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Nota di approfondimento - Obbligo versamenti diretti delle entrate comunali (decreto legge n. 193 del 2016)

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1 Roma, 22 dicembre 2016

Nota di approfondimento

Obbligo versamenti diretti delle entrate comunali (dl n. 193 del 2016) L’art. 2-bis del decreto legge n. 193 del 2016, inserito dalla legge di conversione 1°

dicembre 2016, n. 225, reca importanti novità in tema di riscossione delle entrate comunali. L’articolo, il cui testo riflette solo in parte la più ampia indicazione recata dalla rubrica (“Interventi a tutela del pubblico denaro e generalizzazione dell’ingiunzione di pagamento ai fini dell’avvio della riscossione coattiva”) derivante da una più ampia proposta formulata dall’Anci, prevede che, in deroga all’art. 52 del D.lgs. n. 446 del 1997, il versamento spontaneo di tutte le entrate comunali, anche non tributarie, debba essere effettuato “direttamente sul conto corrente di tesoreria dell’ente impositore”, o mediante modello F24, o attraverso gli strumenti di pagamento elettronici resi disponibili dagli enti impositori. Fanno eccezione l’Imu e la Tasi che continuano ad essere versate, sempre in deroga al richiamato art. 52, esclusivamente tramite F24 o bollettino postale unico omologo al modello F24, valido indistintamente per tutti i comuni del territorio nazionale.

La norma è caratterizzata da alcuni elementi di incertezza, che è auspicabile vengano meglio chiariti per via normativa. Appare tuttavia opportuno proporre alla riflessione alcuni punti essenziali che possono trovare sistemazione applicativa anche per via interpretativa.

L’analisi della disposizione non può prescindere dalla sua ratio che va certamente individuata nella volontà di minimizzare i rischi connessi al maneggio di denaro pubblico da parte di soggetti terzi, benché titolati da appositi contratti, come nel caso dei concessionari di cui all’art. 53 del d.lgs. n. 446 del 1997, anche in conseguenza dei rilevanti episodi di distrazione di denaro pubblico registrati dalle cronache degli ultimi anni. Peraltro, tale obiettivo si esplica con riferimento ai soli pagamenti spontanei (cioè registrati alla scadenza naturale prevista dalla normativa o in regime di ravvedimento operoso) mentre non soggiacciono al nuovo regime i versamenti conseguenti ad atti di accertamento o ad ingiunzioni di pagamento.

Il primo punto oggetto di riflessione è il riferimento al conto di tesoreria. Alla luce della ratio della norma, si ritiene che essa sia rispettata anche con versamenti effettuati su conti correnti postali intestati al Comune. L’esigenza è di carattere operativo in quanto, nei casi di concessione, il soggetto affidatario deve essere in grado di acquisire le informazioni relative alle riscossione ai fini della gestione dei tributi stessi. Le esigenze gestionali e l’obbligo di versamento al Comun e possono quindi essere soddisfatte mediante l’apertura di un conto corrente postale, intestato all’ente impositore, sul quale è garantito l’accesso a fini informativi da parte del concessionario.

Il secondo punto di riflessione riguarda il processo di entrata in vigore della norma, che è formalmente immediatamente applicabile, non essendo ancorata ad alcun parametro temporale. Cionondimeno, si ritiene che la sua attuazione non possa prescindere dai tempi tecnici necessari per adeguare i sistemi organizzativi sottostanti al rapporto tra ente impositore e soggetto affidatario, anche sotto il profilo della

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2 tempistica di attivazione di un conto corrente postale che – fatti salvi più evoluti sistemi di imputazione – riguarderà distintamente ciascuna delle entrate oggetto di affidamento.

Sotto il profilo formale l’applicabilità della norma ai contratti di concessione in essere è immediata, non rilevandosi alcuna indicazione normativa che giustifichi la sua applicabilità a decorrere dalla scadenza del contratto, né la previsione di un periodo transitorio. Anche in questo caso, nelle more di un auspicabile espressa previsione normativa, va considerata la sussistenza di un periodo di adeguamento, da avviare nell’immediato, ma che potrà necessariamente comportare il mantenimento delle forme di riscossione e riversamento in essere al momento dell’entrata in vigore della legge 225, ad esempio per i flussi di pagamento già avviati e per le eventuali scadenze in programma nell’immediato futuro, che non possono essere modificate istantaneamente per evidenti motivi di certezza nell’acquisizione delle entrate locali e di chiarezza nelle comunicazioni ai cittadini.

Sotto il profilo più strettamente contrattuale, trattandosi di modifica normativa, la nuova modalità di pagamento non dovrebbe dar luogo ad alcuna rinegoziazione del contratto, che comunque presupporrebbe la dimostrazione da parte del concessionario della sua maggiore onerosità. Sotto questo profilo, in realtà, la modifica in questione comporta maggiori oneri a carico del Comune, relativi all’apertura dei conti correnti postali dedicati e modesti adeguamenti organizzativi per i soggetti affidatari dei servizi.

L’art. 2-bis del dl n. 193 va anche raccordato con l’art. 7, comma 2, lett. gg- septies del dl n. 70 del 2011, norma questa che impone al concessionario l’obbligo di apertura di uno o più conti correnti di riscossione, postali o bancari, intestati al soggetto affidatario e dedicati alla riscossione delle entrate dell'ente affidante, sui quali devono affluire tutte le somme riscosse. Tale disposizione deve considerarsi tacitamente abrogata per incompatibilità con la norma sopravvenuta, limitatamente alle riscossioni spontanee, mentre sopravvive per quanto riguarda le riscossioni conseguenti ad atti di accertamento o ad ingiunzioni di pagamento.

Si ritiene inoltre, sempre in base alla ratio dell’art. 2-bis del dl n. 193 del 2016, che la novità operi solo con riferimento alle entrate, di qualsiasi natura, che sono comunque destinate ad essere riversate all’ente locale, non operando, invece, per i casi in cui le entrate pur nella potestà dell’ente, sono destinate ad essere trattenute, per contratto, dal soggetto affidatario. In quest’ipotesi, rientra, ad esempio, il caso di concessione dell’imposta di pubblicità a canone fisso annuale, anziché ad aggio, o del soggetto incaricato della gestione del patrimonio edilizio comunale a fronte della quale il Comune ha disposto la devoluzione dei canoni di locazione dallo stesso riscossi.

Si deve infine osservare che la nuova disposizione non estende gli obblighi di versamento diretto alle entrate la cui gestione e riscossione sia affidata a società in house. In questi casi, infatti, i Comuni esercitano un controllo analogo a quello esercitato sui propri uffici e servizi, e pertanto i versamenti effettuati a tali società equivalgono a versamenti effettuati direttamente ai Comuni, e quindi soddisfano pienamente la ratio dell’art. 2-bis del dl n. 193 del 2016. Si coglie l’occasione per richiamare il recentissimo pronunciamento da parte della Corte di Giustizia europea dell’8 dicembre 2016 (Quarta sezione) nel quale sono stati ribaditi i requisiti necessari caratterizzanti le citate società: lo svolgimento di un’“attività prevalente” per gli enti affidatari e l’esercizio, da parte di questi ultimi, di un

“controllo analogo” a quello esercitato sui propri uffici, da considerarsi dirimenti per assimilare le società in questione ad uffici interni degli enti.

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