TAGETE 4-2008 Year XIV
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PSYCHIC DAMAGE FROM TRAUMATIC BRAIN INJURY. CLINICAL AND FORENSIC LITERATURE. RECENT EVALUATION PROPOSALS
DANNO PSICHICO DA TRAUMA CRANICO. LETTERATURA CLINICA E MEDICO-LEGALE. PROPOSTE VALUTATIVE ATTUALI
Dr. Raffaele Castiglioni*
ABSTRACT
The author analyzes the differences in the definitions of the psychiatric illness within the psychiatric books before and after the introduction of the DSM. The same differences are shown in the medico legal evaluation schedules. The author reminds that the DSM, in the instructions for the use, warns that the manual can’t be used for a forensic purpose, since too high are the risks of positive false, but the Italian evaluation schedules on the contrary, accepts only psychiatric pathology with a diagnosis strictly based on the DSM criteria.
Key words: psychiatric diagnosis, DSM, medico legal schedules.
Si dibattono questioni antiche, da rivisitare con conoscenze odierne, più raffinate;
almeno, in apparenza.
1. Vecchie classificazioni cliniche. Un salto all’indietro, nel modernariato
* Medico Legale, Psichiatra, Milano
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2 psichiatrico anni Settanta, rievoca titoli di diffusissimi testi. Ora, fanno polvere negli scaffali. Invece, meritano una rilettura; se non altro, in chiave comparativa.
Nevrosi e psicosi; psicopatie e sociopatie; vecchie grandi categorie, fino ad allora scandiscono manuali e trattati di psichiatria1. Ignoto il DSM.
Capitoletti speciali affrontano temi specifici. Non mancano capitoletti sui disturbi psichici nei traumi cranici2. Risentono dell’impostazione d’allora: stati nevrotici o psicotici post-traumatici; rilievo ha la sindrome soggettiva3. Fugaci cenni alla nevrosi da paura, o da spavento, nevrosi di guerra, injury neurosis, Schreckneurosen.
2. Riclassificazione secondo DSM. Esigenze di univoca classificazione mondiale dei disturbi psichiatrici aleggiavano da decenni; “da due millenni”, esagera il
1 Per esempio: H. Ey, P. Bernard, Ch. Brisset, Psichiatria, Utet-Masson & Cie, 1972; M. Hanus, C. Le Guillou-Eliet, Psichiatria, Ed. Demi, Roma, 1972; in ambito forense: C. Ferrio, Trattato di psichiatria clinica e forense, Utet, 1970
2 H. Ey, P. Bernard, Ch. Brisset, cit., cap. ‘Disturbi psichici nei traumatismi cranio-cerebrali’ pp. 751-768;
M. Hanus, C. Le Guillou-Eliet, cit., cap. ‘Disturbi mentali nei traumatismi cranici’, pp. 306-310; C. Ferrio, cit., cap. ‘Le reazioni soggettive abnormi’, pp. 890-923
3 ‘Sindrome soggettiva comune dei traumatizzati cranici’, in Ey e Coll., p. 757; ‘Sindrome soggettiva post- traumatica dei traumatismi cranici’, in Hanus e Le Guillou-Eliet, p. 309. Argomento in comune con la manualistica neurologica; p. es. J. Cambier, M. Masson, Compendio di neurologia, Utet-Masson & Cie, 1974, p. 453, dove si parla di ‘Sindrome soggettiva dei craniolesi’
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3 DSM4. Ecco il DSM. DSM-I, ossia prima edizione, 1952; e DSM-II non mutano la sistematica dei manuali di psichiatria. Le vecchie classificazioni girano ancora negli anni Settanta.
Nel 1974 si comincia a lavorare alla terza edizione. Il DSM-III esce nel 1980; la revisione, DSM-III-R, nel 1987; il DSM-IV nel 1996; il DSM-IV-TR nel 20015. Cambiano look i manuali di psichiatria clinica, modellandosi sulle categorie del DSM.
Si scorra l’indice di un manuale anni Settanta e di un altro attuale; in quello dei nostri giorni si riconosce subito l’impostazione secondo DSM.
Spariscono le nevrosi. Nevrosi d’ansia, fobica e ossessiva finiscono nella sezione dei Disturbi d’Ansia. L’altra nevrosi, quella isterica, va nella sezione dei Disturbi Somatoformi. L’elaborazione clinica delle vecchie, appena accennate, nevrosi da spavento, o da paura, o di guerra, conduce alla categoria diagnostica dei Disturbi da Stress; pure nella sezione dei Disturbi d’Ansia. Depressioni reattive, depressioni
4 “La necessità di una classificazione dei disturbi mentali si è resa evidente in tutta la storia della medicina, ma vi è stato scarso accordo su quali disturbi dovessero essere inclusi e sul metodo ottimale per la loro organizzazione. Le numerose classificazioni che sono state approntate negli ultimi due millenni si sono differenziate per l’enfasi relativa data alla fenomenologia, all’eziologia e al decorso come caratteristiche determinanti. In alcuni sistemi si sono incluse poche categorie diagnostiche, in altri migliaia. Inoltre i vari sistemi classificativi dei disturbi mentali si sono differenziati a seconda che l’obiettivo principale della loro utilizzazione fosse clinico, di ricerca o statistico” (DSM-IV-TR, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Text Revision, trad. it., Masson, 2001, p. 3)
5 Le date si riferiscono alle edizioni italiane.
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4 nevrotiche, depressioni psicotiche, psicosi maniaco depressiva vanno nella sezione dei Disturbi dell’Umore. Psicopatie e sociopatie le ritroviamo fra i Disturbi di Personalità.
Ovviamente, non è solo operazione di ricomposizione degli indici, ma rielaborazione delle categorie cliniche e dei criteri diagnostici6.
Non solo disturbi psichici cosiddetti “puri”, ma anche i disturbi “psicorganici”7 trovano posto nel DSM, sparsi in più sezioni. I quadri clinici causalmente connessi (anche) a trauma cranico sono:
a) nella parte “Delirium, Demenza, Disturbi Amnestici e altri Disturbi Cognitivi:
- Demenza Dovuta a Trauma Cranico (nella sezione “Demenze”)
- Disturbo Amnestico Dovuto a una Condizione Medica Generale, tra cui un
“trauma fisico” (nella sezione “Disturbi Amnestici”)
- Altri Disturbi Cognitivi, con rinvio a Disturbo Neurocognitivo Lieve e a Disturbo post-commotivo (v. oltre).
b) nella parte “Disturbi Mentali Dovuti a una Condizione Medica Generale”:
6 Il DSM-III, sul quale si lavorava dal 1974, “introdusse molte importanti innovazioni metodologiche, tra cui dei criteri diagnostici espliciti, un sistema multiassiale, e un approccio descrittivo, che tentava di essere neutrale nei confronti delle teorie eziologiche” (DSM-IV-TR, p. 4)
7 “L’eterogeneo gruppo delle sindromi psicorganiche viene abbandonato nel DSM-IV con la motivazione che allo stato attuale delle conoscenze non è più possibile operare una distinzione tra patologie psichiche di origine cerebrale e patologie funzionali sulla base delle componenti biologiche, ormai identificabili in tutte le malattie psichiatriche” (F. Giberti, R.Rossi, Manuale di Psichiatria, Piccin, 2007, p. 415).
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5 - Modificazione della Personalità Dovuta a una Condizione Medica Generale.
c) nell’Appendice B, “Criteri e Assi utilizzabili per ulteriori studi”:
- Disturbo Neurocognitivo Lieve - Disturbo Post-concussivo.
3. Uso del DSM in ambito forense. Nel progetto di tabella ex DLgs 209/05 si avverte: “I disturbi psico-patologici contemplati dalla tabella hanno una precisa connotazione diagnostica. Il loro accertamento deve quindi rispondere ad una assoluta coerenza diagnostica, conformemente ai criteri previsti dal DSM-IV e successive modificazioni”.
Si pone qui un problema di metodo; soprattutto di uso del DSM. La raccomandazione di usare del DSM può essere condivisibile, laddove – come nella tabella – sono indicate categorie diagnostiche afferenti, appunto, al DSM. Una rigorosa diagnosi ex DSM impone però una coerente intervista clinica che tenga rigoroso conto dei criteri diagnostici dettati dal DSM8. Allo scopo sono molto usate le SCID di I e II
8 “E’ bene chiarire in modo esplicito che non ha alcun senso applicare pedissequamente i vari criteri di inclusione e di esclusione dopo la formulazione di una diagnosi 'privata' e 'personale', quasi un controllo a posteriori pèer esaurire anche questa formalità a cui si affida poca credibilità e ancor meno capacità esplicativa dei fenomeni psicopatologici” (E. Othmer, S.C. Othmer, L’intervista clinica con il DSM-IV, Cortina Ed. 1999, p. XI).
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6 Asse.
Sul piano medico-legale si pongono problemi. In sintesi, da un lato il DSM è utile ausilio per favorire uniformità di diagnosi psichiatriche9; dall’altro lato, è noto il caveat che proprio il DSM mette in evidenza10.
Quanto alle SCID, in sede medico-legale, i dati ricavati dall’intervista vanno attentamente e criticamente confrontati con le informazioni ricavate dal colloquio e dall’osservazione, nonché dai test psicodiagnostici. Le SCID, infatti, sono nate per uso clinico, o a scopo di ricerca, mentre l’uso in ambito medico-legale richiede molta cautela, in quanto le domande dirette relative ai Criteri dei singoli disturbi possono risultare suggestive e indurre false risposte. Il soggetto potrebbe tendere a fornire risposte positive a molti items relativi alla sintomatologia, con il rischio che i risultati perdano attendibilità e portino a diagnosi errata.
9 Secondo alcuni Autori il DSM è “strumento prezioso contro il rischio di un eccessivo soggettivismo sempre presente nella diagnostica psichiatrica che si basa sulla relazione tra medico e paziente” (G.
Invernizzi, M. Garbarini, A. Vita, Il problema della diagnosi in psichiatria; in Danno psichico, Giuffrè, Milano, 1996, p.43; in tal senso anche la Guida ufficiale della Società Italiana di Medicina Legale, ossia M. Bargagna e Coll., Guida orientativa per la valutazione del danno biologico permanente, Giuffrè, Milano, 1998, p. 19).
10 Nell’Introduzione al DSM si avverte: “Quando le categorie, i criteri e le descrizioni del DSM-IV vengono utilizzate a fini forensi, sono molti i rischi che le informazioni diagnostiche vengano utilizzate o interpretate in modo scorretto. …Nel determinare se un individuo soddisfa uno specifico standard legale sono di solito necessarie più informazioni rispetto a quelle contenute in una diagnosi del DSM-IV”.
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7 Fin qui per l’uso del DSM. Rimane il problema dell’eventuale uso delle categorie diagnostiche della manualistica “classica”. Uso che non può essere bandito, giacché è discutibile che il DSM divenga il solo riferimento.
4. Le tabelle medico-legali. Vi convivono vecchie categorie diagnostiche della vecchia manualistica; e nuove, secondo DSM.
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4.1. La Guida di Luvoni, Mangili e Bernardi11 fa del danno psichico una breve appendice. Parla di “Sindromi neurastenico-ipocondriache”, di “Sindromi isteriche”, di
“Nevrosi da indennizzo”. Locuzioni vecchissime. Aggiunge annotazioni sul danno da lutto. Non propone quantificazioni12. Tra le menomazioni del sistema nervoso centrale annovera la “Sindrome soggettiva generale da trauma del capo”. Dettagliate le valutazioni delle “Sindromi corticali traumatiche”, prefrontale, premotoria, motoria, temporale, parietale, occipitale.
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11 R. Luvoni, F. Mangili, L. Bernardi, Guida alla valutazione medico-legale del danno biologico e dell’invalidità permanente, Giuffré, 2002
12 Secondo gli Autori, “nell’ambito della responsabilità civile è impossibile fornire indicazioni valutative in percentuale, anche solo orientative per l’estrema varietà dei casi concreti”.
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8 4.2. La Guida di Bargagna e Coll.13 dà spazio alle “sindromi di prevalente interesse psichiatrico”, nell’ambito del capitolo dedicato al sistema nervoso centrale.
Dal DSM prende il “Disturbo post-traumatico da stress” (forme lievi e forme gravi), i
“Disturbi somatoformi”, i “Disturbi fittizi”. Richiamano le vecchissime classificazioni la
“Neurastenia” e i “Disturbi psicotici post-traumatici”. Anche qui non manca la
“Sindrome soggettiva del traumatizzato cranico” e le sindromi psicorganiche, definite come “Sindrome frontale psicorganica”, “Stati deficitari semplici” e “Deterioramento mentale”. Interessante l’indicazione del “Disturbo post-concussivo”, che nel DSM fa parte dell’Appendice B, “Criteri e Assi utilizzabili per ulteriori studi”. Gli autori suggeriscono questa categoria diagnostica per valutare le “situazioni intermedie fra la sindrome soggettiva e gli stati deficitari semplici” (tav. 1).
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4.3. Due sole le voci psichiatriche nella tabella INAIL ex Dlgs n. 38/2000. Il
“Disturbo post-traumatico da stress” (moderato e grave) e la “Sindrome dissociativa”;
questa nulla ha a che fare con i Disturbi dissociativi del DSM. Immancabile l’onnipresente “Sindrome soggettiva del traumatizzato cranico” (tav. 2).
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13 M. Bargagna, M. Canale, F. Consigliere, L. Palmieri, G. Umani Ronchi, Guida orientativa per la valutazione del danno biologico permanente, Giuffré, 2001
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9 3.4. La tabella di legge ex DM 3 luglio 2003 offre una sola voce: “Disturbo somatoforme indifferenziato lieve o disturbo dell’adattamento cronico lieve”.
Comprensibile povertà, essendo la tabella limitata alle cosiddette micropermanenti.
Non tanto più ricca è però la bozza per l’ulteriore tabella dal 10 al 100% ex DLgs 209/05. Comprende i “Disturbi d’Ansia” e il “Disturbo Depressivo Maggiore Cronico”
(tav. 3). Anche qui i “Postumi soggettivi di trauma cranico” (tav. 4).
Si avverte: “I disturbi psico-patologici contemplati dalla tabella hanno una precisa connotazione diagnostica. Il loro accertamento deve quindi rispondere ad una assoluta coerenza diagnostica, conformemente ai criteri previsti dal DSM IV e successive modificazioni”.
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4.5. La Guida di Buzzi e Vanini14 è, a tutt’oggi, l’unica completa ed esauriente per il danno psichico. Ci limitiamo qui a ricordare i Disturbi d’Ansia, il Disturbo dell’Adattamento (tav. 5), i Disturbi Somatoformi, i Disturbi dell’Umore e il Disturbo Psicotico Breve (tav. 6).
5. Sequele psicopatologiche dei traumi cranici. A cavallo fra “piccola”
14 F. Buzzi, M. Vanini, Guida alla valutazione psichiatrica e medicolegale del danno biologico di natura psichica, Giuffrè, 2006
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10 neurologia e psichiatria sta la “sindrome soggettiva da trauma del capo”. Va qui accennato anche al “Disturbo Post-concussivo”. Ricorrono, poi, fra i disturbi psichici
“puri”, i disturbi ansiosi, il disturbo dell’adattamento e i disturbi dell’umore.
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5.1. Sindrome soggettiva da trauma del capo. Ben lungi dall'essere la solita banale categoria con cui si designano modesti disturbi soggettivi, quali saltuarie cefalee, mal definite sensazioni vertiginose e quant'altro, la sindrome può assumere connotazioni di maggior gravità; e comprendere anche altri sintomi, quali astenia,
“soprattutto sotto forma di difficoltà alla concentrazione e alla memorizzazione”, nonché
“insonnia o comunque disturbi del ritmo sonno-veglia, turbe vaso-motorie, iperidrosi, disturbi digestivi”. Inoltre vi si associano spesso “sintomi psico-nevrotici, quali stato di ansia o episodi depressivi correlati alla preoccupazione per le conseguenze sociali e individuali della malattia”15. Fra i criteri diagnostici la Guida Bargagna indica un’“anamnesi positiva per trauma cranico di una certa entità” e “segni neurologici, anche minimi, nell'immediatezza del trauma”, nonché “indagini strumentali (TC, RMN)…”. Va precisato che l'esame EEG può essere negativo. Secondo la Guida Bargagna la sindrome soggettiva “si verifica solitamente come sequela di traumatismi
15 M. Bargagna e Coll., cit.
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11 cranici contusivi, commotivi o non. Non pare esistere una correlazione stretta tra gravità del trauma e insorgenza della sindrome: essa può mancare anche a seguito di traumi che abbiano provocato stato di coma protratto ed invece essere ammessa a seguito di eventi di scarsa portata clinico-prognostica”. Secondo Cimaglia e Rossi, “Il trauma cranico all’origine della sindrome è pressoché sempre di natura commotiva”. La tabella di legge esige un “trauma cranico commotivo”16.
La Guida Luvoni, Mangili e Bernardi valuta la sindrome fra il 3 e il 5 %; fra il 6 e l’8
% in caso di piccoli segni Xgrafici in traumi con transitorie alterazioni del sensorio. La Guida Bargagna, propone: “orientativamente, in base alla sintomatologia, < 5 %; in caso di positività degli esami strumentali può giungersi sino al 10 %”. La tabella INAIL quantifica “fino a 4 %”; implicitamente comprendendo anche l’1 %. La tabella di legge indica valutazione fra 2 e 4 %; implicitamente escludendo l’1 % (tav. 7).
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16 Il trauma cranico è definito minore quando risponde ad alcuni requisiti: “a) non deve esservi perdita dello stato di coscienza o questa, se presente, deve essere di breve durata (non più di 10'); b) il punteggio deve essere compreso tra 13 e 15 della Glasgow Coma Scale; c) sia l'obiettività neurologica che la TAC encefalica debbono essere normali” (G. La Maida, Le sindromi psico-organiche, in Danno psichico, Giuffrè, 1996).
Quanto alla prognosi, si osserva: “Stranamente vi sono pochi rilievi statistici in letteratura sull'evoluzione successiva di questi soggetti, come se il 'clinico' considerasse il caso chiuso con la dimissione dall'ospedale e con la normalità dell'obiettività. In realtà una percentuale elevata di tali persone inizia, dopo la dimissione, un cammino difficile tra disturbi diversi e preoccupazioni varie, comunque indicativi di una riduzione dello stato di benessere”. Inoltre, “il tutto è spesso appesantito da una mole incredibile di accertamenti e visite specialistiche che talvolta, con la loro normalità, non rassicurano, bensì aggravano le preoccupazioni del soggetto” (G. La Maida, cit.).
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12 5.2. Disturbo Post-concussivo. Ne tratta il DSM-IV-TR, collocandolo fra
“Criteri e Assi utilizzabili per ulteriori studi”. Quadro, dunque, non ancora definitivamente delineato. Il DSM, pur ateoretico, pretende nesso di causa17 fra un trauma cranico “chiuso di sufficiente gravità18 da provocare una rilevante concussione cerebrale”, da un lato; e sequele cognitive19 e psicopatologiche20, dall’altro lato.
Ci sono evidenti analogie con la “Sindrome soggettiva”21. Bargagna e Coll.
suggeriscono il ricorso a questa categoria diagnostica per valutare le “situazioni
17 I sintomi cognitivi (Criterio B) e psicopatologici (Criterio C) “esordiscono a seguito di trauma cranico”.
Possono essere concausati, rappresentando “un sostanziale peggioramento dei sintomi preesistenti”.
18 Quanto al trauma, “sebbene non vi siano ancora dati sufficienti per stabilire una soglia definitiva per la gravità del trauma cranico, sono stati suggeriti alcuni criteri; per es., due dei seguenti: 1) un periodo di incoscienza della durata di più di 5 minuti; 2) un periodo di amnesia post-traumatica della durata di più di 12 ore dopo il trauma cranico; oppure 3) un primo esordio di manifestazioni epilettiche …che si manifesti entro i primi 6 mesi dal trauma cranico” (DSM-IV-TR, p. 806).
19 Si deve dimostrare, “attraverso i test neuropsicologici e attraverso la valutazione cognitiva quantificata”,
“la presenza di difficoltà nell'attenzione (concentrazione, spostamento del fuoco dell'attenzione, esecuzione di compiti cognitivi simultanei) o nella memoria (acquisizione o richiamo delle informazioni”(Criterio B, ex DSM).
20 Tre (o più) dei seguenti sintomi si manifestano a poca distanza dal trauma, e durano almeno tre mesi:
1) facile affaticamento; 2) sonno alterato; 3) cefalea; 4) vertigini o senso di mancamento; 5) irritabilità o aggressività sproporzionata rispetto alle cause esterne; 6) ansia, depressione o labilità affettiva; 7) cambiamenti della personalità (per es. inadeguatezza sociale o sessuale); 8) apatia o mancanza di spontaneità (Criterio C, ex DSM).
21 L’entità psicopatologica è già descritta nella trattatistica risalente, dov’è accomunata, appunto, alla
“Sindrome soggettiva”. Si veda “Posttraumatic Neurosis and Postconcussion Syndrome” nel capitolo
“Injuries to the brain”; in J. Gilroy, J. Stirling Meyer, Medical Neurology, Macmillan Pub. Co., New York, 1975, p. 479
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13 intermedie fra la sindrome soggettiva e gli stati deficitari semplici”. La quantificazione, dunque, dovrebbe andare dall’11 % fino all’incirca al 30 % (tav. 1).
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5.3. Disturbo Post-traumatico da Stress. Segni e sintomi del disturbo sono effetto di una serie di cause, ben tipizzate nel DSM22. Le guide e le raccomandazioni annesse alle tabelle di legge avvertono circa l’indefettibile necessità che l’evento scatenante sia effettivamente evento “estremo”23.
Facile pensare che un incidente stradale sia sempre evento rischioso per l’incolumità o la vita. In realtà, come lo stesso DSM precisa, deve trattarsi di “gravi incidenti automobilistici”. Tuttavia, nei gravi traumatizzati cranici, l’incidente in sé rientra spesso nelle esperienze non memorizzate. L’evento stressante va allora riconosciuto nella notizia della morte di persone coinvolte nell’incidente, oppure nel soggiorno in ambienti
“surreali” quali sale di rianimazione.
22 “La persona è stata esposta a un evento traumatico nel quale erano presenti entrambe le caratteristiche seguenti: 1) la persona ha vissuto, ha assistito o si è confrontata con un evento o con eventi che hanno implicato morte, o minaccia di morte, o gravi lesioni, o una minaccia all’integrità fisica propria o di altri;
2) la risposta della persona comprendeva paura intensa, sentimenti di impotenza, o di orrore”.
23 Non così Cimaglia e Rossi, secondo i quali, “non necessita che gli eventi stressanti siano al di fuori dell’esperienza umana consueta”; per altro, con condivisibile richiamo all’altro requisito, spesso dimenticato, che richiede che “i soggetti sperimentino il trauma con intensa paura, terrore, impotenza”.
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14 Vige anarchia valutativa (tav. 8). Assoluta arbitrarietà, soprattutto se si confrontano la Guida Bargagna e la tabella INAIL. Quasi uniformi la Guida Buzzi-Vanini e il progetto per la tabella di legge. Ovvio, giacché la tabella di legge copia Buzzi e Vanini. Con una piccola modifica verso il basso per il Disturbo in forma lieve. Buzzi e Vanini partono dal 16 %; il progetto dall’11 %; in piena coerenza con l’ottica di tirare al risparmio.
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5.4. Disturbo dell’Adattamento24. Voce jolly del DSM, sorta di voce “di
24 Caratteristica fondamentale di un Disturbo dell'Adattamento è “una risposta psicologica ad uno o più fattori emotivi o comportamentali clinicamente significativi. I sintomi devono svilupparsi entro 3 mesi dall'esordio del fattore o dei fattori stressanti (Criterio A). La rilevanza clinica della reazione è indicata dal notevole disagio, che va al di là di quello prevedibile in base alla natura del fattore stressante, o da una significativa compromissione del funzionamento sociale o lavorativo (scolastico) (Criterio B). In altre parole una reazione ad un fattore stressante che possa essere considerata normale o attesa può ancora rendere giustificabile una diagnosi di Disturbo dell'Adattamento se la reazione è sufficientemente grave da causare compromissione significativa. Questa categoria non dovrebbe essere usata se l'anomalia soddisfa i criteri per un altro disturbo specifico in Asse I (per es., un Disturbo d’Ansia o un Disturbo dell’Umore specifico), o se costituisce solo un’esacerbazione di un preesistente disturbo o in Asse I o II (Criterio C). Comunque, un Disturbo dell'Adattamento può essere diagnosticato in presenza di un altro disturbo in Asse I o II se quest'ultimo non spiega il tipo di sintomi che si sono manifestati in risposta al fattore stressante. La diagnosi di Disturbo dell'Adattamento non è corretta neppure quando i sintomi corrispondono al Lutto (Criterio D). Per definizione, un Disturbo dell’Adattamento deve risolversi entro 6 mesi dalla cessazione del fattore stressante (o delle sue conseguenze) (Criterio E). Comunque i sintomi possono persistere per un periodo prolungato (cioè, più di 6 mesi) se si manifestano in risposta ad un fattore stressante cronico (per es., una condizione medica generale cronica e invalidante) o ad un fattore stressante che ha conseguenze durature (per es., difficoltà finanziarie ed emotive che derivano da un divorzio)” (DSM-IV-TR, p. 723).
Il fattore stressante “può essere costituito da un singolo evento (per es., fine di una relazione sentimentale), oppure possono esservi fattori stressanti multipli (per es., notevoli difficoltà negli affari e problemi coniugali). I fattori stressanti possano essere ricorrenti (per es., associati con crisi economiche legate a oscillazioni stagionali degli affari) o continui (per es., il vivere in una zona ad alta criminalità). I fattori stressanti possono interessare un singolo individuo. un'intera famiglia, pure un gruppo più ampio o
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15 chiusura”25, atta ad avvolgere in un abbraccio psichiatrico un’infinità di situazioni di apprezzabile sofferenza psichica ed esistenziale; che, sovente, a nostro avviso, solo di striscio hanno a che fare con la psichiatria e con la “malattia”.
Il bello viene con la quantificazione (tav. 9). Nella tabella di Buzzi e Vanini, prima edizione, 2001, il Disturbo dell’ Adattamento è relegato in una striminzita micropermanente; fino al 5 %, tutto compreso; anche eventuali componenti ansiose o depressive. Nella tabella DM 3.7.03, ex L. n. 57/2001, trovano posto solo un paio di voci psichiatriche; una è il Disturbo dell’Adattamento. Copiando da Buzzi e Vanini si dà indicazione valutativa fino al 5 %. Nel 2006 Buzzi e Vanini ridanno alle stampe la loro tabella, ampliata e rivisitata. Ci ripensano, e portano la quantificazione fino al 15 %.
Se si calcolano i massimi, fa tre volte di più in termini di punti; quasi sei volte la somma corrispondente. Peggio per chi si è ammalato di Disturbo dell’Adattamento prima del
la comunità (per es., in un disastro naturale). Alcuni fattori stressanti possono essere associati ad eventi specifici dello sviluppo (per es., andare a scuola, lasciare la casa dei genitori, sposarsi, diventare genitore, mancare obiettivi professionali, andare in pensione)” (ibid.).
I Disturbi dell’Adattamento “vengono classificati in base al sottotipo che meglio definisce i sintomi predominanti”. Ad esempio, come nel caso di specie, “Con Umore Depresso”, “quando le manifestazioni cliniche predominanti sono costituite da sintomi come umore depresso, facilità al pianto, o sentimenti di perdita di speranza” (ibid., p. 724).
25 E’ lo stesso DSM a dire che il Disturbo dell’Adattamento “è una categoria residua usata per descrivere i quadri clinici che costituiscono una risposta a un fattore stressante identificabile e non soddisfano i criteri per un altro disturbo specifico in Asse I” (DSM-IV-TR, p. 726).
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16 2006. E poi, per chi si ammala oggi, prevale la legge – ancora 5 % al massimo – oppure Buzzi e Vanini? Mah.
6. Conclusioni. Soggettive e variabili le valutazioni equitative del giudice?
Scientifiche e univoche le valutazioni tabellari del medico-legale? Niente affatto. Prese a una a una, le tabelle sono tutte, in sé, buone. Ma, comparate, danno panorama sconcertante. Abbiamo visto il Disturbo dell’Adattamento. Altro esempio. Si veda il
“Disturbo Post-traumatico da Stress. Dall’1 al 10 % le forme lievi secondo Bargagna e Coll. Partono dal 16 e arrivano al 20 % nella tabella Buzzi-Vanini. Dal 10 al 20 % nella tabella di legge. Non conosce la forma lieve la tabella INAIL: dall’1 al 6 % le forme moderate; superiori al 20 % in Buzzi-Vanini e tabella di legge.
Piaccia o no, la tassonomia psichiatrica ha visto una sorta di globalizzazione mondiale sulla scorta del DSM. In sé non è né bene, né male. Tutto sta a usare il manuale con rigorosi criteri. Da operare con cautela la trasposizione in ambito medico- legale. Fra le tabelle valutative del danno psichico il lavoro più compiuto – discutibilità a parte di alcune loro tesi – è quello di Buzzi e Vanini. Tanto vale attenervisi; anche perché vi si sono attenute – copiando; e pur limando al basso – le tabelle di legge (quella, in vigore, fino al 9 %; e il progetto fino al 100 %).
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17 Non è sono da bandire diagnosi fondate sulla “vecchia” tradizione. Per analogia, possono trovare la loro corretta quantificazione anche sulla base di una tabella costruita ex DSM.
Restano da approntare, sulla base delle indicazioni di Bargagna e Coll. indicazioni valutative per “Sindrome soggettiva” e “Sindrome Postconcussiva”.