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14 - PERSONALITA E DINAMICHE SOCIALI

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Academic year: 2022

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14 - PERSONALITA’ E DINAMICHE SOCIALI

1. Personalità e dinamiche sociali: uno schema interpretativo.

2. L’origine dello schema

3. Dinamiche sociali, ideologie, personalità consona al sistema 4. I modelli di personalità consona al sistema

5. I mezzi del condizionamento 6. La scelta

7. Il diverso: un possibile modello di personalità non consona al sistema

1. PERSONALITA’ E DINAMICHE SOCIALI: UNO SCHEMA INTERPRETATIVO1

E. Fromm in "Fuga dalla libertà"analizzando il problema del rapporto tra personalità e processo sociale, all'interno del quadro teorico elaborato dalla Scuola di Francoforte, scrive che il carattere sociale "deriva dall'adattamento dinamico della natura umana alla struttura della società. Il mutamento delle condizioni sociali produce mutamenti del carattere sociale, ossia nuovi bisogni e nuove ansietà. Questi nuovi bisogni fanno sorgere nuove idee, e, per così dire, rendono gli uomini disposti ad accoglierle; le nuove idee a loro volta tendono a intensificare e a consolidare il nuovo carattere sociale, e a determinate le azioni degli uomini.

In altre parole, le condizioni sociali influiscono sui fenomeni ideologici per mezzo del carattere; il carattere, d'altro canto, non è la conseguenza di un adattamento passivo alle condizioni sociali, ma il frutto di un adattamento dinamico fondato su elementi che sono biologicamente intrinseci alla natura umana, o che lo sono diventati per effetto dell'evoluzione storica"2. Affermazione che possiamo riassumere nel seguente schema:

Fig. 1

All’interno di questo quadro concettuale emerge chiaramente come Fromm consideri “la natura umana come storicamente determinata" enfatizzando quindi l'importanza dei fattori sociali e culturali rispetto a quelli biologici e naturali dal momento che "il carattere sociale

1 Per le modalità di elaborazione vedi pag. 438 e la relativa esercitazione

2 E. Fromm, Fuga dalla libertà: individuo e processo sociale nella società di massa , tratto da “Fuga dalla libertà”, e proposto alle pag. 384-93. La citazione in oggetto si trova a pag.393. Tutti i testi citati fanno parte di testi esaminati nel corso e sono presenti, se non diversamente precisati, in Filosofia Contemporanea.

Processo sociale

Struttura del carattere Personalità consona al sistema

ansie - bisogni inconsci

Ideologie

Idee, convinzioni, valori  comportamenti

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stesso è plasmato dal modo di vita di una determinata società; e che a loro volta i tratti di carattere dominanti diventano forze produttive che modellano il processo sociale”3.

Fromm definisce il carattere sociale come ciò che, a causa delle esperienze e degli stili di vita simili, è comune nella struttura di carattere della maggior parte delle persone di un determinato gruppo sociale, ritenendo che esso rappresenti "la forma specifica in cui l'energia umana viene modellata dall'adattamento dinamico delle esigenze umane al particolare modo di esistenza di una determinata società"4. Infatti esso svolge una duplice funzione in quanto da un lato consente all'individuo di trarre una "soddisfazione psicologia"

nel fare ciò che è richiesto al gruppo sociale a cui appartiene diventando in questo modo, in funzione della società, lo strumento che "interiorizza le necessità esterne e così imbriglia l'energia umana a vantaggio delle mete di un determinato sistema economico e sociale”5. Fromm che scrive "Fuga dalla libertà" nel 1941 avvalora la sua tesi relativa alla

"soddisfazione psicologica" affermando che "la persona nella quale il risparmio è un desiderio sgorgante dalla personalità ricava anche una profonda soddisfazione psicologica dal fatto di potersi comportare secondo questa inclinazione; cioè, risparmiando non ricava solo dei benefici pratici, ma prova anche una soddisfazione psicologica. Si può facilmente convincersene osservando, ad esempio, una donna della classe media inferiore che fa la spesa al mercato: essa prova felicità per il risparmio di due cent, quanto un'altra persona, di diverso carattere, può provare per il godimento di un piacere dei sensi"6.Stessa convinzione che nasce oggi osservando il piacere di acquistare che muove i frequentatori delle aree commerciali e che ha reso lo shopping un'attività a sé stante e le aree commerciali uno dei luoghi del tempo libero in risposta al modello consumista oggi imperante.

Proprio la duplice funzione del carattere sociale ci consente di introdurre nello schema il concetto di "personalità consona al sistema" in quanto nella misura in cui il carattere di un individuo si conforma al carattere sociale ciò lo porta a fare quello che gli è richiesto dal sistema economico e sociale realizzando contemporaneamente le tendenze della sua personalità a loro volta promosse dalle dinamiche sociali attraverso il processo educativo.

II processo sociale determinando le tendenze fondamentali della personalità, ovvero il carattere sociale, determina sia i comportamenti che le idee, le convinzioni i valori che essa fa propri. Infatti, secondo Fromm occorre, seguendo Freud, riconoscere che i “pensieri, a prescindere dagli elementi logici inerenti all'atto del pensare, sono largamente determinati dalla struttura della personalità dell'individuo che pensa”.7

Le ideologie, intese come l’insieme dei valori, delle convinzioni, delle idee sulla società e sull’uomo, hanno dunque una "radice emotiva" in quanto rispondono alle tendenze fondamentali della personalità.

Tale tesi è adeguatamente confermata, per Fromm, dall'analisi delle motivazioni dell'adesione al nazismo da parte della classe media tedesca che costituì la sua base sociale fondamentale. Infatti tale adesione fu garantita dal fatto che la struttura del carattere della classe media fu attratta dalle caratteristiche psicologiche dell'ideologia nazista. Secondo Fromm negli anni seguenti la prima guerra mondiale di fronte al crollo dell'ordine sociale, delle gerarchie, dei valori e minacciata nel suo destino economico dal capitalismo monopolistico la classe media inferiore "cadde in preda all'ansietà e perciò all'odio, presa dal panico, comincio a provare un desiderio crescente di sottomissione e al tempo stesso una brama sempre più forte, di dominio su quelli che erano inermi”8. Tendenze che vennero soddisfatte dall'ideologia nazista in quanto questa deriva dalla personalità di Hitler "la quale, col suo sentimento di inferiorità, l'odio per la vita, l'ascetismo, e l'invidia verso coloro che godono di vivere, è una matrice di tendenze sadomasochistiche; si indirizzava a persone che, avendo una struttura di carattere analoga, si sentivano attratte ed eccitate da questo

3 Idem, pag. 392

4 Idem, pag. 389

5 Idem, pag. 391

6 Idem, pag. 390

7 Idem, pag. 389

8 Idem, in Storia XX- XXI secoli, pag. 93

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insegnamento, e sono diventate ardenti seguaci dell'uomo che esprimeva ciò che provavano."9.

2. L’ ORIGINE DELLO SCHEMA

La Scuola di Francoforte, al cui interno si colloca il testo di Fromm, ha rappresentato, nel corso del novecento, il più significativo tentativo di elaborare una visione critica della società adoperando tra i suoi strumenti di analisi concetti elaborati da Marx e da Freud.

Il nostro schema di partenza infatti risulta sicuramente debitore del pensiero marxiano dal momento che considera l’individuo come il frutto di determinate condizioni storico-sociali.

Dobbiamo infatti a Marx, come scrive A. R. Lurija, neuropsicologo russo, l’indicazione di ricercare “le peculiarità delle forme di vita più elevata, propria soltanto dell’uomo, nella forma sociale e storica di attività legate al lavoro sociale”10.

Infatti Marx ha affermato che “la produzione delle idee, delle rappresentazioni, della coscienza, è in primo luogo direttamente intrecciata all’attività materiale e alle relazioni materiali degli uomini, il linguaggio della vita reale … Ciò vale allo stesso modo per la produzione spirituale, quale essa si manifesti, nel linguaggio della politica, delle leggi, della morale, della religione, della metafisica, ecc .. di un popolo … Sono gli uomini i produttori delle loro rappresentazioni, idee, ecc.., ma gli uomini reali, operanti, così come sono condizionati da un determinato sviluppo delle loro forze produttive ..Di conseguenza la morale, la religione, la metafisica e ogni altra forma ideologica, e le forme di coscienza che ad esse corrispondono, non conservano oltre la parvenza dell’autonomia. Esse non hanno storia, non hanno sviluppo, ma gli uomini che sviluppano la loro produzione materiale e le loro relazioni materiali trasformano, insieme con questa loro realtà, anche il loro pensiero e i prodotti del loro pensiero”11.

Tra le attività spirituali di Marx, che nel nostro schema sono rappresentate dal termine ideologie, per altro anch’esso di origine marxiana, e le condizioni materiali, il processo sociale del nostro schema, Fromm inserisce la struttura del carattere dell’individuo che consente di precisare meglio il ruolo assunto dagli “uomini reali” di cui parla Marx. Struttura del carattere che Fromm intende in modo freudiano, riconoscendo che “la comprensione del funzionamento degli elementi inconsci (che dobbiamo appunto a Freud) ci ha insegnato ad esser scettici verso le parole e a non prenderle al loro valore nominale”12.

Inconscio in cui affondano le loro radici, secondo il padre della psicoanalisi, i componenti dell’apparato psichico della personalità, Es, Io e Super-Io, le cui relazioni sono all’origine dell’ansia di cui parla Fromm.

Infatti, secondo Freud, l’Io, che è la parte della personalità deputata a tenere i rapporti con la realtà esterna, deve prendere in considerazione sia le esigenze provenienti da quest’ultima che quelle provenienti dalle altre due componenti della personalità. L’Es rappresenta la parte originaria della personalità ed è costituito dai bisogni pulsionali dell’individuo i quali forniscono l’energia psichica a sua disposizione e vogliono essere soddisfatti dall’Es immediatamente secondo “il principio del piacere” senza tener conto del” principio della realtà” di cui si fa carico invece l’Io. Il Super-Io, a sua volta, impone all’Io le regole morali e ” l’ideale dell’Io” con i quali l’Io “si commisura, che emula e le cui esigenze di una sempre più alta perfezione si sforza di adempiere”13

In questa situazione conflittuale l’angoscia è, secondo Freud, il frutto della debolezza dell’Io, della sua incapacità di conciliare le esigenze della realtà con quelle dell’Es e del Super-Io,

9 Idem, pag. 117

10 A.R. Lurija ,“L’attività cosciente dell’uomo e le sue radici storiche” da “Corso generale di psicologia”, in Filosofia Antica e Medioevale, pag. 17

11 K. Marx, “Attività materiali e produzioni spirituali” da “L’ideologia tedesca”, in “Marx”, pag. 156

12 E. Fromm, “Il significato psicologico delle dottrine di Lutero e Calvino” da “Fuga dalla libertà”, in Filosofia Moderna, pag. 29

13 S. Freud “La struttura della personalità: Super-Io, Es, Io” da “Introduzione alla psicoanalisi”, in Freud, pag. 282

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provando quindi “angoscia reale dinanzi al mondo esterno, angoscia morale dinanzi al Super-io, angoscia nevrotica dinanzi alla forza delle passioni dell'Es.”14

Tenendo conto che le esigenze del Super-Io rappresentano per Freud, come vedremo, l’interiorizzazione delle regole imposte dalla società viene anche in questo caso a instaurarsi uno stretto rapporto tra personalità e dinamiche sociali.

Quest’aspetto, quello relativo ai rapporti tra struttura del carattere, quindi personalità, e dinamiche sociali e aspetti ideologici, intesi come l’insieme di idee, convinzioni, valori e comportamenti, quindi “la produzione spirituale” di cui parla Marx vista al livello del singolo, costituirà l’aspetto centrale della nostra relazione.

Per approfondire tale aspetto ci serviremo di autori che si collocano nella tradizione marxista e in quella psicoanalitica ma anche di altri filosofi dell’ottocento e del novecento al di fuori di queste due correnti ma che hanno elaborato concetti utili ad approfondire le tematiche in questione.

3. DINAMICHE SOCIALI, IDEOLOGIE, PERSONALITA’ CONSONA AL SISTEMA

Le ideologie come aspetti della sovrastruttura sono, secondo Marx, condizionate dal modo di produzione della vita materiale (la struttura della società) in quanto “non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la coscienza”15.

L’impostazione originaria marxiana, che sicuramente riflette la situazione storica dell’ottocento caratterizzata da una società fortemente classista, vedeva nel controllo della sovrastruttura una componente dell’egemonia della classe dominante che imponeva alla società i propri modelli culturali, politici e morali.

Lo stretto legame tra ideologie e processo sociale è emerso nella nostra cultura nel corso dell’ottocento ed è stato evidenziato oltre che da Marx anche da altri autori, quali Nietzsche e Freud, che individuano entrambi nella morale il luogo d’incontro tra personalità e dinamiche sociali.

Nietzsche, infatti, nella sua critica al modello antropologico prodotto dalla civiltà occidentale sottolinea come tale modello, identificato nell’uomo cristiano, sia sottomesso alla morale attraverso cui “il singolo viene educato a essere funzione del gregge”16, ad assoggettarsi a determinate direttive espressione degli interessi delle élites dominanti.

“Il fatto che la morale non sia qualcosa di ideale, di assoluto ma rappresenti invece l’assoggettamento dell’uomo alla società diventando una forma di dominio sull’uomo è reso evidente dal fatto che quando si formula un giudizio morale troviamo una valutazione e una gerarchia degli istinti e delle azioni umane. Queste valutazioni e gerarchie sono sempre l’espressione dei bisogni di una comunità e di un gregge: ciò che ad esso risulta utile in primo luogo – e in secondo e terzo luogo – questo è anche la suprema norma di valore per tutti i singoli. Con la morale, il singolo viene educato a essere funzione del gregge, e ad attribuirsi valore solo come funzione.”17

Allo stesso modo, secondo Nietzsche, la coscienza non può essere considerata “la voce di Dio nel petto dell’uomo, bensì la voce di alcuni uomini nell’uomo”, in quanto all’origine della coscienza vi è “tutto ciò che negli anni dell’infanzia ci fu regolarmente richiesto senza motivo da parte di persone che veneravamo o temevamo”, ed è costituita “dalla credenza nell’autorità”18.

Anche per Freud la morale è qualcosa di psico-sociale, in quanto essa viene interiorizzata dall’individuo, divenendo, come abbaiamo già detto, una componente del Super-io e la sua

14 Idem, pag. 284

15 K. Marx “La concezione materialistica della storia” da “Per la critica dell’economia politica”, in Marx, pag. 154

16 F. Nietzsche “La critica alla civiltà occidentale e al tipo di uomo da essa prodotta”, in Nietzsche, pag. 240

17 Idem

18 Idem, pag. 241

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origine va ricercata nel rapporto bambino-genitori ovvero nel rapporto individuo-autorità.

( come vedremo nel par. “I mezzi del condizionamento)

In “Il disagio della civiltà” Freud lega la formazione del Super-Io al bisogno della civiltà di controllare e reprimere la naturale aggressività degli individui; scrive infatti Freud:“Che cosa avviene nell'individuo a rendere innocuo il suo desiderio di aggressione? Qualcosa di assai curioso, che non avremmo indovinato e che pure è assai semplice. L'aggressività viene introiettata, interiorizzata, propriamente viene rimandata là donde è venuta, ossia è volta contro il proprio Io. Qui viene assunta da una parte dell'Io, che si contrappone come Super-io al rimanente, e ora come «coscienza» è pronto a dimostrare contro l'Io la stessa inesorabile aggressività che l'Io avrebbe volentieri soddisfatto contro altri individui estranei”19.

Il potere di controllo del Super-Io è naturalmente molto maggiore di quello dell’autorità esterna dal momento che è impossibile nascondere il fatto che il desiderio rimane nonostante la rinuncia al soddisfacimento.

In tal modo, scrive Freud, “nonostante la rinuncia sia avvenuta, sopravviene ugualmente un sentimento di colpa e questo è un grande svantaggio economico dell'istituzione del Super-io o, per dirla altrimenti, del formarsi della coscienza. La rinuncia pulsionale ora non ha più un effetto completamente liberatore, l'astinenza virtuosa non è più ricompensata dalla certezza dell'amore; una minacciosa infelicità esterna - perdita dell'amore e punizione da parte dell'autorità esterna - è stata barattata con una permanente infelicità interna, la tensione che nasce dal senso di colpa”.20

I legami tra modelli culturali e comportamentali, da un lato, e il sistema sociale, dall’altro, hanno dato origine nel novecento, sulla scia delle prime analisi condotte all’interno della Scuola di Francoforte, a una serie di studi volti a smascherare la funzione che i mezzi di comunicazione di massa svolgono nel diffondere i modelli culturali prevalenti.

Rimandando a dopo l’analisi degli strumenti del condizionamento sociale, tra cui rientrano sicuramente i mass-media, il discorso ci interessa qui per definire meglio il rapporto personalità-sistema sociale.

Scrive U. Eco in “Apocalittici e integrati”, uno dei primi testi usciti in Italia su queste tematiche, che il condizionamento a cui ci sottopone la cultura di massa non dipende da una

“precisa volontà degli autori, quanto dal loro adattarsi a una concezione di “ordine” che pervade il modello culturale in cui vivono e di cui fabbricano, in scala ridotta, modelli analoghi con funzione di rispecchiamento”21

Di fronte a tali modelli occorre, secondo Eco, porre in atto un processo di demistificazione volto a identificare “non solo le esigenze inconsce che li hanno promossi ma anche le esigenze consce di una pedagogia paternalista, di una persuasione occulta motivata da fini economici determinati”22.

Tale pedagogia paternalista, che fa leva sulle esigenze inconsce, rientranti quindi nella sfera delle strutture del carattere, delle ansie, dell’insicurezza di cui parla Fromm, è volta a proporre un modello di personalità eterodiretta, così descritta da Eco:” Un uomo eterodiretto è un uomo che vive in una comunità ad alto livello tecnologico e a particolare struttura sociale ed economica (in questo caso basata su una economia di consumo), al quale viene costantemente suggerito (attraverso la pubblicità, le trasmissioni televisive, le campagne di persuasione che si attuano in ogni aspetto della vita quotidiana) ciò che deve desiderare e come ottenerlo secondo certi canali prefabbricati che lo esentano dal progettare rischiosamente e responsabilmente”23.

Il modello di personalità proposto dai mezzi di comunicazione di massa e che proprio per le caratteristiche di quest’ultimi possiamo considerare la diretta espressione del sistema sociale, è dunque un modello di personalità consono al sistema stesso.

19 S. Freud, “Il disagio della civiltà”, in Freud, pag.285

20 Idem, pag. 287

21 E. Eco, “Il mito di Superman”, da “Apocalittici e integrati”, in Filosofia Antica e Medioevale, pag. 55

22 idem, pag. 42

23 idem, pag. 49

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Anche lo stesso modello di personalità proposto dal Protestantesimo, analizzato dal testo di Fromm, ossessionato dal dovere, dal lavoro, dalla ricerca del successo sociale come segno della sua predestinazione, può essere definito consono al nascente sistema capitalistico in quanto, come già abbiamo osservato, incanalava verso il lavoro la maggior parte delle energie umane.24

Possiamo quindi aggiornare il nostro schema come alla fig. 2

Fig. 2

4. I MODELLI DI PERSONALITÀ CONSONA AL SISTEMA

Il tema della personalità consona al sistema sociale, o comunque dell’origine sociale delle convinzioni, dei valori e dei comportamenti che manifestano la personalità, è rintracciabile in molti autori della filosofia dell’ottocento e del novecento, anche non rientranti nella tradizione di origine marxiana, e da essi è possibile prendere lo spunto per ricavare una tipologia di modelli di personalità consoni al sistema.

24 Il riferimento è alla prima parte di “Fuga dalla libertà” in cui l’analisi viene condotta a partire dalla Riforma protestante (riprodotto in Filosofia Moderna, pag. 26-42) e che, in una precedente versione, avevamo sintetizzato in questo modo: “. Fromm esaminando le trasformazioni socio-economiche del XVI sec., l’avvento dell’economia capitalista, le ripercussioni che questo ebbe sulla personalità degli uomini del tempo e la diffusione del protestantesimo afferma che la comparsa dell’economia capitalista, con la conseguente “crescente importanza del capitale, del mercato e della concorrenza”, distruggendo i vincoli comunitari che legavano tra di loro gli uomini medioevali e che erano fonte di sicurezza “rendeva insicura, isolata e piena di ansietà anche (la loro) situazione personale”. A questa situazione le nuove religioni di Lutero e Calvino “offrirono soluzioni che consentivano all’individuo di far fronte a un’insicurezza altrimenti intollerabile” insegnando come vivere la propria ansietà tramite un comportamento di sottomissione e umiliazione. Infatti predicando l’irrilevanza dell’uomo davanti a Dio, l’inutilità dei suoi meriti personali, delle sue opere buone, Lutero trasmetteva all’individuo “la sensazione di essere uno strumento impotente nelle mani di Dio”

preparandolo ad accettare “un ruolo in cui la vita diventava un mezzo rispetto a fini a lui estranei, quelli della produttività economica e dell’accumulazione dei capitali”incanalando così la maggior parte delle sue energie verso il lavoro che da necessità per soddisfare un bisogno o obbligo esterno diventava una ben più pesante costrizione interna.

Fromm osserva che “indubbiamente il capitalismo non avrebbe potuto svilupparsi se la maggior parte delle energie umane non fosse stata incanalata in direzione del lavoro” evidenziando in questo modo come la risposta data dalle nuove religioni alle ansie sorte di fronte alla nuova situazione socioeconomica non facessero che adattare ad essa l’individuo rafforzando in questo modo i mutamenti in corso”.

Processo sociale

Struttura del carattere Personalità consona al sistema

ansie - bisogni inconsci

Ideologie

Idee, convinzioni, valori  comportamenti

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Tale tipologia potrebbe comprendere, senza pretendere di essere completa, i seguenti modelli25:

L’uomo sposato di Kierkegaard.

Kierkegaard individua tre modi di porsi di fronte alla vita che rappresentano altrettante condizioni o possibilità esistenziali fondamentali, nonché tre tipi di personalità diversa. Essi sono costituiti dal seduttore, dall’uomo sposato e dall’uomo di fede. Dei tre quello che rappresenta il modello proposto dalla società e che quindi può rientrare nel modello di personalità consona al sistema è costituito dall’uomo sposato.

L’uomo sposato trova una propria identità accettando le responsabilità che gli derivano dalla famiglia e dal lavoro e dall’adesione a un ordine di regole sociali che gli garantiscono il rispetto degli altri. Accettando le responsabilità che gli derivano dalle sue scelte passate, aver sposato quella determinata donna, aver messo al mondo dei figli, in vista di progetti futuri ben chiari e predeterminati, l’uomo sposato aderisce a un sistema collettivo di valori condivisi dalla generalità dei membri della società in cui vive che gli offre una risposta ad ogni problema. Accettando questo sistema di valori già elaborato l’uomo si libera della responsabilità soggettiva della scelta ma perde se stesso in quanto è la capacità di scegliere a costituire la sua personalità.

Per Kierkegaard, dunque, esiste un modello di personalità elaborato dalla società e accettarlo implica perdere la propria singolarità delegando agli altri la propria capacità di scegliere.

Occorre infine sottolineare come Kierkegaard metta particolarmente in risalto le tematiche relative alla scelta, che in seguito riprenderemo (vedi par. “La scelta”).

L’uomo vincolato di Nietzsche

Come abbiamo già detto la morale costituisce nella prospettiva di Nietzsche la principale forma di sottomissione dell’uomo alla società. Scrive infatti “Le morali e le religioni sono il mezzo principale con cui si può fare dell’uomo quel che si vuole; presupposto che si abbia un di più di forza creativa e si sappia affermare la propria volontà creatrice su lunghi periodi di tempo, in forma di legislazioni e costumi”, aggiungendo che la morale “non è nient'altro (dunque in particolar modo niente più) che obbedienza ai costumi, di qualunque specie essi possano essere. I costumi peraltro sono il modo tradizionale di agire e di valutare” Questo agli occhi di Nietzsche significa innanzitutto accettare di essere vincolati ad un’autorità superiore, la tradizione appunto, “un'autorità superiore, alla quale si presta obbedienza non perché comanda quel che ci è utile, ma soltanto perché ce lo comanda. In che cosa si distingue questo sentimento della tradizione dal sentimento della paura in generale? È la paura di un intelletto superiore che in questo caso comanda, di una potenza incomprensibile, indeterminata, di qualche cosa più che personale: c'è della superstizione in questa paura. …”.26.

In questo modo le morali tendono a instaurare nell’individuo una serie di abitudini, ovvero di azioni che vengono compiute senza chiedersi il motivo per cui si compiono.

Alla base dell’accettazione da parte dell’individuo di questi vincoli imposti dall’autorità esterna tramite le abitudini vi sono sia un naturale bisogno dell’individuo di aiuto e protezione da parte dei suoi simili sia un desiderio di “comodità, sicurezza, facilità di vivere”.

In effetti Nietzsche ritiene che la morale, Dio o qualsiasi altra certezza metafisica l’uomo si è voluto dare non siano che un tentativo di dare un significato forte a un universo che in realtà

“balla sull’orlo del caos”.

25 Ad esempio, per restare ai soli autori utilizzati come riferimento, l’elenco potrebbe comprendere anche “l’homo oeconomicus” di Marx, sovrastato dal potere sociale ovvero dalla “forza produttiva moltiplicata che ha origine attraverso la cooperazione dei diversi individui,” e che “appare a questi individui, poiché la cooperazione stessa non è volontaria ma naturale, non come il loro proprio potere unificato, ma come una potenza estranea, posta al di fuori di essi, della quale essi non sanno donde viene e dove va, che quindi non possono più dominare e che al contrario segue una sua propria successione di fasi e di gradi di sviluppo la quale è indipendente dal volere e dall'agire degli uomini e anzi dirige questo volere e agire”. (Vedi K. Marx “Il comunismo come riappropriazione delle forze estraniate dell’umanità”, da “L’ideologia tedesca”, in Marx, pag. 165).

26 F. Nietzsche, La critica, pag. 240

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Vi è dunque anche in Nietzsche, come già in Kierkegaard, la convinzione che ciò che spinge l’individuo ad accettare il modello di personalità consono al sistema sia la ricerca di una forma di sicurezza garantita dall’essere simile agli altri, dal credere nelle stesse cose, dall’agire nello stesso modo di tutti gli altri.

Scrive Nietzsche, “ogni intrapresa individuale, ogni individuale modo di pensare dà i brividi;

non è possibile calcolare quel che devono aver sofferto nell'intero corso della storia propria gli spiriti più rari, più eletti, più originali, per il fatto che vennero sentiti come i malvagi e i pericolosi, per il fatto anzi che essi stessi si sentirono tali”27.

Questa situazione rappresenta anche per Nietzsche, come già per Kirkegaard, un “qualcosa di pregiudizievole per l’individuo” in quanto da un lato esso accetta di sacrificare se stesso assoggettandosi agli interessi del gruppo e dall’altro perde la propria libertà di valutare e di agire, di istituire egli stesso i propri valori, i propri significati senza lasciarsi guidare da autorità esterne o tradizioni.

Nietzsche evidenzia come questo condizionamento esercitato dalla società non si esaurisca in una pressione esterna nei confronti dell’individuo in quanto “tutti gli istinti che non si scaricano all’esterno, si rivolgono all’interno – questo è quella che io chiamo interiorizzazione dell’uomo: in tal modo soltanto si sviluppa nell’uomo quella che più tardi verrà chiamata la sua <anima>. L’intero mondo interiore, originariamente sottile come fosse teso tra due epidermidi, si è stemperato e dischiuso; è stato impedito lo sfogo dell’uomo all’esterno. Quei terribili bastioni con cui l’organizzazione statale si proteggeva contro gli antichi istinti di libertà – le pene appartengono soprattutto a questi bastioni – fecero sì che tutti questi istinti dell’uomo selvaggio, libero, divagante si volgessero a ritroso, si rivolgessero contro l’uomo stesso”28.

L’anima, o come la chiama anche Nietzsche la “cattiva coscienza”, trova la sua origine nell’interiorizzazione della repressione degli istinti, ovvero della naturale tendenza dell’individuo ad affermare, realizzare se stesso e non il gruppo a cui appartiene. Questo atteggiamento repressivo si esprime in una morale anti-vitale, che costituisce il contenuto della “cattiva coscienza”, in quanto nega la piena espressione dell’individuo e non consente un’effettiva promozione della dimensione umana..

Il tipo di personalità prodotto da questa repressione degli istinti primari dell’uomo, negati dalla morale cristiana attraverso il concetto di peccato, è caratterizzato dall’incapacità di accettare la propria voglia di realizzarsi e dal senso di colpa che ne avvelena l’esistenza in quanto espressione dell’auto-tormento tipico del rivolgersi degli istinti contro l’uomo stesso.

L’uomo nevrotico di Freud

In “Il disagio della civiltà” Freud afferma: “Che immane ostacolo alla civiltà dev'essere la tendenza aggressiva, se la difesa contro di essa può rendere tanto infelici quanto la sua stessa esistenza!”.

Infatti, come abbiamo già detto, dall’interiorizzazione dell’aggressività si forma il Super-io quale istanza della personalità che impone all’individuo le regole morali e i modelli, Freud parla di “ideale dell’Io”, attraverso i quali la società controlla il comportamento individuale, utilizzando a tal fine una parte dell’energia psichica dell’individuo stesso. In tal modo per Freud, come si è già osservato, l’uomo finisce per barattare la paura di una punizione esterna e della disapprovazione di un’autorità esterna con una “ permanente infelicità interna, la tensione che nasce dal senso di colpa”.

Il senso di colpa è infatti il frutto della disapprovazione del Super -Io nei confronti dell’Io spesso alimentata dall’eccessiva severità del Super-Io stesso, il quale non tiene conto né dei bisogni pulsionali dell’individuo, che costituiscono l’Es, né della difficoltà poste all’Io dalla realtà esterna.

27 idem. pag. 241

28 Idem, pag. 243

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In particolare per quello che riguarda l’aspetto istintuale Freud ritiene che la padronanza dell’Es non possa superare certi limiti in quanto “esigendo di più si produce nell’individuo la rivolta o la nevrosi o lo si rende infelice” 29.

La nevrosi, insieme alla rivolta, risulta dunque essere una delle risposte dell’individuo alle pressioni interiorizzate che la civiltà esercita su di lui .Nevrosi i cui segni sono riscontrabili, secondo Freud anche nei comportamenti considerati normali a dimostrazione del fatto che l’adeguamento dell’individuo alla società richiede comunque la rimozione di una parte delle esigenze pulsionali che, rimosse ma non cancellate, interferiscono nel nostro comportamento.

Freud scrive,ad esempio, che “si può dire che per qualche aspetto ognuno di noi si comporta come il paranoico, correggendo, tramite una formazione di desiderio, un lato del mondo per lui intollerabile e iscrivendo nella realtà questo delirio. Importanza particolare riveste il caso in virtù del quale un numero notevole di persone si accinge insieme al tentativo di procurarsi una garanzia di felicità e un riparo dalla sofferenza tramite una trasformazione delirante della realtà. Alla stregua di un delirio collettivo siffatto dobbiamo caratterizzare anche le religioni dell'umanità”30 Secondo Freud quindi parte dei nostri comportamenti individuali e collettivi risultano essere la manifestazione di un tipo di personalità nevrotica prodotta dall’ eccessiva pressione delle regole imposte dalla società, un riesame delle quali potrebbe, secondo lo psicoanalista viennese,” approdare all’eliminazione di molte di esse”31.

L’uomo eterodiretto della Scuola di Francoforte.

L’uomo eterodiretto, di cui abbiamo accennato prima, per introdurre il concetto di personalità consona al sistema, rappresenta chiaramente un altro esempio di tale tipologia di personalità.

Il concetto di uomo eterodiretto trova le sue radici già nelle riflessione di Kiekegaard e di Nietzsche, riprese nel novecento dalla fenomenologia, dall’esistenzialismo e dalla Scuola di Francoforte come sottolinea lo stesso Eco da cui lo abbiamo ripreso.

In effetti l’uomo eterodiretto condivide con l’uomo sposato di Kierkegaard e con l’uomo vincolato di Nietzsche il fatto di delegare la responsabilità delle scelte al sistema, infatti di fronte alla gravità e alla difficoltà delle decisioni da prendere per progettare la propria vita accetta ciò che gli viene suggerito perché progettare “implicherebbe fatica e dolore, mentre la società è in grado di offrire all'uomo eterodiretto i risultati di progetti già fatti, tali da rispondere ai suoi desideri, i quali desideri, poi, gli sono stati indotti in modo da fargli riconoscere, in ciò che gli viene offerto, ciò che egli avrebbe progettato”31.

Inoltre anche l’uomo eterodiretto, come l’uomo sposato e l’uomo vincolato , finisce per perdere la propria personalità che si annulla nei “simboli di stato” in cui proietta ciò che vorrebbe essere32.

Negli autori della Scuola di Francoforte è possibile rintracciare una miriade di ” figure” che caratterizzano i diversi aspetti dell’uomo eterodiretto. Dalle letture antologiche a disposizione sono individuabili, ad esempio, queste figure:

L’uomo subordinato alla produzione

Scrive T.W Adorno nell’introduzione del suo libro “Minima moralia. Meditazioni della vita offesa”: ”.. il rapporto tra vita e produzione che abbassa la prima, nella realtà, ad una manifestazione effimera della seconda è perfettamente assurdo. Mezzo e fine sono invertiti.”33

29 Freud, Il disagio, pag. 288

30 S. Freud, “Psicoanalisi e religione”, in Freud, pag. 292

31 Idem, pag. 291

31 vedi Eco, Superman, pag. 50

32 idem, pag. 42-43

33 T.W. Adorno, “Meditazioni della vita offesa” da “Minima moralia”, in Scuola di Francoforte, pag. 374

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Secondo la scuola di Francoforte il totalitarismo non caratterizza solamente i regimi fascisti e nazisti o sovietici quanto invece tutte le forme che la società contemporanea ha assunto compreso la società capitalista occidentale.

Una società totalitaria è infatti una società in cui tutto ciò che non può essere ricondotto al sistema viene lasciato cadere, negato, marginalizzato, al limite eliminato. Ciò che caratterizza il sistema è la produzione industriale, per cui il criterio in base al quale si stabilisce ciò che deve essere valorizzato è costituito dalla produzione e dal consumo, produttori di profitto.

La volontà di dominare la natura ha finito per richiedere la costituzione di un’organizzazione burocratica ed impersonale che è giunta a ridurre l’uomo a semplice strumento. Il progresso tecnico invece di essere al servizio dell’uomo ha prodotto un processo di disumanizzazione, di reificazione dell’uomo per cui l’uomo stesso è stato ridotto a cosa, a oggetto utilizzato dal sistema e per cui non è la produzione al servizio dell’uomo ma è l’uomo ad essere al suo servizio.

Nelle moderne società il singolo sparisce di fronte alle potenze economiche che, poiché hanno portato ad un livello finora mai raggiunto il dominio sulla natura, possono offrire al singolo una quantità di beni prima nemmeno immaginabile.

La nullità del singolo consente alla società industriale di assumere la forma della “società amministrata” diretta, governata da fini che non sono decisi dagli uomini ma si impongono ad essi e che sono volti innanzitutto alla conservazione del sistema stesso. Scrive Horkheimer:” Quanto all'ideale di produttività, bisogna osservare che oggi il suo significato economico è misurato nei termini dell'utilità rispetto alla struttura del potere, non già rispetto alle necessità di tutti”34

L’uomo dominato dai falsi bisogni

Scrive H. Marcuse in “L’uomo a una dimensione”:” … l'apparato impone le sue esigenze economiche e politiche, in vista della difesa e dell'espansione, sul tempo di lavoro come sul tempo libero, sulla cultura materiale come su quella intellettuale. In virtù del modo in cui ha organizzato la propria base tecnologica, la società industriale contemporanea tende ad essere totalitaria … opera mediante la manipolazione dei bisogni da parte di interessi costituiti. Essa preclude per tal via l'emergere di una opposizione efficace contro l'insieme del sistema.”

Per Marcuse infatti possiamo distinguere tra bisogni veri - i bisogni vitali quali: cibo, vestirsi, abitazione – e bisogni falsi, i quali sono quelli che “vengono sovrimposti all'individuo da parte di interessi sociali particolari cui preme la sua repressione: sono i bisogni che perpetuano la fatica, l'aggressività, la miseria e l'ingiustizia ... la maggior parte dei bisogni che oggi prevalgono, il bisogno di rilassarsi, di divertirsi, di comportarsi e di consumare in accordo con gli annunci pubblicitari, di amare e odiare ciò che altri amano e odiano, appartengono a questa categoria di falsi bisogni.”

Tali bisogni dimostrano la profondità del condizionamento a cui è indotto l’uomo nelle moderne società e il carattere eterodiretto della sua personalità, infatti i falsi bisogni “ hanno un contenuto e una funzione sociali che sono determinati da potenze esterne, sulle quali l'individuo non ha alcun controllo; lo sviluppo e la soddisfazione di essi hanno carattere eteronomo”35.

Un esempio di uomo dominato dai falsi bisogni è costituita dall’uomo eroticamente represso di cui ora ci occuperemo.

L’uomo eroticamente represso

Scrive Marcuse in “Cultura e società”:”La morale sessuale è stata liberalizzata in alta mi- sura; inoltre la sessualità viene propagandata come stimolo commerciale, voce attiva negli affari e simbolo di status …con l'integrazione di tale sfera in quella degli affari e dei divertimenti, è la repressione stessa ad essere repressa: la società ha esteso non la libertà individuale, ma il proprio controllo sull'individuo”.

34 M. Horkheimer, “Trionfo e decadenza dell’individuo” da “Eclisse della ragione”, in Scuola di Francoforte, pag.373

35 H. Marcuse, “Eros e civiltà” da “Eros e civiltà”, in Scuola di Francoforte, pag. 382

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I nuovi comportamenti sessuali appaiono a Marcuse come una “liberalizzazione commerciale, controllata” e in quanto promossi e incoraggiati dalla società finiscono per perdere la loro carica liberatoria dal momento che “l'energia libidica perde quella che per Freud è la sua qualità essenzialmente erotica, cioè il momento della liberazione da tutto ciò che ri guarda la società” 37.

La commercializzazione della sessualità depotenzia l’Eros freudiano in quanto in questo modo si annulla la contrapposizione tra principio della realtà, che ha portato all’istituzione della società, e principio del piacere, che vuole l’affermazione dell’individuo, la sua liberazione dalle costrizioni della società. La liberalizzazione controllata della sessualità si rivela quindi una falsa libertà in quanto non nasce da un conflitto tra individuo e regole sociali ma è promosso dalla società stessa e volto a “incrementare la soddisfazione per ciò che la società offre”; una falsa libertà che diventa una nuova costrizione per l’individuo, un mezzo per il suo controllo, il suo asservimento al sistema.

Vediamo ora le conseguenze della subordinazione dell’uomo al sistema produttivo sulla personalità e sui comportamenti:

L’uomo rassegnato

Scrive Horkheimer in “Eclisse della ragione”:” Così, il soggetto individuale della ragione diventa un ego rattrappito, prigioniero d'un fuggevole presente, che non sa più come far uso delle funzioni intellettuali grazie alle quali era un tempo capace di trascendere la sua posizione presente nella realtà … Ma il peso della realtà sociale odierna sulla vita dell'uomo medio è tale che ormai predomina il tipo «rassegnato»”.

L’apatia dell’individuo, dovuta “all’insopportabile pressione esercitata dalla società sull’uomo”, è la conseguenza della perdita degli attributi dell’individualità scambiati dall’uomo delle moderne società industriali con la sovrabbondanza di beni. Tra questi attributi che caratterizzano l’individualità gli autori della scuola di Francoforte annoverano sicuramente la razionalità, intesa come capacità di critica, che “se venisse meno la repressione, si svolgerebbe contro tutto l'ordine sociale, che ha un'intrinseca tendenza ad impedire ai suoi membri di capire a fondo i meccanismi della repressione esercitata su di loro”. In effetti la capacità critica, come vedremo nell’ultimo paragrafo, costituisce la caratteristica saliente del modello di personalità alternativo a quello consono al sistema.

L’uomo mimetico

Scrive ancora Horkheimer “Riecheggiando, imitando, copiando coloro che lo circondano, adattandosi a tutti i potenti gruppi di cui entra a far parte, trasformandosi da essere umano in membro di un'organizzazione,sacrificando le proprie potenzialità alla buona volontà e alla capacità di adattarsi a quelle organizzazioni e di ottenere una certa influenza nell'ambito di esse, l'individuo riesce a sopravvivere. Deve dunque la salvezza al più antico espediente biologico di sopravvivenza, il mimetismo.”.

La rinuncia alla speranza di realizzare pienamente se stessi, che è il frutto della rassegnazione, spinge l’individuo a costruire la propria personalità imitando gli atteggiamenti e i tratti di carattere prevalenti nei gruppi in cui si inserisce: “il gruppo dei bambini con cui gioca,i compagni di classe, la squadra atletica e tutti gli altri gruppi che come è stato notato impongono un'uniformità più rigorosa, una rinuncia più radicale alle eccentricità personali di quelle che abbiano mai saputo imporre un padre o un educatore del di- ciannovesimo secolo”36.

La rassegnazione conduce dunque alla “dissoluzione dell’individualità”.

Da un punto di vista sociologico gli autori della Scuola di Francoforte hanno identificato, nel contesto dei primi decenni del secondo dopoguerra, l’uomo eterodiretto, nella figura dell’operaio assimilato ovvero, nel contesto più generale che qui ci interressa, nella figura dell’uomo che ha perso la forza del sogno di un mondo nuovo.

37 Marcuse, Eros, pag 383

36 Horkheimer, Trionfo e decadenza, pag. 371

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L’uomo che ha perso la forza del sogno di un mondo migliore

Scrive Horkheimer: “In tutto il corso della storia pressioni materiali, organizzative e culturali hanno avuto parte nell'integrare l'individuo in un ordine giusto od ingiusto; oggi le organizzazioni operaie, nel momento stesso in cui si sforzano di migliorare le condizioni della classe lavoratrice finiscono inevitabilmente per contribuire a quelle pressioni … la mente degli operai è inaccessibile a sogni di un mondo fondamentalmente diverso, a concetti che, invece di essere semplici strumenti per classificare i fatti, siano orientati verso la realizzazione di quei sogni”.

Durante l’ottocento la classe operaia, in quanto emarginata dal sistema, si era fatta portatrice di un progetto di società e di umanità diverso da quello borghese, capace di criticarne i limiti; le menti dei lavoratori, scrive Horkheimer erano” incolte, ma per lo meno venivano lasciate a se stessi: non erano assediati dalle tecniche della cultura di massa che in ogni momento, non solo nelle ore di lavoro ma anche nel tempo libero, inculcano loro gli schemi di comportamento propri della società industrialistica” 38. Nel momento che le idee degli operai tendono a modellarsi sull’ideologia veicolata dal sistema essi non pensano più a discutere il valore delle regole su cui si fonda il sistema, le loro organizzazioni sforzandosi di migliorare le condizioni dei lavoratori all’interno di questo sistema sociale ed economico finiscono con il consolidarlo perdendo la capacità di metterlo in discussione perchè fondato sullo sfruttamento e sulla disumanizzazione.

La forza del sogno di un mondo nuovo, le potenzialità della personalità che esso realizza sono rese evidenti dalle vicende biografiche di chi ha lottato contro il sistema pagando di persona, subendo la repressione in quanto percepito come diverso e quindi pericoloso. Significativa da questo punto di vista è, ad esempio, la storia di Bartolomeo Vanzetti, che emigrato in America da Villafalletto negli anni ’20, venne ucciso sulla sedia elettrica insieme al suo compagno Nicola Sacco, condannati ingiustamente in quanto anarchici. La forza del suo sogno consentì a Bartolomeo Vanzetti, figlio di un contadino, di abbandonare la sua casa, le sue tradizioni, di confrontarsi con situazioni nuove, di resistere a 7 anni di carcere e alla sedia elettrica per difendere le proprie idee39.

Ciò che distingue l’uomo eterodiretto dagli altri modelli di personalità consona è da ricercarsi nel fatto che la società in cui vive ha a disposizione mezzi di condizionamento diversi, ed è appunto di essi che ora ci occuperemo.

Prima però possiamo rielaborare lo schema riassuntivo (vedi fig.3) integrando in esso le nuove tematiche emerse: la scelta (vedi sopra “L’uomo sposato di Kierkegaard”) e appunto i mezzi del condizionamento.

Fig. 3

38 Horkheimer, Trionfo e decadenza, pag. 372

39 Per quanto riguarda le vicende biografiche di Bartolomeo Vanzetti si può vedere, ad esempio, il libro di A. Gedda (a cura di), “Gridatelo dai tetti. Autobiografia e lettere di Bartolomeo Vanzetti”, Fusta Editore, Saluzzo, 2005 o il film di G. Montaldo “Sacco e Vanzetti”, 1971

Processo sociale I mezzi del condizionamento

Struttura del carattere Personalità consona al sistema

ansie - bisogni inconsci

Ideologie

Idee, convinzioni, valori  comportamenti Scelte

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5. I MEZZI DEL CONDIZIONAMENTO

Nietzsche, Freud e la Scuola di Francoforte sono tra gli autori presi in esame quelli che maggiormente hanno incentrato la loro attenzione sul problema degli strumenti che la società adopera per attuare il condizionamento della personalità.

Mentre Nietzsche ha evidenziato il ruolo della cultura, intesa come la mentalità e i valori condivisa da una civiltà, Freud quello delle relazioni affettive, la scuola di Francoforte ha fermato la sua attenzione soprattutto sui moderni mezzi di comunicazione di massa.

Secondo Nietzsche l’uomo represso, antivitale e oppresso dai sensi di colpa è innanzitutto il prodotto di una cultura: quella occidentale.

Egli vede nel percorso storico-culturale della civiltà occidentale un processo di decadenza che è coinciso con il prevalere di un atteggiamento razionale teso a imporre un ordine, un senso prestabilito, a costruirsi delle certezze e con l’imposizione di una morale, quella cristiana, tesa a valorizzare il mondo dell’al di là contro il mondo dell’al di qua.

All’interno di questa prospettiva, di questa visione del mondo l’uomo ottiene delle false certezze, di cui la principale è rappresentata da Dio, ma queste gli impediscono di accettare pienamente la vita in nome dell’al di là, di assumersi la responsabilità di progettare la sua vita, di trovare egli stesso uno scopo, un significato alle cose.

L’individuo autotormentato, che ha rinunciato a sviluppare pienamente la sua individualità e che trova una sua giustificazione razionale nel cristianesimo attraverso il concetti di peccato e di al di là, è d’altra parte il frutto “della più radicale tra tutte le metamorfosi che egli abbia mai vissuto – quella metamorfosi in cui si venne a trovare definitivamente incapsulato nell’incantesimo della società e della pace”40

Freud ha descritto in termini psicologici il processo di interiorizzazione della coscienza di cui parla anche Nietzsche (vedi par. “I modelli di personalità consona al sistema –L’uomo vincolato”).

In effetti Freud rintraccia tale processo nel rapporto genitore-bambino. Condividendo con Nietzsche l’idea che” la coscienza è qualcosa in noi ma non lo è sin dall’inizio”, Freud osserva che nel bambino piccolo non esistono inibizioni interiori contro i propri impulsi, i quali costituiscono l’elemento originario della personalità, e che la funzione di inibizione di questi impulsi viene svolta così dall’autorità esterna costituita dai genitori. Questi ultimi esercitano la funzione di controllo del comportamento del bambino attraverso la concessione di prove d’amore e la minaccia di castighi, i quali costituiscono per il bambino rispettivamente la prova dell’acquisto o della perdita dell’amore da parte dei genitori.

Questa funzione di controllo e gli stessi metodi (prove d’amore  stima di se stesso  rafforzamento dell’Io oppure minaccia di castighi  disistima di se stessi  indebolimento dell’Io) vengono nell’adulto svolte dal Super-io il quale è determinato dall’identificazione del bambino con i genitori e in seguito” accoglie anche gli influssi di quelle persone che sono subentrate al posto dei genitori, ossia educatori, insegnanti e modelli ideali”.

Freud stesso ha sottolineato la dimensione sociale del Super-io dal momento che esso si forma non “secondo il modello dei genitori, ma del loro Super-io; si riempie dello stesso contenuto, diventa il veicolo della tradizione, di tutti i giudizi di valore imperituri che per questa via si sono propagati per generazioni. È facile indovinare di quanto aiuto sia la considerazione del Super-io per comprendere il comportamento sociale dell'uomo”41. Infatti il Super-io entra in gioco anche nel rapporto individuo adulto-autorità. Fromm, riprendendo queste tesi freudiane, ha sostenuto che una volta stabilitosi il Super-io, come frutto dell’identificazione del bambino con l’autorità esterna, i genitori, l’adulto tende a mettere in atto nei confronti delle autorità dominanti nella società un processo inverso per cui proietta sulle autorità gli attributi del proprio Super-io. Questa operazione di proiezione finisce per accrescere l’autorevolezza dell’autorità in quanto la idealizza attribuendogli capacità, saggezza, moralità indipendentemente dal loro reale valore. Questa idealizzazione dell’autorità consente all’individuo una nuova identificazione e quindi

40 Nietzsche, La critica, pag. 243

41 Freud, La struttura della personalità: Super-Io, Es, Io, pag. 282

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l’interiorizzazione dell’autorità esterna, sottraendo in questo modo il rapporto con l’autorità alla critica razionale. Scrive Fromm “Sarebbe certamente molto più difficile per l'adulto critico avere lo stesso senso di venerazione per le autorità sociali dominanti se queste autorità, attraverso la proiezione su di esse del Super-io, non mantenessero appunto le stesse qualità che ebbero un tempo i genitori per il bambino acritico”42.

La Scuola di Francoforte ha evidenziato come nella società odierna, accanto ai tradizionali mezzi del condizionamento, agiscano i mezzi di comunicazione di massa, autentici

“strumenti pedagogici”43 della società consumistica.

Per raggiungere lo scopo di asservire l’individuo al sistema la società tecnologica contemporanea ha creato come suo strumento più efficace l’industria culturale e i mass- media di cui essa si serve. È attraverso di essi che il potere impone valori, modelli di comportamento, crea “falsi bisogni” e insegna come soddisfarli. Questi modelli non liberano l’individualità, non emancipano, non abituano alla creatività perché abituano a ricevere passivamente i messaggi.

“L’industria culturale”, scrive Adorno,” anziché adattarsi alle reazioni dei clienti, le crea o le inventa. Essa gliele inculca … è modellata sulla regressione mimetica, sulla manipolazione degli istinti mimetici repressi: essa si serve del metodo di anticipare la pro- pria imitazione da parte dello spettatore e di fare apparire come già esistente l'intesa che mira a creare”44.

I bisogni che la cultura di massa soddisfa sono gli stessi che essa crea imponendo modelli standard ai quali l’uomo viene spinto ad aderire attraverso l’imitazione. Questa pianificazione dell’uomo e dei suoi bisogni vuole creare un individuo soddisfatto, in quanto riconosce come suoi i bisogni che il sistema gli consente di soddisfare, e che quindi non assume un atteggiamento critico. In questo modo l’industria culturale crea consenso intorno al potere diffondendo la convinzione che il sistema è perfetto, il migliore possibile, in ogni caso atto a garantire le felicità dell’individuo, abituando l’individuo ad accettare dei fini imposti da altri.

“Così”, scrive Horkheimer, “ attraverso la ricreazione commercializzata e la propaganda popolare - che diventano sempre più difficili a distinguersi l'una dall'altra - il gigantesco altoparlante della cultura industriale raddoppia senza fine la superficie della realtà …glorifica il mondo com'è. Il cinema, la radio, le biografie e i romanzi popolari, tutti intonano uno stesso ritornello: questa è la realtà com'è, come dev'essere e come sempre sarà.”45. In questo modo, aggiunge Adorno l’individuo cade nel gioco “ della strega che somministra il cibo ai piccoli che intende ammaliare o divorare, con la raccapricciante litania: «Buona la minestrina, ti piace la minestrina? Ti farà tanto bene, tanto bene»”46. L’industria culturale e i mass-media, dunque, annullando le capacità critiche dell’individuo lo preparano a essere divorato dal sistema.

Un esempio di smascheramento dell’ideologia consona al sistema sociale veicolata dalla cultura di massa ci è offerto da U. Eco in “Apocalittici e integrati”, dove egli dimostra che non solo i contenuti ma la stessa struttura narrativa dei racconti di Superman, che può essere considerato il prototipo della categoria di fumetti con protagonista un eroe dotato di super poteri sconosciuti all’uomo comune, sia da considerarsi uno degli” strumenti pedagogici” di cui il sistema si serve per trasmettere i propri valori e modelli di comportamento dal momento che serve ad assuefare il lettore alla deresponsabilizzazione delle sue scelte.

Infatti attraverso alcuni meccanismi narrativi, quali gli imaginary tales o gli untold tales47, le storie di Superman si svolgono mantenendo il lettore in un continuo presente in modo tale che, distruggendo la consequenzialità tra la scelta attuale e le condizioni passate che in

42 E. Fromm, “Individuo e società” da “Studi sull’autorità e sulla famiglia”, in Scuola di Francoforte, pag. 376-7

43 L’espressione è di U. Eco

44 Adorno, Meditazioni, pag. 375

45 Horkheimer, Trionfo e decadenza, pag. 371

46 Adorno, Meditazioni, pag. 375

47 Imaginary tales, ovvero storie che vengono presentate al lettore come immaginarie e che raccontano cosa sarebbe accaduto se, ad esempio, Superman si fosse sposato. Untold tales, ovvero la ripresa di avvenimenti già raccontati per aggiungere qualcosa che “si era dimenticato”. Vedi Eco Superman, pag. 49-50

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qualche modo la determinano e le conseguenze future, egli sia esentato dalla problematicità della scelta.

Scrive infatti Eco:“Nell'assuefarsi a questo esercizio di presentificazione continua di ciò che accade, il lettore perde coscienza del fatto che invece ciò che accade deve svolgersi secondo le coordinate delle tre estasi temporali. Perdendo coscienza di esse, dimentica i problemi che su queste si basano; l'esistenza cioè di una libertà, della possibilità di far progetti, del dovere di farli, del dolore che questo progettare comporta, della responsabilità che ne consegue, e infine dell'esistenza di tutta una comunità umana la cui progressività si basa sul mio far progetti”48.

Eco ritiene che quelli che chiama “i fenomeni dell’intrattenimento evasivo” possano svolgere una funzione di distensione, di invito al riposo nella società industriale contemporanea caratterizzata da “una continua carica informazionale che procede per via di scosse robuste, implicando continui riassestamenti della sensibilità, adeguamenti delle assunzioni psicologiche, riqualificazioni dell'intelligenza” , ma soggiunge “il problema cambia aspetto nella misura in cui il piacere della ridondanza49, da momento di riposo, pausa nel ritmo convulso di una esistenza intellettuale impegnata nella ricezione di informazioni, diventa la norma di ogni attività immaginativa. In altre parole: per chi la narrativa della ridondanza costituisce una alternativa ad altro, e per chi invece costituisce l'unica possibilità?”50 o ancora, quale può essere l’effetto di una continua e massiccia esposizione a messaggi di questo tipo?

6. LA SCELTA

Abbiamo visto prima, discutendo dei modelli di personalità consona al sistema, come la tematica della scelta emergesse come l’elemento costitutivo della personalità.

La riflessione contemporanea su tale tematica trova sicuramente una delle sue prime formulazioni in “Aut-aut”, scritto da Kierkegaard nel 1843, dove il filosofo danese afferma che “la scelta è decisiva per il contenuto della personalità; colla scelta essa sprofonda nella cosa scelta, e quando non sceglie, appassisce in consunzione”51. In realtà secondo Kierkegaard il non scegliere risulta impossibile alla personalità in quanto alla fine o hanno scelto gli altri al posto suo, oppure “la personalità sceglie incoscientemente, e decidono in essa le oscure potenze”

o comunque lo scegliere di non scegliere diventa, come nella personalità dell’esteta, anch’esso una scelta.

In ogni caso le conseguenze di questa non scelta risultano devastanti per la personalità la quale

“appassisce in consunzione”, si “volatilizza”, diventando la scelta sempre più difficile da compiersi in quanto “vi è pericolo che nel momento seguente io non sia più così libero di scegliere”.

Posto che come prima cosa occorre scegliere di scegliere per dare un contenuto alla propria personalità Kierkegaard individua i limiti della scelta estetica che, come detto, eleva il non scegliere a modello di vita, nel fatto che:

a) viene a mancare un punto di riferimento in quanto chi vive esteticamente “non può dare alla sua vita nessuna spiegazione soddisfacente” e “si perde nella molteplicità”

b) manca un progetto in quanto “l’uomo è spontaneamente quello che è”, “vive sempre e solo nel momento”, la sua vita “ si disfa in una serie di episodi”, “sceglie solo per il momento, e perciò nel momento successivo si può scegliere qualche cosa d’altro”

c) manca la capacità di valorizzare se stessi in quanto “ha una coscienza soltanto relativa e limitata di se stesso”, “non possiede liberamente il suo spirito, manca di limpidezza” e scegliendo di “godere la vita .. sottopone sempre la sua vita a una

48 Ibidem, pag. 49

49 Il piacere della ridondanza è legato al fatto che il lettore si trova di fronte a uno schema fisso che si ripete (tipico il caso del romanzo giallo) e che quindi non gli pone alcun problema di ricezione delle informazioni. Vedi pag. 52

50 Ibidem, pag. 53

51 Questa come le seguenti citazioni sono tratte da S. Kierkegaard, da “Aut-aut”, in “La scelta e l’angoscia”, Kierkegaard, pag. 114-16

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condizione che, o sia al di fuori dell'individuo, o è nell'individuo ma in modo da non essere posta per opera dell'individuo stesso”.

Risulta quindi evidente che una scelta autentica, capace di dare contenuto alla personalità, che Kierkegaard chiama scelta etica, dovrà costituire un punto di riferimento, un progetto da realizzare capace di valorizzare la personalità.

Nella sua riflessione sulla scelta Kierkegaard, anche in questo per molti versi un precursore, ricollega quest’ultima al concetto di angoscia. In “Il concetto dell’angoscia” egli distingue due tipi di angoscia: l’angoscia della possibilità e l’angoscia della scelta. La prima, che risulta costitutiva dell’uomo in quanto essa segna il passaggio dall’innocenza alla consapevolezza, nasce nel momento in cui prendiamo coscienza di essere una possibilità ovvero “un nulla che può soltanto angosciare”, angoscia che esprime “la realtà della libertà come possibilità per la possibilità”52.

L’angoscia della scelta è invece legata alla condizione in cui avviene la scelta. Essa, infatti come nel caso paradigmatico di Adamo, impegna il futuro di chi sceglie ma avviene nell’ignoranza poiché non si conoscono le conseguenze della propria scelta e sotto la minaccia di una pena. Pena che per Adamo è rappresentata dalla cacciata dal paradiso terrestre e che per noi è rappresentata dal terrore di perdersi, del dissolversi della nostra personalità.

Di fronte all’angoscia è possibile attuare due tentativi di fuga o scegliendo di non scegliere, l’esteta, o scegliendo ciò che gli altri hanno scelto per noi, l’uomo sposato, ma soggiunge Kierkegaard “l'imparare a sentire l'angoscia, è un'avventura attraverso la quale deve passare ogni uomo, affinché non vada in perdizione, o per non essere mai stato in angoscia o per essersi immerso in essa; chi invece imparò a sentire l'angoscia nel modo giusto, ha imparato la cosa più alta”.

Il tema della scelta tra modelli, progetti di vita è rintracciabile anche nell’opera di Nietzsche, per il quale la scelta fondamentale è tra due modelli antropologici, l’uomo vincolato, autotormentato e l’oltreuomo. Lo spirito libero (vedi paragrafo successivo), tesi l’uno a mortificare la vita e l’altro alla sua esaltazione.

Anche in questo caso vi è uno stretto legame tra scelta e angoscia, ma in Nietzsche l’angoscia non è tanto una condizione in cui avviene la scelta quanto il frutto della scelta di abbandonare il modello imposto dalla società. Infatti il passaggio dall’uno all’altro dei due modelli antropologici richiede, secondo Nietzsche, come condizione preliminare l’abbandono delle false certezze su cui si fonda l’uomo cristiano che provoca smarrimento e angoscia il cui superamento segna il passaggio ad un nuovo modo di essere dell’uomo.

Smarrimento e angoscia che sono così descritti dall’uomo folle che annuncia la morte di Dio, la quintessenza di tutte le certezze dell’uomo cristiano:”Dove se n'è andato Dio? — gridò — ve lo voglio dire! Siamo stati, noi ad ucciderlo: voi e io! Siamo noi tutti i suoi assassini! Ma come abbiamo fatto questo? Come potemmo vuotare il mare bevendolo fino all'ultima goccia? Chi ci dette la spugna per strusciar via l'intero orizzonte? Che mai facemmo, a sciogliere questa terra dalla catena del suo sole? Dov'è che si muove ora? Dov'è che ci muoviamo noi? Via da tutti i soli? Non è il nostro un eterno precipitare? E all'indietro, di fianco, in avanti, da tutti i lati? Esiste ancora un alto e basso? Non stiamo forse vagando come attraverso un infinito nulla? Non alita su di noi lo spazio vuoto? Non si è fatto più freddo? Non seguita a venire notte, sempre più notte? Non dobbiamo accendere lanterne la mattina? Dello strepito che fanno i becchini mentre seppelliscono Dio, non udiamo dunque nulla? Non fiutiamo ancora il lezzo della divina putrefazione? Anche gli dei si decompongono! Dio è morto! Dio resta morto! E noi Io abbiamo ucciso! Come ci consoleremo noi, gli assassini di tutti gli assassini? Quanto di più sacro e di più possente il mondo possedeva fino ad oggi, si è dissanguato sotto i nostri coltelli; chi detergerà da noi questo sangue? Con quale acqua potremo noi lavarci? Quali riti espiatori, quali giochi sacri dovremo noi inventare? Non è troppo grande per noi la grandezza di questa azione? Non dobbiamo noi stessi diventare dei, per apparire almeno degni di essa?”53

52 Queste come le seguenti citazioni sono tratte da S. Kierkegaard, “Il concetto dell’angoscia”” in Kierkegaard, pag.

120-23

53 F. Nietzsche “L’annuncio della morte di Dio”, pag.246-7

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