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ANZIANI, FARMACI, FARMACISTI: QUALI RAPPORTI PSICOLOGICI? Luciano Peirone

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ANZIANI, FARMACI, FARMACISTI:

QUALI RAPPORTI PSICOLOGICI?

Luciano Peirone

Relazione tenuta all’VIII Convegno CISAF

(Collegio Indipendente Subalpino Arti Farmaceutiche)

“Farmaci e anziani: un rapporto in continua evoluzione”

nell’ambito della Tavola Rotonda

“Anziani e farmaci: quale rapporto?”

Torino, 14 aprile 2013

Photo by Elena Gerardi, Torino

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Il passare del tempo: fra medicina, farmacologia, psicologia clinica e psicologia della salute

L’anziano costituisce ormai una massiccia e sempre più crescente presenza nella società odierna. Lo si ritrova ovunque: nella famiglia tradizionale come nelle varie nuove forme di famiglia, nella coppia come nella condizione di single, di fronte al medico come allo psicologo.

Inevitabilmente presente di fronte al farmacista e al farmaco dispensato dal professionista.

I bisogni di sostegno farmacologico nell’età “avanzata” appartengono ad una tipologia assai complessa nei suoi contenuti. Le forme patologiche sono numerosissime, come pure i casi di soggetti polipatologici. Inoltre, il rapporto corpo-mente (soma-psiche) determina tanto la direzione somatopsichica quanto la direzione psicosomatica. Tutt’altro che rare risultano infine le situazioni di pseudo-patologia (tanto organica quanto funzionale), laddove la malattia immaginaria spinge comunque a cercare conforto nel “magico” aiuto dello strumento chimico- farmacologico.

Da tutto ciò deriva pertanto un ricco bagaglio di strumenti e tentativi di soluzione: tanti farmaci (differenti) per tante persone (differenti). Non a caso questo aggettivo viene doppiamente citato, proprio in relazione alla variabilità individuale e quindi alla difficoltà di diagnosi e di indicazione terapeutica (Peirone e Gerardi, 2009a).

Nella longevità e nel nuovo modo di invecchiare il dialogo fra medicina e psicologia (Peirone, Angeli, Fulcheri, Cavallo Perin, Poli, Trabucchi, De Beni e Geminiani, 2014) risulta sempre più fitto, e la convergenza fra questi due poli clinico-salutari spesso sfocia nella presenza del farmaco.

Quasi inevitabilmente il passare del tempo comporta, per la terza-quarta-quinta età, una diminuita efficienza fisica da parte dell’organismo. Va peraltro sottolineato che la curva di

“discesa” del corpo non coincide sempre con la curva di “discesa” della psiche: anzi, quest’ultima, non di rado, vede addirittura un’inversione di tendenza, come ampiamente testimoniano gli studi e le ricerche nell’ambito della psicologia della salute, in particolare per ciò che attiene l’AHA (Active & Healthy Ageing). La psiche, con il passare degli anni e proprio in funzione dell’esperienza e della maturità (se correttamente acquisite), può migliorare le proprie prestazioni in aree correlate all’equilibrio emozionale, affettivo e relazionale, esprimendosi in particolare nella creatività, nel coraggio e nella saggezza (Peirone e Gerardi 2009b, 2012a e 2012b; Cesa-Bianchi, Cristini, Fulcheri e Peirone, 2014): tutti elementi questi che possono trovare nell’ageing process quel positivo “accumulo” che può rendere non solo accettabile ma perfino gradevole la seconda metà della vita.

Difficoltà in campo farmacologico nella gestione del soggetto anziano

Ritornando tuttavia alla frequente ridotta capacità funzionale dell’organismo anziano, risultano innegabili i peggioramenti nella trasmissione neuronale e nella sensibilità recettoriale, da cui consegue la diminuzione della capacità di metabolizzare i farmaci, in particolare gli

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psicofarmaci, che sono in teoria (e in pratica) tanto importanti di fronte a sindromi connesse alla soggettività umana (cognitiva, comportamentale, emozionale, umorale e di interazione sociale).

Malassorbimento e/o minore tollerabilità dei farmaci, aumento della pluralità di farmaci assunti in concomitanza e conseguente aumento delle possibili interazioni fra i prodotti, aumento delle probabilità di effetti collaterali (indesiderati e tossici): tutti questi elementi costituiscono per gli anziani fattori di rischio oggettivo nonché fonti di percezioni e interpretazioni soggettive a sfondo negativo-pessimistico, con le altamente probabili ricadute in fatto di sospettosità nei confronti dei farmaci. Ovviamente, oltre alla sensibilità psicologica nel medico che prescrive il farmaco, occorrerebbe quasi altrettanta sensibilità psicologica nel farmacista che “consegna”

l’agente “curativo”, che per il cliente-utente-paziente risulta quasi sempre ambivalente (buono perché fa bene, cattivo o pericoloso perché potrebbe fare male).

I vissuti ansiosi e i vissuti depressivi nella persona anziana

La longevità, cioè l’allungamento (sempre più marcato) della vita, e l’invecchiamento, inteso quale processo dinamico nel deciso avanzare dell’età, comportano un sensibile incremento di quella che, già per altre cause, costituisce (insieme con il distress) la principale manifestazione di disagio/malessere/malattia dell’intera società occidentale avanzata: la sindrome ansioso- depressiva (Peirone, 1994), che a volte vede i due elementi combinati altre volte li vede disgiunti.

L’ansia (usiamo qui questo termine per sintetizzare la vasta gamma delle sensazioni ansiose) ha un significato ben preciso. L’anziano si concentra sui concreti problemi dell’oggi ma anche sulla proiezione di se stesso nel futuro, un futuro immaginato come pieno di negatività e che quindi si ripercuote sul presente.

La depressione (usiamo qui questo termine per sintetizzare la vasta gamma delle sensazioni depressive) ha un significato ben preciso. L’anziano si concentra principalmente sull’identità in crisi, con il Sé che si logora evocando talvolta il senso di annientamento.

La progressiva erosione della sensazione di giovinezza-maturità favorisce questa duplice

“fragilità/malattia”. Il rischio maggiore per l’anziano è quello di chiudersi rispetto al mondo esterno aggrappandosi erroneamente alle restanti risorse interne (che purtroppo sono spesso insufficienti). L’anziano diventa “povero” di risorse psico-fisiche (e a volte non solo di queste), per cui “dipende” (né più né meno come un neonato o un bambino) dal mondo esterno. Ciò vale ancor più di fronte ad ulteriori sofferenze e malattie che lo costringono a rivolgersi alla medicina, alla chirurgia, alla farmacologia, alla psicoterapia.

Se nella psicoterapia lo specialista lavora con il paziente sulla storia individuale-relazionale e sui vissuti esistenziali sia di superficie sia di profondità, cercando di ripristinare skills quali sicurezza, determinazione, volontà, coraggio, autostima, espressione del proprio mondo interiore, forza d’animo, capacità di lottare, si tenga presente che queste “realtà” (fatte di problemi e soluzioni) si presentano quotidianamente, cioè anche al di fuori del set e/o setting psicoterapeutico specialistico. In altri termini, che l’anziano ansioso e/o depresso sia immerso nel contesto familiare o nel contesto amicale, nel contesto del tempo libero post-lavoro o nel contesto di una vita solitaria, egli tende pur sempre ad essere se stesso, con le proprie difficoltà, per cui anche “in farmacia”, anche “con il farmacista”, anche con il flacone o il blister in mano, riproduce tali caratteristiche: anzi, queste vengono esaltate proprio dal fatto di essere “malato” e di doversi affidare al farmaco e allo specialista del farmaco.

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4 Il farmacista, il paziente, il farmaco

Nell’ottica della psicologia della salute è importante tener conto di quanto e come le persone in età senile valutino la complessiva relazione “farmacista-paziente-farmaco”.

Ovviamente, si hanno reazioni psicologiche a contenuto negativo.

Le preoccupazioni, le paure, in qualche caso perfino le angosce tendono a permeare la psiche di chi viaggia veloce con gli anni, spinto dalla corrosiva frequente combinazione che si traduce nella sindrome ansioso-depressiva. Non è casuale pertanto che malattia e farmacia, farmaco e farmacista aggiungano “benzina sul fuoco” per la ipersensibile psiche posta di fronte ai tanti problemi della condizione anziana e, ovviamente, di fronte al misterioso farmaco di cui l’utente profano ignora molte cose (o fraintende molte cose, tendendo poi a fare di testa propria). Da qui l’esigenza e il dovere etico di saper aiutare, da parte del professionista farmaceutico.

Attraverso il sottile ma potente canale delle emozioni, il paziente facilmente “comunica”

(direttamente o indirettamente, volontariamente o involontariamente) al farmacista il proprio disagio a sfondo ansioso-depressivo: disagio che riguarda i problemi “dentro la farmacia” (di fronte al farmaco, di fronte al farmacista) oppure disagio che riguarda i problemi “fuori dalla farmacia” nella vita di tutti i giorni.

Altrettanto ovviamente, si hanno reazioni psicologiche a contenuto positivo.

L’operatore farmaceutico è vissuto, soprattutto dal soggetto anziano, come una figura professionale competente, in grado sia di dispensare medicinali sia di dispensare utili informazioni (e persino di raccogliere e condividere confidenze che vanno ben al di là del contesto tecnico-scientifico).

Nel suo specifico ruolo di operatore sanitario “dietro il bancone”, il farmacista ha (o dovrebbe avere) una indubbia capacità nell’approcciare il paziente, nell’essere “accanto” al cliente, comprendendone le esigenze e soprattutto le priorità. Nella misura in cui le cose stanno così, l’anziano tende a provare un senso di fiducia verso questo professionista, il quale è non solo più un “commerciante del farmaco” ma anche un “amichevole esperto del farmaco”. Ne derivano maggiore comunicazione, più domande e più risposte, più consigli elargiti e accettati.

In particolare, due ulteriori elementi sono da evidenziare: la cronicità tipica di non poche malattie in età avanzata nonché la tendenza ad avvalersi da parte dell’anziano della farmacia “di fiducia e sotto casa”. Queste due situazioni “spingono” dolcemente verso un rapporto tranquillo e sicuro, talvolta persino affettivo: se non è psicologia questa...

Occorrono grande attenzione e grande prudenza quanto ci si trova ad affrontare farmacologicamente il disagio emotivo di una persona in là con gli anni. Il delicato compito che attende il farmacista risulta incentrato sul corretto atteggiamento da assumere e sulle rassicurazioni da infondere. Il farmacista “psicologo” (meglio se adeguatamente formato alla bisogna) è in grado di sfruttare (o addirittura attivare ex novo) la capacità di coping e la capacità di resilienza del paziente (Gerardi, Peirone e Pezzati, 2014), agendo sull’umore troppo vivace ma insicuro (l’ansia) e sull’umore grigio/nero (la depressione), insomma “lavorando in modo umano” sulla personalità dell’utente-cliente.

A causa della crescente fragilità (e quindi dipendenza dalle altre persone), l’anziano tendenzialmente si “appoggia” e si “attacca” al proprio farmacista. Ben più delle altre classi d’età l’anziano tende a fare numerose domande sui farmaci e solitamente ottiene una discreta rassicurazione dalle risposte del “proprio” farmacista: è quindi questa “personalizzazione” del rapporto ad essere tanto importante. La relazione farmacista-paziente scivola inevitabilmente sul

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versante psicologico. Il farmaco, il farmacista, la farmacia: tutto tende ad essere vissuto quale

“soluzione”, quale “rifugio”.

Il malessere viene trasmesso dall’anziano in mille segnali (espliciti ed impliciti). Questo malessere va accolto e decodificato, nelle sue mille sfaccettature.

Il bisogno di “protezione” porta a domandare, porta a chiedere, porta a comunicare, porta a costruire “relazione”. E il farmacista, a volte quasi senza rendersene conto, si spoglia del camice bianco e indossa altre vesti...

In fondo, proprio in questo consiste l’umanizzazione della medicina e quindi l’umanizzazione dell’arte farmaceutica nella sua prospettiva di interazione con il fruitore del farmaco: il tener conto dell’identità personale del paziente, identità strettamente individuale che il soggetto anziano/vecchio dovrebbe poter costruire o ricostruire (Peirone, 2004) nei grandi e nei piccoli problemi, tanto meglio se aiutato da qualcuno che lo sta ad ascoltare (psicologicamente) e che lo sa consigliare (tecnicamente).

Sia l’ascolto sia il consiglio dovrebbero far parte del bagaglio minimo in possesso del farmacista per poter “gestire” colui che sta dall’altra parte del bancone. Supporto, partecipazione, rassicurazione, fiducia: se non è psicologia tutto ciò...

Bibliografia

Cesa-Bianchi, M., Cristini, C., Fulcheri, M., & Peirone, L. (Eds.) (2014). Vivere e valorizzare il tempo. Invecchiare con creatività e coraggio. Torino: Premedia Publishing.

Gerardi, E., Peirone, L., & Pezzati, R. (2014). Coping e resilienza nella gestione della sindrome ansioso-depressiva da parte dell’anziano attivo e re-attivo. In M. Cesa-Bianchi, C. Cristini, M.

Fulcheri, & L. Peirone (Eds.). Vivere e valorizzare il tempo. Invecchiare con creatività e coraggio. Torino: Premedia Publishing.

Peirone, L. (1994). Ansia e depressione: due emozioni nella comunicazione dell’anziano. Primo rapporto di ricerca. In G. Lazzarini (Ed.), Anziani e generazioni, Milano: FrancoAngeli, 193- 201.

Peirone, L. (2004). La costruzione/ricostruzione dell’identità personale nella terza età. In A.

Cugno (Ed.), Il dialogo tra le generazioni. Formazione e comunicazione oltre le frontiere.

Milano: FrancoAngeli, 82-88.

Peirone, L., Angeli, A., Fulcheri, M., Cavallo Perin, P., Poli, G., Trabucchi, M., De Beni, R., &

Geminiani, G. (2014). Le dimensioni cliniche e della salute nell’invecchiamento: dialogo fra medicina e psicologia. In SIPI (Ed.), Invecchiamento e complessità: autodeterminazione e partecipazione. Atti del VII Convegno Nazionale di Psicologia dell’Invecchiamento (Torino, 23-24 maggio 2014). Padova: SIPI, 45.

Peirone, L., & Gerardi, E. (2009a). Psicodiagnostica e psicopatologia: trent’anni di ricerche sulla terza età. www.ordinepsicologi.piemonte.it.

Peirone, L., & Gerardi, E. (2009b). Il sole della sera. La ricerca del benessere nella terza età e non solo… Torino: Antigone Edizioni.

Peirone, L., & Gerardi, E. (2012a). La saggezza d’argento. Filosofia di vita e psicologia della salute per una attiva terza età. Torino: Anthropos.

Peirone, L., & Gerardi, E. (2012b). L’invecchiamento attivo e salutare. In C. Cipolli, & C.

Cristini (Eds.), La psicologia e la psicopatologia dell’invecchiamento e dell’età senile: un contributo alla ridefinizione dell’arco di vita. Numero monografico dedicato a Marcello Cesa-Bianchi. Ricerche di Psicologia, 2-3, 195-212.

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6 Note sull’autore

Luciano Peirone è psicologo psicoterapeuta, docente a contratto presso il DiSPUTer (Dipartimento di Scienze Psicologiche, Umanistiche e del Territorio) dell’Università “G.

d’Annunzio” di Chieti-Pescara nonché presso il Dipartimento di Medicina Molecolare e Traslazionale dell’Università di Brescia. Annovera esperienze di consulenza, didattica, formazione e ricerca presso numerose istituzioni e sedi universitarie. Ha scritto quindici libri e oltre quattrocento fra saggi scientifici e articoli divulgativi. Si occupa di epistemologia psicoanalitica, psicoterapia eclettico-integrata, metodologia e formazione psicoclinica, coppia, sessualità, identità corporea, training autogeno, invecchiamento attivo, psicologia della salute e del benessere.

www.anthropos1987.org - [email protected]

Riferimenti

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