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View of Water footprint: water consumption in the production of goods and food

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Academic year: 2021

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5 Acque Sotterranee - Italian Journal of Groundwater (2017)

editorial message

DOI 10.7343/as-2016-275

L’impronta idrica (water footprint) viene definita come l’indicatore del consumo diretto ed indiretto dell’acqua.

Mentre infatti l’uso dell’acqua nei vari comparti (potabile, irriguo, energetico ed industriale) viene computato come uso diretto e progettato, la produzione di beni ed alimenti implica un uso della risorsa che non è stato finora dovutamente considerato.

La tabella di Gleick, P.H. e alii (2000), qui riportata, mostra una sintesi abbastanza indicativa delle varie esigenze che vanno da pochi litri a diverse decine di m

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per unità di prodotto. In molti casi l’approvvigionamento avviene mediante le risorse idriche sotterranee.

Editoriale

Water footprint: water consuption in the production of goods and food

Impronta idrica: il consumo di acque nella produzione di beni e alimenti

Giovanni Pietro Beretta

Department of Earth Sciences, University of Milan

Bevande (l/l) Metalli (l/kg)

Birra 300 Acciao 260

Acqua Minerale 3 - 4 Rame 440

Latte 1,000 Alluminio 410

Vino 960 Fertilizzanti (l/kg)

Alimenti assortiti (l/kg) Fosfatici 150

Torrefazione caffè 21,000 Ammoniacali 120

Tè 9,200 Prodotti industriali (l/kg)

Pane 1,300 Gomma sintetica 460

Formaggio 5,000 Cemento 5

Patatine fritte 925 Vernice 15

Hamburger 16,000 Prodotti vari (l/kg)

Raccolto (l/kg) Scarpe di cuoio 16,600

Mais 900 Microchip 16,000

Grano 900-2,000 Foglio di carta 125

Riso 1,900 - 5,000 Tessuti (l/kg)

Patate 500-1,500 Cotone 840

Zucchero 1,500 Lana 840

Mele 700 Altro (l/unità)

Produzioni animali (l/kg) Automobile (con pneumatici) 151000

Manzo 15,000 - 70,000 Pneumatico automobile 1950

Pollo 3,500 - 5,700 Jeans 6800

Uova 3,300 Tavola di legname 20

Pecora 6,100 T-shirt cotone 1500

A valle di tale consumo si ha l’esigenza di sottrarre dalle acque i residui delle diverse lavorazioni mediante impianti di tratta- mento semplici o complessi che sfruttano procedimenti fisici, chimici e biologici, anche di elevato impegno tecnico economico, e che restituiscono all’ambiente una risorsa differente rispetto a quella originariamente sfruttata, ad esempio con valori residui nelle acque dei prodotti utilizzati nelle lavorazioni e giudicabili tollerabili per l’ambiente.

Tali valori sono definiti dalle norme generalmente con il parametro “concentrazione”, mentre sarebbe più che opportuna anche una valutazione in “massa” rispetto alle caratteristiche del corpo idrico recettore.

Tuttavia, al fine di prevenire l’inquinamento diffuso di cui finalmente ci si deve occupare, anche per le acque come per l’energia

si dovrebbe definire una politica di “certificati blu”, in cui viene premiato, dal punto di vista economico a livello tariffario, l’in-

tervento a monte del corpo idrico recettore per chi preveda autonomamente una ulteriore riduzione, al di sotto degli standard

delle leggi, dei valori di concentrazione delle sostanze comunemente scaricate dai propri impianti. anche se al di sotto degli

standard delle leggi. Un tale approccio si allineerebbe con l’esigenza di garantire un uso sostenibile della risorsa idrica anche

per le future generazioni, cercando di minimizzare l’impatto dell’urbanizzazione.

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