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LA PERSONALIZZAZIONE DEL DANNO: TRA ESIGENZE ETICHE E NECESSITA’ ECONOMICHE

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Academic year: 2022

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LA PERSONALIZZAZIONE DEL DANNO:

TRA ESIGENZE ETICHE E NECESSITA’ ECONOMICHE

Dr. Fabrizio Premuti

Al centro del dibattito si pone il problema etico del rispetto della dignità dell'uomo, del costo del dolore, dell'analisi di un solo aspetto della dignità dell'uomo, ed in particolare dell'uomo colpito da un esito invalidante per colpa di responsabilità individuate su un terzo e in qualche modo soggette a risarcimento. Per un attimo lasciamo correre sul fatto che il risarcimento sia erogato da un'Impresa di Assicurazioni o che sia erogato direttamente dal responsabile, di certo il responsabile è il soggetto cui il risarcimento è richiesto.

Il concetto di dignità dell'uomo come consumatore andrebbe analizzato da più punti di vista, ritenendo infatti che i tanti aspetti, sia negativi sia positivi, che colpiscono la vita di un individuo, compongono e rappresentano la sua dignità, in un complesso di sentimenti e reazioni ai fattori esterni estremamente personale e non codificabile. Tanto meno la dignità può essere parametro economico di risarcimento dì un danno, eppure esemplificativamente sembra di cogliere questo aspetto come primario. Allora ci si domanda: può essere lesa la dignità quando ad un utente si richiede una tariffa palesemente sproporzionata al rischio che si chiede di coprire? La risposta dovrebbe essere certamente si, quindi ad una tariffa palesemente sproporzionata rispondiamo con un riproporzionamento del rischio aumentandone i costi.

In Italia ci sono 57 mln di cittadini, di cui 40 mln hanno una copertura dì responsabilità civile auto.

Infatti quest'Assicurazione è obbligatoria per legge, sia nel fornirla all'utente che ne fa richiesta, sia nell'acquistarla al momento di mettere in circolazione un veicolo. Di questi 40 mln d'assicurati soltanto, e non è poco, il 12% ha un motivo per cui chiedere un risarcimento da fatto illecito ad un responsabile. Il peso dei risarcimenti di questo 12% entra corposamente e pesantemente a far parte della tariffa richiesta al 100% degli assicurati. Si potrebbe obiettare, ma qui si parla del valore dell’uomo, della lesione dell'integrità della persona, di un danno alla salute quale bene primario e Costituzionalmente riconosciuto ad ogni cittadino. Inoltre non si parla di parafanghi, che pure sono una parte di quei costi che entrano a far parte della tariffa RCA richiesta ad ogni assicurato. Quindi il problema viene a spostarsi su ciò che è sostenibile e su ciò che non è sostenibile in un sistema RCA come il nostro.

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E’ sostenibile riconoscere ad ogni cittadino colpito, ma fuori da ogni soggettivizzazione, il giusto valore del danno subito, sia patrimonialmente sia non patrimonialmente. Sul danno patrimoniale, giuridicamente, le risposte sono state ampiamente trovate nei sistemi e nelle valutazioni. Da un punto di vista non patrimoniale, dopo aver giuridicamente e scientificamente sancito il sacrosanto diritto al danno biologico, la personalizzazione delle valutazioni, basata su criteri analoghi ma valori estremamente diversificati sul territorio ci ha portato a dover subire nella legislazione una tabellazione, giustamente di massima sia nelle entità sia nei valori. Ma di fatto la legge è stata subita per l'incapacità di autoregolazione del sistema risarcitorio e la derivante incertezza economica in cui le Compagnie sono venute a trovarsi. Quindi, dopo una Legge che nei fatti esprimeva un giusto concetto di uguaglianza dei cittadini prescindendo dal territorio di appartenenza, ma nell'applicazione una fin troppo contratta risposta risarcitoria, sia dal punto di vista economico del valore punto, sia nella generalizzata riduzione dell' entità attribuibile alle lesioni riportate, ecco che arriva una nuova e certamente non infondata richiesta di fattispecie ulteriore di danno che, se non rimanesse sporadico pronunciamento di Tribunali, tornerebbe a far vacillare l’intero impianto della RC Auto.

L'affermazione del danno esistenziale corretta negli intenti è veramente paragonabile ad un diluvio universale che investe il sistema e rischia di far lievitare, molto cospicuamente, le tariffe pagate da tutti gli assicurati. Ecco che si ripropone il problema della sostenibilità della richiesta, e la sentenza della Terza Sezione Civile del Tribunale di Palermo è un esempio senza dubbio illuminante su questa questione. Il medico legale della stessa Compagnia motiva la menomazione derivante dal mancato risarcimento con “iniziale simulazione volontaria di alienazione mentale”, alla quale si sostituisce “idea del rifugio nella malattia, sicché i sintomi si producono con scarso o nullo controllo di coscienza da parte del soggetto”. Risultato economico, per un danno che in invalidità permanente da danno biologico sarebbe stato valutato con non più di due o tre punti percentuali e il danno patrimoniale riferito al veicolo ed al carico trasportato, per un totale forse inferiore a 10.000 euro si è concretizzato in un risarcimento di 1.170.118 euro. Allora ai giuristi si chiede se la Sentenza che introduceva il danno biologico, la 186/84, non era forse riferita ad una tipologia di danno che comprendesse l'intera sfera dell’essere umano in se. Se così non fosse, esiste ancora una ragione per parlare di danno biologico? La preoccupazione dei consumatori risiede quindi su quella che potrebbe diventare certamente una grande e dignitosa battaglia per i diritti dei danneggiati, che però non tiene in considerazione i diritti di tutti. Quali scenari si aprono? A rispondere economicamente, fino ad un certo punto, è una Compagnia di Assicurazioni. Oltre quello gli assicuratori scaricheranno su tutti gli assicurati i costi sostenuti. Quando, non potendo più sostenere i costi assicurativi, i cittadini dovranno rispondere in proprio allora si prevedono

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complicazioni etiche, morali, economiche, pratiche. Il pensiero va anche all'uso che ne viene fatto:

dalla falsificazione dei certificati assicurativi, dall’aumento dei responsabili ignoti perché datisi alla fuga dopo un sinistro, al costante avvicinamento di fasce d'utenza all'illegalità. E quando un danno derivasse non da coperture o fatti connessi alla RCA, ma da questioni inerenti la responsabilità civile generale, dove, la copertura assicurativa e difficilmente presente quali le implicazioni? O solo perché non è chiaro se ci sia chi paghi, si farà a meno di chiedere anche questa fattispecie di danno?

In un convegno alcuni mesi fa a Verona si è parlato per la prima volta di danno romantico. E’ la città di Romeo e Giulietta, quindi potrebbe avere un senso. Ma la ricerca giuridica e la contestuale applicazione medico scientifica ha già pensato quali limiti e quali obbiettivi porsi. Si torna quindi all'interrogazione di partenza: siamo certi che, oltre che condivisibile, è anche sostenibile? Inoltre, è rispettoso della dignità dell’individuo, non più come individuo danneggiato, ma semplicemente come individuo, con una propria sfera privata che ne contenga tutti gli aspetti di vita, dignità di chi vuole farsi una copertura RCA pagandola in forma sostenibile rispetto al proprio reddito, dignità di chi vuole reagire alla sirene della malavita rifiutandone le offerte, sapendo che il contesto che lo sostiene è un contesto di giustizia e rispetto, la dignità del rispetto delle proprie azioni e di quelle del prossimo, quando davanti all'imponderabile, spesso concretizzato da un incidente stradale, non sia indotto a fuggire.

Alla fine una risposta economica che determini il valore dell'uomo, non credo riusciremo mai ad individuarla, se non semplicemente ricorrendo a valori puramente convenzionali.

La dignità dell'uomo e il prezzo del dolore sono spesso confusi in un gioco di richiesta ed offerta in cui medici e giuristi spesso cadono. Giuristi, non Giudici. Ha dignità quel paziente assistito al quale viene fornita una consulenza medico legale con indicato: “T.P. 8%”, quando, per la stessa lesione, vede assegnarsi il riconoscimento del 2% da un altro medico che interviene fiduciariamente per una Compagnia? Certo é il gioco della richiesta e dell'offerta. Non è forse giunto il momento di dire basta di giocare proprio su quello che questo convegno vuole invece salvaguardare? La dignità dell'uomo. Sì può fare molto per la dignità dell'uomo. Si potrebbe partire dal rispetto di questa non creando inutili e dannose aspettative. Queste si! Potrebbero indurre in uno stato di prostrazione il paziente che non si vede riconosciuti gli obiettivi ipotizzati. Nella migliore delle ipotesi si produce contenzioso artificiale; forse estremizzando, si potrebbe produrre danno esistenziale. E se questo lo dico solo come estrema ipotesi, se fosse vero, quale professionista, medico o giurista, sembra pronto ad assolvere correttamente a quello stesso risarcimento che avrebbe chiesto in nome del proprio assistito? Quale Compagnia Assicurativa sarebbe in grado di fornirVi una copertura per la RC Professionale?

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Partiamo da questa realtà, che viviamo centinaia di migliaia di volte ogni anno.

Dalla estrema differenza che viene a crearsi nelle valutazioni medico legali ogni qualvolta il professionista interviene su un paziente secondo la prospettiva dalla quale inquadra la lesione. Se è il professionista che interviene a supporto del paziente la valutazione è mediamente superiore del 50%, a quella corrispondente accertata dal medico fiduciario dell’Impresa. Solo in casi rari le due valutazioni vengono a concretizzarsi in spazi percentuali inferiori al 20%. Eppure i professionisti che intervengono nel processo valutativo sono, quasi esclusivamente, degli ottimi professionisti esperti in medicina legale ed assicurativa. Difficile imputare alle loro conoscenze specifiche, come superficialmente si potrebbe anche fare, ipotizzando che tra i due uno sia meno preparato, questa strana e costante divergenza. Allora la spiegazione deve forse essere cercata altrove e non in uno sterile artificio professionale. Sia forse un gioco di interessi? Non ci interessa dare una risposta a questo, trovare dei responsabili e magari creare ulteriore sterile demagogia.

Interessa trovare delle soluzioni.

Si è così tanto ed a lungo parlato del colpo di frusta. Qualcuno ipotizzava bellissimi viaggi ai tropici, con i proventi di questa diffusissima patologia. Eppure un medico legale, che per ruolo ed incarico non posso pensare sia uno stolto, mi diceva che il colpo di frusta, ormai appiattito dalla diffusione e dall’interesse stesso che movimenta questa diffusione potrebbe avere conseguenze ben più gravi del 2% convenzionale in cui è stato relegato. Ma, aggiungeva, per poter indagare ed assegnare quel punteggio più alto che in alcuni casi meriterebbe, si dovrebbe aver il coraggio di negare ogni conseguenza invalidante ad almeno il 70% dei casi oggi denunciati. Eticamente, e nel rispetto di ognuno, ci sarebbe ben poco da lamentarsi se, tolti il 70% dei casi, quelli che rimangono fossero valutati e risarciti secondo le effettive conseguenze, siano quelle dell'1 %, siano quelle dell'8%.

Certo un ruolo strategico ed educativo dovrebbero farlo le stesse Compagnie di Assicurazione:

l'applicazione di un rigore strettamente scientifico, anche con l'intervento, per le parti di competenza, dei periti assicurativi. Ad esempio sulla ricostruzione tecnico dinamica del sinistro e con utilizzo di prove ergonomiche. Costa di più fare questo? Certamente si, ma nel lungo periodo pagherebbe e permetterebbe ad ognuno per le proprie competenze di esprimersi al meglio della propria professionalità, producendo enormi risparmi sulla spesa. Maggiori guadagni per chi lavora.

A questo, che noi di Adiconsum denunciamo da tempo come malcostume del "caro sinistro”, abbiamo provato a dare prospettiva di soluzione con quello che chiamiamo sistema del perito terzo e del medico terzo. Certo fino ad oggi i nostri interlocutori hanno mostrato molto scarso interesse per la nostra ipotesi. Maggiore attenzione è stata posta dalle Istituzioni ma il confronto su questo andrà avanti, così come sembra vada avanti il malcostume della doppia valutazione. In che cosa

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consiste il professionista terzo? Semplicemente nel costituire degli elenchi di professionisti, concordati dai Consumatori e dalle Imprese di Assicurazione. Elenchi ampi, presenti sul territorio, in maniera estremamente diffusa, cui il consumatore danneggiato possa rivolgersi autonomamente senza alcuna indicazione dell'Impresa Assicuratrice, per l'elaborato peritale o medico legale conclusivo, che sarebbe fornito quindi all'utente e senza più alcun problema di privacy, e trasferito all'Impresa dallo stesso utente del danneggiato. La valutazione indicata, non più di parte, potrà essere presa quale indicazione per il risarcimento del danno.

Questa è, ovviamente, un’ipotesi di soluzione. Ma quali effetti potrebbero avere altre ipotesi?

Quando un sistema rischia di impazzire, anche riflettendo su quanto detto prima sul danno biologico e su quello esistenziale, prendendo il problema del “caro sinistro” nel suo insieme, il sistema stesso rischia di collassare. In un sistema chiuso, strettamente nazionale, tutto ciò potrebbe avere effetti devastanti, ma comunque limitati. In un sistema aperto come quello che stiamo costruendo all’interno dell’Unione Europea, dove i sistemi dei singoli paesi sono destinati a parametrarsi e confrontarsi gli uni con gli altri, poi molto lentamente ad integrarsi e fondersi, quello che accade in un microsistema nazionale, al solo pericolo del collasso, determina una reazione. Molto spesso, anzi troppo spesso l'istinto di sopravvivenza del sistema ha determinato reazioni estremamente scomposte, molto poco rispettose dei pareri degli esperti dei professionisti.

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