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Custodia cautelare: ultime sentenze

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Custodia cautelare: ultime sentenze

Autore: Redazione | 07/03/2022

Riconoscimento del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione;

evasione dal luogo di esecuzione degli arresti domiciliari; richiesta di sostituzione della custodia cautelare in carcere e pericolosità dell’indagato.

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Tentato furto aggravato da violenza sulle cose

Vanno dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 380, comma 2, lettera e), del codice di procedura penale nella parte in cui prevede l’arresto obbligatorio di chi è colto in flagranza del delitto di tentato furto, quando ricorre la circostanza aggravante prevista dall’art. 625, primo comma, numero 2), prima ipotesi, del codice penale, salvo che ricorra la circostanza attenuante di cui all’art. 62, primo comma, numero 4), cod. pen.. Poiché il reato di tentato furto aggravato dall’uso di violenza sulle cose è punito con la pena della reclusione pari nel massimo a quattro anni, ad esso sono applicabili tutte le misure coercitive, con esclusione della sola custodia cautelare in carcere. Tale esclusione, tuttavia, non fa venire meno le condizioni in base alle quali la restrizione della libertà personale disposta dall’autorità di pubblica sicurezza è costituzionalmente compatibile.

Corte Costituzionale, 22/02/2022, n.41

Divieto di custodia carceraria

In tema di divieto di custodia cautelare in carcere per l’imputato padre di prole non superiore ai sei anni, la condizione di madre-lavoratrice rileva, quale impedimento assoluto ad assistere i figli, a condizione che venga adeguatamente dimostrata l’oggettiva impossibilità per la madre di conciliare le esigenze lavorative con l’assistenza alla prole, nonché di avvalersi dell’ausilio di parenti od altre figure di riferimento, ovvero di strutture pubbliche (respinta, nella specie la richiesta del ricorrente che non solo non aveva sufficientemente specificato l’impedimento assoluto della madre del minore ad accudire il figlio in ragione della precipua attività lavorativa svolta e del numero delle ore occupate, ma non aveva anche adeguatamente dimostrato, limitandosi a mere asserzioni, l’assenza di familiari disponibili e di strutture di supporto pubbliche).

Cassazione penale sez. II, 22/12/2021, n.2491

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Nullità dell’ordinanza di custodia carceraria: configurabilità

Non è configurabile la nullità dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere per il mancato svolgimento del colloquio del detenuto con il difensore per gli ostacoli frapposti da un operatore penitenziario – nella specie correlati ad esigenze sanitarie da Covid-19 – in quanto tali condotte, pur potendo essere denunciate alla direzione della Casa Circondariale, non determinano la violazione dei diritti della difesa, configurabile solo nel caso in cui il colloquio sia stato ingiustificatamente negato dall’autorità giudiziaria in seguito ad espressa richiesta difensiva.

Cassazione penale sez. VI, 06/10/2021, n.40294

I termini di fase della custodia

La previsione di cui all’art. 303, comma 2, cod. proc. pen. si applica anche all’ipotesi di ripristino della misura cautelare a seguito della regressione del processo dalla fase esecutiva a quella di cognizione ai sensi dell’art. 175, comma 2, cod. proc. pen. con la conseguenza che i termini di fase della custodia decorrono nuovamente dalla data del provvedimento di restituzione nel termine per impugnare emesso dal giudice dell’esecuzione.

Cassazione penale sez. VI, 16/09/2021, n.38153

Applicazione della custodia carceraria

In caso di aggravamento della misura cautelare degli arresti domiciliari per violazione delle prescrizioni imposte nei confronti di soggetto che versi in condizioni di salute particolarmente gravi, il giudice, per applicare la custodia cautelare in carcere ai sensi dell’art. 276 comma 1-bis cod. proc. pen., non può limitarsi a prendere atto dell’avvenuta trasgressione, ma deve valutare e motivare in modo congruo la sua decisione, bilanciando le esigenze cautelari con la tutela delle condizioni di salute dell’imputato, senza essere tenuto a disporre perizia ai sensi dell’art. 299, comma 4-ter cod. proc. pen.

Cassazione penale sez. I, 10/09/2021, n.41809

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Superamento della presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari

In tema di custodia cautelare in carcere disposta per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. può essere superata solo con il recesso dell’indagato dall’associazione o con l’esaurimento dell’attività associativa, mentre il cd. “tempo silente” (ossia il decorso di un apprezzabile lasso di tempo tra l’emissione della misura e i fatti contestati) non può, da solo, costituire prova dell’irreversibile allontanamento dell’indagato dal sodalizio, potendo essere valutato esclusivamente in via residuale, quale uno dei possibili elementi (tra cui, ad esempio, un’attività di collaborazione o il trasferimento in altra zona territoriale) volto a fornire la dimostrazione, in modo obiettivo e concreto, di una situazione indicativa dell’assenza di esigenze cautelari.

Cassazione penale sez. II, 14/07/2021, n.38848

Computo dei termini di durata massima della custodia cautelare

Ai fini del computo dei termini di durata massima della custodia cautelare, nel caso di riconoscimento della continuazione tra reati commessi e giudicati in tempi diversi, il periodo di custodia cautelare sofferto per un reato già accertato con sentenza irrevocabile non può essere valutato per i fatti commessi in epoca successiva.

Cassazione penale sez. V, 09/07/2021, n.30773

Rapina aggravata

In tema di misure cautelari personali, il divieto di applicazione della custodia in carcere valevole per soggetti condannati a pena inferiore ai tre anni di pena detentiva, opera anche nei procedimenti per rapina aggravata, benché rientrante nel catalogo dei reati ostativi, qualora non vi siano collegamenti del condannato con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva. Il relativo onere della prova grava sull’istante, trattandosi di un fatto positivo a vantaggio del condannato, ma

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l’insussistenza di detti collegamenti può essere implicitamente dedotta dalle modalità della condotta o dalla personalità degli autori. Ad affermarlo è la Cassazione accogliendo il ricorso di un’indagata minorenne, raggiunta da cautela carceraria in quanto gravemente indiziata del reato di concorso in rapina aggravata, la quale si era vista respingere dal Tribunale della libertà dei minori la richiesta di sostituzione della massima misura di rigore con una meno gravosa, in ragione della natura ostativa, ex articolo 4- bis dell’ordinamento penale, del reato per il quale era stata condannata, anche se a pena inferiore a tre anni.

Cassazione penale sez. II, 08/07/2021, n.32593

Reato ostativo e condanna inferiore a tre anni: opera il divieto di custodia cautelare?

Secondo l’interpretazione letterale delle prescrizioni costituenti il combinato disposto delle due norme di cui all’art. 275 comma 2-bisc.p.p. e all’art. 4-biscomma 1-terord. pen., il divieto di applicazione e, conseguentemente, quello per il mantenimento della custodia cautelare in carcere opera per la rapina aggravata in presenza di condanna inferiore a tre anni, quando non vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva.

Tuttavia compete all’istante, in linea generale, provare la insussistenza degli anzidetti elementi di pericolosità ostativi, trattandosi di fatto positivo a proprio vantaggio, anche se l’esigenza di una prova siffatta può venire meno in considerazione delle particolari modalità esecutive della rapina che pur se commessa da persone riunite, dimostrino di per sé l’assenza di collegamenti con il crimine organizzato.

Cassazione penale sez. II, 08/07/2021, n.32593

Sostituzione della misura cautelare

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carceraria con gli arresti domiciliari di soggetto

Ai fini della sostituzione della misura cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari nei confronti di soggetto tossicodipendente che intenda sottoporsi ad un programma di recupero, il giudice, qualora il richiedente sia imputato di uno dei delitti previsti dall’art. 4-bis della l. 26 luglio 1975, n. 354 (nella specie, associazione di tipo mafioso), deve valutare l’esistenza delle esigenze cautelari secondo gli ordinari criteri di cui agli artt. 274 e 275 c.p.p., compresa la presunzione assoluta di adeguatezza esclusiva della custodia cautelare, non essendo applicabile il più favorevole regime previsto dall’art. 89 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in base al quale sono ostative alla concessione degli arresti domiciliari soltanto le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza.

Cassazione penale sez. V, 30/06/2021, n.33863

Nuovo decorso dei termini di fase della custodia cautelare

In tema di termini di durata massima della custodia cautelare, la trasmissione degli atti del procedimento ad altro giudice per ragioni di competenza territoriale comporta il nuovo decorso dei termini di fase della custodia cautelare.

Cassazione penale sez. IV, 16/06/2021, n.28741

Come determinare la pena da eseguire?

Ai fini della determinazione della pena da eseguire devono essere computati anche i periodi di custodia cautelare relativi a fatti per i quali il condannato abbia già ottenuto il riconoscimento del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione, dovendosi escludere la possibilità di scelta in capo all’interessato tra il ristoro pecuniario ex art. 314 c.p.p. e lo scomputo della pena da espiare.

Cassazione penale sez. IV, 02/10/2019, n.41307

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Custodia cautelare in carcere:

l’impugnazione

Nel processo penale, l’impugnazione contro la misura della custodia cautelare in carcere, proposta irritualmente, non può essere sanata con la trasmissione a mezzo Pec dalla cancelleria del tribunale che ha ricevuto l’atto, al tribunale competente. Ad affermarlo è la Cassazione respingendo così il ricorso di un indagato per reati di traffico di stupefacenti nell’ambito di un’associazione criminale di stampo mafioso.

I giudici affermano che la Pec può essere utilizzata nel processo penale solo per materie che non prevedono il deposito degli atti in cancelleria. Per gli altri casi l’uso della Pec non è in grado di fornire tempi e modalità certe di ricezione e conoscenza dell’atto di impugnazione da parte del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato.

Cassazione penale sez. VI, 11/09/2019, n.41283

Retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare

In tema di retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare, la nozione di anteriore “desumibilità” delle fonti indiziarie, poste a fondamento dell’ordinanza cautelare successiva, dagli atti inerenti la prima ordinanza cautelare, non va confusa con quella di semplice “conoscenza” o “conoscibilità” di determinate evenienze fattuali.

La desumibilità, infatti, per essere rilevante ai fini del meccanismo di cui all’articolo 297, comma 3, del Cpp, deve essere individuata nella condizione di conoscenza, da un determinato compendio documentale o dichiarativo, degli elementi relativi a un determinato fatto-reato che abbiano in sé una specifica “significanza processuale”;

ciò che si verifica allorquando il pubblico ministero procedente sia nella reale condizione di avvalersi di un quadro sufficientemente compiuto ed esauriente (sebbene modificabile nel prosieguo delle indagini) del panorama indiziario, tale da consentirgli di esprimere un meditato apprezzamento prognostico della concludenza e gravità delle fonti indiziarie, suscettibili di dare luogo – in

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presenza di concrete esigenze cautelari – alla richiesta e all’adozione di una misura cautelare.

Cassazione penale sez. II, 12/07/2019, n.34109

Quando è esclusa la custodia cautelare in carcere?

Colui che, trasgredendo alle prescrizioni degli arresti domiciliari, si allontani dal domicilio e venga poi arrestato per evasione, non potrà essere poi sottoposto a custodia cautelare in carcere in relazione a tale delitto, salvo che gli arresti domiciliari non possano essere disposti per sopravvenuta mancanza di uno dei luoghi di esecuzione indicati nell’art. 284, comma 1, c.p.p.

Cassazione penale sez. VI, 04/07/2019, n.39114

Ordinanza di custodia cautelare emessa in procedimento penale diverso

In tema di prova documentale, l’ordinanza di custodia cautelare emessa in un procedimento penale diverso, in quanto documento equiparabile alla sentenza pronunciata in un distinto procedimento ancora non passata in giudicato, pur potendo essere legittimamente acquisita al fascicolo del dibattimento nel contraddittorio delle parti, può essere utilizzata come prova limitatamente alla esistenza della decisione e delle vicende processuali in essa rappresentate e non anche ai fini della valutazione delle prove e della ricostruzione dei fatti oggetto di accertamento in quei procedimenti, posto che l’art. 238-bis cod. proc.

pen. riconosce tale valore probatorio solo alla sentenza irrevocabile.

Cassazione penale sez. IV, 12/06/2019, n.29279

Misure alternative alla detenzione

È illegittimo il decreto che dichiara l’inammissibilità “de plano” della richiesta di misure alternative alla detenzione in conseguenza della sottoposizione del detenuto a custodia cautelare per altra causa, atteso che la concorrenza del

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titolo cautelare non è preclusiva alla concessione della misura, ferma restando la possibilità di valutare, nel contraddittorio delle parti, l’incidenza sui relativi presupposti dei fatti oggetto del procedimento ancora pendente.

Cassazione penale sez. I, 04/06/2019, n.30973

Richiesta di sostituzione della custodia cautelare in carcere

In tema di misure cautelari personali, il giudice, investito della richiesta di sostituzione della custodia cautelare in carcere con altra misura meno afflittiva, è chiamato a valutare l’adeguatezza di quest’ultima rispetto alle esigenze di prevenzione di cui all’art. 274, comma 1, lett. c), c.p.p. anche in relazione alla prognosi di spontaneo adempimento degli obblighi e delle prescrizioni eventualmente ad essa collegati, avendo particolare riguardo alla pericolosità sociale dell’indagato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che correttamente i giudici di merito avessero disatteso l’istanza di sostituzione della misura carceraria con quella degli arresti domiciliari avanzata da un soggetto accusato di riciclaggio in considerazione dell’evidente protrazione della condotta, svolta con stabilità e professionalità, e del collegamento del predetto con complici operanti in territorio estero).

Cassazione penale sez. II, 17/05/2019, n.27272

Comportamenti deontologicamente scorretti

In tema di ingiusta detenzione, per la valutazione della colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione per la custodia cautelare sofferta, il giudice di merito può valorizzare anche scorretti comportamenti deontologici, quando questi, uniti ad altri elementi, configurino una situazione obiettiva idonea ad evocare, secondo un canone di normalità, una fattispecie di reato.

(Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto integrativa della colpa grave la condotta dell’imputato, pubblico amministratore, che aveva esercitato pressioni, finalizzate all’assunzione della figlia, su un gruppo imprenditoriale che aveva

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contratti in corso con la propria amministrazione).

Cassazione penale sez. IV, 15/05/2019, n.26925

Esigenze cautelari e adeguatezza della custodia carceraria

La presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, di cui all’art. 275, comma 3, c.p.p., è prevalente, in quanto speciale, rispetto alla norma generale stabilita dall’art. 274 c.p.p., sicché se il titolo cautelare riguarda i reati previsti dall’art. 275, comma 3, c.p.p. detta presunzione fa ritenere sussistente, salvo prova contraria, i caratteri di attualità e concretezza del pericolo.

Cassazione penale sez. I, 10/05/2019, n.24135

Custodia cautelare subita e successiva assoluzione

Il procedimento relativo alla riparazione per l’ingiusta detenzione, quantunque si riferisca ad un rapporto obbligatorio di diritto pubblico e comporti perciò il rafforzamento dei poteri officiosi del giudice, è tuttavia ispirato ai principi del processo civile, con la conseguenza che l’istante ha l’onere di provare i fatti costitutivi della domanda (la custodia cautelare subita e la successiva assoluzione), mentre alla parte resistente incombe di provare il dolo o la colpa grave da parte dell’istante medesimo quali causa o concausa del provvedimento restrittivo.

Cassazione penale sez. IV, 28/03/2019, n.18828

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