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I 10 mali dell’apprendistato italianoEcco perché nonfunziona

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Academic year: 2021

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9/5/2014 Economia e Finanza - Corriere della Sera

http://www.corriere.it/economia/14_maggio_07/i-10-mali-dell-apprendistato-italiano-ecco-perche-non-funziona-03d5d790-d5f9-11e3-8f76-ff90528c627d_p… 1/2

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LO STUDIO DI ADAPT, L’ASSOCIAZIONE FONDATA DA MARCO BIAGI

I 10 mali dell’apprendistato italianoEcco perché non

funziona

Da un quadro regolatorio incerto a un sistema di certificazione delle competenze ancora inattuato: i limiti del nostro sistema e le raccomandazioni europee Fabio Savelli A ben vedere dovrebbe essere la chiave d’ingresso prevalente dei giovani nel mondo del lavoro. Una tappa obbligata per acquisire competenze. Una sorta di periodo in cui dimostrare la propria affidabilità e la propria volontà di apprendere in prospettiva di maggiori responsabilità all’interno dell’organigramma aziendale. La Commissione Europea, consapevole della sua importanza, ha persino promosso l’iniziativa denominata «Alleanza europea per l’apprendistato» con l’intento di avviare uno scambio continuo di esperienze tra i governi. Peccato che il modello italiano sia pieno di lacune e incertezze tale da convertirsi nell’anello debole dell’Unione in un Paese in cui la disoccupazione giovanile è a doppia cifra, i neet veleggiano oltre quota due milioni e gli under 29 (ora destinatari del singhiozzante, per ora, programma Garanzia Giovani) siano per ora sacrificati in attesa che riparta davvero l’economia. LO STUDIO L’associazione Adapt, fondata dal giuslavorista Marco Biagi, ha

realizzato un paper per il Corriere della Sera, in cui ha analizzato tutti i limiti del nostromodello di apprendistato confrontandolo con le altre pratiche europee. E ha individuato un decalogo di errori. Eccoli (leggi lo studio di Adapt qui):

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9/5/2014 Economia e Finanza - Corriere della Sera http://www.corriere.it/economia/14_maggio_07/i-10-mali-dell-apprendistato-italiano-ecco-perche-non-funziona-03d5d790-d5f9-11e3-8f76-ff90528c627d_p… 2/2 1) L’esistenza di un quadro di riferimento istituzionale e regolatorio totalmente instabile a causa di dieci interventi normativi in poco più di tre anni che hanno finito per creare soltanto confusione. 2) Scarso coinvolgimento delle parti sociali, addirittura «nullo» il grado di condivisione sull’apprendistato di primo e terzo livello. 3)Solo parziale la collaborazione con le imprese su progetti specifici, proprio loro l’anello decisivo della filiera perché i terminali di accoglienza dei giovani apprendisti. 4) Assenza di qualunque partnership strategiche tra aziende e università sui fabbisogni formativi: manca semplicemente un catalogo di richieste di competenze da parte delle nostre imprese che dialogano raramente con i nostri centri di formazione. 5) Un repertorio nazionale delle professioni totalmente inattuato. 6) Incerta qualità delle ore obbligatorio di apprendistato con relativa lamentela dell’aziende. 7) Difficoltà nella trasformazione dei contratti di apprendistato in tempo indeterminato (nel 2012 flessione del 10,8%) proprio per un sistema formativo a tratti carente e anche a causa di una domanda asfittica da parte delle imprese. 8)Scarsissima diffusione dell’alternanza scuola lavoro secondo la best practice tedesca, cioé manca l’integrazione tra le competenze teoriche e l’esperienza lavorativa. 9) Sistema di certificazione delle competenze degli apprendisti inattuato e stravolto dalla legge Fornero. 10) Bassa personalizzazione dei piani formativi per le fasce particolarmente vulnerabili della popolazione.

LO SPREAD CON L’EUROPA L’esito complessivo denota una distanza abissale tra

Italia ed altri Paesi europei, in cui l’apprendistato è un sistema integrato tra scuola e lavoro, mentre nel nostro Paese rischia di risolversi soltanto in un contratto di primo inserimento fortemente incentivato. Urge muoversi in fretta rispolverando magari il Testo Unico 2011 condiviso da governo, regioni e parti sociali che tentava una riorganizzazione complessiva del modello italiano. Inattuata. 7 maggio 2014 | 19:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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