L. VI, 102: “Menedemo fu alunno di Colote di Lampsaco. Secondo Ippoboto, fu un visionario così pieno di fede

miracolistica che andava in giro vestito come un’Erinni e diceva di essere venuto dall’Ade a prendere conoscenza delle colpe che si commettevano, per poterle riferire, una volta tornato, agli dei di laggiù. Andava vestito nel seguente modo: una tunica di colore lugubre, lunga fino ai piedi, stretta da una cintura di color rosso porpora, un cappello arcadico sulla testa, in cui erano intessuti i dodici segni dello zodiaco, coturni tragici, una barba lunghissima, una verga di frassino nella mano”.

(17)

E sempre sulla canonizzazione dell’aspetto delle dee Strabone che si serve dei loro connotati per

descrivere le caratteristiche di un popolo iberico. Anche qui evidentemente l’autore si appoggia a

un’immagine tradizionale consolidata dalla rappresentazione tragica. Il paragone è reso possibile

dall’affermarsi di un modello:

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95

Per concludere la nostra riflessione introduttiva, il ritratto tragico delle Erinni, e la selezione degli

aspetti che vi confluiscono ad opera della creatività degli autori, testimonia principalmente la

complessa articolazione che ne contraddistingue l’identità e gli immaginari ad esse collegati.

Dall’iscrizione in Lineare B rinvenuta a Cnosso alla descrizione di Menedemo, il filosofo che si

atteggiava a Erinni, assistiamo a un progressivo irrigidimento delle possibilità espressive delle dee.

Da figure aperte e ricettive di una pluralità di valori e significati, affatto conflittuali, alla fine dell’età

classica risulterebbero definitivamente bloccate in una griglia di attributi fissi, tanto nella letteratura

quanto nell’iconografia.

La loro natura nel lungo arco di tempo, acquistando caratteri più peculiari, principalmente sotto la

spinta delle rappresentazioni tragiche, pare averne abbandonati altri, presenti invece nel primo

manifestarsi di queste figure. Per ritrovarli bisogna procedere a ritroso ma anche qui di nuovo i

contorni si perdono, a causa della rarefazione dei documenti. In conclusione, il ritratto delle Erinni

emerge dalla considerazione della polivalenza e del profondo stratificarsi delle loro caratteristiche

nella cultura di cui fanno parte.

95 Str. III, 175: “La isole Cassiteridi [di fronte alle coste settentrionali della Spagna n.d.t.] sono dieci e giacciono l’una

accanto all’altra, verso nord, al largo del porto degli Artabri. Una di esse è deserta, mentre le altre sono abitate da uomini che indossano mantelli neri, chitoni che li avvolgono fino ai piedi, una cintura intorno al petto e dei bastoni con i quali camminano, simili alle Punitrici delle tragedie….”; il passo è analizzato anche in P-W, p. 118.

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