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THE PERSONAL DAMAGE IN THE FIRST YEAR FROM THE PRONUNCIATION OF THE COURT OF CASSATION
(11/11/2008)
DANNO ALLA PERSONA.
DOPO UN ANNO DALLA SENTENZA DELLE SEZIONI UNITE
Dr. Marco Frola*
* Dirigente Fonsai, Torino ABSTRACT
One year is passed from the pronunciation of the United Section of the Court of Cassation on the non patrimonial damage but the problems about the compensation of the biological damage aren’t solved yet.
The pronunciation of the United Section of the Court of Cassation ha provoked very variegate reactions and different interpretations.
The insurers point out that this lack of certainties of law is even more dangerous in the Italian situation, where the speculation on the biological damage is remarkably the highest in all Europe.
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Ad un anno dalle sentenze delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione sul danno non patrimoniale le problematiche connesse alla gestione del danno fisico in Italia continuano a suscitare preoccupazioni all’intero sistema.
Il punto di vista degli assicuratori sul tema evidenzia che, il pur lodevole e circostanziato intervento della Suprema Corte, è stato accolto dagli attori in modo estremamente variegato, suscitando reazioni talvolta esagerate che, invece di utilizzare quanto indicato dai Giudici per trovare soluzioni unitarie, hanno prodotto ulteriori divisioni e interpretazioni difformi.
Il tutto in una situazione di mercato molto difficile, nel quale la speculazione sul danno fisico continua a non avere uguali in tutta Europa.
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196 IL MERCATO ASSICURATIVO
Prima di entrare in modo approfondito nel tema dell’odierna tavola rotonda, anche al fine di inquadrare meglio la tematica, desidero tracciare un breve quadro della situazione del mercato assicurativo per quanto riguarda i sinistri ed in particolare la liquidazione del danno alla persona.
Dopo quasi tre anni infatti dalla grande rivoluzione, posta in essere dal Codice delle Assicurazioni, con l’introduzione del risarcimento diretto in Italia con tutte le valenze anche, oserei dire, psicologiche che questa riforma voleva porre in essere, ci troviamo infatti nel mezzo di una difficile e pesante situazione.
Ritengo superfluo ripetere che l’introduzione del risarcimento diretto ha prodotto un cambiamento epocale nella gestione dei sinistri auto, un cambiamento che ha investito non tanto i danneggiati, che lo hanno percepito in modo marginale, quanto il sistema assicurativo.
Il nuovo sistema ha costretto le compagnie a rivedere completamente tutto il processo liquidativo, ciò ha prodotto grossi investimenti informatici e formativi e ha, addirittura, mutato i criteri bilancistici delle imprese e quelli per la formulazione delle riserve.
Tutto ciò a fronte di cosa? Cosa avrebbe dovuto portare questo grande cambiamento di sistema?
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197 Nella speranza di tutti si sarebbe dovuto assistere ad una decisa trasformazione nel campo del risarcimento dei danni da sinistro stradale, che portasse l’Italia almeno a livello dei principali partner europei, per quanto riguarda i costi e la frequenza dei sinistri.
Ma questo, francamente, dobbiamo oggi ammetterlo definitivamente, non è avvenuto.
Infatti mentre il quadro odierno sicuramente continua a restare molto problematico sul fronte dei risarcimenti, lo sta diventando molto di più su quello organizzativo e procedurale.
La sentenza del luglio scorso della Corte Costituzionale numero 180/2009, ha, per esplicita ammissione della stessa Corte, messo in crisi il sistema del risarcimento diretto, facendo riemergere ancora una volta l’incertezza delle scelte e l’indeterminatezza della situazione che, da sempre, sembra essere caratteristica peculiare del nostro paese.
Inoltre siamo in presenza di una frequenza sinistri che non cala, anzi dà segni di ripresa, e le lesioni, in particolare, continuano a rappresentare una vera anomalia in campo europeo.
Nel 2009 sono ancora aumentate e i principali gruppi assicurativi parlano oggi di un incidenza che raggiunge il 25% delle denunce. Cioè un quarto dei sinistri denunciati presenta richieste danni anche per lesioni personali, con l’aggravante che questo fenomeno si evidenzia soprattutto nel risarcimento diretto dove in alcune piazze la presenza di richieste per lesioni supera il 50% dei casi.
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198 Questa situazione non ha eguali in Europa, non solo nei mercati più simili al nostro ma anche in paesi di minore e più recente sviluppo assicurativo. Né credo l’impegno delle imprese di fronte ad una speculazione sempre più attenta agli sviluppi legislativi e giurisprudenziali possa da solo fare fronte ad attacchi organizzati e precisi.
La procedura del risarcimento diretto è per sua natura infatti più soggetta agli attacchi speculativi perché si basa sul presupposto che vi sia una reciproca fiducia tra assicurato e impresa, l’esperienza di questi anni ci fa però dire che così non è, almeno non è così in molte aree geografiche italiane.
Inoltre un'altra delle problematiche che, a detta anche del legislatore, avrebbe dovuto far diminuire il costo dei risarcimenti e cioè quella relativa ai cosiddetti costi accessori, riferiti in particolare ai costi dell’intermediazione legale, in realtà continua a presentare dati pesanti, talvolta mascherati all’interno del risarcimento in altre voci di danno, cosa che accade abitualmente in numerose regioni italiane.
Ancora: a quattro anni dall’entrata in vigore del Codice delle Assicurazioni l’art. 138 che prevede la promulgazione delle tabelle mediche ed economiche sul danno dal 9%
in su, resta lettera morta.
Si continua a parlare di giurisprudenza per cantoni, e mentre sicuramente l’appeal esercitato dalla Tabelle di Milano cresce e sempre più sedi giudiziarie si adeguano in realtà tutto ciò non fa che creare modifiche continue ai criteri di liquidazione, non
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199 basate su criteri oggettivi ma con veri e propri salti valutativi che mettono in crisi gli andamenti delle riserve e la certezza del quantum.
Tutto ciò delinea un quadro sempre più difficile ma soprattutto sempre più confuso, complicato ancora di più per effetto di una legislazione debole, da sentenze che francamente paiono non tenere conto della obiettiva situazione del mercato, in sostanza da una situazione che ha fatto dire a molti che, oggi abbiamo nuove problematiche unite ai difetti del vecchio sistema, che non sono stati eliminati.
LE SENTENZE DELLA CORTE DI CASSAZIONE SUL DANNO NON PATRIMONIALE
In un quadro così delineato si comprende bene come l’attesa da parte delle imprese per la decisione della Corte di Cassazione sul tema della valutazione del danno non patrimoniale sia stata, nei mesi scorsi, forte e reale.
E la soddisfazione per una sentenza finalmente approfondita, motivata, costruita su ragionamenti forti c’è stata, anche se forse è durata solo lo spazio di poche settimane.
Ad una lettura più attenta, all’apparire delle prime reazioni della dottrina ed anche della giurisprudenza, un po’ di delusione ha incominciato a trasparire immediatamente.
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200 Certamente le sentenze contengono aspetti estremamente positivi, chiarificazioni profonde su aspetti che presentavano da tempo ambiguità e forzature, quindi ciò resta e il giudizio positivo sulla sentenza permane.
La delusione nasce invece dagli aspetti pratici, dalle conseguenze sulla prassi liquidativa che purtroppo invece non sembrano dare gli sviluppi sperati.
Vorrei innanzitutto dire due parole sulle reazioni immediatamente seguite alle sentenze.
A mio parere sono state reazioni spesso esagerate e incoerenti.
Facendo sempre salva la buona fede di chiunque, dobbiamo però evidenziare che si è assistito ad una serie di reazioni la cui preoccupazione principale è stata quella di cercare il più rapidamente possibile di trovare appigli o ambiti attraverso cui far tornare tutto come prima.
E ciò non lo abbiamo solo visto fare dai commentatori e dalla dottrina ma anche dagli stessi giudici di merito, preoccupati dalle conseguenze pratiche che le sentenze potevano avere.
Ma se il meglio e il giusto era ciò che si faceva prima, allora ciò ha significato che le sentenze delle sezioni unite della Corte di Cassazione sono inutili, sbagliate oppure che non hanno aggiunto nulla di nuovo.
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201 Questo però non mi pare davvero, le sentenze hanno detto numerose cose nuove, hanno fornito una chiarificazione, ritengo, molto evidente di problematiche su cui per anni gli interpreti si sono accapigliati.
Vediamo ora, dal punto di vista pratico della rete liquidativa di una grande impresa, cosa hanno detto di importante le sentenze.
Io condenserei in quattro i punti fondamentali:
1) cosa debba intendersi per “danno non patrimoniale”
2) quando tale danno sia risarcibile 3) come debba liquidarsi
4) come debba provarsi in giudizio
1) cosa debba intendersi per “danno non patrimoniale”: a questo riguardo le SS.UU.
hanno stabilito che quella di “danno non patrimoniale” è nozione ampia ed omnicomprensiva, che include qualsiasi pregiudizio alla persona non suscettibile di valutazione economica;
2) quando sia risarcibile il danno non patrimoniale: a questo riguardo le SS.UU. hanno stabilito che il danno non patrimoniale è risarcibile sia nei casi previsti dalla legge, sia nei casi di lesione grave di un diritto inviolabile della persona, dalla quale sia derivato un pregiudizio non futile; così facendo le SS.UU. hanno decretato la irrisarcibilità dei danni futili ed irrisori, senza gravità e serietà, consistenti in disagi, pregiudizi, fastidi e disappunti non meritevoli di tutela giuridica, espressamente definiti “bagatellari”, quali,
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202 ad esempio, il danno da vacanza rovinata, da rottura del tacco di scarpa di una sposa, dal taglio di capelli non fatto secondo le attese, dal disservizio di un ufficio pubblico, dall’illegittima applicazione del malus, ecc.;
Su questo punto, da sempre cuore di tante problematiche, sarebbe molto proficuo provare a valutare se alcune tipologie di danni da lesione prodotte da urti insignificanti, con danni materiali praticamente nulli, con sintomatologie solo soggettive, possano rientrare in questa categoria così ben delineata dalle sentenze della Suprema Corte.
Forse sarebbe sufficiente che qualche giudice illuminato incominciasse a farsi qualche domanda in più e si potrebbe innescare un circolo virtuoso al fine di liberare risorse economiche per risarcire meglio i danni veramente gravi.
3) come debba liquidarsi il danno non patrimoniale: a questo riguardo le SS.UU. hanno stabilito che il danno non patrimoniale deve liquidarsi con valutazione unitaria ed omnicomprensiva di tutte le conseguenze pregiudizievoli derivate dal fatto illecito, ma senza duplicazioni, e segnatamente senza attribuire nomi diversi a pregiudizi identici;
4) come debba provarsi in giudizio il danno non patrimoniale: a questo riguardo le SS.UU. hanno stabilito che il danno non patrimoniale va sempre debitamente allegato e provato da chi ne invoca il risarcimento, fermo restando che tra le prove utilizzabili rientra ovviamente il ricorso alle presunzioni semplici (ex art. 2727 c.c.) ed alle nozioni di comune esperienza (ex art. 115 c.p.c.).
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203 Oltre a questi 4 punti le sentenze hanno anche sgombrato il campo da costruzioni dottrinali dubbie e poco chiare e soprattutto hanno chiarito definitivamente la portata di tale figura e la sua non cumulabilità con le altre figure di danno.
Le sentenze però hanno fatto di più, hanno infatti anche riesaminato approfonditamente i presupposti generali ed il contenuto del “danno non patrimoniale”, delineando un quadro organico dei principi che disciplinano la materia secondo i punti che ho più sopra accennato.
CONSEGUENZE
Quello che mi preme approfondire in questa sede, anche dal punto di vista operativo, è l’argomento che riguarda il “danno non patrimoniale” ed il metodo di liquidazione dello stesso.
Questo argomento esaminato dalla Corte, per la peculiarità del nostro lavoro, riguarda una componente di danno, presente nelle lesioni personali conseguenze dei fatti illeciti, numericamente molto rilevante e la cui monetizzazione è economicamente altrettanto rilevante, come tale meritevole di adeguate cautele.
Le SS.UU. chiariscono che il danno non patrimoniale rappresenta una categoria generale non suscettiva di divisioni in sottocategorie, se non ai fini meramente descrittivi (danno biologico, danno morale, danno da perdita del rapporto parentale).
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204 Di conseguenza è stato ritenuto scorretto pretendere di distinguere il c.d. “danno morale soggettivo”, inteso quale sofferenza psichica transeunte, dagli altri danni non patrimoniali: la sofferenza morale non è che uno dei molteplici aspetti di cui il giudice deve tenere conto nella liquidazione dell’unico ed unitario danno non patrimoniale, e non un pregiudizio a sé stante.
Allo stesso modo, anche il danno definito “biologico” non è che un danno non patrimoniale di cui all’art.2059 c.c..
Ma quali dovrebbero essere le conseguenze di tali affermazioni di principio nell’accertamento e nella liquidazione del danno non patrimoniale?
Per lungo tempo la giurisprudenza ha liquidato il “danno morale”, inteso quale sofferenza interiore e soggettiva transeunte, in aggiunta al danno biologico, inteso quale lesione della salute in sé e per sé considerata. Vorrei anche aggiungere che è stato liquidato quasi automaticamente, riducendolo spesso ad una mera percentuale del danno biologico.
E così si sono comportate le imprese nella loro prassi operativa.
Questa posizione della giurisprudenza è stata ora superata dalle sentenze delle Sezioni Unite e quindi è ragionevole che un cambiamento del modo di operare dovrà essere attuato anche da parte di chi liquida i sinistri.
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205 Infatti una volta stabilito che il danno non patrimoniale ha natura omnicomprensiva, e che nella liquidazione di esso il giudice deve tenere conto di tutte le conseguenze negative derivatene, non è più necessario distinguere tra invalidità biologica e sofferenza morale: l’una e l’altra non costituiscono infatti che aspetti di un identico pregiudizio.
Ciò non vuol dire che la sofferenza morale causata dalle lesioni non debba più essere risarcita. La sofferenza resta un danno, e come tale è risarcibile se derivante da una lesione della salute o comunque da un fatto reato. Quel che deve escludersi è che il medesimo pregiudizio (la sofferenza) possa essere liquidato due volte, dapprima a titolo di danno biologico e quindi a titolo di danno morale.
Delle particolari sofferenze causate dall’infortunio il giudice dovrà quindi tenere conto non liquidando una posta di danno aggiuntiva rispetto al danno biologico, ma adeguatamente personalizzando la liquidazione di quest’ultimo.
Dunque, sinteticamente le SS.UU. hanno ricordato che il danno non patrimoniale va risarcito integralmente, ma senza duplicazioni.
Allo stesso modo non possono formare oggetto di liquidazioni a sé stanti, in quanto componenti dell’unico danno non patrimoniale, il pregiudizio estetico, quello alla vita di relazione, quello al “fare areddituale”, derivanti da una lesione della salute.
Ciò detto in generale, le decisioni delle SS.UU pongono indubbiamente alcuni problemi pratici.
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206 Occorre al riguardo distinguere due ipotesi: il danno biologico causato da sinistri stradali con esiti micropermanenti, da tutti gli altri casi.
Nel caso di danno alla salute provocato da sinistri stradali, e che abbia avuto esiti permanenti non superiori al 9%, la misura del risarcimento è disciplinata direttamente dalla legge (art. 139 cod.ass.). Essa stabilisce che il danno biologico va liquidato nella misura corrispondente al valore del punto di invalidità determinato con decreto ministeriale, salva la possibilità di aumentare il relativo importo non oltre il 20%.
Pertanto il pregiudizio un tempo definito danno morale oggi può costituire al più un fattore di personalizzazione della liquidazione del danno biologico. Ma poiché tale
personalizzazione, in materia di sinistri stradali, è limitata al 20% il giudice non avrà più la possibilità di liquidare danno biologico e danno morale, ma solo quella di liquidare il danno biologico con una personalizzazione massima del 20%.
Invece, per la liquidazione del danno biologico non causato da sinistri stradali (e per i casi di danno alla salute provocato da sinistri stradali con postumi superiori al 9%, fino a quando non sarà emanato il decreto di approvazione della tabella delle invalidità e del valore monetario dei relativi punti, previsto dall’art. 138 cod. ass.), non essendovi alcuna norma di legge che fissi la misura del risarcimento, il giudice resta libero di procedere per via equitativa: egli potrà, di conseguenza, determinare la misura del danno biologico nel modo che ritiene più appropriato a compensare il pregiudizio effettivamente verificatosi nel caso concreto.
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207 Il giudice dovrà tenere conto delle sofferenze soggettive patite dalla vittima, aumentando caso per caso la liquidazione del danno biologico; ma il concetto di “personalizzazione”
del risarcimento dovrà essere rettamente inteso ed applicato, per evitare di giungere alle medesime incongruenze e duplicazioni cui conduceva la doppia liquidazione del danno biologico e di quello morale.
Nella liquidazione del danno biologico, il giudice dovrà aumentare l'importo risultante dall’applicazione dei criteri standard solo ove e quando la vittima deduca e dimostri di avere, in conseguenza delle lesioni, patito un “nocumento particolare”.
Inoltre il pregiudizio “personale” che può giustificare un “appesantimento” della liquidazione del danno deve essere rappresentato da fattori anomali ed inusuali, perché qualunque menomazione fisica o psichica incide sulla vita di relazione e genera sofferenza, e di questa incidenza - per così dire “normale” - già tengono conto i barémes elaborati dalla medicina legale.
Così, per fare un esempio, se Tizio patisce l’amputazione di una gamba è ovvio, naturale ed evidente che la vittima avrà una sofferenza nel passeggiare. Ma di tale sofferenza si è già necessariamente tenuto conto nel baréme medico legale. Perciò tenerne conto una seconda volta, sotto le vesti di personalizzazione del risarcimento, comporterebbe una duplicazione risarcitoria.
Ma se Tizio era un appassionato scalatore, la perdita della possibilità di effettuare delle scalate costituisce un pregiudizio singolare e specifico, il quale non può ritenersi una
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208 conseguenza normale dell’invalidità e del quale si deve tenere conto nella personalizzazione del risarcimento.
INDICAZIONI OPERATIVE
Nessun problema per la monetizzazione della componente del danno non patrimoniale di natura biologica che trova un referente normativo di metodo di calcolo anche nel Codice delle Assicurazioni.
Per quanto riguarda invece il danno costituito da quel “nocumento particolare” di cui parlavamo prima, questo dovrà essere:
o di volta in volta, provata da parte del danneggiato;
o valutata economicamente, caso per caso, da parte del giudice, quale componente del danno non patrimoniale.
Questa è una grande novità che le S.U. hanno inteso motivare ed adottare in questa sentenza.
Purtroppo, ma non era certamente compito della Suprema Corte, mancano nella sentenza indicazioni operative e parametri di calcolo definiti.
Per cui le imprese hanno fornito alle reti liquidative alcune indicazioni operative che possono così sintetizzarsi:
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209 o micropermanenti sino al 5%: liquidazione del danno non patrimoniale come da tabella senza nessuna personalizzazione (di regola, in questi danni, il danneggiato non potrà provare alcuna sofferenza “particolare” nel senso indicato dalle SS.UU.);
o micropermanenti superiori al 5% e sino al 9%: qualora sia ravvisabile una “particolare sofferenza”, per raggiungere una definizione transattiva, potrete aumentare la componente tabellare prevista per il danno biologico fino ad un massimo del 20%
(come previsto dall’art. 139 Cod. Ass.);
o permanenti superiori al 9%: la maggiorazione potrà essere sino ad un 30% del danno biologico (applicando quanto previsto dall’art. 138 Cod. Ass.); oltre tale soglia dovrà essere coinvolta la propria struttura di Sede.
Nel caso in cui la transazione non vada a buon fine, ovviamente l’offerta formale terrà conto degli eventuali aumenti proposti nella trattativa.
In caso di successiva notifica di atto di citazione, sarà compito degli operatori valutare caso per caso l’opportunità della costituzione in giudizio: ciò nell’ambito della politica di attenzione al contenimento del contenzioso.
In sintesi possiamo dire che le sentenze hanno rappresentato un modello in più di un ambito: sono finalmente un buon condensato di principi di diritto, tendono a dare un messaggio, per così dire, moralizzatore al processo di liquidazione del danno, fanno riferimento più volte al momento storico in cui ci troviamo, legando positivamente la
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210 giustizia ad un principio di evoluzione sociale, ed infine pongono chiari principi di personalizzazione e di eliminazione di automatismi.
La seconda è che il quadro che ne esce sta costringendo ancora più di prima gli operatori a lavorare con impegno, con attenzione e soprattutto senza tralasciare nulla nell’attività istruttoria del risarcimento del danno.
Il sinistro va gestito in modo ancora più accurato di prima da parte del liquidatore che deve porre la sua attenzione soprattutto in ambito di prova. Le sentenze delle SS.UU.
sono state chiarissime: la prova del danno patito e di ciò che si richiede va valutata in modo rigoroso.
Terza ed ultima considerazione: mi pare davvero che delusione maggiore su questo tentativo della Corte di Cassazione di delineare un quadro preciso delle materia sia stato il un mero adeguamento delle tabelle, così come hanno fatto importanti sedi giudiziarie.
Il tutto nell’ottica di trovare il modo affinché nulla cambi e tutto rimanga come prima.
Concludo con alcuni accenni molto pratici su ciò che sta accadendo.
Presso la nostra impresa abbiamo raccolto numerose sentenze di Tribunale e di Giudice di Pace sul punto al fine di valutare in concreto l’impatto delle sentenze della Suprema Corte sull’operato del giudici di merito.
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211 Su circa 200 sentenze raccolte sino ad oggi si è rilevato che solo circa il 60% delle stesse abbia accolto i principi enunciati mentre il restante 40%, con le più disparate motivazioni, ha continuato a liquidare il danno non patrimoniale come prima.
Soprattutto sono ancora molti i casi in cui si continuano ad applicare automatismi di calcolo senza motivazioni, ma soprattutto senza valutare in modo adeguato la prova dell’effettiva ulteriore sofferenza tale da giustificare l’incremento per la personalizzazione del danno, e ciò anche per le micropermanenti.
CONCLUSIONI
Un breve accenno alle tabelle. Esse sono sicuramente fonte di certezza, hanno permesso di omogeneizzare in parte le sperequazioni che nel passato avevano raggiunto livelli inaccettabili, non devono però diventare l’alibi per evitare il necessario lavoro di personalizzazione e di discrezionalità che soprattutto nei danni gravi, a mio parere, è ineludibile ed inevitabile.
Soprattutto a mio modo di vedere non debbono essere solo espressione del libero pensiero ma devono essere ben ancorate alla realtà operativa e sociale del luogo di applicazione. Noi assicuratori aspiriamo ad una rapida approvazione delle tabelle di legge proprio per questo motivo: evitare i salti valutativi, avere certezze per poter pianificare risorse economiche adeguate e linee operative certe.
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212 Per le compagnie di assicurazione questo è un anno molto difficile in tutti i sensi, la situazione economica è sotto gli occhi di tutti e si unisce anche al trend negativo che ciclicamente investe l’RC auto.
Ad un anno dalle sentenze della Suprema Corte le speranze di un qualche contrappeso alla difficile situazione sono definitivamente tramontate ed è molto arduo prevedere a breve cambi di tendenza.