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Lombardia, del. n. 87 e 89 – In house: fatturato minimo dell’80% a favore dell’Ente socio

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1 LOMBARDIA/ 89 /2019/PAR

SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA LOMBARDIA

composta dai magistrati:

dott.ssa Simonetta Rosa Presidente

dott. Marcello Degni Consigliere

dott. Giampiero Maria Gallo Consigliere

dott. Mauro Bonaretti Consigliere (relatore)

dott. Luigi Burti Consigliere

dott.ssa Sara Raffaella Molinaro I Referendario

dott. Ottavio Caleo Referendario

dott.ssa Marinella Colucci Referendario

nell’adunanza in camera di consiglio del 12 marzo 2019

Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;

vista la legge 21 marzo 1953, n. 161;

vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20;

vista la deliberazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti n. 14/2000 del 16 giugno 2000, che ha approvato il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, modificata con le deliberazioni delle Sezioni riunite n. 2 del 3 luglio 2003 e n.

1 del 17 dicembre 2004;

visto il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 recante il testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali;

vista la legge 5 giugno 2003, n. 131;

vista la nota Prot. N. 4232/2019 del 26.02.2019 con la quale il Comune di Rescaldina ha richiesto un parere nell’ambito delle funzioni consultive attribuite alle Sezioni regionali di questa Corte;

vista la deliberazione n. 1/pareri/2004 del 3 novembre 2004 con la quale la Sezione ha stabilito i criteri sul procedimento e sulla formulazione dei pareri previsti dall’art. 7, comma 8, della legge n. 131/2003;

vista l’ordinanza con la quale il Presidente ha convocato la Sezione per l’adunanza odierna per deliberare sulla richiesta di parere;

udito il relatore dott. Mauro Bonaretti.

Oggetto della richiesta di parere

Con la nota sopra citata il Sindaco del Comune di Rescaldina pone un quesito in materia di applicazione dell’art. 16, commi 3 e 3 bis del d.lgs. 175/2016, anche in relazione a quanto previsto dall’art.4, comma 4 dello stesso Dlgs. In particolare si chiede se i commi citati rappresentino un ampliamento delle possibilità di azione delle società in house, potendo le

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2 stesse produrre un fatturato anche superiore al 20% attraverso prestazioni non rivolte all’Ente socio, purché l’attività svolta rientri nei compiti affidati all’amministrazione oppure se, al contrario, tali norme non siano derogatrici ai limiti di attività e fatturato minimo dell’80% a favore dell’Ente socio, previsti come uno dei requisiti per il configurarsi del rapporto di in house e perché queste società possano ricevere affidamenti diretti dal socio stesso.

Ammissibilità

L’art. 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003, n. 131, recante “disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3”, prevede che le Regioni, i Comuni, le Province e le Città metropolitane possano richiedere pareri in materia di contabilità pubblica alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti.

Quest’ultime risultano quindi investite, per effetto della legge sopra citata, di una nuova funzione di consulenza che si affianca a quella del controllo sulla sana gestione finanziaria degli enti locali, previsto dal precedente comma 7, quale ulteriore esplicazione delle “forme di collaborazione” tra la Corte dei conti e le autonomie territoriali promossa dalla stessa legge al fine di assicurare il coordinamento della finanza pubblica.

La Sezione Autonomie della stessa Corte dei conti, con atto del 27 aprile 2004, in seguito integrato con le deliberazioni n. 5/AUT/2006 e n. 9/SEZAUT/2009, ha fissato i principi e le modalità per l’esercizio della funzione consultiva sopra descritta, individuando, tra l’altro, i soggetti legittimati alla richiesta di parere e le singole materie riconducibili alla nozione di contabilità pubblica.

Questa Sezione regionale è quindi chiamata a verificare, in via preliminare, l’ammissibilità della richiesta in esame, sia sotto il profilo soggettivo (legittimazione dell’organo richiedente) sia sotto il profilo oggettivo (attinenza del quesito alla materia della contabilità pubblica).

I. Ammissibilità soggettiva.

L’art. 7, comma 8, della citata legge 5 giugno 2003, n. 131, come detto, riserva la facoltà di richiedere pareri in materia di contabilità pubblica esclusivamente alle Regioni e, “di norma per il tramite del consiglio delle Autonomie locali”, ai Comuni, alle Province e alle Città metropolitane.

Tale facoltà, stante la natura speciale della funzione consultiva attribuita alla Corte, non può pertanto essere estesa a soggetti diversi da quelli espressamente indicati dalla legge.

La legittimazione alla richiesta di parere, inoltre, per i riflessi che ne possono scaturire sulla gestione finanziaria dell’ente, deve essere riconosciuta all’organo legislativamente investito della rappresentanza legale dell’ente medesimo ed individuabile, di regola, nel Presidente della Giunta regionale, nel Sindaco e nel Presidente della Provincia.

La richiesta di parere in esame, proveniente dal Sindaco, legale rappresentante pro tempore dell’ente e, come tale, legittimato a proporla, deve quindi ritenersi ammissibile sotto il profilo soggettivo.

II. Ammissibilità oggettiva.

La facoltà di richiedere pareri, oltre ad essere limitata ai soggetti sopra indicati, risulta legislativamente circoscritta alla sola materia della contabilità pubblica.

La funzione di consulenza riconosciuta alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti non è quindi di carattere generale, ma, coerentemente con le finalità di coordinamento della finanza pubblica perseguite dalla legge attributiva, si esplica esclusivamente su quesiti

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3 attinenti l’interpretazione di norme di contabilità e finanza pubblica, in modo da assicurarne una uniforme applicazione da parte delle autonomie territoriali.

Le Sezioni Riunite della Corte dei conti, chiamate a pronunciarsi nell’esercizio delle funzioni di coordinamento ad esse assegnate dall’art. 17, comma 31, del decreto legge 1 luglio 2009, n.

78, con la deliberazione n. 54/2010, hanno precisato che la funzione consultiva deve svolgersi anche in ordine a quesiti che risultino connessi alle modalità di utilizzo delle risorse pubbliche, nel quadro di specifici obiettivi di contenimento della spesa sanciti dai principi di coordinamento della finanza pubblica, e in grado di ripercuotersi direttamente sulla sana gestione finanziaria dell’ente e sui pertinenti equilibri di bilancio.

Si ritiene, in ogni caso, che il parere possa essere fornito solo rispetto a questioni di carattere generale che si prestino ad essere considerate in astratto, escludendo ogni valutazione su atti o casi specifici che determinerebbe un’ingerenza della Corte nella concreta attività dell’ente e, in ultima analisi, una compartecipazione all’amministrazione attiva, incompatibile con la posizione di terzietà ed indipendenza riconosciuta alla Corte dei conti dalla Costituzione repubblicana.

Le Sezioni regionali non possono pronunciarsi, inoltre, su quesiti che implichino valutazioni di comportamenti amministrativi suscettibili di interferire con altre funzioni intestate alla stessa Corte dei conti, ad altri organi giurisdizionali o a soggetti pubblici investiti dalla legge di funzioni di controllo o consulenza in determinate materie.

Alla luce delle predette considerazioni, la richiesta di parere in esame deve ritenersi ammissibile anche sotto il profilo oggettivo.

Merito

Rispetto al quesito posto dal Comune di Rescaldina occorre definire in via preliminare il quadro normativo di riferimento. La direttiva appalti del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 (Direttiva 2014/24/UE) all’art.12, comma 1 prevede che “Un appalto pubblico aggiudicato da un’amministrazione aggiudicatrice a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato non rientra nell’ambito di applicazione della presente direttiva quando siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

a) l’amministrazione aggiudicatrice esercita sulla persona giuridica di cui trattasi un controllo analogo a quello da essa esercitato sui propri servizi;

b) oltre l’80 % delle attività della persona giuridica controllata sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall’amministrazione aggiudicatrice di cui trattasi; e

c) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto, prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati, che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata”.

In quella sede dunque la normativa comunitaria ha fissato un vincolo quantitativo (l’80%

delle attività svolte a favore dell’amministrazione controllante) come uno dei requisiti necessari per l’esclusione dalla applicazione della direttiva stessa e dunque per la possibilità di effettuare affidamenti diretti da parte della amministrazione aggiudicatrice nei confronti di una persona giuridica di diritto pubblico o privato. Al comma 5 dell’art.12 la stessa direttiva specifica poi i meccanismi operativi attraverso i quali impostare i calcoli relativi alla valutazione dell’80% dell’attività, individuando il fatturato come uno dei parametri

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4 fondamentali. Il principio dell’attività prevalente, per la prima volta, viene in tal modo introdotto a livello comunitario per via normativa e non più solo giurisprudenziale e assume, attraverso la direttiva stessa, il valore di vincolo, definito quantitativamente in modo preciso e puntuale.

I contenuti della direttiva comunitaria 24/2014 sono stati successivamente recepiti a livello nazionale dal codice dei contratti pubblici (dlgs. 50/2016 e s.m.i). In particolare, l’art. 5 individua al comma 1 i “Principi in materia di esclusione per concessioni, appalti pubblici e accordi tra Enti e amministrazioni aggiudicatrici nell’ambito del settore pubblico” e riprende integralmente il testo della direttiva sopra riportato. L’art. 1 dello stesso codice, al comma 5, riporta poi i contenuti e il testo comunitario con riferimento ai meccanismi di calcolo del limite dell’80% e prevede, che “Per determinare la percentuali di cui al comma 1 lettera b) e al comma 6 lettera c) si prende in considerazione il fatturato totale medio , o una idonea misura alternativa basata sull’attività, quali i costi sostenuti dalla persona giuridica o amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore nel settore dei servizi, delle forniture e dei lavori per i tre anni precedenti l’aggiudicazione dell’appalto o della concessione”.

Il vincolo dell’80% del fatturato prodotto a favore del socio controllante è dunque in primo luogo da ricercarsi nella volontà del legislatore comunitario e nazionale in materia di regolarità dei sistemi di affidamento di appalti e concessioni, onde evitare elusioni ai meccanismi competitivi individuati e circoscrivere le esclusioni di applicazione della direttiva, recepita dal codice dei contratti pubblici, a fattispecie specifiche, motivate e ben definite.

Se così inquadrato allora, il contenuto relativo alle società in house previsto dal Testo unico sulle società partecipate (Dlgs 175/2016 s.m.i) trova una sua naturale conseguenza e coerenza.

All’art 4 comma 4, infatti con riferimento alle società in house è scritto: “Salvo quanto previsto dall’art 16, tali società operano in via prevalente con gli enti costituenti, partecipanti o affidanti”. Si fa cioè esplicito richiamo al concetto di prevalenza dell’attività svolta. Tale concetto di prevalenza, come sottolineato in precedenza, è declinato in norme specifiche (Direttiva/24/2014/UE e Dlgs 50/2016), attraverso l’indicazione appunto del vincolo dell’80% di minimo fatturato prodotto dalla persona giuridica nei confronti del socio controllante. Il testo dell’art.4 comma 4 del Tusp dunque non interviene, in modo novativo sulla questione degli affidamenti e delle esclusioni, ma utilizza uno dei principi previsti dal codice dei contratti per l’individuazione dei soggetti esclusi dall’applicazione delle norme in materia di affidamenti e appalti, al fine di identificare una delle caratteristiche ontologiche delle società in house. E comunque, facendo salvo quanto previsto dall’art 16 dello stesso Dlgs 175/216. All’art. 16 vengono infatti introdotti numerosi ulteriori requisiti per la definizione delle società in house. Il testo dell’art. 16, riferito alle società in house recita:

“1. Le società in house ricevono affidamenti diretti di contratti pubblici dalle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo o da ciascuna delle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo congiunto solo se non vi sia partecipazione di capitali privati, ad eccezione di quella prescritta da norme di legge e che avvenga in forme che non comportino controllo o potere di veto, né l'esercizio di un'influenza determinante sulla società controllata.

2. Ai fini della realizzazione dell'assetto organizzativo di cui al comma 1:

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5 a) gli statuti delle società per azioni possono contenere clausole in deroga delle disposizioni dell'articolo 2380-bis e dell'articolo 2409-novies del codice civile;

b) gli statuti delle società a responsabilità limitata possono prevedere l'attribuzione all'ente o agli enti pubblici soci di particolari diritti, ai sensi dell'articolo 2468, terzo comma, del codice civile;

c) in ogni caso, i requisiti del controllo analogo possono essere acquisiti anche mediante la conclusione di appositi patti parasociali; tali patti possono avere durata superiore a cinque anni, in deroga all'articolo 2341-bis, primo comma, del codice civile.

3. Gli statuti delle società di cui al presente articolo devono prevedere che oltre l'ottanta per cento del loro fatturato sia effettuato nello svolgimento dei compiti a esse affidati dall'ente pubblico o dagli enti pubblici soci.

3-bis. La produzione ulteriore rispetto al limite di fatturato di cui al comma 3, che può essere rivolta anche a finalità diverse, è consentita solo a condizione che la stessa permetta di conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell'attività principale della società”.

In definitiva il testo del Tusp stabilisce che le società in house possono ricevere affidamenti diretti da parte delle amministrazioni socie qualora si verifichino tutte le condizioni previste dal codice dei contratti pubblici in materia di affidamento: controllo analogo, composizione societaria e prevalenza dell’attività prodotta (limite minimo dell’80%) verso i soci. Di nuovo il testo unico delle società partecipate non interviene a modificare il codice dei contratti. Al contrario assume i criteri di esclusione dello stesso codice, come propri criteri per definire le caratteristiche delle società in house e renderle così soggetti che possono ricevere, in presenza delle circostanze suddette, affidamenti diretti dall’ente socio. Il Tusp introduce invece novazioni da un lato, al comma 2, inserendo la possibilità di derogare al codice civile, tramite previsioni statutarie, al fine di creare le condizioni operative per le società controllate di soddisfare i vincoli stabiliti, e dall’altro al comma 3 bis, introducendo un ulteriore criterio restrittivo rispetto al codice degli appalti: l’eventuale 20% di attività non destinata all’ente socio (“la produzione ulteriore rispetto al limite di fatturato di cui al comma 3”) può essere realizzata a favore di terzi, solamente nel caso in cui questa sia funzionale al miglioramento della gestione e alla ottimizzazione complessiva della produzione (“solo a condizione che la stessa permetta di conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell'attività principale della società”).

Peraltro, a conferma di questo impianto, l’art. 16 ai successivi commi 4, 5 e 6 richiama nuovamente il limite quantitativo inderogabile dell’80% del fatturato a favore dei soci e stabilisce che il non rispetto del limite costituisce grave irregolarità, prevedendo infine le procedure per sanare le irregolarità e le conseguenze nel caso di non soluzione:

“Comma 4. Il mancato rispetto del limite quantitativo di cui al comma 3 costituisce grave irregolarità ai sensi dell'articolo 2409 del codice civile e dell'articolo 15 del presente decreto.

Comma 5. Nel caso di cui al comma 4, la società può sanare l'irregolarità se, entro tre mesi dalla data in cui la stessa si è manifestata, rinunci a una parte dei rapporti con soggetti terzi, sciogliendo i relativi rapporti contrattuali, ovvero rinunci agli affidamenti diretti da parte dell'ente o degli enti pubblici soci, sciogliendo i relativi rapporti. In quest'ultimo caso le attività precedentemente affidate alla società controllata devono essere riaffidate, dall'ente o dagli enti pubblici soci, mediante procedure competitive regolate dalla disciplina in materia di contratti pubblici, entro i sei mesi successivi allo scioglimento del rapporto contrattuale. Nelle more dello svolgimento delle procedure di gara i beni o servizi continueranno ad essere forniti dalla stessa società controllata.

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6 Comma 6. Nel caso di rinuncia agli affidamenti diretti, di cui al comma 5, la società può continuare la propria attività se e in quanto sussistano i requisiti di cui all'articolo 4. A seguito della cessazione degli affidamenti diretti, perdono efficacia le clausole statutarie e i patti parasociali finalizzati a realizzare i requisiti del controllo analogo.”

Infine va sottolineato come questo collegio abbia già condiviso la giurisprudenza espressa dal Giudice amministrativo (Consiglio di Stato parere 2583/2018) con riguardo al comma 3- bis dell’art.16 del d.lgs. n. 17572016, non ritenendo che la sua lettura coordinata con il disposto del comma 4 dell’art. 4 autorizzi a derogare al limite quantitativo stabilito dal comma 3 dell’art 16 (Lombardia/87/2019/par).

P.Q.M.

Nelle considerazioni che precedono è espresso il parere della Sezione.

Così deliberato nella Camera di consiglio del 12 marzo 2019.

Il Relatore Il Presidente (dott. Mauro Bonaretti) (dott.ssa Simonetta Rosa)

Depositato in Segreteria 12/03/2019

Il funzionario preposto al servizio di supporto Aldo Rosso

Riferimenti

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