L’istituzione del Registro è l’espressione della volontà di riqualificare l’attività professionale
Dr. Lino Schepis*
Il danno alla persona costituisce ormai motivo di quotidiano assillo per gli operatori del mercato assicurativo; senza dilungarci su troppi numeri, è sufficiente avere presente il fatto che nel solo RCA l’anno 1998 porterà oltre un milione di danni alle persone, ed impegnerà risorse prossime ai 14 mila miliardi.
Balza agli occhi di questo dato rispetto a quello emergente dalle rivelazioni dell’ISTAT, ricavate dai rapporti ufficiali della Polstrada, secondo cui le persone ferite in un anno sarebbero circa 250.000. Tale differenza non si spiega se con una prevalenza di rivendicazioni meramente speculative.
L’evoluzione del fenomeno è neppure lontanamente paragonabile a quella degli altri partners europei, con i quali pure occorre confrontarsi sul piano del costo assicurativo. E ciò preoccupa non poco.
Appare ormai evidente il nesso tra l’esplosione di frequenza e di costi delle (pseudo ) lesioni e le crescenti perdite fatte registrare dal comparto RCA anche dopo e nonostante la crescita dei premi di polizza avutasi dopo la liberazione tariffaria.
Negli ultimi anni la preoccupazione si è estesa ed appare condivisa dagli organismi istituzionali, dalle stesse rappresentanze dei consumatori, tutti consapevoli della necessità di ricercare un limite di equilibrio tra attese della generalità degli assicurativi di sostenere un giusto prezzo per la garanzia assicurativa, ed aspettative di coloro che sono stati lesi e rivendicano un adeguato risarcimento.
Il problema non è, ovviamente, solo di contenuto economico, atteso che si tratta di tutelare un diritto primario dell’individuo, quello all’integrità psicofisica, mediante lo “strumento” di alto profilo socio-culturale che ci rende peculiari in Europa e nel mondo del danno alla salute.
Fino ad oggi si è….. navigato a vista, facendo appello all’amministrazione dell’equità da parte dei giudici, ed al buon senso ed alla buona volontà degli operatori.
Ma la situazione non può permanere tale: da più parti si richiede, con forza crescente, una ridefinizione delle regole; più esattamente, l’introduzione di regole certe al posto di giudizi soggettivi, di valutazioni discrezionali che talora sconfinano nell’arbitrio.
Molte ed univoci sono i segnali di questa “voglia di regole”:
• Da un lato le iniziative legislative (ben tre) succedutesi negli ultimi tempi, delle quali la più completa ed articolata è quella di cui si è reso promotore l’ISVAP, finalizzata a disciplinare e limitare la discrezionalità dei magistrati (da non sottovalutare il fatto che la gran parte del contenzioso assicurativo oggi è devoluto ai giudici non togati);
• Dall’altro quelle tese a ridefinire perfino i profili penalistici della materia; alludo segnatamente all’iniziativa della Presidenza dell’ISVAP, che ha richiesto un provvedimento legislativo diretto ad appesantire le sanzioni per i reati di connotazione assicurativa, introducendo un’aggravante specifica.
Peraltro, già da qualche tempo si è potuta avvertire una diversa e maggiore sensibilità da parte degli operatori, e della magistratura stessa, riguardo ad atteggiamenti speculativi e fraudolenti in danno degli istituti assicurativi: mi riferisco alle numerose inchieste avviate d’iniziativa dell’Autorità Giudiziaria (a Genova, a Milano, a Napoli, ecc.), ma anche alla decisa reazione di qualche magistrato, che non ha tollerato di essere spudoratamente “usato” da sedicenti danneggiati, in realtà meri speculatori, ricorsi sfrontatamente all’istituto della querela per sostenere lesioni
* Presidente Commissione Danni fisici ANIA, Milano
Tagete n. 5-1998 Ed. Acomep
inesistenti, e li ha a sua volta perseguiti penalmente (vi è da chiedersi se analogo trattamento sarà usato anche nei confronti di chi, patrocinatori e consulenti, tali speculazioni legittima ed avalla? Per intanto, vi è già chi ravvisa una responsabilità civile dei medici legali per danni provocati al proprio assistito nell’avere creato false aspettative risarcitorie).
Questa “voglia di regole” ha contagiato anche il medico legale, o quanto meno una parte significativa di esso: in questo senso mi sembra di dover interpretare l’iniziativa del “Registro”.
Iniziativa che è partita, è bene ricordarlo, in modo del tutto autonomo dalla componente medico legale dell’Associazione Melchiorre Gioia, e che ha incontrato resistenze esclusivamente in ambito medico legale.
E’ legittimo ritenere che le tensioni e le contrapposizioni, salite talora sopra le righe (ed oltre il limite del buon gusto), siano la più solida conferma che era veramente tempo di mettere ordine al settore, modificando l’attuale regime di totale assenza di regole.
La “deregulation” ha consentito da un lato l’immissione nel settore di un numero sempre maggiore di soggetti privi di preparazione specifica e talvolta anche di etica; dall’altro, ha indotto professionisti pur non sprovvisti di competenza ad operare con superficialità, con atteggiamento routinario, privilegiando la logica del “do ut des” più che la ricerca della verità e della coerenza, tanto da far scadere il profilo professionale dell’intera categoria, ed agendo da “volano”
sull’inarrestabile crescita di frequenza di danni da lesioni per lo meno opinabili.
Dunque, istituzione del Registro come espressione della volontà di riqualificare l’attività professionale, da qualche tempo in crisi di identità, mediante fissazione di regole comportamentali, deontologiche, scientifiche.
L’obiettivo primario sembra essere quello dell’autocontrollo, garantito dall’impegno degli iscritti ad esercitare la professione “in modo scrupolosamente oggettivo” , “secondo scienza, coscienza e lealtà (verso i colleghi e verso i committenti)”, con “obiettività ed imparzialità” assolute.
Di particolare significato l’impegno, specificatamente dichiarato, di privilegiare l’obiettività, usando sempre “lo stesso metro di giudizio, la stessa criteriologia, la stessa metodologia”, indipendentemente dalla posizione rivestita, dalla provenienza del mandato ricevuto.
Sembra molto lontano il tempo nel quale si sosteneva la necessità di una netta distinzione di ruoli tra medici di assicurazione, consulenti di parte privata e consulenti d’ufficio.
Al contrario, mi chiedo se non sia lecito immaginare, a regime, che taluni casi possano essere risolti sulla base di un’unica perizia medico legale, da qualunque delle parti commissionata, oppure se la pervicace resistenza del sistema non mantenga tale attesa una mera utopia.
Evidente ed ovvio l’interesse del mondo delle imprese assicurative per questa iniziativa.
Diamo per scontata l’attesa di un sistema valutativo dei danni da lesioni più serio ed affidabile;
più specificatamente, l’esistenza di un elenco di medici condivisi appare strumento necessario per la realizzazione di accordi basati sulla liquidazione per conto di terzi: si pensi all’Accordo per i terzi Estranei ed a quello per i Sinistri Catastrofali, già oggi esistenti.
Diviene condizione irrinunciabile per la realizzazione dell’ambizioso progetto di estendere la Covenzione CID ai danni da lesioni.
L’assicuratore si pone sicuramente come utente privilegiato, ma non dovrà essere l’unico utente.
Un Registro credibile non potrebbe essere ignorato dalla magistratura, ed allora cesserebbe forse il malvezzo, tante volte inutilmente denunciato, di utilizzare atteggiamenti clientelari nella designazione dei consulenti del magistrato, anche in presenza di una scandalosa impreparazione specifica dei designati.
Ovviamente, la CTU non potrebbe più essere quella deprimente ricerca del compromesso ad ogni costo oggi imperante.
Sarebbe inoltre naturale ricorrere al Registro nella scelta dei colleghi arbitrali.
Le stesse parti private avrebbero garanzia di maggiore credito presso le imprese assicurative, essendo ricorse a consulenti iscritti e validati in modo autorevole, con sicuro risparmio di conflittualità.
Tagete n. 5-1998 Ed. Acomep
Ma il Registro non si prefigge solo i compiti di controllo; al contrario, la possibilità di pianificare e realizzare iniziative di formazione e di aggiornamento costante, fa divenire finalità primarie di per sé idonee a stemperare un’esigenza di controllo istituzionale la crescita professionale degli iscritti, il loro costante aggiornamento (oggi così poco pratico), il perseguimento di uno standard professionale che il codice circoscrive al “decoroso”, ma che preferirei orientato verso livelli qualitativi più elevati.
A margine del Registro dovranno essere previsti per gli iscritti convegni, seminari di aggiornamento di elevato profilo, pubblicazioni scientifiche mirate, così come, dopo una prima fase transitoria, dovrà essere adottato un maggiore rigore nella valutazione dei requisiti per l’ammissione; in particolare, non potranno trovare ingresso persone prive della specializzazione in medicina legale (ma è correlativamente necessario che i corsi di specializzazione post-universitaria vengano strutturati per fornire realmente quella specificità che oggi la materia dell’infortunistica stradale richiede, e che manca clamorosamente nella maggior parte dei nostri istituti accademici).
Auspico quindi che questa importante iniziativa, che ha richiesto una gestazione doverosamente lunga e sofferta, veda finalmente la luce come essere forte e vitale, capace di sopravvivere a lungo e di rafforzarsi per quanto richieda la sua funzione istituzionale. Mi auguro che il faticoso a tratti doloroso travaglio abbia consentito, ed ancora consenta, se necessario, quelle correzioni di rotta che possano scongiurare il rischio di un aborto, ed assicuri il mantenimento delle molte attese suscitate in ognuno di noi.
Tagete n. 5-1998 Ed. Acomep