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Quarto Capitolo L’ENEIDE

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Academic year: 2021

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Quarto Capitolo

L’ENEIDE

1. I Predecessori

Kotljarevs’kyj non fu il primo a cimentarsi in una traduzione o rifacimento dell’Eneide virgiliana. Molti suoi contemporanei vi si cimentarono e alcuni di essi lo ispirarono alquanto.

Un’Eneide travestita è quella del tedesco A. Blumauer (1755-1798), Le avventure del pio eroe Enea (1783-86); abbiamo poi l’Eneide Travestita (1771) dello scrittore tedesco I. Michaelis, e il Virgilio Travesti (1648-1652) del francese P. Sarron (1610-1660).

Ma è probabilmente leggendo la Virgilieva Enejda, vyvoročennaja naiznanku (L’Eneide di Virgilio rivoltata al contrario, 1791-1808) di M. Osipov che Kotljarevs’kyj iniziò a comporre la sua Eneide. L’Eneide di Osipov poteva essere considerata un rifacimento, ma anche una libera traduzione dell’Eneide di Blumauer. Osipov non pensava né ad una parodia letteraria di Virgilio, né ad una satira politica, ma semplicemente ad una versione comica dell’Eneide. Lo stile basso diventa osceno o burlesco. A differenza di Osipov, però, Kotljarevsìkyj non scrive di proposito in una lingua ‘bassa’: egli decide di scrivere in ucraino, la lingua del popolo ucraino, della poesia ucraina, delle canzoni, dei racconti e del pensiero popolare. I personaggi di Kotljarevs’kyj non sono fedeli a quelli di Virgilio, ma non sono neanche un loro rovescio come per Osipov; essi sono ripresi dalle rivolte cosacche (1775), così che leggendo l’Eneide potremmo imbatterci in un Orchim o in un Taras.

2. L’Eneide

Durante la vita di Kotljarevs’kyj uscirono tre edizioni dell’opera: una del 1798 (composta dalle prime 3 parti), una del 1808 (sempre composta da 3 parti) e una del 1819 (composta da 4 parti). Solo l’ultima fu autorizzata dall’autore. Le altre due parti furono scritte nel 1821.

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Perché l’Eneide fu stampata interamente solo dopo la morte di Kotljarevs’kyj? Kotljarevs’kyj portò all’editore solo una parte del testo, e per essa voleva 2000 rubli. L’editore richiedeva almeno l’opera intera, se non anche accompagnata da qualche altro elemento (ad esempio opere teatrali, poesie), perché era così che avrebbe ottenuto successo e attirato l’attenzione dei lettori. Ma Kotljarevs’kyj non accettò.

L’intera opera uscì in stampa solo nel 1842, con il titolo di “Eneide virgiliana in lingua ucraina composta da I. Kotljarevs’kyj”.

Dopo questa edizione ce ne fu un’altra nel 1961 e una nel 1964. Durante il periodo sovietico fu tradotta da I. J. Bražnin (1952, 1955) e da K. V. Kudenskij (1952, 1956). Kotljarevs’kyj dedicò la maggior parte della sua vita alla stesura dell’Eneide e attinse a numerose fonti: oltre a Osipov, anche Žukovskij (per le ballate), Krylov (per le favole) e Karamzin (per la prosa). E’ anche l’epoca di Lomonosov, Sumarokov, Deržavin, Cheraskov. Non deve quindi sorprendere il fatto che l’Eneide attirasse moltissimi lettori nonostante l’”occidentalità” del suo stile.

Il verso utilizzato è tonico-sillabico, e costituisce quasi una novità. Kotljarevs’kyj usa la strofa di 10 giambi a 4 piedi con rima ABABCCDEED. Precedentemente il verso maggiormente usato in Ucraina era quello sillabico, anche se vi erano stati vari tentativi di innovazione, soprattutto nel genere burlesco. Probabilmente Kotljarevs’kyj si ispirò a Osipov per la scelta del suo verso, anche se possiamo notare una certa differenza tra i due, in quanto nell’Eneide di Kotljarevs’kyj la versificazione è molto più libera e ha una maggiore forza espressiva.

L’intento di Kotljarevs’kyj era principalmente quello di attenersi a tre punti fondamentali, ovvero la conservazione di alcuni elementi dei poemi precedenti, i cambiamenti richiesti dalla mutata situazione storica e il riferimento alla tradizione folclorica nazionale.

Dei primi due punti si è già discusso precedentemente. Per quanto riguarda il mantenimento della tradizione folclorica ucraina, Kotljarevs’kyj attuò una vera e propria opera di riambientazione degli eventi. Dal mondo dell’Eneide virgiliana (ovvero quello latino) si passa a quello ucraino, fornendo quindi un quadro geografico e culturale dell’Ucraina del tempo, che però acquista una connotazione satirica. Questo elemento lo ritroviamo ad esempio nella descrizione del regno sotterraneo (che occupa sostanzialmente tutta la terza parte dell’opera), l’inferno, dove i lettori potevano inferire nelle descrizioni caratteristiche umane che erano proprie del loro mondo. La descrizione delle pene infernali è un perfetto rovescio delle abitudini umane (una specie di contrappasso), da cui scaturisce un imponente panorama satirico, nel quale molti letterati individuarono le caratteristiche di

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una satira realistica. Kotljarevs’kyj parla spesso di realismo, spesso con accenti storico-letterari. A proposito dell’Eneide si è spesso parlato di una forma precoce di realismo, anche se priva di una visione critica delle dinamiche sociali, elemento che ritroveremo nella letteratura della seconda metà dell’Ottocento. Solo dopo la pubblicazione del poema infatti si assiste alla comparsa di tutta una serie di opere che elaborano scientificamente la tradizione popolare, inserendo appunto una forte dose di satira.

Šamraj (autore di un articolo sul realismo di Kotljarevs’kyj), associa l’autore con le commedie del XVIII secolo: “Mai nessuno è stato più eloquente di Kotljarevs’kyj, va oltre le tecniche ingenue del primo realismo, che riproduce il comico o nelle sproporzioni fisiche del personaggio, o nelle sue esagerazioni fisiologiche”1. Kotljarevs’kyj rappresenta l’organicità sociale nei rapporti con i suoi gusti, le abitudini, determinati dalla sua stessa vita sociale.

L’Enea di Kotljarevs’kyj non ha nulla a che fare con quello virgiliano, non deve lottare contro il volere degli dei. Fin dai primi versi del poema egli risulta ‘bedovij’ (coraggioso), ‘paribok’ (un giovinetto), ‘na šalini prytkij, neputevyj’ (incline alla tresca amorosa, poco serio), a capo di un gruppo di ‘straccioni pelati’, con i quali fugge dalla presa di Troia ad opera dei greci. Enea quindi finisce a Cartagine, dove fa impazzire d’amore Didone, dopo di che si dirige alla fondazione di Roma. Questo è l’Enea della prima e della seconda parte. Successivamente assistiamo alle eroiche imprese da alcolizzato del protagonista e della sua vivace compagnia.

Enea è un personaggio fondamentalmente umano, che ha ormai perso le sue caratteristiche di ‘eroe’. E’ incline ad ogni genere di vizio, si dedica a pranzi luculliani e ad incontri amorosi, e per essi dimentica spesso di dover adempiere al volere degli dei. Conserva tuttavia il lato generoso e pseudo-coraggioso dell’Enea virgiliano, pronto ad aiutare i suoi compagni e a difendere la patria, pur spaventandosi enormemente di fronte al più piccolo ostacolo (elemento palese nella terza parte, quando decide di scendere negli inferi in cerca del padre) e scegliendo la fuga come soluzione al 90% dei suoi problemi.

Il resto dei personaggi non ha caratteristiche molto differenti da quelle del protagonista. I troiani sono un branco di cosacchi, rozzi, sporchi, urlanti, viziosi, tra i quali spunta qua e là una personalità di spicco (ad esempio Palinuro, o meglio Taras), che vengono solo vagamente sfiorati dal desiderio di arrivare in Italia, mossi invece dalla necessità di fuggire da una città (Troia), in preda all’assalto nemico.

1 A. P. Šamraj, Problema Realismu v Eneidi I. P. Kotljarevs’kogo, cit. in Ivan Petrovič Kotljarevs’kyj,

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Virgilio dipingeva il quadro di un popolo in ascesa, quello romano; per Kotljarevs’kyj la situazione è inversa, il popolo ucraino è ormai sottomesso a quello russo, e il suo compito è quello di cercare di risvegliare gli animi partendo proprio dal popolo.

Anche l’atteggiamento nei confronti della religione è piuttosto differente: Virgilio loda gli dei pagani, Kotljarevs’kyj li descrive umoristicamente. Il pantheon degli dei antichi è rappresentato dal panstvo (nobiltà) ucraino. La Sibilla Cumana viene descritta come una classica Baba-Jaha (strega) delle favole ucraine. In fondo Kotljarevs’kyj era un cristiano ortodosso, ed era quindi ovvio e naturale che non avesse rispetto per le divinità pagane. Ma non è propriamente questa l’esatta motivazione di questa trasposizione di caratteri. Non bisogna considerare il mondo degli dei in quanto tale, ma appunto come rappresentante di qualcosa di strettamente nazionale, correlazione che risultava evidente ai lettori del tempo. Gli dei rappresentavano uno specchio delle sfere alte della società ucraina, quindi non molto diverse da quelle basse. Oltre ad essere un’opera satirica, è di denuncia nei confronti della burocrazia del tempo; gli dei sono dipinti satiricamente, come figure beone, rissose e voluttuose, ciò a simboleggiare il degrado generale.

Non è un caso, inoltre, che metà del poema (IV, V e VI parte), sia occupata dal conflitto fra lo pseudo eroe positivo Enea e quello negativo Turno, da una guerra più volte indicata come inutile e stupida soprattutto dal re Latino (IV parte, strofe 88-93), mentre sono proprio i nobili signori i favorevoli allo scontro, proprio per ragioni di potere.

E’ il primo poema che vede gli ucraini come protagonisti, e gli ucraini vi si rivedevano completamente. Non deve quindi stupire che l’opera ebbe un enorme successo.

L’Eneide di Kotljarevs’kyj non si rifà completamente alla tradizione europea. Kotljarevs’kyj si propone come interprete della propria lingua. Egli fa sì che i lettori possano identificarsi con i personaggi del testo. Ma chi sono questi lettori? Sono coloro che lessero l’Eneide virgiliana e se ne entusiasmarono, ed ora si trovano di fronte ad un’Eneide scritta nella propria lingua, e possono quindi confrontare le due opere.

Perché Kotljarevs’kyj scelse l’Eneide di Virgilio e non, ad esempio, l’Odissea di Omero? Come abbiamo già osservato, uno dei motivi era costituito dal contatto dell’autore con altri esempi di traduzione dell’Eneide, ma bisogna anche sottolineare che l’Eneide era un’opera molto diffusa in quel periodo, ed era quindi in grado di esercitare una maggiore influenza sul lettore.

L’Eneide virgiliana non va intesa e analizzata nell’ottica del modernismo odierno, ma in quell’ottica mitologica che innalzò Virgilio ai più alti livelli poetici e la pose come

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capostipite della civilizzazione europea nel corso di duemila anni. Tuttavia l’Eneide diventò immortale non tanto per la sua mitologia, quanto per il suo senso. Perché il titolo Eneide? Per celebrare il viaggio di Enea, che fondò un nuovo stato e una nuova popolazione. Nel nostro caso Kotljarevs’kyj sceglie quindi un’opera che possa diventare un modello per gli ucraini, trasponendo lingua, scenari e personaggi virgiliani in un’ottica appunto ucraina. Grazie al suo soggiorno a Poltava egli è in grado di compiere tale operazione, soprattutto dovuta al suo stretto contatto con la popolazione del luogo (principalmente con i bambini, come abbiamo visto, quando lavorò come direttore del collegio per i figli dei nobili poveri).

Kotljarevs’kyj ha la percezione che la mitologia dell’Eneide sia pericolosa per l’Ucraina della vecchia reggenza. E proprio per questo motivo decide di sceglierla.

Kotljarevs’kyj usa però l’ironia, la satira. Virgilio scelse la mitologia dell’Eneide per elogiare il popolo romano, Kotljarevs’kyj la scelse per ironizzare sul marginalismo della società ucraina, della sua lingua, delle sue abitudini. Gli ucraini ai confini dell’Ucraina rischiavano di diventare ‘marginali’, di perdere la propria ucrainicità.

Non è l’Ucraina la protagonista dell’Eneide di Kotljarevs’kyj, ma il processo della marginalizzazione del mondo ucraino.

Quest’opera risvegliò l’animo assopito degli ucraini. Dopo Kotljarevs’kyj molti altri suoi compatrioti cominciarono a scrivere nella propria lingua.

3. I Seguaci2

Kotljarevs’kyj è stato più volte definito come il padre della letteratura ucraina, non tanto come fondatore di una nuova epoca, quanto come critico della politica locale.

Furono numerosi gli scrittori che si ispirarono a lui per le proprie opere; tra essi possiamo annoverarne un piccolo elenco:

Kostantin Puzina (1790 – 1850), studiò all’accademia clericale di Pietroburgo. Egli si ispirò a Kotljarevs’kyj nella sua opera “Oda – malorossijskij krest’janyn’” (Ode – il contadino piccolo russo). Il titolo ci dimostra già come l’accento sia posto sul carattere “popolare” della letteratura. Un altro elemento di rilievo è la forma dell’ode, ovvero quella poetica, per la quale viene utilizzata proprio la lingua ucraina, per cui gli ucraini “Ne tol’ko

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čustvujut, no y pišut’ po malorossijsky” (Non solo percepiscono ma scrivono in piccolo russo);

Michajl Makarovs’ky (1783 – 1846), scrisse “Natalja abo dvi doli razom”. Era molto stimato dai suoi contemporanei, che lo consideravano come il creatore di un’epopea popolare, tuttavia egli non può essere definito tanto poeta, quanto piuttosto fedele ritrattista delle difficili condizioni in cui versava la popolazione ucraina del tempo (ad esempio Natalja, la stessa protagonista della sua opera);

Ostap Rudiskovs’ky (1784 – 1851), che mostrò un notevole interesse verso il lato storico della cultura ucraina. Egli si ispirò molto a Kotljarevs’kyj nelle sue opere, ma accentuò il carattere critico nei confronti dei suoi lettori.

• Tra gli altri, meno famosi, possiamo ricordare Pavlo Bilez’kij-Nosenko (1784 – 1856), e le sue numerose opere come “Goropinida”, “Prikazki”, “Gostinez’ Zemljakam”; Oleksander Korsun (1818 – 1891), autore di “Snip”; Porfir Koreniz’kyj con il sui poema “Večenizi” e “Za Neman’ idu”; Kostjantin Dumitraško (1814 – 1886), con la sua “Zabomišodrakivkoju”.

4. Kotljarevšina

Perché si parla di Kotljarevšina? Tutti gli autori che si ispirarono in qualche modo a Kotljarevs’kyj, presero da lui i temi storici, popolari, di narodnost’, visceralmente ucraini, e li adattarono ad altre forme letterarie, così che non solo Kotljarevs’kyj, ma tutti i suoi seguaci possono essere considerati fautori di una letteratura prettamente ucraina, in cui non solo il corpo ma soprattutto l’anima dell’opera risulta essere del tutto ucraina.

Possiamo annoverare tra i kotljarevšini anche grandi maestri come Vasilij Gogol’ (┼1825 con la sua commedia “Sobaka-vivzja”, “Moskalja-Červinika”, sebbene possiamo considerare Gogol’ più come un padre lui stesso che come un figlio di Kotljarevs’kyj.

Poi abbiamo l’unica opera teatrale di Kiril Topol, “Čari ili njaskolko szen’ iz’ Sylej i razkazov ukrainskich”. Infine Jakiv Kucharenko (┼1862), amico di Ševčenco, famoso per la sua opera teatrale “Čornomors’kyj” pobit” ed alcune opere letterarie etnografiche come “Plastuni” e “Vivzi i čabani v’ čornomorii” e il racconto popolare ”Voronij Kin’”.

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