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La copertura assicurativa del medico: la polizza ottimale.

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Academic year: 2022

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La copertura assicurativa del medico: la polizza ottimale.

Avv. Alberto Polotti di Zumaglia*

1) La gestione della tutela della salute.

La stessa complessità dell'attività medica e dei modi in cui può essere esercitata non poteva non esplicare conseguenze di rilievo anche sulle assicurazioni che i vari soggetti hanno interesse a contrarre.

Dall'assicurazione della responsabilità civile del singolo medico a quella della responsabilità civile delle case di cura private o delle aziende sanitarie locali si ha infatti una varietà di contratti che si devono adeguare anche alle norme che regolano le diverse situazioni.

Una tale varietà esplica delle conseguenze già prima della conclusione dei contratti stessi se si pensa alle informazioni che l'assicuratore deve fornire al Contraente a tale momento.

L'art. 123 D.lgs. n. 175/95 prevede infatti che quando il contraente è persona fisica vengano in tale sede fornite allo stesso informazioni sulla legislazione applicabile al contratto e sulle disposizioni relative all'esame dei reclami, informazioni invece non richieste quando il contraente è una persona giuridica od un ente di diritto pubblico.

Per meglio comprendere la situazione è opportuno cominciare ad esaminare il fenomeno più complesso quale quello ravvisabile negli enti pubblici per poi passare a quelli di regolamentazione meno complicata. Al fine di sia pur sommariamente inquadrare il quadro legislativo si può anzitutto ricordare, sul piano dei principi, che il diritto alla salute (costituzionalmente garantito dall'art. 32 costit.) viene tutelato con l'art. 1 l. 23.12.1978 n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale) mediante il servizio sanitario nazionale la cui attuazione compete allo Stato, alle regioni ed agli enti locali territoriali.

Alla gestione della tutela della salute si provvede sull'intero territorio nazionale mediante una rete di unità sanitarie locali (art. 10 l. n. 833/78), unità ora costituite in aziende dotate di personalità giuridica pubblica e di autonomia per l'art. 3 D.lgs. 30.12.1992 n. 502 modificato con D.lgs. 7.12.1993 n. 517.

Dette unità provvedono all'assistenza sanitaria nel proprio ambito territoriale (art. 3 D.lgs. n.

502/92) ed assicurano ai cittadini l'erogazione delle prestazioni specialistiche ed ospedaliere secondo gli indirizzi della programmazione e le disposizioni regionali, avvalendosi di propri presidi, nonché delle aziende ospedaliere o dei presidi ospedalieri o di ospedali militari o privati o di professionisti (art. 8 D.lgs. n. 502/92). E' appena il caso di ricordare che le aziende ospedaliere hanno personalità giuridica pubblica ed autonomia organizzativa e vengono individuate tra gli ospedali di rilievo nazionale e di alta specializzazione, che comunque rispondono a precise caratteristiche (art. 4 D.lgs. n. 502/92) mentre gli ospedali non costituiti in azienda ospedaliera conservano la natura di presidi dell'unità sanitaria locale.

Le aziende sanitarie locali o le aziende ospedaliere possono quindi essere anzitutto considerate responsabili per danni conseguenti alla loro specifica attività legislativamente prevista ed i loro amministratori possono in certi casi venir anche perseguiti penalmente.

Significativa al riguardo è una recente decisione della Suprema Corte che ha affermato che "ai sensi della normativa contenuta nel D.lgs. 30.12.1992 n. 502 (come modificato dal D.lgs.

7.12.1993 n. 517), recante disposizioni di riordino della disciplina in materia sanitaria, ed in particolare con riferimento alle attribuzioni conferitegli dall'art. 3 dal medesimo decreto, il direttore generale dell'Unità sanitaria locale è investito di tutti i poteri di gestione e di controllo ed è pertanto costituito garante della complessiva correttezza dell'azione amministrativa riferibile all'ente che dirige, sicché, ove abbia notizia che nello svolgimento di questa siano compiute attività illecite, incombe su di lui il dovere di inibirle ed impedire la commissione di reati, dei quali,

* Responsabile Contenzioso Sinistri SAI, Torino

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nell'ipotesi di omesso esercizio dei poteri di accertamento e sanzione che gli spetta, è chiamato a rispondere ai sensi dell'art. 40, II co. c.p." (Cass. pen. sez. V sent. 16 del 22.10.1996 imp. Di Francesco, da CED Arch. penale RV 205620).

A conforto dei responsabili della USL si può ricordare peraltro essere stata ritenuta "... legittima la copertura assicurativa degli amministratori e rappresentanti della USL - a cura e spese della medesima - per i rischi conseguenti all'espletamento del mandato e per la salvaguardia della responsabilità civile incombente sulla struttura pubblica dagli stessi gestita e rappresentata..." (Tar Toscana Sez. I, 8.5.1989 n. 343 in Trib. Amm. Reg. 1989, I, 2436).

2) La responsabilità delle unità sanitarie locali.

Situazioni particolari fonte di potenziale responsabilità dell'USL (o dei suoi organi) si possono già vedere in ritardi od omissioni di forniture di medicinali, in omessa manutenzione di attrezzature, in una gestione del personale tale da non garantire una sufficiente copertura dei vari turni come pure nel mancato potenziamento del servizio con l'acquisto di attrezzature innovative o di un numero sufficiente di apparecchiature il cui uso generalizzato possa ridurre i margini di rischio terapeutico (v. C. Parodi - V. Nizza, La responsabilità penale del personale medico e paramedico in Giurisprudenza sistematica di diritto penale diretta da F. Bricola e V. Zagrebelsky - Torino 1996 p.

29).

Di fatto la responsabilità dell'ente sanitario non si può solo ridurre alla responsabilità del medico, visto che l'organizzazione sanitaria comporta una prestazione complessa come viene evidenziata dall'art. 1 l. n. 833/78 laddove si precisa che "il servizio sanitario nazionale è costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione...".

Su tale presupposto si è ritenuta configurabile la responsabilità contrattuale dell'ente ospedaliero per la carenza organizzativa di medici, assistenti e personale paramedico, responsabilità che può anche non essere dovuta a comportamenti di singoli facenti parte dell'organizzazione dell'ente, ma far capo alla struttura ospedaliera complessivamente organizzata (Trib. Monza 7.6.1995 in Resp. civ. e previd. 1996, 389).

La Suprema Corte ebbe così ad affermare che in relazione alle persone di minorata o nulla autotutela, la tutela della salute "... non si esaurisce nella mera prestazione delle cure medico- chirurgiche generali o specialistiche, ma comprende anche la protezione delle stesse persone;

pertanto quando la mancata predisposizione di una organizzazione volta a sopperire a tale compito abbia favorito il prodursi di un danno (nella specie il rapimento di un neonato nel nido ad opera di ignoti), va affermata la responsabilità dell'ente ospedaliero per la violazione dei suoi obblighi istituzionali..." (v. Cass. 4.8.1987 n. 6707 in Foro It. 1988, I, 1629).

Responsabilità contrattuale di una USL è stata poi ravvisata nella violazione dei cosidetti.

obblighi di protezione che imponevano una vigilanza più intensa di un paziente affetto da delirium tremens causato da etilismo acuto, poiché questi si era procurato dei danni in un tentativo di pseudo-suicidio (v. Trib. Trieste 30.4.1993 in Resp. civ. e prev. 1994, 302).

Nei casi evidenziati dalla pratica si constata peraltro che il maggior numero di azioni per responsabilità intentate nei confronti di enti sanitari è riconducibile a danni conseguenti all'attività di assistenza medica nella quale si siano verificati errori professionali del personale medico o paramedico per il cui operato l'ente si trovi a dover rispondere.

E' appena il caso di ricordare che l'ente può avvalersi di personale dipendente (secondo quanto previsto dall'art. 47 l. n. 833/78) o di personale a rapporto convenzionale (art. 48 l. n. 833/78) e che per il personale dipendente "... resta ferma la disciplina attualmente vigente in materia di responsabilità civile, amministrativa, penale e contabile per i dipendenti dalle amministrazioni pubbliche..." (art. 59 l. 3.2.1993 n. 29), mentre la disciplina del personale a rapporto convenzionale è effettuata con apposite convenzioni.

L'ente pubblico può quindi essere responsabile sia per carenza organizzativa, come già rilevato, sia per il fatto del dipendente il quale agendo quale organo o ausiliario dell'ente "... impegna

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direttamente ed immediatamente l'ente stesso per il rapporto di immedesimazione organica che si crea tra sanitario e struttura..." (v. C. Parodi - V. Nizza op. cit. p. 37).

Il rapporto che si instaura tra i medici convenzionati e l'USL (previsto dall'art. 48 l. n. 833/78 e disciplinato dalle singole convenzioni) "... integra un rapporto di prestazione d'opera professionale - sia pure con i connotati della collaborazione continuativa e coordinata (art. 409 n. 3 c.p.c.)" (v.

Cass. 15.5.1995 n. 5301 in Rep. Foro it.1995 p. 1945 n. 57) e quindi detti medici "...non sono legati con l'amministrazione da rapporto di impiego o di servizio..." (Cass. 5.12.1989 n. 5381 in Mass. Foro it.1989,752).

Si pone quindi il quesito se l'ente pubblico debba rispondere anche per danni provocati da medici convenzionati nell'esercizio della loro attività.

La risposta potrebbe essere positiva se si fa applicazione dell'art. 1228 c.c., che prevede la responsabilità del debitore per il fatto degli ausiliari (come ritenuto da Trib. Trieste 14.4.1994 in Resp. civ. e previd. 1994, 768 relativa peraltro ad un caso riguardante un ente privato).

3) La responsabilità dei dipendenti delle unità sanitarie locali e la relativa copertura assicurativa legislativamente prevista.

Occorre a questo punto ricordare che l'art. 28 DPR 20.12.1979 n. 761 (Stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali) prevede che ai dipendenti delle USL si applichino, in materia di responsabilità, le norme vigenti per i dipendenti civili dello Stato di cui al DPR 10.1.1957 n. 3.

Detta norma precisa poi che le USL "... possono garantire anche il personale dipendente, mediante adeguata polizza di assicurazione per la responsabilità civile, dalle eventuali conseguenze derivanti da azioni giudiziarie promosse da terzi, ivi comprese le spese di giudizio, relativamente alla loro attività, senza diritto di rivalsa, salvo i casi di colpa grave o di dolo...".

E’ appena il caso di notare che tale norma è di certo tuttora applicabile ai dipendenti delle USL, tanto è vero che il Provvedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri del 12/9/96 (in G.U.n.235 del 30/12/96) che autorizza il Governo a sottoscrivere il contratto collettivo nazionale di lavoro per la dirigenza medica e veterinaria all'art.75 elenca tutte le norme non più applicabili perché in contrasto con il nuovo contratto, ma tra tali norme non è richiamato l'art.28 D.P.R.n.76/79.

Il richiamo al DPR n. 3/57 comporta che la responsabilità dei dipendenti della USL, nei confronti dei terzi danneggiati, sia limitata alle violazioni dei diritti dei terzi commesse con dolo o colpa grave.

La più recente giurisprudenza ha peraltro precisato che "la responsabilità dell'ente ospedaliero, gestore di un servizio pubblico sanitario e del medico suo dipendente per i danni subiti da un privato a causa della non diligente esecuzione della prestazione medica, inserendosi nell'ambito del rapporto giuridico pubblico (o privato) tra l'ente gestore ed il privato che ha richiesto ed usufruito del servizio, ha natura contrattuale di tipo professionale. Ne consegue che la responsabilità diretta dell'ente e quella del medico, inserito organicamente nella organizzazione del servizio, sono disciplinate in via analogica dalle norme che regolano la responsabilità in tema di prestazione professionale medica in esecuzione di opera professionale, senza che possa trovare applicazione nei confronti del medico la normativa prevista dagli artt. 22 e 23 del DPR 10.1.1957 n. 3 con riguardo alla responsabilità degli impiegati civili dello Stato per gli atti compiuti in violazione dei diritti dei cittadini" (Cass. 27.5.1993 n. 5939 in Mass. Giust. civ. 1993, 933 conforme v. Cass.

1.3.1988 n. 2144 in Foro it. 1988, I, 2296 con nota ed in Resp. civ. e previd. 1988, 992 con nota).

Di conseguenza nei confronti di pazienti anche il medico dipendente dell'ente pubblico, per tale giurisprudenza, può essere ritenuto responsabile, come il professionista privato, sino al limite della colpa lieve ai sensi del II co. art. 1176 c.c. laddove di fronte ad un caso ordinario, non si sia attenuto a quelle regole che costituiscono il necessario corredo del professionista che si dedichi ad un determinato settore della medicina. Il limite della colpa grave resterà invocabile solo di fronte a casi che comportino problemi tecnici di speciale difficoltà, come previsto dall'art. 2236 c.c., la cui applicazione, peraltro, in seguito ai progressi tecnici ed alle acquisite conoscenze della scienza medica finisce per essere sempre più ridotta.

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4) L'assicurazione della responsabilità civile dei medici convenzionati.

Ma se il II co. art. 28 DPR n. 761/79 prevede che le USL abbiano solo la facoltà di garantire il personale dipendente per il rischio della responsabilità civile, unicamente per la colpa lieve, situazione leggermente diversa si ha per i medici convenzionati.

Il DPR 22.7.1996 n. 484 (Accordo Collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale ai sensi dell'art. 4 co. 9 della l. n. 412/1991 e dell'art. 8 del D.lgs. n.

502/1992...) all'art. 18 all. N precisa infatti che "...l'azienda provvede ad assicurare i medici incaricati ai sensi del presente accordo contro i danni da responsabilità professionali verso terzi e contro gli infortuni subiti a causa ed in occasione dell'attività professionale espletata ai sensi dell'accordo stesso ...".

In modo analogo l'art. 29 del DPR 29.7.1996 n. 500 (Accordo Collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici specialisti ambulatoriali ...) prevede che l'azienda provveda "...

ad assicurare gli specialisti comunque operanti negli ambulatori in diretta gestione contro i danni da responsabilità professionale verso terzi e contro gli infortuni subiti a causa ed in occasione dell'attività professionale...".

Quest'ultima norma prevede anche che per la responsabilità civile, le polizze siano stipulate con un massimale di L. 1.500.000.000 per sinistro con il limite di L. 1.000.000.000 per persona e di L.

500.000.000 per danni a cose od animali.

Parrebbe allora che nei confronti dei medici convenzionati le A.S.L. si siano assunte, con i predetti accordi collettivi un preciso impegno a sottoscrivere delle polizze di RC professionale anche per conto di detti medici, i quali, in virtù dell'art. 1891 c.c., rivestirebbero , a tutti gli effetti, la figura di assicurato di una polizza per la quale non è prevista alcuna limitazione relativa al grado della colpa.

Ma se ciò è vero se ne potrebbe dedurre che tali medici convenzionati, avendo ottenuto in sede di accordo la stipula di una polizza che non fa riferimento a limite alcuno in relazione al grado della colpa, hanno sotto tale aspetto, un trattamento assicurativo più favorevole di quello dei medici pubblici dipendenti.

Situazione diversa si ravvisa invece nel D.P.R. 21/10/1996 n.613 (accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici specialisti pediatri di libera scelta) in cui non è riportato alcun obbligo di assicurare da parte dell’Usll. Per contro nell'allegato H a tale decreto si prevedono due tabelle che elencano le spese la cui variazione viene presa in considerazione al fine del calcolo dell'inflazione reale e tra le medesime nella categoria "Servizi" si considera anche l'assicurazione di responsabilità professionale civile che dunque dovrebbe restare a carico del medico.

5) La rivalsa delle USL.

A complicare ulteriormente la situazione resta il problema della rivalsa verso il medico che spetta all'ente pubblico laddove per fatto del medico stesso esso ente sia stato costretto ad un esborso in proprio magari per inoperatività od insufficienza della copertura assicurativa.

Al riguardo la Suprema Corte ebbe ad affermare che "Qualora un ente ospedaliero (ovvero un'USL, dopo l'attuazione della L. 23.12.1978 n. 833 istitutiva del servizio sanitario nazionale) venga condannato al risarcimento del danno subito da un assistito per fatto colposo del proprio dipendente (nella specie lesioni personali provocate da un medico nell'esecuzione di un intervento), e poi agisce in rivalsa nei confronti del dipendente medesimo, la relativa controversia spetta alla cognizione della Corte dei Conti, atteso che la giurisdizione contabile di tale Corte, secondo la previsione dell'art. 52 r.d. 12.7.1934 n. 1214 e dell'art. 103 Costit., si estende ad ogni ipotesi di responsabilità per pregiudizi economici arrecati allo stato od enti pubblici da persone legate da vincoli di impiego o di servizio ed in conseguenza di violazione degli obblighi inerenti a detti rapporti" (Cass. 15.7.1988 n. 4634 in Mass. Giust. civ. 1988, 1100).

Tanto deriva ovviamente dal fatto che ai dipendenti della USL il I co. art. 28 DPR n. 761/79 prevede vengano applicate in materia di responsabilità le norme vigenti per i dipendenti civili dello Stato di cui al DPR n. 3/57.

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In precedenza la stessa Corte dei Conti (con sentenza del 31.7.1985 n. 164 in - La responsabilità legale del primario - Atti del Convegno tenutosi a Torino 26.11.1988 raccolti a cura di A. Ramello p. 89) aveva rilevato: che in forza della regola generale (art. 52 T.U. leggi sulla Corte dei Conti approvato con RD n. 1214/34 e art. 82 delle norme sulla contabilità dello stato approvato con RD 18.11.1923 n. 2440) i dipendenti dello Stato rispondono dei danni che cagionino ai rispettivi enti anche solo per colpa lieve; che tale regola prevede solo pochissime eccezioni per determinate categorie di pubblici dipendenti per i quali la responsabilità è limitata ai soli casi di colpa grave o dolo; che tra queste eccezioni non figurano i dipendenti delle USL a cui favore però il II co. art. 28 DPR n. 761/79 prevede la possibilità venga stipulata una polizza di assicurazione per le conseguenze di loro fatti dannosi commessi con colpa lieve senza peraltro con ciò derogare alla regola generale posto che l'esenzione da responsabilità verso l'ente per i casi di colpa lieve opera solo in presenza di valida e sufficiente copertura assicurativa.

Per il momento la situazione dei dipendenti delle USL non pare sia modificata se si considera che l'art. 59 D. Lgs. 3.2.1993 n. 29 (Statuto degli impiegati civili dello Stato e norme di esecuzione) prevede che per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche (tra le quali si comprendono anche le aziende e gli enti del SSN) "... resta ferma la disciplina attualmente vigente in materia di responsabilità civile, amministrativa, penale e contabile..." come già accennato.

Ciò che peraltro sembra essere cambiato è il limite della colpa da prendere in considerazione in caso di rivalsa verso il dipendente. L'art. 3 del D.L. 23.10.1996 n. 543 (Disposizioni urgenti in materia di ordinamento della Corte dei Conti) quale modificato con la legge di conversione (L.

20.12.1996 n. 639) prevede infatti che la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei Conti sia personale e limitata ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o con colpa grave. Non si dovrebbero quindi vedere rivalse per casi di responsabilità professionale per colpa lieve del medico anche nei casi in cui manchi la copertura assicurativa cui è fatto riferimento nell'art. 28 DPR n. 761/79.

Il rapporto tra i medici convenzionati e l'USL integra invece come abbiamo visto un rapporto di prestazione d'opera professionale sia pure con i connotati della collaborazione continuativa e coordinata.

Tanto si è ritenuto comportare ".. la giurisdizione del giudice ordinario su detto rapporto sia nella fase posteriore al conferimento dell'incarico, sia nella fase ad esso anteriore..." (Cass.

15.5.1995 n. 5301 e Cass.5/12/1989 n.5381 già cit).

Tanto peraltro non pare possa escludere la rivalsa dell'ente verso il medico laddove l'ente medesimo sia stato eventualmente tenuto in proprio per un danno provocato dal primo; tale rivalsa quanto meno potrebbe venir esercitata in base alle norme di diritto comune e comunque, in caso di solidarietà, in base all'art. 1299 c.c. che prevede appunto il regresso tra condebitori solidali.

Per sintetizzare la situazione che si può avere sotto l'aspetto assicurativo riguardo gli enti pubblici ed i loro dipendenti od ausiliari si possono prospettare i seguenti casi:

• l’ente pubblico (forse qualche azienda ospedaliera o qualche policlinico universitario che per il co. 5 art. 4 D. lgs. n. 502/92 può essere azienda dell'università con autonomia organizzativa, gestionale, patrimoniale e contabile) che abbia rapporti solo con pubblici dipendenti assicura unicamente la propria responsabilità civile lasciando così i dipendenti stessi privi di ogni garanzia il che consentirebbe anche all'assicuratore che abbia risarcito il danno per conto dell'ente di agire in rivalsa verso il medico;

• sempre un’ ente con le caratteristiche di cui al punto precedente potrebbe stipulare una polizza che contempli anche la responsabilità dei medici suoi dipendenti con l'esclusione però dei casi di colpa grave o dolo che finirebbero così per ricadere sui medici stessi potendo l'assicuratore riservarsi espressamente la rivalsa per tali casi nei loro confronti;

• l’ente che invece si avvalga anche di medici convenzionati dovrebbe stipulare quanto meno per quei medici il cui accordo collettivo lo preveda una polizza che, in forza degli accordi cui abbiamo fatto cenno, comprenda anche la copertura di tali medici ma senza il limite della colpa

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grave e comunque senza rivalsa alcuna verso il medico; nulla pare peraltro impedire che una garanzia di tale genere venga stipulata anche a favore dei medici dipendenti.

6) Il contratto di assicurazione stipulato dall'USL.

Circa il contenuto della polizza assicurativa stipulata dall'USL è appena il caso di rilevare che il rischio preso in considerazione dall'assicuratore è quello della responsabilità civile verso terzi, per cui l'assicuratore si obbliga a tenere indenne l'assicurato di quanto esso sia tenuto a pagare quale civilmente responsabile a sensi di legge per danni involontariamente cagionati a terzi in conseguenza di un fatto accidentale verificatosi in relazione all'attività esercitata. Sono compresi anche i fatti dolosi commessi da persone del cui operato l'assicurato debba rispondere e ciò non è altro che puntuale applicazione del II co. art. 1900 c.c., salva peraltro in tal caso la rivalsa verso il responsabile.

Come già accennato le garanzie possono peraltro estendersi anche alla responsabilità civile dei medici dipendenti o convenzionati che diventano così anch'essi assicurati.

Si ha quindi la previsione di un rischio che può toccare le ipotesi di responsabilità contrattuale ed aquiliana che di fatto possono concorrere, ma dato che si fa riferimento ai danni a persona ed a cose, restano chiaramente esclusi i danni riconducibili a perdite patrimoniali (senza un danneggiamento di cose o lesioni a persona) che restano nell'ambito della responsabilità contrattuale con riferimento ad atti della specifica professionalità dell'assicurato (in punto v. anche Dr. De Strobel - Assicurazione RC - Milano, 1992, p. 577).

Oltre a tale tipo di esclusione derivante dall'oggetto della garanzia ve ne sono poi altre specificatamente indicate, talora derogabili con espressa estensione (come ad es. i danni da inquinamento accidentale o quelli conseguenti a distribuzione ed utilizzazione del sangue) ed altre invece per le quali non è prevista deroga (come ad es. i danni derivanti dalla proprietà od uso di veicoli o natanti).

Riguardo la validità nel tempo dell'assicurazione è da rimarcare l'attuale tendenza (presente per vero nelle polizze di responsabilità dei vari professionisti) a tener conto delle richieste di risarcimento (claims made) piuttosto che del verificarsi o manifestarsi del danno (loss occurrence).

Vengono perciò presi in considerazione quei danni per i quali la richiesta di risarcimento perviene all'assicurato, per la prima volta, nel periodo assicurativo anche se il fatto che ha dato origine alla richiesta si è verificato in momento anteriore alla stessa stipula della polizza.

La clausola della gestione della lite in merito al tipo di assicurazione può creare nella pratica situazioni particolari.

Si pensi ad es. al caso di un danno provocato ad un malato nel corso di un intervento operatorio, danno risarcibile anche con riferimento al fatto dei singoli medici a cui favore le garanzie si estendono espressamente.

Se per ipotesi nell’équipe che ha partecipato all'intervento sorga questione sul soggetto responsabile del danno, attribuire la difesa penale dei vari imputati ad un unico difensore può creare situazioni difficili se non di vera e propria incompatibilità come allorché l'anestesista sostenga che il paziente ha subito il danno per fatto del chirurgo e quest'ultimo sostenga invece che il danno è riconducibile a fatto del primo.

In un caso del genere o l'assicuratore si accolla l'onere di incaricare due diversi difensori od i singoli medici si fanno assistere in proprio facendo magari intervenire, ove l'abbiano stipulata, una polizza che li copra direttamente per la loro responsabilità professionale. Il problema sarebbe comunque molto semplificato, ovviamente sul piano della difesa giudiziale, laddove esistano anche polizze di tutela giudiziaria.

E' infine da rilevare che sia le polizze stipulate dalle USL, che dalle case di cura private, che dai professionisti non sono soggette alla normativa dettata in tema di clausole vessatorie nei contratti tra professionista e consumatore.

L'art. 1469 bis considera infatti come consumatore la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività professionale eventualmente svolta.

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Tanto consentirà perciò all'assicuratore di mantenere in tali polizze clausole come quella per la quale può recedere dal contratto in caso di sinistro.

7) La responsabilità delle case di cura private.

Riguardo i contratti assicurativi stipulati da case di cura private si può subito osservare che i medesimi sono senz'altro influenzati dal tipo di responsabilità nel quale le case di cura possono incorrere.

Occorre allora ricordare che se il malato si rivolge direttamente alla casa di cura per un ricovero od una visita medica il contratto di prestazione d'opera professionale si instaura direttamente tra i due soggetti. In tal caso per gli eventuali danni subiti dal malato durante il ricovero od in conseguenza di una negligente prestazione sanitaria la casa di cura risponderà senz'altro a titolo contrattuale, anche per il fatto del dipendente ex art.2049 cc. o caso mai dell’ausiliario ex art.1228 cc., mentre il medico responsabile risponderà ex art. 2043 c.c. Se invece il malato si rivolge direttamente al medico che lo fa ricoverare e lo cura presso la casa di cura, il contratto di prestazione d'opera professionale si instaura direttamente con il medico e quest'ultimo risulterà perciò responsabile a titolo contrattuale, mentre la casa di cura potrà rispondere "...delle altre prestazioni relative al vitto e all'alloggio e di tutte le prestazioni accessorie di cura ed assistenza successive allo svolgimento dell'intervento..." (v. A. ed S. Baldassarri - La responsabilità civile del professionista - Milano 1993 p.733)

Riguardo il particolare tipo di rapporto di lavoro che si instaura tra il medico e la casa di cura si ricorda per completezza essere stato affermato che "è di natura subordinata il rapporto di lavoro del direttore sanitario di casa di cura, consistente nello svolgimento nell'esclusivo interesse dell'azienda di un'attività di natura tecnico organizzativa...espletata, sia pure in autonomia, nell'ambito dell'organizzazione datoriale e nel rispetto delle modalità pattuite. E' altresì subordinato il rapporto di lavoro dei medici di guardia che assicurano, anche se con turni da loro stessi predisposti, la possibilità concreta di continua assistenza sanitaria ai degenti; e ciò in quanto sono anch'essi inseriti nella organizzazione sanitaria datoriale con compiti prefissati atti a realizzare il fine istituzionale dell'azienda nel rispetto di un orario predeterminato e dietro erogazione di un compenso. E' invece di natura autonoma il rapporto di lavoro del medico chirurgo che, nell'ambito della casa di cura, svolge un'attività libero professionale realizzando interventi chirurgici autonomamente programmati, senza previsione in caso di suo impedimento, di sostituzione con altro medico e senza obbligo di rispettare alcun orario prefissato." (v. Trib. Catania 5/3/1993 n.416 da C.E.D. pd 030494).

Si pone a questo punto il problema della responsabilità solidale della casa di cura, responsabilità solidale che potrà senz'altro sussistere sia pur in presenza di rapporto autonomo con il medico se il danno sia conseguito anche a carenze strutturali della casa di cura medesima. Non si dimentichi che l'art. 43 l. n. 833/78 affida alle regioni anche la vigilanza sulle istituzioni sanitarie di carattere privato le cui caratteristiche funzionali devono "... assicurare livelli di prestazioni sanitarie non inferiori a quelle erogate dai corrispondenti presidi e servizi delle unità sanitarie locali...", mentre l'art. 8 co. 4 D. Lgs. n. 502/92 prevede i requisiti strutturali tecnologici ed organizzativi minimi richiesti per l'esercizio delle attività sanitarie.

Riguardo il problema del rapporto tra le case di cura ed il medico non dipendente è da ricordare come in un caso di una partoriente ricoverata presso una casa di cura su richiesta dell'ostetrica che ne aveva seguito la gravidanza si precisò che "... la natura autonoma della prestazione, costituita da un'attività libero-professionale, volta alla realizzazione di interventi o terapie mediche autonomamente programmati e svolte dall'operatore nell'ambito di una casa di cura e l'intuitus personae che lega, come nel caso che ne occupa il paziente all'ostetrica, non impediscono di ravvisare anche in tale fattispecie un vincolo di dipendenza, sorveglianza e vigilanza tra committente e preposto..." tali da giustificare la pronuncia di responsabilità solidale tra casa di cura ed operatore (così in motivazione Trib. Napoli 18.4.1996 n. 3705 Cernicchiaro e Piemonte c.

Casa di Cura Villa Cinzia inedita).

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Una tale conclusione è stata motivata nella suddetta sentenza osservando che "... l'attività che un libero professionista svolge in una casa di cura privata, quanto meno in virtù di un non occasionale rapporto d'esecuzione d'opere ... comporta, per sua natura un vincolo di dipendenza, sorveglianza e vigilanza tra la casa di cura committente ed il preposto; ne consegue che, in caso di danni derivanti da un intervento erroneamente eseguito per imperizia dell'operatore ... oltre alla responsabilità di costui verso il paziente per il fatto illecito (ex art. 2043 c.c.) sussiste con vincolo solidale, la responsabilità contrattuale (ex artt. 1218 e 1228 c.c.) ed extracontrattuale (ex art.

2049 c.c.) della predetta casa di cura (cfr. Trib. Roma 28.6.1982 in Temi Romani 1982, 601)".

Tanto peraltro non sembra potersi applicare al caso di un medico che solo occasionalmente ricoveri e curi i propri clienti presso una casa di cura nel qual caso quest'ultima non dovrebbe venir considerata solidale con il primo in presenza di solo suo errore professionale.

In ogni caso pare lecita qualche perplessità per l'eccessivo rigore che le conclusioni della giurisprudenza appena richiamata dimostrano nei confronti delle case di cura, soprattutto quando il libero professionista sia un soggetto di chiara fama.

Quanto sin qui detto giustifica ad ogni buon conto l'interesse della casa di cura privata ad assicurare oltre alla propria responsabilità civile conseguente all'attività esercitata, anche la responsabilità civile diretta dei propri dipendenti nonché quella dei medici non dipendenti per danni da questi provocati a terzi escludendo il diritto di rivalsa.

8) L'assicurazione della responsabilità civile del singolo medico.

Resta da esaminare la posizione del singolo medico il quale ha di certo interesse a stipulare un contratto di assicurazione che lo manlevi dalle richieste di terzi danneggiati dalla sua attività professionale.

Come ebbi già modo di osservare, peraltro in contesto ed argomenti diversi nella relazione svolta al Congresso di Pizzomunno ( e riportata in Danno emergente e lucro cessante a cura di G.

Cannavò p.303 e ss.) , notevole importanza ha in questo tipo di contratti la descrizione dell'oggetto del contratto medesimo.

Se ad es. si assicura il dott. X per l'attività prestata presso l'ospedale Y deve essere ben chiaro che quel medico non sarà assicurato quando eserciti la sua attività altrove.

Del pari se si prende in considerazione una determinata specialità (ad es. ostetrico o dentista) la copertura assicurativa non opererà se il danno sia conseguente ad un'altra specialità (ad es.

anestesista) per l'esercizio della quale l'assicurato sia pur abilitato.

Altro problema che si pone, particolarmente per gli odontoiatri, è quello delle perdite patrimoniali o del mancato conseguimento di un risultato che porta alla risoluzione del contratto di prestazione d'opera professionale, il che esula dalla copertura assicurativa. Si pensi alla protesi che non risulti idonea e che il paziente restituisca al medico facendosi rimborsare il relativo prezzo e chiedendo magari un indennizzo per il tempo perso nelle cure; tanto non interesserebbe all'assicuratore che dovrebbe invece intervenire se, per adattare la protesi sbagliata si sia magari estratto inutilmente un dente sano, o se il paziente per ovviare a lesioni provocate dalla protesi medesima abbia dovuto sottoporsi ad altre successive cure.

9) La pluralità di assicurazioni.

Di certo la presenza di una polizza stipulata direttamente dal medico può portare alla contemporanea assicurazione del medesimo rischio nei casi in cui detto medico risulti anche assicurato tramite una polizza stipulata a suo favore da un ente pubblico o da una casa di cura privata presso i quali eserciti la sua attività.

Ad evitare la contemporanea operatività dei due contratti si prevede talora una precisa clausola in forza della quale le varie assicurazioni si dispongono in successione l'una con l'altra così da operare solo ad esaurimento od in mancanza della garanzia antecedente.

Si parla in tal caso di assicurazioni di primo e secondo rischio.

Quando invece non si ha una clausola del genere la contemporanea operatività delle due polizze portando alla sovrapposizione delle rispettive garanzie determina i presupposti per l'applicazione

(9)

dell'art. 1910 c.c. che regola appunto l'ipotesi dell'assicurazione presso diversi assicuratori. Per tale norma l'assicurato deve dare avviso di tutte le assicurazioni a ciascun assicuratore non restando vincolati gli assicuratori stessi se vi è stata omissione dolosa dell'avviso; in caso di sinistro l'assicurato deve darne avviso a tutti gli assicuratori e l'assicuratore che ha pagato può regredire nei confronti degli altri per la ripartizione proporzionale dell'indennità. Circa l'identificazione del soggetto che al momento del sinistro deve dare l'avviso è il caso di ricordare che la Suprema Corte, modificando un suo precedente atteggiamento, ha di recente affermato che occorre far riferimento a colui che beneficia della garanzia assicurativa e non al contraente del contratto (v.

Cass. 19.8.1995 n. 8947 in Giust..civ. 1996, I, 115 v. anche A.Polotti di Zumaglia - Brevi note in tema di assicurazione cumulativa a commento di Cass. 23/12/1993 n.12763 in Dir. ed econ.

nell'assic. 1994 937)

Nel caso di specie dovrebbe quindi essere il medico a dare l'avviso anche alla compagnia che l'assicura direttamente.

E' appena il caso di rilevare che una parte della dottrina ha negato la possibilità di applicazione dell'art. 1910 c.c. alle assicurazioni di responsabilità civile.

Gli autori più recenti (v. De Strobel op. cit. p. 268 ss) seguiti peraltro dalla normale prassi, ritengono invece applicabile detta norma alle assicurazioni in questione.

Riguardo la ripartizione tra assicuratori occorre tener presente che la norma parla di proporzione "... in ragione delle indennità dovute..." secondo i vari contratti. Per indennità dovute la più recente dottrina fa riferimento a quelle in concreto determinate dal sinistro; la conseguenza pratica diventa allora che se i massimali previsti dai contratti interessati sono capienti in relazione all'indennità dovuta, la ripartizione tra gli assicuratori si fa in parti uguali, visto che in tal caso ognuno potrebbe essere tenuto per l'intero al posto di tutti, mentre si applica la proporzionale quando uno o più dei massimali risultano inferiori all'indennità.

Per l'assicurato in un caso del genere non si pongono comunque problemi visto che non potrà avere vantaggi, oltre il danno corrispondente al debito di responsabilità delle garanzie interessate, ma in ogni caso sarà totalmente tenuto indenne dagli assicuratori.

Anche nei casi in cui il singolo medico è già garantito dalla polizza di un ente pubblico o privato viene quindi confermata la compatibilità ed in molti casi la palese opportunità di una garanzia personale contratta direttamente.

10) L'assicurazione della responsabilità civile del primario.

Circa i soggetti che possono stipulare in proprio una garanzia di responsabilità professionale si può dire che non vi siano motivi che vi si oppongano se non eventuali problemi tecnici di copertura.

Occorre peraltro tener presente che gli stessi compiti affidati a certi soggetti comportano determinate conseguenze sul piano assicurativo.

Ci si riferisce in particolare ai dirigenti sanitari di secondo livello cioè ai "primari".

Per completezza ricordiamo che l'art. 15 del D. Lgs. n. 502/92 articola la dirigenza del ruolo sanitario in due livelli. Al personale inquadrato nel primo livello sono attribuite "... funzioni di supporto, di collaborazione e corresponsabilità, con riconoscimento di precisi ambiti di autonomia professionale, nella struttura di appartenenza, da attuarsi nel rispetto delle direttive del responsabile...". Al personale del secondo livello sono invece "... attribuite funzioni di direzione ed organizzazione della struttura da attuarsi anche mediante direttive a tutto il personale operante nella stessa e l'adozione dei provvedimenti relativi, necessari per il corretto espletamento del servizio; spettano, in particolare, al dirigente medico appartenente al secondo livello gli indirizzi e, in caso di necessità, le decisioni sulle scelte da adottare nei riguardi degli interventi preventivi, clinici, diagnostici e terapeutici...". Ai dirigenti sia di primo (aiuti) che di secondo livello si applica il disposto dell'art. 20 D. Lgs. n. 29/93 che regolamenta la verifica dei risultati e le responsabilità dirigenziali, precisando altresì al 10° co. che in materia di responsabilità penale, civile, amministrativo-contabile e disciplinare ai dirigenti del ruolo sanitario si applicano le disposizioni vigenti previste per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche.

(10)

L'attuale contratto collettivo nazionale dei dirigenti medici e veterinari è stato sottoscritto a seguito di provvedimento di autorizzazione del Presidente del Consiglio dei Ministri del 12.9.1996 (in G.U. 30.12.96 Supp. ord. n. 304).

Una descrizione più analitica dei compiti anche direttivi ed organizzativi del primario si trova poi nell'art. 63 co. 5° e 6° del DPR n. 761/79 e nell'art. 7 del DPR n. 128/69, norme che pare non siano state abrogate neppur implicitamente (per l'analisi di tali norme si rinvia a A. Polotti di Zumaglia - Il primario ospedaliero e l'assicurazione della sua responsabilità civile - in Dir. e prat.

nell'assic. 1990, 659).

Proprio la presenza tra i compiti del primario di attività di carattere direttivo ed organizzativo comporta delle difficoltà sul piano assicurativo.

Di fatti, se un primario intende assicurare direttamente la sua attività personale di medico, non fa nient'altro che chiedere all'assicuratore ciò che qualsiasi altro medico della sua specialità gli chiederebbe.

Ma se si chiede di garantire anche un'attività direttiva ed organizzativa si finisce per chiedere all'assicuratore di valutare anche situazioni strutturali, gestionali ecc. che l'assicuratore stesso non può valutare solo colloquiando con il primario-assicurando.

Tanto spiega la ritrosia degli assicuratori a tenere indenne il primario anche dei danni conseguenti alle attività in questione.

Di fatto quindi il primario si trova ad essere assicurato per la sua attività complessiva con la polizza dell'ente dal quale dipende e può garantire in genere la sua attività personale, ma limitatamente alla sua attività professionale medica.

Ciò non esclude ovviamente che se in una polizza personale si assicura il dott. X per la sua attività di primario presso l'ente Y si sia assunto ogni rischio derivante all'assicurato dalla sua attività e quindi anche quello per i danni conseguenti alla sua attività direttiva ed organizzativa.

11) L'attività libero-professionale della dirigenza sanitaria del Servizio Sanitario Nazionale.

Per completezza è appena il caso di ricordare il quadro legislativo ora esistente e regolante l'attività libero-professionale della dirigenza del Servizio sanitario nazionale per chiedersi poi quali eventuali conseguenze ne derivino riguardo l'assicurazione della responsabilità professionale.

Occorre anzitutto ricordare che il co.10 dell'art.4 l.n.502/92 prevede che all'interno dei presidi ospedalieri e delle aziende sanitarie locali siano riservati spazi adeguati per l'esercizio della libera professione intramuraria oppure, in mancanza di tali spazi, vengano stipulati appositi contratti con case di cura private od altre strutture sanitarie pubbliche o private.

Con l'art.1 co 10 della l.23/12/1996 n.662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) si è fissato al 31/3/97 il termine entro il quale i dipendenti del Servizio sanitario nazionale dovevano esercitare l'opzione tra l'esercizio dell'attività libero professionale intramuraria od extramuraria, mentre con decreto 31/7/1997 del Ministero della Sanità (in G.U.5/8/97 n.181)si sono stabilite le linee guida dell'organizzazione dell'attività libero professionale intramuraria.

La definizione delle caratteristiche dell'attività libero professionale intramuraria è stata affidata dal D.L.20/6/1997 n.175 (convertito dalla legge 7/8/1997 n.272) al Ministero della Sanità il quale vi ha provveduto con proprio decreto 31/7/1997 (in G.U.2/9/97 n.204).

Detto decreto precisa all'art.1 che per attività libero professionale intramuraria si intende quell'attività che il personale medico "..esercita fuori dell'orario di lavoro, in regime ambulatoriale sia nelle strutture ospedaliere che territoriali, di day hospital o di ricovero, in favore e su libera scelta dell'assistito e con oneri a carico dello stesso o di assicurazioni o fondi sanitari integrativi...".

L'attività di consulenza (art.5) nei servizi sanitari di altra azienda od ente con cui sia stato stipulato apposito accordo è riservata ai dirigenti che hanno optato per l'attività libero professionale intramuraria e rientra nei compiti istituzionali salvo venga esercitata fuori dell'orario di lavoro, nel qual caso è considerata attività libero professionale intramuraria ed i relativi compensi sono assimilati, ai soli fini fiscali, a quelli di lavoro dipendente (come d'altronde già precisato in via generale dal co.7 art.1 l.n.662/96).

(11)

Il diritto all'esercizio dell'attività libero professionale nell'ambito dei servizi, presidi e strutture dell'USL era d'altronde già riconosciuta al personale medico con rapporto di lavoro a tempo pieno dall'art.35 co 2 lett. d) del D.P.R.n.761/79.

Possiamo a questo punto chiederci se l'attività libero professionale intramuraria del personale medico dipendente delle USL possa far scattare una qualche responsabilità in capo a queste ultime, responsabilità chiaramente non configurabile per l'attività extramuraria esercitata da chi abbia formulato la relativa opzione.

E' appena il caso di ricordare che il decreto 31/7/97 (in G.U.n.181) nel fissare le linee guida dell'organizzazione dell'attività intramuraria prevede un regolamento da adottarsi da parte dei direttori generali delle USL o delle A.S.L., regolamento nel quale, tra l'altro, vengano individuati gli spazi ed i servizi da utilizzare per l'attività libero professionale intramuraria.

Visto poi che l'attività in questione è assimilabile, come già detto solo ai fini fiscali al rapporto di lavoro dipendente, esulando in sostanza dal rapporto di pubblico impiego, si potrebbe dedurne che la posizione dell'U.S.L., ai fini della responsabilità per il fatto del medico sia non molto diversa da quella in cui viene a trovarsi la casa di cura privata.

Pertanto, salvo pattuizione espressa, la polizza contratta dall'USL, pur finendo per coprire i danni ad essa direttamente riconducibili perché provocati dalle sue strutture o dai suoi servizi, non coprirebbe i danni riconducibili a responsabilità esclusiva del medico salvo venga affermata, per qualche motivo una solidarietà dell'USL.

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