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IL NUOVO ART. 2059 C.C.

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TAGETE 3-2004 Anno X

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IL NUOVO ART. 2059 C.C.

Prof. Marco Bona

Nel 2003 il sistema risarcitorio dei danni non patrimoniali ha voltato definitivamente pagina: ciò per effetto di una serie di sentenze dalla portata sicuramente storica (la

“nuova giurisprudenza”), le quali, in larga misura ispirate e incentivate dal dibattito in corso sul danno esistenziale, hanno rivoluzionato, di fatto archiviandolo, il modello del danno non patrimoniale fondato sulla netta contrapposizione tra due ambiti di disciplina ben distinti, l’art. 2043 c.c. (danno ingiusto) e l’art. 2059 c.c. (danno morale da reato subito), modello ormai da tempo entrato profondamente in crisi a causa del progressivo ampliarsi, entro la clausola dell’ingiustizia e quindi in manifesta contrapposizione al criterio selettivo costituito dal reato, dell’area di tutela risarcitoria che si era venuta ad aprire, sul fronte dei danni non pecuniari, tra il danno biologico e il danno morale.

Il merito di siffatta nuova stagione del danno non patrimoniale è da attribuirsi indubbiamente alla Suprema corte, la quale, “in un disegno complessivo di razionalizzazione del sistema della responsabilità civile nell’ambito di un processo che mostra una condivisibile tendenza alla tutela dei valori della persona”1, consapevolmente ha ritenuto fosse giunto il momento di spedire in soffitta la tradizionale lettura dell’art.

2059 c.c. e, in particolare, di cancellare in via definitiva “l’evidente iniquità della limitazione della risarcibilità del danno non patrimoniale alle ipotesi di reato”2. Difatti, immediatamente dopo avere sconfessato il precedente consolidato orientamento contrario alla risarcibilità del danno morale/non patrimoniale nei casi di colpa presunta (sentenze nn. 7281/2003, 7282/2003 e 7283/2003)3, la Cassazione, con due fondamentali sentenze coeve, la n.

Professore a.c. in sistemi giuridici comparati all’Università L. Bocconi di Milano e in Italian Tort Law in a Comparative Perspective all’Università Cattaneo di Castellanza

1 Così Cass. Pen., Sez IV, 22 gennaio 2004, n. 2050.

2L’espressione è tratta da Cass. Pen., Sez IV, 22 gennaio 2004, n. 2050, cit.

3 Anas c. Candeloro e altri, Cass., Sez. III, 12 maggio 2003, n. 7281, in www.dannoallapersona.it, in Foro it., 2003, I, 2272, con nota di NAVARRETTA (in tema di colpa presunta ex art. 2051 c.c.); Bastrentaz c. Assitalia S.p.A., Cass., Sez. III, 12 maggio 2003, n. 7282, in www.dannoallapersona.it (in tema di colpa presunta ex

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2 8827/2003 (Ventura c. Dalla Riva ed altri) e la n. 8828/2003 (Zani c. SAI e Mazzunno)4 e, successivamente, con la pronuncia n. 12124/2003 (Commissario Liquidatore della Soppressa USL/8 Bassa Friulana c. Gobbo ed altri)5 e la decisione n.

19057/2003 (Milani c. ed altri c. Gelsomini ed altri)6, ha rivoluzionato il panorama dei danni non patrimoniali, ridisegnando alla radice l’art. 2059 c.c. In particolare, la Cassazione ha “costituzionalizzato”, a tutto tondo, l’interpretazione della norma in questione: infatti, per i giudici di legittimità “il rinvio ai casi in cui la legge consente la riparazione del danno non patrimoniale ben può essere riferito dopo l’entrata in vigore della Costituzione, anche alle previsioni della legge fondamentale”.

In altri termini, secondo il nuovo indirizzo espresso dalla Sezione terza della Suprema corte, ora seguito anche dalla Cassazione Penale (sentenza n. 2050/2004)7, ogniqualvolta si verifichi un’ingiusta lesione di un valore inerente alla persona che sia costituzionalmente garantito, il danno non patrimoniale risulta pienamente risarcibile, senza soggezione alcuna al limite derivante dalla riserva di legge centrata sul rinvio all’art.

185 c.p.: “venendo in considerazione valori personali di rilievo costituzionale, deve escludersi che il risarcimento del danno non patrimoniale che ne consegua, sia soggetto al limite derivante dalla riserva di legge correlata all’art.

185 c.p.”.

art. 2054 c.c.); Generali Ass. S.p.A. c. Arecchia ed altri, Cass., Sez. III, 12 maggio 2003, n. 7283, in Danno e responsabilità, 2003, con nota di PONZANELLI, in Foro it., 2003, I, 2272, con nota di NAVARRETTA (in tema di colpa presunta ex art. 2054 c.c.). Le tre sentenze sono perfettamente coincidenti quanto alle motivazioni.

4 Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8827 (avente per oggetto il danno non patrimoniale dei genitori di un ragazzo in stato quasi vegetativo sin dalla nascita) e Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8828 (in punto danno non patrimoniale da lesione del rapporto parentale in seguito all’uccisione del congiunto), in Giur. It., 2004, con nota di BONA, L’«ottava vita» dell’art. 2059 c.c., ma è tempo d’addio per le vecchie regole!; in Foro it., 2003, I, 2272, con nota di NAVARRETTA, Danni non patrimoniali: il dogma infranto e il nuovo diritto vivente; in Danno e responsabilità, 2003, 816, con note di BUSNELLI, Chiaroscuri d’estate: la Corte di cassazione e il danno alla persona, PONZANELLI, Ricomposizione dell’universo non patrimoniale: le scelte della Corte di cassazione, PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, L’art. 2059 c.c. va in paradiso; in Corriere Giuridico, 2003, 1017, con nota di FRANZONI, Il danno non patrimoniale, il danno morale: una svolta per il danno alla persona.

La sentenza n. 8828/2003 è altresì stata pubblicata in Resp. Civ. Prev., 2003, 675, con note di CENDON, Anche se gli amanti si perdono l’amore non si perderà. Impressioni di lettura su Cass. 8828/2003, BARGELLI, Danno non patrimoniale ed interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c., ZIVIZ, E poi non rimase nessuno. La sentenza n. 8827/2003 richiama in larga misura le precisazioni contenute nella parte motivazionale della decisione n. 8828/2003, pur essendo più esaustiva su alcuni passaggi, tra cui, in particolare, la possibilità di liquidare contemporaneamente il danno morale ed il danno esistenziale.

5 Cass., Sez. III, 19 agosto 2003, n. 12124, in www.dannoallapersona.it.

6 Cass., Sez. III, 12 dicembre 2003, n. 19057.

7Cass. Pen., Sez IV, 22 gennaio 2004, n. 2050.

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3 Siffatta impostazione, davvero copernicana, ha peraltro ricevuto, nel luglio del 2003, il contestuale ed autorevole beneplacito della Corte costituzionale, intervenuta a sancire la risarcibilità del danno morale anche nei casi di colpa presunta (altra importante novità della nuova giurisprudenza).

Infatti, la Consulta, inseritasi in un contesto evolutivo ormai dominato dai giudici di legittimità, ha apposto, con la decisione n. 233/2003 (Manetti c. Ingretolli)8, il suo sigillo sulle soluzioni sposate dalla Cassazione nelle citate sentenze, archiviando dunque i suoi tre precedenti storici sul danno non patrimoniale9. Per la Corte costituzionale, infatti, “…può dirsi ormai superata la tradizionale affermazione secondo la quale il danno non patrimoniale riguardato dall’art. 2059 c.c. si identificherebbe con il considdetto danno morale soggettivo. In due recentissime pronunce (Cass. 31 maggio 2003, nn. 8827 e 8828), che hanno l’indubbio pregio di ricondurre a razionalità e coerenza il tormentato capitolo della tutela risarcitoria del danno alla persona, viene, infatti, prospettata, con ricchezza di argomentazioni – nel quadro di un sistema bipolare del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale – un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c., tesa a ricomprendere nell’astratta previsione della norma ogni danno di natura non patrimoniale derivante da lesione di valori inerenti alla persona: e dunque sia il danno morale soggettivo, inteso come transeunte turbamento dello stato d’animo della vittima; sia il danno biologico in senso stretto, inteso come lesione dell’interesse, costituzionalmente garantito, all’integrità psichica e fisica della persona, conseguente ad

8 Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, in Giur. It., 2004, con nota di BONA, L’«ottava vita» dell’art. 2059 c.c., ma è tempo d’addio per le vecchie regole!; in Resp. Civ. Prev., 2003, 1036, con nota di ZIVIZ, Il nuovo volto dell’art. 2059 c.c.; in Danno e responsabilità, 2003, 939, con note di BONA, Il danno esistenziale bussa alla porta e la Corte costituzionale apre (verso il “nuovo” art. 2059 c.c.), CRICENTI, Una diversa lettura dell’art.

2059 c.c., PONZANELLI, La Corte costituzionale si allinea con la Corte di Cassazione, PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il sistema di responsabilità civile dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 233/03, TROIANO, L’irresistibile ascesa del danno non patrimoniale; in Foro it., 2003, I, 2201, con nota di NAVARRETTA, La Corte costituzionale e il danno alla persona in fieri; in Corriere Giuridico, 2003, 1028, con nota di FRANZONI, Il danno non patrimoniale, il danno morale: una svolta per il danno alla persona; in Guida al Diritto, 2003, n.

31, 32, con nota di RODOLFI, In attesa di una disciplina legislativa organica la Corte costituzionale si adegua alla Cassazione.

9 Cfr.: Corte cost., ord., 22 luglio 1996, n. 293, in Resp. Civ. Prev., 1996, 909, in Foro it., 1996, I, 2963, con nota di DE MARZO, in Danno e resp., 1996, 679, con nota di PONZANELLI, in Giur. it., 1997, I, 314, con nota di COMANDÈ; Corte cost. 27 ottobre 1994, n. 372, cit.; Corte cost. 14 luglio 1986, n. 184, in Foro it., 1986, I, 2053, con nota di PONZANELLI; in Foro it., 1986, I, 2976, con nota di MONATERI; in Resp. civ. prev., 1986, 520, con nota di SCALFI; in Nuove legge civ. comm., 1986, 601, con nota di GIUSTI; in Giur. it., 1987, I, 1, 392, con nota di PULVIRENTI.

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4 un accertamento medico (art. 32 Cost.); sia infine il danno (spesso definito in dottrina ed in giurisprudenza come esistenziale) derivante dalla lesione di (altri) interessi di rango costituzionale inerenti alla persona”. Che la Consulta recepisca appieno il modello tracciato dalla Suprema corte risulta manifesto dal passo or ora riportato10, ancorché in realtà si tratti di un succinto e non certo entusiasmante obiter dictum e, a livello di ratio decidendi, venga mantenuto ancora in vita il criterio selettivo del reato, pur ridimensionato a livello operativo in relazione alle ipotesi di colpa presunta (questo il principio espresso dalla Corte costituzionale: “l’art. 2059 c.c. deve essere interpretato nel senso che il danno non patrimoniale, in quanto riferito alla astratta fattispecie di reato, è risarcibile anche nell’ipotesi in cui, in sede civile, la colpa dell’autore del fatto risulti da una presunzione di legge”)11. Malgrado siffatto profilo, che denota una certa qual indecisione della Consulta nel percorrere fino in fondo la soluzione delineata dalla Suprema corte, correttamente è stato posto in luce come i giudici di legittimità e la Corte costituzionale abbiano condotto

“un perfetto lavoro di squadra”, “un gioco tra le parti ben preciso”12, intenzionalmente finalizzato a chiudere un ciclo e, quindi, ad avviare una nuova inedita stagione: il nuovo art. 2059 c.c., consegnato agli interpreti dalla Suprema corte, si affaccia infatti prepotentemente anche nella sentenza della Consulta, che lo condivide appieno.

Ciò premesso, qui di seguito sono riportate alcune succinte indicazioni circa il nuovo sistema risarcitorio dei danni non patrimoniali, in sintesi delle istruzioni per l’uso.

A. Casi di risarcibilità del danno non patrimoniale

Qualunque sia la sotto-categoria di danno non patrimoniale utilizzata (danno morale, danno biologico, “danno non patrimoniale X” o danno esistenziale), essa è risarcibile nei seguenti casi:

10Cfr. inoltre sul punto Cass. Pen., Sez IV, 22 gennaio 2004, n. 2050, cit., che ha giustamente posto in luce come la Corte costituzionale abbia “condiviso integralmente il mutamento giurisprudenziale del giudice di legittimità sul danno non patrimoniale”.

11 La Consulta, peraltro, sul punto ha sostanzialmente recepito le sopra menzionate sentenze della Suprema corte: Cass., Sez. III, 12 maggio 2003, n. 7281, cit.; Cass., Sez. III, 12 maggio 2003, n. 7282, cit.; Cass., Sez. III, 12 maggio 2003, n. 7283, cit.

12 Così CENDON e ZIVIZ, Vincitori e vinti (… dopo la sentenza n. 233/2003 della Corte Costituzionale), in www.dannoallapersona.it. Si tenga del resto conto della coincidenza del giorno in cui si sono riuniti i due collegi delle rispettive corti (la fatidica data è quella del 7 maggio 2003).

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5 1. Responsabilità extracontrattuale (art. 2059 c.c.):

Ø violazione di diritti o interessi o valori costituzionalmente garantiti (ricadono altresì in questo livello: art. 2087 c.c., tutela della salute e della personalità morale del datore di lavoro; art. 7 c.c., tutela del nome, art. 10 c.c., tutela dell’immagine, e art. 168, legge 22 aprile 1941 n. 633, tutela del diritto morale d’autore);

Ø casi determinati dalla legge ordinaria: art. 89, comma 2, c.p.c. e art. 598, comma 2, c.p.p. (espressioni offensive in scritti e discorsi pronunciati dinanzi all’autorità giudiziaria); art. 2 legge 13 aprile 1988 n. 117 (risarcimento dei danni non patrimoniali derivanti dall’ingiusta privazione della libertà personale cagionati dall’esercizio di funzioni giudiziarie); art. 29, comma 9, legge 31 dicembre 1996 n. 675 (impiego di modalità illecite nella raccolta di dati personali); art. 44, comma 7, d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286 (adozione di atti discriminatori per motivi razziali, etnici o religiosi); art. 2 legge 24 marzo 2001 n. 89 (mancato rispetto del termine ragionevole di durata del processo); art. 4, comma 4, d.lgs. 9 luglio 2003 n. 215 (discriminazioni a causa della razza o dell’origine etnica nel settore pubblico e nel settore privato); art. 4, comma 5, d.lgs. 9 luglio 2003 n. 216 (discriminazioni a causa della religione, delle convinzioni personali, dell’handicap, dell’età o dell’orientamento sessuale per quanto attiene l’occupazione e le condizioni di lavoro);

Ø ravvisabilità in astratto o accertamento in concreto di una fattispecie di reato (art.

185, 2° comma, c.p.);

Ø violazione di diritti individuati dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (legge 4 agosto 1955, n.

848) e da altri Convenzioni Internazionali;

Ø casi individuati dalla Corte di Giustizia CE in sede di interpretazione di direttive e regolamenti (art. 5 della direttiva 13 giugno 1990 n. 90/314/CEE, concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti “tutto compreso”).

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6 2. Responsabilità contrattuale (artt. 1218 c.c. e ss.):

a) casi coincidenti con il nuovo art. 2059 c.c.:

Ø inadempimento e violazione di un diritto, valore o interesse costituzionalmente garantito;

Ø inadempimento e fattispecie astrattamente configurabile di reato oppure illecito penale accertato in concreto;

Ø inadempimento e caso espressamente previsto dalla legge;

Ø inadempimento e violazione di diritti individuati dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (legge 4 agosto 1955, n. 848) e da altri Convenzioni Internazionali;

Ø inadempimento e caso di risarcibilità individuato dalla Corte di Giustizia CE in sede di interpretazione di direttive e regolamenti (art. 5 della direttiva 13 giugno 1990 n. 90/314/CEE, concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti “tutto compreso”);

b) Casi di sola responsabilità contrattuale:

Ø inadempimento di contratto disciplinato dai Principi dei contratti commerciali internazionali predisposti dall’UNIDROIT (art. 7.4.2., comma 2);

Ø inadempimento e lesione dell’interesse non patrimoniale del creditore o espressivamente previsto dalla legge (ad esempio: art. 2087 c.c.) oppure ricavabile, secondo il criterio della prevedibilità, dal contesto contrattuale;

Ø inadempimento e lesione dell’interesse patrimoniale del creditore con prevedibile incidenza sulla sfera non patrimoniale di quest’ultimo.

Sia nell’ipotesi di responsabilità contrattuale che di responsabilità extracontrattuale non osta alla risarcibilità del danno non patrimoniale l’accertamento in via presuntiva della colpa o della responsabilità.

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7 B. Le sotto-categorie del danno non patrimoniale

Il danno non patrimoniale deve essere inteso come categoria ampia (tale cioè da ricomprendere ogni pregiudizio contraddistinto dalla natura non patrimoniale).

Esso si suddivide in tre sotto-categorie, concettualmente configurabili e risarcibili autonomamente:

Ø danno biologico (i pregiudizi non pecuniari suscettibili di valutazione e/o accertamento medico legale);

Ø danno morale (dolori, sofferenze e patimenti dell’animo, sia temporanei che permanenti);

Ø danno non patrimoniale da violazione di (altra) posizione costituzionalmente garantita ≠ dal danno biologico e ≠ dal danno morale (entro questa terza sotto-categoria trova spazio il danno esistenziale, che, genericamente riferito alle alterazioni negative dell’esistenza, tuttavia non esaurisce il “terzo polo”, risultando piuttosto uno dei possibili modi di descriverlo, particolarmente utile in determinati casi, ma non dotato di esclusività, se solo si pensa che sarà opportuno utilizzare l’etichetta “danno non patrimoniale” per il danno non economico all’immagine delle persone giuridiche o degli enti, quest’ultimo evidentemente diverso dal danno morale soggettivo e, quindi, a pieno titolo da collocarsi nella terza sotto-categoria);

Queste tre sotto-categorie si distinguono tra loro non già in ragione delle diverse condizioni di risarcibilità (ora comuni), bensì solo più in relazione ai contenuti (cioè i pregiudizi, naturalisticamente intesi cui si riferiscono), alle prove che occorre fornire per il loro riconoscimento ed ai rispettivi criteri di liquidazione.

C. Interazioni fra le sotto-categorie di danno non patrimoniale: alternativa tra

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8 liquidazione analitica per voci di danno e liquidazione unica

Posto che le tre sotto-categorie sono autonomamente configurabili e risarcibili e ritenuto che siffatta distinzione contribuisca alla trasparenza dell’iter argomentativo su cui si regge quantificazione del danno non patrimoniale, occorre, ogniqualvolta, siano contemporaneamente individuabili più sotto-voci, tenere conto che esse, in una visione unitaria del danno non patrimoniale, interagiscono fra loro e, di conseguenza, a prescindere dal modello di liquidazione adottato, il quantum risarcito deve configurare, nella sua globalità, un giusto equilibrio.

Al giusto equilibrio si potrà pervenire seguendo due strade alternative:

Ø liquidazione analitica per sotto-categorie di danno con contemperamento tra loro delle diverse poste risarcitorie;

Ø liquidazione unica con valutazione analitica delle singole sotto-voci considerate o dei singoli pregiudizi non pecuniari che hanno contribuito alla determinazione della somma unica.

Nell’ipotesi d’interazione fra danno biologico e danno esistenziale la soluzione più corretta per chi agisce è di prospettare in atto di citazione essenzialmente due possibilità: 1) suggerire, una volta individuato per il danno biologico il parametro uniforme di base, l’ulteriore somma o percentuale d’incremento della somma base corrispondente alla personalizzazione del danno biologico (ovviamente, indicando i singoli profili che nel caso concreto sono idonei a supportare tale incremento e per la cui prova sarà necessario attivarsi in sede di istruttoria); 2) richiedere a titolo di danno esistenziale, quale soluzione alternativa e subordinata alla prima, tutta o parte della somma individuata per la personalizzazione del danno biologico.

Nell’ipotesi d’interazione fra danno morale da lutto e danno esistenziale, nella maggior parte dei casi (ad esempio, lesioni della personalità, violazioni della serenità

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9 personale, situazioni di disagio temporaneo non causato da lesioni dell’integrità psicofisica), sarà ben possibile risarcire un’unica posta risarcitoria a titolo di danno non patrimoniale, pur individuando al suo interno i diversi pregiudizi non pecuniari presi in considerazione al fine della liquidazione unica. Nel caso di danni dei congiunti (uccisione o ferimento della vittima primaria), i parametri uniformi di base dettati dalle tabelle giurisprudenziali possono essere intesi come comprensivi sia del danno morale da lutto che del danno esistenziale da lesione del rapporto parentale, ma vanno debitamente personalizzati, tenendo conto sia dei pregiudizi morali e sia di quelli esistenziali.

D. Prova dei danni non patrimoniali

1. Principi generali

Il principio della prova specifica (art. 2697 c.c.) per i danni non patrimoniali è sempre stemperato dal ricorso alle presunzioni (artt. 2727 e 2729 c.c.) e dall’applicazione del fatto notorio (art. 115, 2° comma, c.p.c.). E’ ammissibile fare ricorso al modello del danno è in re ipsa, posto che questo non comporta negare la distinzione ontologica tra lesione di un determinato valore, inteso come bene protetto dall’ordinamento, e la conseguenziale perdita (o diminuzione) dello stesso, ma solo assumere che provata la prima risulta provata anche la seconda, secondo criteri di tipo presuntivo. Di contro non è più applicabile il modello del danno-evento (coincidenza tra evento e lesione senza il filtro dei criteri di prova presuntivi, probabilistici o fondati sulla comune esperienza).

Per la prova dell’entità del danno non patrimoniale opera il principio della valutazione equitativa (art. 1226 c.c.: “se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, è liquidato dal giudice con valutazione equitativa”, richiamato dall’art. 2056 c.c.).

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10 2. Criteri guida

La prova del danno biologico si avvale normalmente dell’ausilio medico legale, ma non è condizionata da questo.

Per i profili del danno biologico, che non necessitano dell’ausilio del medico legale, e per tutti gli altri danni non patrimoniali si possono individuare i seguenti criteri generali:

1) la prova dell’esistenza del danno non patrimoniale (sia esso morale, esistenziale o descritto con altra etichetta), in via generale, può ben giocarsi su basi presuntive (in particolare, occorre che la motivazione esprima un convincimento di probabilità del prodursi di quel danno secondo criteri di normalità causale) ma non coincide, se non attraverso la mediazione della teoria del danno in re ipsa (che per l’appunto comporta il ricorso a presunzioni e alla comune esperienza), con la lesione dell’interesse in sé e per sé considerata: ciò implica che il riconoscimento del danno in re ipsa deve sempre risultare frutto di un percorso logico-giuridico che, attraverso un sapiente utilizzo delle presunzioni, sia tale da configurare un passaggio dall’evento alle sue conseguenze (in particolare, occorre che la motivazione esprima un convincimento della sussistenza dell’elevata probabilità del prodursi di quel danno secondo criteri di normalità causale o criteri presuntivi o comune esperienza);

2) la prova dell’entità del danno non patrimoniale (sia esso morale, esistenziale o recante altra etichetta) può, sempre in via generale e fatta eccezione per le sofferenze, i dolori, i disagi e le alterazioni esistenziali del tutto peculiari del danneggiato, reggersi a sua volta su presunzioni o, anche a prescindere da queste, su di una valutazione equitativa ex art. 1226 c.c., posto, però, che sia dimostrata, secondo quanto riportato al punto 1, l’esistenza del pregiudizio;

3) nel caso in cui la vittima intenda ricevere una liquidazione del danno non patrimoniale superiore ai parametri monetari di base, ricavabili o da criteri di liquidazione standardizzati (danno morale da lesioni psicofisiche), o da tabelle (danno morale + esistenziale perdita del congiunto) o da altre fonti (ad esempio, la media delle quantificazioni operate dai precedenti), sarà tenuta a

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11 fornire prove specifiche sulle alterazioni negative che ha subito oppure avrà a subire nella sua sfera personale (ciò vale sia per il danno morale che per il danno esistenziale, come per tutti gli altri danni non patrimoniali);

4) il risarcimento del danno non patrimoniale attraverso più sottovoci - possibilità riconosciuta dalla nuova giurisprudenza con la tripartizione della categoria generale di cui all’art. 2059 c.c. - si attua attraverso una corretta gestione delle prove, nel senso che, qualora si intenda distinguere tra due o più sotto-categorie o per risarcirle separatamente secondo il modello della liquidazione analitica o per individuarle analiticamente all’interno di un’unica posta risarcitoria (modello della liquidazione unica previa valutazione delle singole componenti), sarà sempre opportuno fornire, anche facendo ricorso a presunzioni, prove (specifiche o anche solo presuntive) dei diversi pregiudizi non pecuniari che siano dotate di una certa qual specificità e, in quanto tali, idonee a permettere un’adeguata distinzione, a livello contenutistico, tra le diverse sotto-categorie chiamate in gioco;

semplificando, se non vi sono prove idonee a configurare autonomamente una sotto-categoria, questa ben difficilmente potrà acquisire autonomo rilievo o pesare sul quantum quale componente del danno non patrimoniale.

E. Liquidazione dei danni non patrimoniali

La valutazione equitativa del danno (artt. 1226 e 2056 c.c.) costituisce principio generale per la liquidazione di tutti i danni non patrimoniali.

Nell’applicazione di questo principio, per tutti i tipi di danno non patrimoniale, si devono sempre tenere conto di due esigenze fondamentali ed imprescindibili, entrambe finalizzate alla piena attuazione dell’art. 3 Cost.:

Ø trattamento uniforme di base (ricorso a riferimenti monetari validi per la generalità delle persone, ricavabili da: 1) parametri standardizzati a livello giurisprudenziale oppure individuati per via legislativa; 2) comparazione fra il caso concreto ed i precedenti intervenuti in fattispecie analoghe);

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12 Ø personalizzazione del danno (adeguamento dei parametri uniformi di base alle

circostanze del caso concreto; il giudicante deve considerare tutti i pregiudizi non pecuniari effettivamente subiti o ragionevolmente patendi dal danneggiato).

A queste due esigenze devono pertanto corrispondere, per tutti i tipi di danno non patrimoniale, sempre due fasi della liquidazione:

Ø prima fase → individuazione del parametro uniforme di base;

Ø seconda fase → personalizzazione della somma base.

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