• Non ci sono risultati.

EQUAZIONI DI MAXWELL

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "EQUAZIONI DI MAXWELL"

Copied!
7
0
0

Testo completo

(1)

EQUAZIONI DI MAXWELL

1. Introduzione

Il comportamento del campo elettromagnetico in una prima analisi è considerato in quei casi particolari in cui è possibile esaminare il campo elettrico e il campo magnetico come se fossero due entità separate senza nessuna evidente connessione. Questo modo di rappresentare il campo elettromagnetico è possibile senz’altro nel caso statico in cui nulla dipende dal tempo e in particolare le cariche elettriche sono permanentemente fisse nello spazio: è il caso dell’elettrostatica in cui si può studiare il campo elettrico senza l’esistenza di un campo magnetico. Si ha infatti il campo magnetico quando si trovano cariche in movimento e lo stesso studio è valido anche nel caso in cui si hanno cariche elettriche in moto come un flusso stazionario, cioè quando tutte le cariche hanno la stessa velocità costante nel tempo e quindi sono rigidamente distanziate tra loro. Le cariche di questo insieme non possono quindi né comprimersi né diradarsi e questo moto inoltre non deve avere avuto mai inizio né fine in quanto non sono ammesse variazioni. Questo moto insomma è matematicamente caratterizzato da una densità di carica ρ costante nel tempo ma non necessariamente costante nello spazio �𝜕𝜕𝜕𝜕𝜕𝜕𝜕𝜕 = 0�.

Questo è il caso della magnetostatica che permette ancora di analizzare separatamente il campo elettrico e il campo magnetico come entità indipendenti.

Questa studio del campo elettromagnetico è stato poi esteso con approssimazione anche in quei casi definiti quasi stazionari in cui viene ammesso un moto variabile delle cariche elettriche ritenendo però di poter trascurare gli effetti magnetici prodotti da un campo elettrico variabile.

Questo è il caso dello studio dei circuiti elettrici nell’elettrotecnica poiché in questo modo è possibile utilizzare schemi circuitali che rendono molto più agevole l'analisi dei circuiti. Un criterio abbastanza intuitivo per stabilire se la struttura che si vuole analizzare può ritenersi in regime quasi stazionario consiste nel valutare il tempo di propagazione dei fenomeni elettromagnetici all’interno della struttura reale e poi stabilire se si può ritenere ininfluente rispetto ai tempi in cui avvengono le variazioni delle grandezze elettromagnetiche di interesse.

È ciò che avviene nello studio del corpo rigido nella dinamica della fisica classica non relativistica in cui si trascura la propagazione meccanica del moto da un punto all’altro del corpo e la trasmissione del movimento da una parte all’altra è istantanea. Il moto di un punto comporta il moto istantaneo di tutte gli altri. Anche in questo caso la densità 𝜌𝜌′ del corpo materiale è costante nel tempo �𝜕𝜕𝜕𝜕′𝜕𝜕𝜕𝜕 = 0�.

Questa analogia è stata fatta osservare per comprendere che lo studio dei circuiti in regime quasi stazionario ha gli stessi limiti di validità della fisica classica rispetto a quella relativistica.

Si riporta un esempio per chiarire meglio quanto asserito. Si consideri una struttura elettrica caratterizzata da una dimensione di 3 metri. Si consideri il tempo ∆τ di propagazione dei fenomeni elettromagnetici, che avvengono alla velocità della luce, in una rete elettrica di lunghezza l:

Δ𝜏𝜏 = 𝑙𝑙 𝑐𝑐

1

(2)

Ove c è la velocità della luce pari a 3∙108 m/s nel vuoto. Quindi se l=3m, allora ∆τ=10 ns.

Se interessano fenomeni elettromagnetici che avvengono in tempi confrontabili con 10 ns allora quella rete elettrica non si può ritenere in regime stazionario.

Nello studio di grandezze elettromagnetiche di tipo sinusoidale sono indagati fenomeni elettromagnetici che si svolgono in tempi dell'ordine di grandezza del periodo T. Se il tempo di propagazione elettromagnetica Δ𝜏𝜏 è trascurabile rispetto al tempo di indagine T, allora la struttura di lunghezza 3 m potrà essere analizzata in regime quasi stazionario. Poiché il periodo T di una funzione sinusoidale di frequenza f è:

𝑇𝑇 =1 𝑓𝑓

È immediato verificare che un periodo T di 10 ns si ottiene per una funzione sinusoidale alla frequenza di 100 Mhz. Quindi per quelle strutture caratterizzate da una lunghezza di 3 m è possibile analizzare separatamente il campo elettrico e il campo magnetico solo se sono eccitate a frequenze minori di 100 MHz.

Alternativamente osservando che la lunghezza d’onda associata alla frequenza f è:

𝜆𝜆 =𝑐𝑐 𝑓𝑓

è più pratico affermare che una rete elettrica si può ritenere in regime quasi stazionario se le sue dimensioni si possono ritenere trascurabili rispetto alla lunghezza d'onda dei fenomeni elettromagnetici di interesse. Così volendo studiare le reti di distribuzione dell’energia elettrica che sono alimentate a 50 o 60 Hz , poiché la lunghezza d’onda associata a queste frequenze è 6000 o 5000 km si può facilmente dedurre che le reti elettriche di dimensioni minori di 6000 o 5000 km si possono analizzare in regime quasi stazionario separando cioè i campi magnetici da quelli elettrici.

2. Campo elettromagnetico in regime dinamico

In condizioni dinamiche il campo elettromagnetico non è più separabile in campo elettrico e campo magnetico ma rappresenta un’unica entità in cui i due campi sono interdipendenti. Infatti le variazioni di un campo elettrico generano un campo magnetico e nello stesso tempo le variazioni di un campo magnetico generano un campo elettrico e così i due campi sono correlati nel senso che le variazioni dell’uno implicano l’esistenza e le variazioni dell’altro.

Per di più l’aspetto elettrico e magnetico di questo campo si manifestano in proporzione differente a seconda del punto di vista dell’osservatore, rivelando che il campo elettromagnetico ha una sua natura relativistica e può apparire all’osservatore come campo elettrico, campo magnetico o un insieme dei due.

Ciò risulta evidente analizzando la forza che agisce su una carica elettrica immersa in un campo elettromagnetico. Tale forza è:

F =q (E +v xB)

2

(3)

Per comprendere bene il significato di questa espressione si prenda una carica q posta in uno spazio ove è nullo il campo elettrico ed è presente soltanto un campo magnetico costante. Per realizzare questa circostanza bisogna pensare che vi siano cariche positive e negative in egual numero e in più distribuite in modo che l’insieme delle cariche dia luogo ad un campo elettrico nullo. Questo è un punto molto importante. Per avere un campo elettrico nullo non è sufficiente avere un numero eguale di cariche positive e negative, ma è necessario che abbiano anche la stessa densità in ogni punto. Inoltre per generare il campo magnetico occorre fare l’ipotesi che alcune cariche devono essere in moto e mettiamo che vi sia un flusso di cariche negative rimanendo ferme le positive.

In questo caso l’unica forza che può sollecitare la carica q è la forza magnetica Fm =qv xB che si manifesterà soltanto se la carica è in moto.

Si fa notare che la velocità v della carica è definita rispetto ad un osservatore qualsiasi. È possibile quindi che mentre un osservatore vede la carica q in moto a velocità costante, un altro in moto rispetto al primo con la stessa velocità della carica veda immobile la stessa carica. Quindi l’osservatore che vede la carica in moto osserva una forza magnetica e l’altro che la vede ferma osserva che la carica non è soggetta a forze. Il fatto è sorprendente in quanto sembra che le forze agenti sulla carica potrebbero cambiare osservando lo stesso fenomeno da due sistemi di riferimento inerziali contraddicendo il principio della relatività galileiana.

In realtà, analizzando più attentamente il fenomeno, si potrà notare che per l’osservatore in moto cambiano le proprietà dello spazio. Infatti per un effetto relativistico le distanze nella direzione del moto si accorciano e l’osservatore in moto vede quindi una differente distribuzione delle cariche positive che apparivano ferme all’osservatore precedente. Le distanze si accorciano e le cariche positive appariranno ravvicinate per cui la loro densità è aumentata. Se il primo osservatore vede le cariche distribuite in modo da non produrre alcun campo elettrico, l'altro in moto rispetto al primo vede una diversa densità delle cariche che gli farà rivelare anche un campo elettrico. Per cui se l’osservatore in moto alla velocità della carica non osserva la forza magnetica osserverà però una forza elettrica.

Concludendo l’osservatore in moto alla stessa velocità della carica vede la carica ferma sollecitata dal campo elettrico e non dal campo magnetico. L’osservatore fermo che vede la carica muoversi alla velocità v vede la carica sollecitata soltanto dal campo magnetico e non più dal campo elettrico. Si può dimostrare che la forza che sollecita la carica sarà la stessa per entrambi gli osservatori, anche se è attribuita a due cause differenti.

Un terzo osservatore in moto a velocità costante e diversa rispetto agli altri due osserverà che la carica è sollecitata sia da una forza elettrica che da una forza magnetica, ma la forza complessiva dovrà ancora essere eguale a quella rilevata dagli altri osservatori.

La sollecitazione sulla carica rimarrà quindi la stessa nei vari sistemi di riferimento inerziali, ma le forze agenti sulla carica saranno attribuite a effetti diversi, magnetici, elettrici o elettromagnetici. Gli effetti magnetici ed elettrici non sono dunque fenomeni indipendenti e dovranno sempre essere considerati come dovuti ad un unico campo, quello elettromagnetico:

magnetismo ed elettricità sono solo due modi di considerare la stessa entità fisica osservata da punti di vista diversi.

3

(4)

Il campo elettromagnetico in condizioni dinamiche è decritto da quattro equazioni differenziali che vanno sotto il nome di equazioni di Maxwell.

Le equazioni di Maxwell

1) prima equazione di Maxwell

La prima equazione è il teorema di Gauss scritto in forma differenziale. Nei campi dinamici come in quelli statici la legge di Gauss è sempre valida. Questa legge asserisce che il flusso del campo elettrico attraverso una superficie chiusa non è nullo solo se la superficie contiene cariche e che tale flusso vale la somma delle cariche elettriche diviso la costante dielettrica ε0 :

� 𝐸𝐸�⃗

𝑆𝑆 ∙ 𝑛𝑛�⃗𝑑𝑑𝑑𝑑 =∑ 𝑞𝑞 𝜀𝜀0

La stessa equazione si scrive in forma differenziale e costituisce la prima equazione di Maxwell:

𝛁𝛁 ∙ 𝑬𝑬��⃗ = 𝝆𝝆 𝜺𝜺𝟎𝟎

Il passaggio alla forma differenziale si ottiene considerando il significato fisico della divergenza che rappresenta la densità volumetrica del flusso di un vettore attraverso una superficie chiusa e ricordando che ρ è la densità volumetrica della carica elettrica. In formule:

𝛁𝛁 ∙ 𝑬𝑬��⃗ =𝑑𝑑𝑑𝑑�𝐸𝐸�⃗�

𝑑𝑑𝑑𝑑 =

∑ 𝑞𝑞 𝜀𝜀0𝑑𝑑𝑑𝑑 =

𝝆𝝆 𝜺𝜺𝟎𝟎

Introducendo poi l’induzione elettrica 𝐷𝐷��⃗ = 𝜀𝜀𝐸𝐸�⃗ la prima equazione di Maxwell può assumere anche la forma:

𝛁𝛁 ∙ 𝑫𝑫��⃗ = 𝝆𝝆

Poiché la divergenza del campo elettrico non è nulla ciò implica che le linee di flusso del campo elettrico sono linee aperte e quindi è possibile trovare sorgenti elettriche.

2) seconda equazione di Maxwell

La seconda equazione si ottiene scrivendo in forma differenziale la legge di Faraday:

𝑒𝑒 = −𝜕𝜕𝑑𝑑�𝐵𝐵�⃗�

𝜕𝜕𝜕𝜕

Dove e indica la forza elettromotrice (fem) indotta che si genera per la variazione di un campo magnetico. Più in generale in una regione dove il campo magnetico varia col tempo si genera un campo elettrico, e questo campo elettrico è responsabile della forza elettromotrice che muove le cariche. Per ottenere la forma differenziale occorre prima ricordare che la e della legge di Faraday è la fem definita dall’integrale di linea del campo elettrico indotto lungo un percorso chiuso:

𝑒𝑒 = � 𝐸𝐸�⃗ ∙ 𝑑𝑑𝑙𝑙���⃗

Inoltre si può applicare il teorema di Stokes che permette di sostituire un integrale di linea con uno di superficie, introducendo il flusso del rotore di 𝐻𝐻��⃗. Il flusso deve essere inteso attraverso una

4

(5)

qualsiasi superficie che ha per contorno la linea chiusa di integrazione della circuitazione. In formule:

� 𝐸𝐸�⃗ ∙ 𝑑𝑑𝑙𝑙���⃗ = � ∇ × 𝐸𝐸�⃗

𝑆𝑆

∙ 𝑛𝑛�⃗𝑑𝑑𝑑𝑑 Esplicitando poi il secondo membro della legge di Faraday:

−𝜕𝜕𝑑𝑑�𝐵𝐵�⃗�

𝜕𝜕𝜕𝜕 = −

𝜕𝜕

𝜕𝜕𝜕𝜕 � 𝐵𝐵�⃗

𝑆𝑆

∙ 𝑛𝑛�⃗𝑑𝑑𝑑𝑑 Considerando le trasformazioni descritte:

� ∇ × 𝐸𝐸�⃗

𝑆𝑆

∙ 𝑛𝑛�⃗𝑑𝑑𝑑𝑑 = � −𝜕𝜕𝐵𝐵�⃗

𝑆𝑆 𝜕𝜕𝜕𝜕

∙ 𝑛𝑛�⃗𝑑𝑑𝑑𝑑 Da cui la seconda equazione di Maxwell:

𝛁𝛁 × 𝑬𝑬��⃗ = −𝝏𝝏𝑩𝑩��⃗

𝝏𝝏𝝏𝝏

3) terza equazione di Maxwell

La terza equazione esprime una proprietà generale dei campi magnetici e asserisce che non esistono cariche magnetiche. Non esiste cioè il monopolo magnetico ma il polo sud è indissolubilmente legato al polo nord per cui il flusso di 𝐵𝐵�⃗ attraverso una superficie chiusa è sempre zero. Questa legge scritta in forma differenziale è:

𝛁𝛁 ∙ 𝑩𝑩��⃗ = 𝟎𝟎

Questa legge deriva direttamente dal significato fisico della divergenza.

4) quarta equazione di Maxwell

La quarta equazione mostra qualcosa di nuovo e in questo senso è la più interessante delle equazioni di Maxwell. Interessanti considerazioni rivelano i limiti di validità della legge di Ampere che stabilisce una relazione tra corrente elettrica e campo magnetico. Più precisamente afferma che la circuitazione del campo magnetico 𝐻𝐻��⃗ lungo una linea chiusa è data dalla somma delle correnti concatenate con quella linea. In formule:

� 𝐻𝐻��⃗ ∙ 𝑑𝑑𝑙𝑙���⃗ = � 𝑖𝑖

Poiché la circuitazione lungo una linea chiusa non è nulla si conferma il carattere non conservativo del campo magnetico e ciò implica la possibilità di ottenere lavoro lungo percorsi chiusi. Da questa relazione solitamente si ricava il campo magnetico in un punto P ad una qualsiasi distanza da un filo percorso dalla corrente i. Infatti eseguendo la circuitazione lungo una circonferenza di raggio d intorno al filo si osserva che il campo 𝐻𝐻��⃗ è costante lungo tutto il percorso in quanto tutti i punti della circonferenza sono alla stessa distanza dal filo ed è anche tangente alla circonferenza in ogni punto, per cui la relazione precedente si semplifica in:

𝐻𝐻 ∙ 2𝜋𝜋𝑑𝑑 = 𝑖𝑖

Ed è possibile così calcolare anche l’induzione magnetica B nel vuoto:

5

(6)

𝐵𝐵 = 𝜇𝜇0

2𝜋𝜋𝑑𝑑 𝑖𝑖

È interessante avere una forma vettoriale di questo teorema e per questo si può si applicare il teorema di Stokes che permette di sostituire un integrale di linea con uno di superficie, introducendo il flusso del rotore di 𝐻𝐻��⃗. Il flusso deve essere inteso attraverso una qualsiasi superficie che ha per contorno la linea chiusa di integrazione della circuitazione. In formule:

� 𝐻𝐻��⃗ ∙ 𝑑𝑑𝑙𝑙���⃗ = � ∇ × 𝐻𝐻��⃗

𝑆𝑆 ∙ 𝑛𝑛�⃗𝑑𝑑𝑑𝑑

Ricordando poi che la somma delle correnti concatenate con la linea chiusa di integrazione è il flusso della densità di corrente 𝐽𝐽⃗ attraverso una qualsiasi superficie che ha per contorno la stessa linea:

� 𝑖𝑖 = � 𝐽𝐽

𝑆𝑆 ∙ 𝑛𝑛�⃗𝑑𝑑𝑑𝑑 In definitiva si ha che l’equazione:

� 𝐻𝐻��⃗ ∙ 𝑑𝑑𝑙𝑙���⃗ = � 𝑖𝑖 si può trasformare in:

� ∇ × 𝐻𝐻��⃗

𝑆𝑆 ∙ 𝑛𝑛�⃗𝑑𝑑𝑑𝑑 = � 𝐽𝐽

𝑆𝑆 ∙ 𝑛𝑛�⃗𝑑𝑑𝑑𝑑

Essendo identiche le due superfici di integrazione, la legge di Ampere può assumere la forma vettoriale:

∇ × 𝐻𝐻��⃗ = 𝐽𝐽⃗

Ma questa equazione non può avere un aspetto generale non essendo rispondente alle altre equazioni del campo elettromagnetico. Ciò appare evidente applicando l’operatore divergenza ad entrambi i termini:

∇ ∙ �∇ × 𝐻𝐻��⃗� = ∇ ∙ 𝐽𝐽⃗

È immediato osservare che per una proprietà vettoriale è sempre:

∇ ∙ �∇ × 𝐻𝐻��⃗� = 0

mentre soltanto in magnetostatica risulta anche ∇ ∙ 𝐽𝐽⃗ = 0 . La divergenza di 𝐽𝐽⃗ è nulla soltanto se la densità di carica ρ è costante. Altrimenti risulta:

∇ ∙ 𝐽𝐽⃗ = −𝜕𝜕𝜌𝜌

𝜕𝜕𝜕𝜕

Infatti questa equazione esprime la legge di conservazione della carica elettrica. Questa legge è una legge fondamentale della fisica che non ha alcuna eccezione. Qualsiasi flusso di cariche deve provenire da qualche luogo che lo alimenta. Questa legge è più nota in funzione della corrente i e della carica q e regola la corrente attraverso una superficie chiusa:

𝑖𝑖 = − 𝜕𝜕

𝜕𝜕𝜕𝜕 𝑞𝑞

Questa legge vuole significare che una corrente può uscire o entrare attraverso una superficie chiusa soltanto se le cariche elettriche nel suo interno diminuiscono (e allora si ha una corrente uscente positiva essendo 𝜕𝜕𝜕𝜕

𝜕𝜕𝜕𝜕 < 0 ) o aumentano (e allora si ha una corrente entrante negativa essendo 𝜕𝜕𝜕𝜕

𝜕𝜕𝜕𝜕 > 0 ).

Riprendendo la forma differenziale ∇ ∙ 𝐽𝐽⃗ = −𝜕𝜕𝜕𝜕𝜕𝜕𝜕𝜕 si può dedurre che sarà nullo il termine:

∇ ∙ 𝐽𝐽⃗ +𝜕𝜕𝜌𝜌

𝜕𝜕𝜕𝜕 = 0

6

(7)

Si ha così che la relazione

∇ ∙ �∇ × 𝐻𝐻��⃗� = ∇ ∙ 𝐽𝐽⃗

Si può rendere valida in ogni caso se si corregge nella:

∇ ∙ �∇ × 𝐻𝐻��⃗� = ∇ ∙ 𝐽𝐽⃗ +𝜕𝜕𝜌𝜌

𝜕𝜕𝜕𝜕

Aggiungendo infatti il termine correttivo 𝜕𝜕𝜕𝜕

𝜕𝜕𝜕𝜕 si ha che entrambi i termini dell’equazione sono nulli.

Ricordando la prima equazione di Maxwell la densità ρ può essere sostituita dalla ∇ ∙ 𝐷𝐷��⃗.

Effettuando questa sostituzione nell’equazione precedente:

∇ ∙ �∇ × 𝐻𝐻��⃗� = ∇ ∙ 𝐽𝐽⃗ + 𝜕𝜕

𝜕𝜕𝜕𝜕 ∇ ∙ 𝐷𝐷��⃗

Cioè:

∇ ∙ �∇ × 𝐻𝐻��⃗� = ∇ ∙ �𝐽𝐽⃗ + 𝜕𝜕

𝜕𝜕𝜕𝜕 𝐷𝐷��⃗�

Da cui la l’equazione per il rotore del campo magnetico:

𝛁𝛁 × 𝑯𝑯���⃗ = 𝑱𝑱⃗ + 𝝏𝝏𝝏𝝏𝝏𝝏 𝑫𝑫��⃗

Che costituisce la quarta equazione di Maxwell. Introducendo poi la velocità della luce c e ricordando le relazioni:

𝐵𝐵�⃗ = 𝜇𝜇𝐻𝐻��⃗ 𝑐𝑐2 = 1

𝜀𝜀0𝜇𝜇0 𝐷𝐷��⃗ = ε0𝐸𝐸�⃗

può assumere anche le forme equivalenti:

𝛁𝛁 × 𝑩𝑩��⃗ = 𝝁𝝁𝑱𝑱⃗ + 𝜺𝜺𝟎𝟎𝝁𝝁𝟎𝟎 𝝏𝝏

𝝏𝝏𝝏𝝏 𝑬𝑬��⃗ 𝛁𝛁 × 𝑩𝑩��⃗ = 𝝁𝝁𝟎𝟎𝑱𝑱⃗ + 𝟏𝟏 𝒄𝒄𝟐𝟐

𝝏𝝏

𝝏𝝏𝝏𝝏 𝑬𝑬��⃗ 𝒄𝒄𝟐𝟐𝛁𝛁 × 𝑩𝑩��⃗ = 𝑱𝑱⃗ 𝜺𝜺𝟎𝟎+ 𝝏𝝏

𝝏𝝏𝝏𝝏 𝑬𝑬��⃗

Dalla seconda forma è interessante osservare che assegnando un valore infinito alla velocità c ritorna l’espressione del teorema di Ampere valida nel regime quasi-stazionario ( ∇ × 𝐵𝐵�⃗ = 𝜇𝜇𝐽𝐽⃗ ) evidenziando che i limiti di validità del regime quasi stazionario sono gli stessi limiti della fisica classica rispetto a quella relativistica. Inoltre la stessa condizione implica che il termine 𝑑𝑑𝜕𝜕

𝑑𝑑𝜕𝜕 = 0 e conseguentemente anche che ∇ ∙ 𝐽𝐽⃗ = 0 . Questa proprietà asserisce che le linee di flusso del vettore

J

sono linee chiuse. Il campo vettoriale di J

è dunque solenoidale. In conclusione si deduce che nei modelli circuitali in cui si pone come postulato la costanza della densità di carica è possibile avere circolazione di corrente soltanto se si possono individuare percorsi chiusi.

Concludendo si riportano le quattro equazioni di Maxwell:

𝛁𝛁 ∙ 𝑬𝑬��⃗ =𝝆𝝆 𝜺𝜺

𝛁𝛁 × 𝑬𝑬��⃗ = −𝝏𝝏𝑩𝑩��⃗

𝛁𝛁 ∙ 𝑩𝑩��⃗ = 𝟎𝟎 𝝏𝝏𝝏𝝏

𝛁𝛁 × 𝑩𝑩��⃗ = 𝝁𝝁𝑱𝑱⃗ + 𝟏𝟏𝒄𝒄𝟐𝟐

𝝏𝝏

𝝏𝝏𝝏𝝏 𝑬𝑬��⃗

7

Riferimenti

Documenti correlati

Il campo elettrico generato dalla Terra orienta lungo le linee di forza l’ago della bussola nel modo fami- liare a chi abbia osservato la disposizione della limatura di ferro intorno

Abbiamo stabilito che un campo vettoriale è conservativo (come il campo elettrico E), se e solo se la sua circuitazione lungo qualsiasi cammino chiuso è nulla..

Per concludere, si definisce linea di forza elettrica quella curva che, in ogni punto, è tangente al vettore campo elettrico esistente in quello stesso punto: in altre parole,

La legge che fornisce questo legame fisico è la cosiddetta legge di Lenz: la forza elettromotrice indotta tende a far circolare nel circuito una corrente I; tale corrente genera

La corrente è distribuita uniformemente nella sezione con densità J=I/ π R 2 Per conservare la simmetria cilindrica nello spazio sede del campo B, le linee di forza devono

Definisci l’ IMPEDENZA di un circuito C.A., l’angolo di sfasamento fra tensione e corrente e il ruolo che questo ha nel calcolo della potenza media dissipata in un circuito R, L,

[r]

Se il gradiente del campo magnetico è tale da essere positivo lungo il canale di accelerazione e quindi monotono crescente verso l’uscita del motore, allora il rapporto tra la