• Non ci sono risultati.

Per gli anziani il risarcimento in forma di rendita è più idoneo di quello in conto capitale

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Per gli anziani il risarcimento in forma di rendita è più idoneo di quello in conto capitale"

Copied!
6
0
0

Testo completo

(1)

Per gli anziani il risarcimento in forma di rendita è più idoneo di quello in conto capitale

Dr. Lino Schepis*

Premessa

A ben riflettere, si può dire che questa tematica abbia colto, con lodevole sensibilità, un fenomeno socioculturale e giuridico in netta crescita, influenzata da un lato dal progressivo abbandono della visuale produttivistica/reddituale del danno alla persona (accelerato dalla sentenza cardine n. 184/1986 della Corte Costituzionale), dall’altro dalla crescente rivalutazione nella nostra società della figura dell’anziano.

Certo, in una prospettiva risarcitoria quale quella pregressa, tutta orientata verso “l'homo faber”, l’anziano valeva poco, certamente meno dell’adulto e del bambino, in ragione di un’azzerata, o molto ridotta, potenzialità di produrre reddito.

Per contro, la riscrittura della tematica del danno alla persona attraverso la penna della Corte Costituzionale, l’individuazione di un diritto primario alla salute, costituzionalmente tutelato, hanno portato a valutare in termini molto diversi il valore dell’anziano dal punto di vista della tutela aquiliana.

Nel contempo, la società del dopoguerra ha prodotto drastici cambiamenti alla tradizionale figura dell’anziano.

Si può ben dire che oggi lo stereotipo dell’anziano dalle esigenze minime, custodito nel contesto di un gruppo familiare che lo ospita e lo protegge, ma ne assorbe anche ogni attenzione ed interesse, sia ormai avviato al tramonto.

Gli è subentrata una figura affatto diversa, estremamente eterogenea, molto più orientata alla ricerca del proprio benessere fisico e mentale, desiderosa di interazione completa con la società, portatrice di svariati interessi ed esigenze personali.

Le cause sono note, alcune di valenza positiva, altre negative; da un lato le maggiori disponibilità finanziarie, i progressi della scienza medica, la crescita di cultura; dall’altro l’allungamento della vita lavorativa, lo sfaldamento dell’istituto della famiglia tradizionalmente intesa, che ha obbligato l’anziano ad organizzarsi la propria vita al di fuori della propria struttura familiare, e dunque ne aumenta le esigenze ma crea nuove potenzialità di danno, non più (o non in tutto) assorbito dal contesto familiare.

Dare una definizione dell’anziano oggi può apparire problematico già a partire dalla determinazione di una soglia anagrafica; il limite convenzionale dei 70 anni, indicato dalla prassi medico legale, risulta spesso poco significativo nel concreto.

I problemi da risolvere, nell’iter valutativo del danno alla persona dell’anziano, possono essere sintetizzati in quattro momenti:

• determinazione della situazione preesistente

• valutazione del danno attuale e futuro

• interpretazione dei danni concausati

• monetizzazione

Situazione preesistente

L’estrema varietà delle categorie degli anziani costituisce il primo problema dell’operatore del diritto assicurativo.

* Responsabile Affari Generali, Lloyd Adriatico Trieste

(2)

E’ stato detto, con espressione efficace ma un po’ cinica, che ognuno invecchia a modo suo, e che tra gli anziani possono esistere anche “pezzi di antiquariato” e non solo “pezzi da rigattiere”.

Compito del medico-legale, ma anche del liquidatore, dell’avvocato e, in estrema istanza, del giudice, individuare e definire correttamente la situazione di ciascun caso.

Il ruolo del medico legale è basilare. Non potrà certo bastare, anche per situazioni lesive non particolarmente complesse, una visita di routine. Al contrario, occorrerà grande attenzione e sensibilità del medico legale, un dialogo approfondito con l’infortunato, l’individuazione sicura di:

• grado di autosufficienza pregresso e residuo

• grado e volontà di interazione sociale preesistente e residua

• qualità e quantità degli interessi coltivati prima e dopo il sinistro

• previsione sull’evoluzione dello stato di salute a prescindere dal trauma

• risposta - anche soggettiva - all’evento lesivo.

Valutazione attuale e previsiva, le concause

Così come esiste estrema eterogeneità e varietà nelle situazioni preesistenti, ugualmente molto diversa appare sovente la risposta dei soggetti anziani al fatto lesivo, anche in situazioni in apparenza valutabili secondo uno standard (si pensi ad esempio ad alcune lesioni ortopediche tipiche dell’anziano, come la frattura di femore).

Non è raro incontrare giudizi medici legali o decisioni liquidative tendenti a considerare il danno dell’anziano come un "minus" rispetto ad altre situazioni.

Il che è vero a volte, ma non sempre.

Se da un lato può essere vero che l’anziano perda di meno, a parità di fatto lesivo, da un punto di vista quantitativo, perché minore è il quantum di validità attaccabile, mi sembra incontrovertibile che la lesione di una quota residuale di validità, in termini di possibilità di godere la vita, di relazionarsi con gli altri, di coltivare interessi propri, possa assumere diverso - e maggiore - significato da un punto di vista qualitativo, poiché è proprio la qualità della vita a risultarne più o meno gravemente intaccata.

Se quel minimo vitale consentiva un equilibrio pur precario, ma effettivo, non è possibile valutare poco un evento lesivo che, pur oggettivamente modesto, inidoneo in sé a causare sofferenze gravi, distrugga quell’equilibrio trasformando l’anziano da protagonista della propria esistenza a mero spettatore.

Come valutare la coesistenza di un evento lesivo con il naturale degrado cui l’anziano è soggetto?

In un convegno di qualche tempo fa il prof. Bargagna ha dichiarato tutta la sua perplessità circa l’idoneità del ricorso ai barèmes medico legali per il danno agli anziani.

In effetti credo che tali distinguo meritino attenta riflessione, in quanto provenienti, tra l’altro, oltre che da uno dei punti di riferimento della medicina legale italiana, anche da chi ha espletato funzioni di coordinatore e curatore delle più recenti tabelle di riferimento, ovvero la Guida Orientativa per la Valutazione del Danno Biologico Permanente, elaborata dalla Società Italiana di Medicina Legale nel 1996.

L’esperienza maturata specie negli anni più recenti induce a dubitare dell’effettiva possibilità di misurare la risposta di un organismo anziano mediante le standardizzazioni per valori medi descritte in barèmes predeterminati.

Ciò anche in considerazione delle scarse, o talvolta del tutto assenti, potenzialità di recupero dell’organismo di un anziano rispetto a quello di individui più giovani.

Appare quindi legittimo e fondato l’invito a fare un uso prudente ed elastico delle tabelle ove si debba procedere alla definizione del danno di una persona anziana.

Credo sia opportuno richiamare quanto gli autori della Guida hanno inteso premettere nel fornire una corretta chiave di lettura alla Guida stessa:

(3)

“la valutazione della menomazione dell’integrità psicofisica non può prescindere dallo stato anteriore del danneggiato, vale a dire dall’età e dalle menomazioni congenite e/o acquisite.

L’apprezzamento dovrà essere praticato caso per caso, valutando e dando atto della ‘validità residua’ analiticamente descritta prima e dopo l’evento lesivo in esame. Nel caso di compromissione dell’integrità psicofisica preesistente, anche se grave ed altamente menomante, restano attributi che, opportunamente adattati, possono consentire ancora un’esistenza più o meno accettabile. Questa condizione può essere considerata un altro “cento esistenziale”.

Nel caso di una nuova menomazione la valutazione dovrà essere adattata a tale realtà, tenendo presente l’effettiva incidenza peggiorativa che ne deriva alle condizioni preesistenti. Da ciò potrebbe vedersi riconosciuta una percentuale superiore a quella tabellata. Sotto questo profilo la concezione relativa al danno biologico concorre all’equità”.

Determinazione economica della lesione

Si suole affermare che il “valore uomo” è incommensurabile, ma è cosa affatto diversa dal

“prezzo dell’uomo”, che va invece necessariamente misurato, ove occorra determinare per equivalente la somma di danaro necessaria per compensare in concreto una menomazione psicofisica.

E’ del tutto evidente l’insidia nascosta nel rischio di sovrapposizione dei due concetti; poiché la monetizzazione del pregiudizio non può non rifarsi a valori convenzionali, questi ultimi non potranno prescindere da un riferimento alle risorse disponibili.

Per ciò che concerne la determinazione del pregiudizio dell’anziano, le tabelle di monetizzazione oggi in uso fanno spesso dubitare circa la loro adattabilità ai singoli casi concreti.

Appare in primo luogo sconcertante l’assoluta disuguaglianza con la quale i nostri giudici di merito trattano il danno dell’anziano (come, per altro, quasi tutte le altre situazioni lesive). La tabella (vedi nella pagina) sintetizza le situazioni limite rilevate nel praticato giudiziale per le principali fattispecie di danno.

I.P.% min. trib. max trib. max/min medio*

(x1000) (x1000) (x1000)

2 1.000 RM 4.000 VE/PD 4.0 2.240

10 7.600 BO 20.000 VE/PD 2.6 14.000

20 15.300 BO 60.000 TO 3.9 36.000

50 38.300 BO 267.700 MI 7.0 140.000

75 57.500 BO 500.800 MI 8.7 262.000

* Valore medio del liquidato dei tribunali italiani

Valore medio del liquidato dei tribunali italiani

Come si vede sulla tabella riportata, paradossalmente lo squilibrio tra i minimi ed i massimi applicati si acuisce con l’aggravarsi del tipo di danno: per un’invalidità del 2% il divario è di 1 a 4, mentre per un’invalidità grave (50%) sale a 1 contro 7, e per un macro danno (75%) si arriva addirittura ad un differenziale di 1 a 9.

Il che equivarrebbe a dire che, a parità di fascia di età, l’aggravarsi del danno si avverte meno in tarda età di quanto non avvenga in età giovanile od adulta. Il che francamente appare quantomeno discutibile.

Da notare inoltre che per i giudici che applicano valori più bassi la progressione tra un punto di micro lesione ed un punto di macro lesione è pari al 53% (da L. 500.000 a L. 766.000 per punto),

(4)

mentre per i tribunali che liquidano gli importi più elevati il differenziale è pari al 234% (da L.

2.000.000 a L. 6.680.000 per punto.

E’ controverso, in giurisprudenza ed in dottrina, se sia giusto far decrescere la posta risarcitoria del danno permanente alla salute con il crescere dell’età.

Sappiamo che il criterio più comunemente adottato prevede forti abbattimenti in ragione del crescere del parametro età.

Vi è peraltro qualche Corte di merito che ha scelto soluzioni diametralmente opposte: l’esempio più significativo è rappresentato dalla giurisprudenza togata torinese, dove il valore a punto è identico, quantomeno come valore base, a qualsiasi età.

Lo stesso avviene presso il tribunale di Treviso, mentre criteri non dissimili, cioè con poca gradualità per il dato età, sono utilizzati dai tribunali di Venezia e di Padova.

Per contro, è singolare notare come la nuova giurisprudenza dei giudici di pace torinesi, pur dichiarando di voler aderire in toto agli indirizzi della magistratura togata (pena la determinazione di uno stato di incertezza tra gli utenti ed il rischio di un frequente ricorso al gravame), applichi in realtà valori monetari totalmente difformi, molto orientati all’applicazione di riduzioni progressive in ragione del crescere dell’età. Ad esempio, un 2% di invalidità per un soggetto settantenne viene pagato L. 3.000.000 dai giudici togati, e poco più di un milione (L. 1.100.000 circa) dai giudici di pace; un 10% vale rispettivamente L. 19.500.000 contro i circa 10.000.000 di lire dei giudici di pace.

Oggettivamente, se mi sento di condividere le perplessità di chi osserva che il crescere dell’età non attenua, bensì quasi sempre amplifica il grado di percezione soggettiva ed oggettiva della lesione, è pur vero peraltro che la parte prevalente delle poste risarcitorie riguarda danni futuri, la cui monetizzazione non può non dipendere dall’ampiezza dell’aspettativa di vita futura.

In altre parole, se è vero che negli anziani vi può essere - e vi è in concreto - una diversa e spesso aggravata percezione momentanea della lesione, è altresì vero che tale sofferenza durerà per un numero di anni molto più a lungo per un giovane rispetto ad un soggetto anziano. E di ciò non si può non tenere conto, in una ragionata ed equa monetizzazione del pregiudizio.

Occorre peraltro riconoscere che talvolta i valori attuariali di vita media probabile non sembrano attagliarsi al caso concreto. E’ dunque compito importante e delicato del medico legale fornire al tecnico indicazioni sulla peculiarità del caso oggetto di perizia, sulla sua conformità o difformità rispetto ad un riferimento medio attuariale di attesa di sopravvivenza.

Anche per l’aspetto di determinazione economica del danno occorrono quindi ampia elasticità ed approfondimento del caso specifico.

Soprattutto quando la vicenda traumatica spezza quel delicato equilibrio che, pur precario e fragile, consentiva tuttavia al soggetto una piena autosufficienza ed una piena capacità di godere la vita, che vengono meno - non raramente - per le conseguenze di un evento quasi banale.

Risarcimento in forma di rendita

Già in altre occasioni si è avuto modo di sottolineare come in molte situazioni lesive di una qualche importanza, che riguardino soggetti minori, o svantaggiati, il metodo del risarcimento in forma di rendita appaia più idoneo ed affidabile rispetto a quello in conto capitale.

L’esperienza richiama episodi e situazioni non rare, nelle quali ingenti capitali erogati dall’assicuratore sono andati dispersi, per mala fede o semplicemente per inesperienza dei familiari del soggetto leso; la struttura del danno dell’anziano sembra particolarmente adatta ad esporre al rischio di vedere dilapidato in breve tempo l’ammontare del risarcimento da parte dei congiunti, e di porre il danneggiato a carico della collettività, in quanto privato anche della propria indipendenza economica, con i conseguenti intuibili risvolti psicologici negativi.

L’istituto del risarcimento mediante corresponsione di somma periodica è già presente, come si sa, nel nostro ordinamento, ed è regolato dall’art. 2057 del Codice Civile.

(5)

Non se ne fa un uso adeguato, un po’ per diffidenza e per sconoscenza, molto perché ritenuto di difficile applicazione pratica, oltre che - secondo alcuni poco gradito ai legali in relazione alla difficoltà di graduazione delle loro parcelle.

Da più parti si è auspicata la possibilità di dare corso alla liquidazione, quanto meno per quota parte, mediante accensione di una polizza vita a premio unico.

Gli stessi assicuratori non ne favoriscono l’utilizzo, per comprensibili motivi gestionali, oltre che per insormontabili problemi fiscali.

Da un lato occorre considerare che la struttura della liquidazione mediante rendita vitalizia richiede la gestione da parte di un assicuratore specialista nel ramo Vita, in grado di affrontarne le complesse problematiche tecniche (quali il calcolo delle riserve matematiche, dei caricamenti, degli indici di retrocessione, ecc.).

Dall’altro, il trasferimento di un importo capitale in rendita vitalizia subirebbe una duplice decurtazione fiscale: l’imposizione del 2,5% sui premi Vita prevista dalla legge n. 1216/61, nonché la tassazione ai fini IRPEF del 60% dell’importo annuo erogato, così come stabilito dalla legge.

Il che, come si può facilmente comprendere rende decisamente antieconomico per il responsabile civile il ricorso a tale forma di pagamento.

Tale ostacolo, del tutto inopportuno ed ingiustificato, atteso che già nell’attualità gli importi erogati a titolo di risarcimento del danno non sono soggetti ad alcuna imposizione fiscale, andrebbe senz’altro rimosso mediante intervento legislativo, con il che parificando il regime di trattamento italiano a quello della maggior parte dei Paesi della comunità europea.

Una ricerca effettuata sulla giurisprudenza di merito in tema di liquidazione in forma di rendita di danni nascenti da responsabilità aquiliana ha posto in evidenza la totale disapplicazione dell’istituto di cui all’art. 2057 cc.

Fanno eccezione due unici precedenti, entrambi peraltro limitati alla liquidazione periodica delle sole spese di assistenza: si tratta della sentenza n. 4611 del 19/5/94 del tribunale di Torino, e della sentenza n. 1732 del 25/10/94 del tribunale di Bologna.

Particolarmente interessante, e meritevole di menzione la seconda, che concerne la liquidazione del danno sofferto da una pensionata di anni 76, investita da un automobilista mentre attraversava la strada e gravemente lesionata in particolare agli arti inferiori.

Va sottolineato il fatto che il tribunale, ancorché in presenza di esiti permanenti significativi (27/28% i.p.), ma non tali da pregiudicare in toto la funzione deambulatoria, e dunque l’autonomia e l’autosufficienza dell’infortunata (nell’esame obiettivo viene precisato che la deambulazione con ginocchiera è sostanzialmente normale e sufficientemente spedita), ha ritenuto di erogare una somma mensile di L. 1.000.000, pari a L. 12.000 orarie per tre ore giornaliere, in considerazione della necessità di ricorrere ad un aiuto esterno retribuito, essendo risultata “gravemente menomata l’autonomia dell’infortunata ad attendere alle ordinarie occupazioni di accudimento delle proprie esigenze”.

E ciò, sulla base di quanto segnalato dal CTU, in considerazione dell’età avanzata della lesa “in termini di riduzione delle capacità di recupero dell’efficienza psicofisica e di adattamento ad una nuova condizione di menomazione”.

Appare evidente, ed a mio avviso corretto, che CT e magistrato hanno valutato la consistenza della lesione più in termini futuri che attuali, in ragione dell’aggravarsi della menomazione con il subentrare del progressivo decadimento psicofisico per effetto dell’età.

Conclusioni

E’ importante, come si è visto, che il problema del danno dell’anziano venga adeguatamente approfondito, innanzitutto sotto i molteplici e delicati aspetti clinici, relazionali e sociali, da parte della migliore e più attenta dottrina medico-legale.

E’ ugualmente importante che la fase della monetizzazione del danno assicuri da un lato flessibilità ed elasticità, per un adeguato ed effettivo ristoro delle menomazioni fisiche e psichiche

(6)

subite da un soggetto che, ancorché incamminato lungo la parte conclusiva del sentiero dell’esistenza, ha diritto al pieno riconoscimento e rispetto della sua dignità di uomo.

Nel contempo, è indispensabile garantire ad ogni situazione lesiva una regolazione tesa alla realizzazione di quella “unità pecuniaria di base” richiesta fortemente dalla Corte Costituzionale nella ricordata sentenza n. 184, secondo la quale “lo stesso tipo di lesione non può essere valutato in maniera del tutto diversa da soggetto a soggetto”.

A questo proposito molti ritengono che solo un intervento del legislatore potrà porre rimedio all’anarchia della situazione giurisprudenziale attuale, fissando, tra l’altro, dei parametri valutativi rispettati da tutti.

Nel frattempo, in attesa di una tale legge, è assai opportuno che tutte le parti interessate, dai consumatori alle imprese di assicurazione, dai legali patrocinatori agli stessi magistrati, si adoperino per ricercare spazi dialettici sicuramente esistenti, per trovare punti di convergenza che da un lato consentano di risolvere fuori dal contenzioso un più ampio numero di vertenze, dall’altro di arare il terreno per l’intervento del legislatore, attraverso una comune e propositiva esperienza maturata sul campo.

Riferimenti

Documenti correlati