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Perché la cambiale sia perfezionata e diventi esecutiva, cioè esigibile alla sua scadenza, deve osservare precisi requisiti formali, tra i quali

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Academic year: 2022

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La cambiale

La vita è fatta di piccole felicità insignificanti, simili a minuscoli fiori. Non è fatta solo di grandi cose, come lo studio, l’amore, i matrimoni, i funerali. Ogni giorno succedono piccole cose, tante da non riuscire a tenerle a mente né a contarle, e tra di esse si nascondono granelli di una felicità appena percepibile, che l’anima respira e grazie alla quale vive. (Banana Yoshimoto – Un viaggio chiamato vita)

Uno di questi granelli di felicità fu donato a Mauro, nel corso della sua vita lavorativa, il giorno in cui, trovandosi in seria difficoltà e non ricevendo alcun aiuto da parte di superiori e colleghi, decise di adottare un provvedimento che, infrangendo regole aziendali non scritte, ma consolidate, portò alla luce carenze che, una volta colmate, migliorarono alcuni aspetti gestionali dell’azienda.

Correva l’anno 1963 e Mauro ricopriva la carica di direttore amministrativo di una media impresa che produceva beni strumentali.

Tra i clienti dell’azienda figuravano importanti complessi industriali produttori di macchinari e impianti.

A quei tempi il metodo di pagamento largamente usato dai clienti dell’azienda era la cambiale.

La cambiale, detta anche pagherò, è un titolo di credito col quale un debitore si impegna a pagare al creditore un determinato importo a una determinata scadenza.

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Perché la cambiale sia perfezionata e diventi esecutiva, cioè esigibile alla sua scadenza, deve osservare precisi requisiti formali, tra i quali figura la firma del debitore a conferma e accettazione del debito.

La cambiale così perfezionata si dice ‘accettata’

e, in caso di necessità, può essere ‘scontata’, cioè ceduta a una banca la quale, previa la trattenuta di una commissione, la converte in denaro contante, anticipando al beneficiario il controvalore.

All’epoca molti clienti dell’azienda, di vecchia data e di provata affidabilità erano soliti effettuare i pagamenti per mezzo di cambiali cosiddette

‘autorizzate’, cioè cambiali emesse dal creditore su autorizzazione del debitore, ma mancanti della firma di accettazione da parte del debitore stesso.

I suddetti titoli, dato il massimo affidamento di cui godevano i nominativi dei debitori, venivano normalmente scontati dalle banche, purché la loro scadenza non superasse i sei mesi.

Il ventiquattro settembre era un martedì e si approssimava la data in cui si sarebbero dovute pagare le retribuzioni, da sempre inderogabilmente il giorno ventisette, cioè il venerdì successivo, e l’amministrazione non disponeva dei circa cento milioni occorrenti.

Tutti gli affidamenti utilizzabili e lo sconto delle cambiali in portafoglio non erano sufficienti a raggiungere quella cifra.

In portafoglio c’erano sì cambiali, per un importo anche superiore all’occorrente, ‘autorizzate’ da uno

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dei più importanti clienti dell’azienda ma, poiché avevano scadenze superiori a sei mesi, nessuna banca era disposta a scontarle.

Che fare?

Non pagare gli stipendi era impensabile per due motivi:

- la mancata puntualità nel pagamento delle retribuzioni sarebbe stato considerato, da parte delle banche, indice di poca affidabilità in vista di futuri affidamenti;

- non era mai accaduto che l’impresa, alla data stabilita, avesse disatteso il pagamento delle retribuzioni.

Non avendo altra soluzione Mauro si era rivolto al presidente:

«Signor presidente, fra tre giorni devo pagare le retribuzioni, ma dispongo solo di ottanta dei circa cento milioni occorrenti» l’aveva informato quando era stato ricevuto.

Si era anche azzardato a suggerire:

«Si potrebbe chiedere ai soci di intervenire, con un apporto temporaneo, per l’importo mancante»

«Non se ne parla nemmeno! Si rivolga alla direzione commerciale» gli aveva risposto il presidente «dato che, tra i loro compiti, c’è anche quello di saper incassare» e così, con quella sacrosanta verità, lo aveva congedato, rifiutandosi di chiedere l’intervento dei soci.

A quel punto Mauro, sebbene poco convinto, si era rivolto al direttore commerciale:

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«Venerdì devo pagare le retribuzioni, ma non dispongo di tutta la somma occorrente» aveva esordito col collega, «ho chiesto al presidente di far intervenire i soci con un apporto temporaneo, ma lui si è rifiutato e mi ha detto di rivolgermi lei»

«E io, cosa crede che potrei fare? I contratti di vendita sono già tutti perfezionati e firmati» gli aveva risposto il direttore commerciale.

«Le sembra possibile» aveva aggiunto con un’aria di compatimento, «che io adesso vada dai clienti a dire loro che abbiamo scherzato e che dobbiamo rivedere le condizioni di pagamento?»

E con quella non risposta, era stato congedato anche dal direttore commerciale.

Mauro si era ritrovato così con la patata bollente in mano, consapevole però che, in qualche modo, doveva venirne a capo.

Intanto il tempo passava.

Era ormai mercoledì e Mauro non aveva ancora trovato una soluzione.

Nel frattempo la notizia, attraverso radiofante, aveva cominciato a fare il giro dell’officina e degli uffici.

Quella mattina, quando aveva incontrato Carlo, il responsabile delle relazioni industriali:

«Sento dire in giro che non ci sarebbero fondi sufficienti per pagare le retribuzioni» gli aveva detto quello «sa dirmi qualcosa in proposito?»

Aveva poi aggiunto: «Oggi pomeriggio devo incontrare il capo della commissione interna e mi aspetto una sua domanda in proposito, anche perché

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tra il personale comincia a serpeggiare un certo malumore»

«Sì, è vero, ho qualche difficoltà per mettere insieme la cifra occorrente» gli aveva confemato Mauro, «ma ho già informato la presidenza e la direzione commerciale e sono certo che, in un modo o nell’altro, una soluzione verrà trovata» aveva poi aggiunto per rassicurarlo.

Il pomeriggio di quello stesso giorno il capo della commissione interna, incontrando il responsabile delle relazioni industriali, gli aveva chiesto, come previsto, notizie in merito al pagamento delle retribuzioni:

«Gira voce che non ci sono fondi sufficienti per pagare le retribuzioni e tra il personale serpeggia già il malumore» aveva esordito.

«Finora sono riuscito a calmare gli animi dei più facinorosi ma, se dovesse accadere veramente che venerdì non verranno pagate le retribuzioni, non so se riuscirei a evitare uno sciopero» aveva concluso con fare minaccioso.

Uno sciopero! Sarebbe stato un evento inaudito, di cui non c’era memoria nella storia dell’azienda.

La situazione era disperata e Mauro, nonostante si scervellasse, non era ancora riuscito a trovare una soluzione.

A quel punto gli era venuto in mente di avere studiato che una cambiale ‘autorizzata’, ma non ancora ‘accettata’, purché non riportasse la clausola

‘senza spese’, poteva essere fatta accettare tramite un pubblico ufficiale.

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Constatato che le cambiali ‘autorizzate’ presenti in portafoglio non avevano la clausola in questione, il giovedì mattina Mauro aveva dato incarico a un notaio di farle accettare.

Dati i tempi ristretti non gli era venuto in mente di avvertire preventivamente, né il cliente, né il direttore commerciale, tanto, aveva pensato, se il cliente le aveva autorizzate, poco cambiava se anche le firmava.

Le cambiali erano state così ‘accettate’ e, una volta portate allo sconto, avevano fornito a Mauro la somma occorrente per pagare le retribuzioni.

Convinto che il caso fosse ormai chiuso, Mauro aveva pensato ‘Tutto è bene quel che finisce bene’

e si era goduto un felice fine settimana con la famiglia.

Ma aveva fatto male i calcoli!

Il lunedì successivo era scoppiato un putiferio.

Il cliente, offeso, aveva telefonato adirato al direttore commerciale dichiarando che non avrebbe mai più acquistato dall’azienda, asserendo che non gli era mai capitato che qualcuno gli avesse chiesto di firmare una cambiale, perché era sempre bastata la sua semplice autorizzazione.

Il direttore commerciale, imbufalito per essere stato scavalcato, aveva informato dell’accaduto il presidente accusando la direzione amministrativa, cioè Mauro, di aver causato, per superficialità e incompetenza, la perdita di un cliente importante.

A quel punto Mauro era stato convocato in presidenza:

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«Mi riferiscono che, a causa di una sua iniziativa, l’azienda avrebbe perso un cliente assai importante.

Cos’ha da dire?» gli aveva contestato il presidente.

«Signor presidente, quando martedì la misi al corrente che l’amministrazione non aveva i fondi sufficienti per pagare le retribuzioni del mese e le suggerii di chiedere un apporto temporaneo ai soci, lei mi indirizzò alla direzione commerciale perché disse, giustamente, che era un compito loro quello di saper incassare» aveva esordito Mauro.

«Seguendo il suo consiglio, mi sono rivolto al direttore commerciale affinché ottenesse dal cliente la firma di accettazione delle cambiali, in modo da consentirmi di portarle allo sconto. Ma il direttore commerciale mi ha risposto picche.» aveva voluto precisare, per rimarcare la mancanza di spirito di collaborazione da parte del direttore commerciale, che ora lo stava accusando.

«A quel punto mi sono ricordato che le cambiali potevano essere fatte autorizzare tramite un notaio»

aveva poi continuato, «allora, poiché incombeva la necessità di pagare le retribuzioni, pena la perdita di credibilità presso le banche e la concreta possibilità di uno sciopero da parte delle maestranze, ho preso l’iniziativa.»

«Così sono riuscito a far mantenere all’azienda i propri impegni» aveva concluso.

Terminato di esporre le proprie ragioni, Mauro si era rimesso al giudizio del presidente, rassegnato a ricevere un provvedimento che poteva spaziare da un rimprovero solenne al licenziamento.

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Per sua fortuna non fu preso, nei suoi confronti, alcun provvedimento.

L’episodio fece comunque molto scalpore e fece capire a tutti che, vendere era sì importante, ma occorreva anche interessarsi delle modalità di pagamento accordate al cliente e delle loro possibili conseguenze.

Anche il cliente, dopo aver ricevuto le dovute scuse, recedette dai suoi propositi e continuò a effettuare i suoi acquisti dall’azienda.

Le cambiali ‘autorizzate’ continuarono a essere un mezzo di pagamento molto usato, ma da quel momento, onde evitare ulteriori spiacevoli episodi, fu imposto a tutti l’onere di far apporre su di esse la dicitura ‘senza spese’.

Alla fine Mauro si disse che:

Forse non era così che dovevano andare le cose.

Ma così stavano.

“Nel complesso”, rifletté, “sarebbero potute andare decisamente peggio” (Terry Pratchett – Uomini d’arme)

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