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Riflessioni del mese di Luglio Luglio 2020

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Riflessioni del mese di Luglio 2020 5 Luglio 2020

14^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - Anno A

LETTURE: Zc 9, 9-10; Sal 144; Rm 8, 9. 11-13; Mt 11, 25-30

Prima Lettura Zc 9, 9-10 Dal libro del profeta Zaccaria.

«Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina. Farà sparire il carro da guerra da Èfraim e il cavallo da Gerusalemme, l’arco di guerra sarà spezzato, annuncerà la pace alle nazioni, il suo dominio sarà da mare a mare e dal Fiume fino ai confini della terra». Parola di Dio

Salmo Responsoriale Dal Salmo 144

Rit. "Benedirò il tuo nome per sempre, Signore".

O Dio, mio re, voglio esaltarti e benedire il tuo nome in eterno e per sempre.

Ti voglio benedire ogni giorno, lodare il tuo nome in eterno e per sempre. Rit.

Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore.

Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature. Rit.

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere e ti benedicano i tuoi fedeli.

Dicano la gloria del tuo regno e parlino della tua potenza. Rit.

Fedele è il Signore in tutte le sue parole e buono in tutte le sue opere.

Il Signore sostiene quelli che vacillano e rialza chiunque è caduto. Rit.

Seconda Lettura Rm 8, 9. 11-13

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, voi non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi. Così dunque, fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete.

Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete. Parola di Dio

Canto al Vangelo Cf Mt 11,25 Alleluia, alleluia.

Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno.

Alleluia.

Vangelo Mt 11, 25-30 Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero». Parola del Signore

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Riflessione

Il brano di Vangelo di oggi apre un importante squarcio sulla figura di Gesù. Gesù è il maestro che insegna ai suoi discepoli, ma il suo modo non è, come spesso accade, quello di certi maestri di scuola che vengono in classe, riversano sugli allievi una serie di informazioni e poi se ne vanno. Gesù non insegna nozioni, non dimostra Dio, non detta una serie di norme morali, Gesù presenta sé stesso. Il discepolo di Cristo non è uno che ha imparato una serie di nozioni, non è il primo della classe che ripete la lezione a pappagallo, è uno che è rimasto attratto dal maestro, lo ha visto pregare, lo ha visto agire e, poco per volta, ha cominciato a fare come Lui, si è rivestito dei suoi modi, cerca di seguire le sue orme. Nel Vangelo odierno noi vediamo Gesù pregare. Il suo è senz’altro un modo originale di rivolgersi a Dio. Innanzitutto lo chiama, nella sua lingua, Abba, cioè papà, babbo. E pensare che gli Ebrei che lo ascoltavano si facevano persino scrupolo di pronunciare il nome di Jahvè!

Nessun orante ebraico, che si sappia, aveva mai osato rivolgersi a Dio con questa familiarità. Se, mentre stiamo parlando con una persona molto importante, vediamo un bimbo avvicinarsi a lei senza soggezione alcuna e parlargli con confidenza, noi diciamo subito: è il figlio! Cosi dovevano concludere i discepoli, almeno più tardi, ripensando a quella scena. Secondo l'evangelista, sono gli stessi giudei a tirare questa conclusione: «Egli chiama Dio suo padre, si fa perciò uguale a Dio». Dunque questa sua intimità profonda con il Padre non solo c’insegna la strada della preghiera confidenziale, sicuri che Dio ci ascolta, ma ci rivela Lui come Figlio di Dio. Il contenuto, poi di questa preghiera ci svela quale sia il desiderio e il modo di comportarsi di Dio: "Tu hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli" cioè: Dio desidera rivelarsi agli uomini, Dio ama l’intimità con la sua creatura, ma quando un cuore è pieno di se stesso, della sua sapienza umana, del suo orgoglio, non riesce a stabilire un contatto con Lui perché Dio non è comprabile dall’intelligenza umana, dalla potenza umana. Dio non si compra con la scienza. Dio gioca a nascondino con la sapienza umana. Le più grandi biblioteche dei filosofi di questa terra hanno balbettato di Dio, quando non ci hanno presentato un Dio costruito dagli uomini. Solo un cuore semplice può entrare nella sua intimità. Gesù è il Figlio di Dio, l’intimo del Padre perché semplice ed umile di cuore. Gli Ebrei dell’epoca di Gesù si aspettavano un Messia forte e potente, uno che sarebbe arrivato tra rombi di tuoni e fiamme folgoranti per liberare il popolo di Israele dall’oppressore romano, uno che sarebbe dovuto arrivare a cavallo di un destriero imponente e con armi scintillanti avrebbe dovuto guidare alla riscossa il popolo oppresso per instaurare un nuovo Regno di forza e di potere cui tutti avrebbero dovuto inchinarsi. Questi Ebrei forse non ricordavano la profezia di Zaccaria, quella che abbiamo letto nella prima lettura di oggi, dove viene detto che il Messia entrerà cavalcando un asinello, segno di povertà e di umiltà. E questo succederà a Gesù la domenica delle palme Non è che Lui abbia dovuto accontentarsi dell’asino, dal momento che non c’era altra scelta, non aveva niente di meglio a disposizione. Ha proprio voluto l’asino, una cavalcatura modesta, e ha rifiutato il cavallo, di cui non potevano fare a meno i principi guerrieri e i conquistatori orgogliosi. La scelta dell’asino assume un significato preciso. Indica un orientamento di fondo: l’adozione di uno stile di umiltà e semplicità, e il ripudio di ogni trionfalismo, esibizionismo, mania di grandezza, sfoggio di potenza. Questo re, che pure è vittorioso, non ha nessuna pretesa di imporsi, sbalordire, apparire come un dominatore, né tantomeno intimorire. E Gesù non sceglierà le armi per salvare, anzi inviterà a "riporre le armi nel fodero perché chi di spada ferisce, di spada perisce". Siamo noi che, forse, non abbiamo ancora capito che quella scelta, oltre a esprimere un gusto particolare del Signore, intendeva fornire un’indicazione precisa, una lezione sempre valida. Abbiamo subito provveduto a far sparire l’asino, insieme ai segni dell’umiltà e della povertà Quell’asino era troppo imbarazzante, «Non idoneo» alla gloria del nostro Re. Chissà perché, quando si tratta di rendere onore al Signore, abbiamo la presunzione di stabilire noi ciò che è «idoneo»

e non teniamo mai conto delle sue preferenze, che pure ha manifestato, più volte, in maniera inequivocabile. Diciamo: «Per il Signore niente è troppo». «Per la causa della fede niente è troppo».

E l’ambizione, la vanità, l’ansia di competere sul piano dello spettacolo ci suggeriscono sfarzo, scenari grandiosi, mezzi clamorosi, tecniche d’avanguardia. Ma se guardiamo al maestro, quale dovrebbe essere la Chiesa dei suoi discepoli?

Noi spesso parliamo di Chiesa trionfante, ma non pensando al futuro, alla chiesa dei Santi in paradiso, chiesa che ha trionfato sul peccato e sulla morte, spesso purtroppo pensiamo alla Chiesa trionfante qui, sulla terra e ce la costruiamo e immaginiamo come una Chiesa che conquista, che ha potere sulla terra, che vince e abbatte i nemici, una chiesa di puri, di giusti, una chiesa dove trionfi sempre il bene e la verità sia difesa da chiare norme. E Gesù, il maestro sorride di questi nostri tentativi di contraffazione di Chiesa a figura dei poteri terreni e dice: "Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi". Ecco, il suo regno è fatto di persone che fanno fatica, fatica a comprendere, fatica a vivere, fatica perfino ad andare dietro al Maestro. Lui stesso non nasconde che in certi momenti il seguirlo è difficile e diventa un giogo ma anche un giogo soave e leggero se portato con Lui per amore. Ricordo

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un’esperienza personale. Parecchi anni fa mi ero lasciato tentare da alcuni amici appartenenti ad un famoso e potente movimento che mi avevano invitato ad andare ad un loro incontro nazionale in una città della riviera Romagnola. Grandi momenti di dibattito, fiumane di parole dettate da personaggi celebri della cultura e della politica e poi la celebrazione della Messa da parte del leader religioso carismatico del movimento e anche qui grandi parole, programmazioni orgogliose, preghiere dei fedeli che invece che invocazioni sembravano proclami. Ad un certo punto ne ho avuto abbastanza e mi sono allontanato per fare due passi in mezzo al rumore assordante e vacanziero della città di riviera.

Camminando m’imbattei in una chiesa, vi entrai. Stavano celebrando la messa, Sparse nei banchi una ventina di persone, per lo più anziani. Il prete, vecchio anche lui, si sforzava, combattendo con un microfono gracchiante e con la tosse che spesso gli sopraffaceva la voce, di spiegare il Vangelo. Non ci riusciva molto, ma si vedeva che quello che diceva lo diceva col cuore e anche quando arrivò alla consacrazione si sentiva, dalla sua voce, roca ma quasi incrinata, che adorava davvero la presenza di Gesù nel suo mistero di morte e di risurrezione. A quel punto una lacrima silenziosa sgorgò anche dai miei occhi: Avevo capito: là, al grande congresso si parlava di Cristo (e certamente vi erano anche dei bravi cristiani) ma qui si adorava nel nascondimento, ma nella fede, il suo mistero.

12 Luglio 2020

15^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - Anno A

LETTURE: Is 55,10-11; Sal 64; Rm 8,18-23; Mt 13,1-23

Prima Lettura Is 55, 10-11 Dal libro del profeta Isaia

Così dice il Signore: «Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata». Parola di Dio

Salmo Responsoriale Dal Salmo 64

Rit. "Tu visiti la terra, Signore, e benedici i suoi germogli".

Tu visiti la terra e la disseti, la ricolmi di ricchezze.

Il fiume di Dio è gonfio di acque; tu prepari il frumento per gli uomini. Rit.

Così prepari la terra: ne irrighi i solchi, ne spiani le zolle, la bagni con le piogge e benedici i suoi germogli. Rit.

Coroni l’anno con i tuoi benefici, i tuoi solchi stillano abbondanza.

Stillano i pascoli del deserto e le colline si cingono di esultanza. Rit.

I prati si coprono di greggi, le valli si ammantano di messi:

gridano e cantano di gioia! Rit.

Seconda Lettura Rm 8, 18-23

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi. L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio. La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità – non per sua volontà, ma per volontà di colui che l’ha sottoposta – nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. Parola di Dio

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Canto al Vangelo Cf Mt 13, 19.23 Alleluia, alleluia.

Il seme è la parola di Dio e il seminatore è Cristo: chiunque trova lui, ha la vita eterna.

Alleluia.

Vangelo Mt 13,1-23 (Forma breve Mt 13,1-9) Dal vangelo secondo Matteo

[Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».] Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice: “Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca!”. Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono! Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno». Parola del Signore

Riflessione

Da sempre l’uomo ha sentito il bisogno di comunicare. Egli ha necessità di conoscere e di rapportarsi con l’ambiente in cui vive, ma soprattutto ha bisogno di conoscere il senso della sua vita; poi ha anche bisogno di comunicare ad altri i suoi sentimenti le sue scoperte, i suoi desideri. La stessa struttura dell’uomo, pensate anche solo ai cinque sensi, è fatta per ricevere comunicazioni e per comunicare.

Ma una delle grandi tappe della crescita dell’uomo è la scoperta dell’uso della parola: attraverso dei segnali si indica una determinata cosa o un sentimento o un pensiero e chi ascolta capisce il significato di quel segnale e può rispondere. Certo, la parola, pur essendo il modo più abituale per comunicare, non è ancora il modo perfetto. Essendo un mezzo essa può essere manipolata dallo stesso uomo; egli attraverso questo mezzo può comunicare delle verità o delle bugie, può dare indicazioni esatte o sbagliate, può far nascere sentimenti di speranza o può uccidere moralmente il suo simile. Anche Dio è essenzialmente comunicabilità e per farsi presente alla sua creatura che ama ha scelto i modi di cui la creatura è capace di ricevere la sua comunicazione; quindi Dio, l'Eterno, l'Immutabile per comunicare con l'uomo usa il linguaggio della sua creatura. La Bibbia, raccontandoci la creazione, ci fa vedere un Dio che attraverso le parole dette crea: "Dio disse: sia la luce! E la luce fu", quindi la Parola di Dio non è solo una formulazione di sillabe o di concetti, è una Parola che crea. Se poi guardiamo al tempo dell’Esodo Dio dona le sue dieci Parole, i comandamenti, cioè la Parola di Dio, attraverso il dono della legge, diventa guida per il popolo; e ancora, quante volte è proprio la parola di Dio che opera la salvezza (ad esempio il passaggio del mar Rosso) o che attraverso i profeti diventa a seconda dei momenti richiamo, rimprovero, conforto, speranza. Ma Dio vuole comunicare sé stesso e allora "Nella pienezza dei tempi…Il Verbo si fece carne". Gesù è la parola piena, definitiva di Dio è

"l’alfa e l’omega" cioè tutto l’alfabeto di Dio. Gesù donando sé stesso comunica anche con le parole tipiche degli uomini. Egli è venuto soprattutto a seminare la Parola, ed è questo il principale senso della parabola di oggi. Non è tanto il Messia che viene a raccogliere, ma colui che semina con abbondanza su tutti i tipi di terreno, perché ha fiducia soprattutto nella parola seminata ed è Colui che semina sé stesso come il "chicco di frumento che caduto nella terra muore per portare molto frutto".

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Lui semina la buona notizia di un Dio che ci è Padre e non padrone, Lui semina il suo amore redentivo appeso ad una croce che trasforma anche il dolore e la morte, Lui risorto semina la speranza di un’eternità già cominciata e che proseguirà, se lo vogliamo, nelle braccia misericordiose di Dio, lui semina un Regno che è disposto ad accogliere tutti, lui semina per noi la possibilità di una vita vissuta nell’amore, nel perdono reciproco, nella fratellanza, nel cammino comune verso il Padre, Lui chiede a noi di dargli una mano a seminare ci chiede di andare a portare la sua parola e di esserne testimoni con i fatti della nostra vita. Ma qui, noi uomini, spesso calcolatori, ci facciamo una domanda: Dio ha parlato, Gesù, la Parola incarnata è venuto, ha sofferto ed è risorto, tutta la sua vita è stata un dialogo con gli uomini, alcuni uomini di chiesa hanno seminato per circa duemila anni questa Parola: ma ne valeva davvero la pena, visti gli attuali risultati?

In un mondo di circa 6 miliardi di individui appena un miliardo conosce Gesù e anche quelli che si dicono cristiani sono divisi tra loro e, nella maggioranza vivono più una religione tradizionale molto vicina al paganesimo che una fede viva. Gesù non si preoccupa di questo e vuole che anche noi non cadiamo nell’ansia per queste cose o a causa della delusione attuale non ci dichiariamo sconfitti in partenza. Gesù ha fiducia nel seme, sa che la sua provenienza ne garantisce la validità, sa che i tempi di Dio e i suoi giudizi sono diversi dai nostri tempi e dai nostri giudizi e continua a seminare in noi e a mandarci a seminare nel mondo. Ma chiediamoci ancora: quale sarà il modo migliore per accogliere la parola?

Prima di tutto bisogna ascoltarla. Sembra evidente, ma non sempre è così. Qualcuno dirà: "Ma io il Vangelo a forza di sentirlo lo conosco quasi a memoria". Anche un registratore ripete esattamente le parole, ma non per questo le capisce.

Ascoltare significa:

1.

Sapere che le parole vengono da Dio e non solo da uomini,

2.

Bisogna conoscere il significato delle parole (e anche qui non diamo troppo per scontata la nostra scienza)

3.

Bisogna chiederci che cosa voleva dire il Signore e perché ha detto quelle parole proprio in quel momento.

4.

Bisogna soprattutto chiedersi che cosa vuol dire a me in questo momento della mia vita,

5.

Bisogna far sì che la parola applicata al nostro vivere porti il suo frutto. E allora qui possiamo applicare il discorso dei vari terreni di cui parla la parabola. Possiamo essere terreno – strada quando non comprendiamo la parola, quando siamo ascoltatori distratti, quando consideriamo la parola di Dio come una delle tante altre parole che ascoltiamo ogni giorno, quando non ci lasciamo toccare nell’intimo, quando siamo ingrati perché non riconosciamo i doni che ci vengono fatti ed ecco allora il maligno rappresentato dagli uccelli che beccano il seme e lo portano via. Possiamo essere terreno sassoso, cioè avere un cuore duro. La parola arriva alla superficie, ma non riesce a penetrare, a mettere radici, possiamo essere terreno pieno di rovi cioè aver imprestato la nostra capacità ai rovi piuttosto che al seme, possiamo esserci lasciati occupare da preoccupazioni, paure, egoismi e allora per Dio non c’è spazio; o possiamo essere terreno buono disponibile ad accogliere, a lasciar radicare, a dare linfa alla parola, a lasciarla crescere secondo le sue e le nostre capacità. Se ci pensiamo bene forse siamo un po’ tutto questi terreni. Se pensiamo a quanta parola di Dio è già stata seminata in noi lungo la nostra vita c’è anche un po’ da vergognarci perché i frutti sono ancora pochi, perché abbiamo sprecato per noi e per gli altri un mucchio di situazioni. Ma Dio, che rispetta la nostra libertà, non si è ancora stancato di parlarci attraverso la coscienza, la natura, la sua Parola, attraverso Gesù e coloro che ci parlano a suo nome. Dio ha ancora speranza in te e in me, anzi per dimostrarcelo non solo continua a parlarci, ma chiede proprio a noi, terreni non troppo fertili di essere disponibili anche a diventare come Lui, seminatori di speranza nei cuori dei fratelli.

19 Luglio 2020

16^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - Anno A

LETTURE: Sap 12, 13.16-19; Sal 85; Rm 8,26-27; Mt 13,24-43 Prima Lettura Sap 12, 13. 16-19

Dal libro della Sapienza

Non c’è Dio fuori di te, che abbia cura di tutte le cose, perché tu debba difenderti dall’accusa di giudice ingiusto. La tua forza infatti è il principio della giustizia, e il fatto che sei padrone di tutti, ti rende indulgente con tutti. Mostri la tua forza quando non si crede nella pienezza del tuo potere, e rigetti

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l’insolenza di coloro che pur la conoscono. Padrone della forza, tu giudichi con mitezza e ci governi con molta indulgenza, perché, quando vuoi, tu eserciti il potere. Con tale modo di agire hai insegnato al tuo popolo che il giusto deve amare gli uomini, e hai dato ai tuoi figli la buona speranza che, dopo i peccati, tu concedi il pentimento. Parola di Dio

Salmo Responsoriale Dal Salmo 85 Rit. "Tu sei buono, Signore, e perdoni".

Tu sei buono, Signore, e perdoni, sei pieno di misericordia con chi t’invoca.

Porgi l’orecchio, Signore, alla mia preghiera e sii attento alla voce delle mie suppliche. Rit.

Tutte le genti che hai creato verranno e si prostreranno davanti a te, Signore, per dare gloria al tuo nome. Grande tu sei e compi meraviglie: tu solo sei Dio. Rit.

Ma tu, Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà, volgiti a me e abbi pietà. Rit.

Seconda Lettura Rm 8, 26-27

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa che cosa desidera lo Spirito, perché egli intercede per i santi secondo i disegni di Dio. Parola di Dio

Canto al Vangelo Cf Mt 11,25 Alleluia, alleluia.

Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno.

Alleluia.

Vangelo Mt 13, 24-43 (Forma breve Mt 13,24-30) Dal vangelo secondo Matteo

[In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio”.] Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami».

Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata». Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Aprirò la mia bocca con parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo».

Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!». Parola del Signore

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Riflessione

La parola di Gesù si rivolge a noi, oggi attraverso tre parabole, tutte di facile ascolto anche per chi, come me, non è un uomo di campagna, ma non sempre così immediate nel messaggio che vogliono trasmetterci. Cominciamo dalla prima, forse la più difficile se anche Gesù ha poi dovuto spiegarla agli apostoli che ne erano rimasti meravigliati. La parabola del buon grano e della zizzania parla di una realtà che noi tutti constatiamo ogni giorno. La presenza del male che vediamo operare ampiamente nel mondo ed anche in noi stessi. La zizzania non è stata seminata dal padrone che ha messo solo buon grano, eppure c’è. I servi hanno notato il guaio e vanno a fare al padrone la domanda più ovvia:

"Non hai seminato buon grano?"

È un po’ la domanda che davanti alla recrudescenza del male, della violenza, spesso ci facciamo anche noi: "Ma il mondo non è stato creato da Dio?

Dovrebbe dunque essere buono e allora perché c’è tanto male attorno a noi e anche in noi?"

La risposta non è facile anche se la parabola sembra indicarci due strade per farci capire la presenza del male. Una è la strada del nemico che lo ha seminato e l’altra quella della libertà umana usata male. Non dimentichiamoci della presenza misteriosa del male che raccoglie in sé tutto ciò che si oppone a Dio, ma neanche scarichiamo solo sul diavolo le responsabilità di ogni cosa negativa. Lui ci tenta ma spesso è proprio la nostra cedevolezza al male che apre le porte a tutte le negatività di questo mondo. La libertà, questo dono prezioso che fa sì che siamo uomini e non marionette, è anche terribile perché se noi possiamo scegliere il bene da figli di Dio riconoscenti, abbiamo anche il tremendo potere di scegliere il male, di ignorare Dio e di odiare i nostri fratelli. Ma c’è anche una seconda domanda che pongono i servi della parabola: "Vuoi che andiamo a strappare la zizzania?".

In fondo è la stessa proposta che spesso noi facciamo al Signore: se c’è il male perché non sradicarlo, magari anche con violenza?

Ci è abbastanza consono ergerci giudici anche di Dio, ci sembrano strani i suoi modi di amministrare la giustizia. Abbiamo l’impressione che qualche volta esageri nel punire chi si comporta bene, mentre invece spesso è molto indulgente con chi meriterebbe un castigo esemplare. Lui potrebbe stroncare l’insolenza di certi individui e invece sembra non far niente. Almeno permettesse a noi suoi servi di intervenire, qui e subito, ci concedesse di stabilire con certezza che i buoni sono da una parte e i cattivi dall’altra! Ci permettesse di mettere un po’ di ordine, di fare un po’ di piazza pulita almeno per quel male che dipende dagli uomini. Ma Dio risulta di un altro parere: "No, rispose non sradicate la zizzania"

Dio non ha fretta, è "paziente, lento all’ira pieno di grazia e di misericordia" è il Dio che "fa sorgere il suo sole sui giusti e sugli ingiusti", è il "Dio benevolo verso gli ingrati". Perché questo?

Perché Dio ama il male?

No, Dio è paziente perché contro ogni ragionamento umano attende che l’uomo che opera il male provi a pensarci su, arrivi ad aprire gli occhi, si renda conto che sta sbagliando, che può cambiare. È vero che a noi può sembrare un’ingiustizia, ma per Dio è misericordia. Diceva un grande predicatore del secolo scorso: "Se Dio mi concedesse la sua onnipotenza per 24 ore chissà quante cose cambierei nel mondo! Ma se Dio mi concedesse anche la sua conoscenza e la sua misericordia, credo che lascerei le cose come stanno". Dio ci dà tempo e si propone a noi fino alla fine dei tempi. Sarà quello il momento in cui metterà a posto ogni cosa. Anche noi, se vogliamo davvero essere figli di Dio dobbiamo usare lo stesso metodo. la pazienza e la continua propositività nel bene e anche la fiducia che l’uomo, anche il peggior uomo, possa trovare dentro di sé l’immagine di Figlio di Dio e quindi cambiare e diventare seminatore di bene. Intanto facciamo ancora una piccola osservazione umana sul nostro modo di pensare. Noi tante volte invochiamo giustizia contro il male, ma siamo poi sempre sicuri che la nostra giustizia non sia sete di vendetta?

E i modi con cui esercitiamo questa presunta giustizia non sono modi altrettanto violenti che spesso ingenerano altro male?

Pensiamo anche a fatti recenti della nostra storia. Qualche volta per combattere un male che certamente non può lasciarci passivi, si dà il via ad una altra serie di rappresaglie che ingenerano mali peggiori del primo e alla fine diventa quasi impossibile trovare il bandolo giusto per cercare la pace.

Se vogliamo essere seminatori, dobbiamo farlo come fa Dio che usa solo semente buona!

Ancora due brevi pensieri sulle altre due parabole. Gesù per spiegarci il Regno parla di un seme piccolo che crescendo diventa grande pianta, noi spesso invece vorremmo vedere subito la grande pianta.

Specialmente certi uomini di chiesa che spesso magnificano questa istituzione e la fanno talmente grande al punto di dimenticare il seme cioè Gesù Cristo. Gesù ama la sua Chiesa, Gesù ha dato la sua vita per la sua Chiesa, ma Gesù non ha esentato noi sua Chiesa dal cammino faticoso di ogni giorno, Gesù sa benissimo che nella sua Chiesa in cui Lui ha seminato buon grano, cresce anche la zizzania, anche con la sua Chiesa Gesù ha pazienza e spera conversione. L'ultima parabola, del pizzico di lievito nella massa della pasta, spiega il Regno dei cieli a partire dall'interno, dall'invisibile, dalle coscienze e

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dai cuori. Il fermentare della pasta per opera del lievito è un fenomeno impercettibile e misterioso, ma il suo effetto si nota bene quando si toglie il pane dal forno: il pane è cresciuto morbido, fragrante.

E questo sembra sia il modo di agire scelto da Dio nell'umanità: nulla di vistoso, tutto avviene nel segreto dei cuori, delle coscienze. Chi può contare i gesti di solidarietà, di carità, la capacità di volersi bene che Dio suscita nei cuori?

Sono tanti! Dio conta su di noi, attende la nostra collaborazione. Noi possiamo essere lievito ad esempio nell’educazione dei figli, dando loro non solo delle cose ma proponendo dei valori. Possiamo essere lievito nella massa cercando di portare un sorriso, una parola di speranza là dove c’è solo ricerca di interesse e paure, possiamo essere lievito persino con i nostri nemici facendo loro capire che la gioia che è in noi non viene da piccole vendette private, ma dal riconoscere la misericordia del Padre. Possiamo essere lievito anche nella nostra comunità parrocchiale, portando, senza orgoglio, il nostro piccolo servizio, dando anche solo un tono diverso al nostro partecipare all’Eucaristia, facendo capire con i fatti che la Parola di Dio che ascoltiamo ogni domenica poco per volta ci cambia. Piccole cose che possono diventare pianta, piccolo lievito che può far fermentare la pasta e donarci il pane.

26 Luglio 2020

17^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - Anno A

LETTURE: 1 Re 3,5.7-12; Sal 118; Rm 8,28-30; Mt 13,44-52

Prima Lettura 1Re 3, 5. 7-12 Dal primo libro dei Re

In quei giorni a Gàbaon il Signore apparve a Salomone in sogno durante la notte. Dio disse: «Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda». Salomone disse: «Signore, mio Dio, tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide, mio padre. Ebbene io sono solo un ragazzo; non so come regolarmi. Il tuo servo è in mezzo al tuo popolo che hai scelto, popolo numeroso che per la quantità non si può calcolare né contare. Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male; infatti chi può governare questo tuo popolo così numeroso?». Piacque agli occhi del Signore che Salomone avesse domandato questa cosa. Dio gli disse: «Poiché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te molti giorni, né hai domandato per te ricchezza, né hai domandato la vita dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento nel giudicare, ecco, faccio secondo le tue parole. Ti concedo un cuore saggio e intelligente: uno come te non ci fu prima di te né sorgerà dopo di te». Parola di Dio

Salmo Responsoriale Dal Salmo 118 Rit. "Quanto amo la tua legge, Signore!"

La mia parte è il Signore: ho deciso di osservare le tue parole.

Bene per me è la legge della tua bocca, più di mille pezzi d’oro e d’argento. Rit.

Il tuo amore sia la mia consolazione, secondo la promessa fatta al tuo servo.

Venga a me la tua misericordia e io avrò vita, perché la tua legge è la mia delizia. Rit.

Perciò amo i tuoi comandi, più dell’oro, dell’oro più fino.

Per questo io considero retti tutti i tuoi precetti e odio ogni falso sentiero. Rit.

Meravigliosi sono i tuoi insegnamenti: per questo li custodisco.

La rivelazione delle tue parole illumina, dona intelligenza ai semplici. Rit.

Seconda Lettura Rm 8, 28-30

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno. Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinato, li ha anche chiamati; quelli che ha chiamato, li ha anche giustificati; quelli che ha giustificato, li ha anche glorificati. Parola di Dio

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Canto al Vangelo Cf Mt 11,25 Alleluia, alleluia.

Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno.

Alleluia.

Vangelo Mt 13, 44-56 (Forma breve 13, 44-52) Dal vangelo secondo Matteo

[In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo;

un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.

Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.] Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche». Parola del Signore

Riflessione

Se esaminiamo il contenuto delle nostre preghiere di richiesta noi possiamo sapere quali siano le nostre cose più preziose, quale sia il tesoro a cui aspira il nostro cuore. Certamente noi chiediamo al Signore la salute per noi e per gli altri, poi chiediamo il bene per la nostra famiglia, poi con ogni probabilità allarghiamo il cuore e chiediamo il dono della pace per i popoli e le famiglie, e poi, magari, c’è anche tutta una serie di piccole richieste quotidiane per poter risolvere i vari problemi immediati di ogni giorno. Se poi siamo abituati a pregare con la preghiera che Gesù ci ha insegnato, il Padre nostro, e lo recitiamo non come una poesia, ma pesando le parole che escono dalla nostra bocca, ci accorgiamo che Lui ci ha insegnato a chiedere oltre il pane quotidiano, altre cose ancora più importanti, come la venuta del Regno di Dio, che la volontà di Dio sia fatta, che il suo nome sia benedetto da tutti.

Il giovane Salomone, lo abbiamo sentito nella prima lettura, potrebbe chiedere a Dio salute per sé, lunga vita, ricchezze, ma consapevole del proprio impegno a servire il suo popolo, chiede invece la sapienza, la saggezza del saper governare con rettitudine, il saper conoscere per sé e per i suoi quello che è bene e quello che è male. E Dio gli dice: "Poiché hai chiesto la cosa più importante per governare il mio popolo, io te la do, e con questa troverai anche le altre cose". A seconda di dove indirizziamo il nostro cuore, a seconda di ciò che desideriamo e ricerchiamo, là sarà il centro di interesse della nostra vita. Se abbiamo capito questo principio ci diventa più facile comprendere le prime due parabole di Gesù che la liturgia di oggi ci ha proposto, infatti una ci parla di un uomo che ha trovato per caso un tesoro, e l’altra di un esperto di perle preziose che ha cercato una perla di particolare valore e che finalmente l’ha trovata. Sia che siamo degli esperti, delle persone che da anni cercano di fare un cammino di fede, sia che per caso ci siamo imbattuti in qualcosa di importante, di essenziale per la nostra vita ecco che il centro di interesse cambia. Ma qual è la perla preziosa, il tesoro nascosto in cui ci siamo imbattuti?

È l’incontro con Gesù, il suo messaggio, la proposta del suo regno. E qui qualcuno può dirmi: "Tutto qui?

Gesù, la sua predicazione, la sua religione la conosciamo fin da bambini: dov’è tutta questa novità?"

È vero che noi conosciamo molte cose su Gesù, è vero (o almeno in parte) che la società in cui viviamo e fondata (o presume di esserlo) su principi cristiani, è vero che, almeno sulla carta, la religione cristiana è quella della maggioranza in Occidente, ma davvero Gesù è il nostro tesoro?

A parole è facile dirlo: "Ti amo con tutto il cuore", "Sei il centro della mia vita", ma guardiamo le nostre scelte pratiche: per esempio, nell’uso dei nostri soldi, nello svolgere i nostri affari che cosa c’entra Gesù e il suo Regno?

Nel nostro quotidiano rapportarci con il prossimo è davvero la nostra fede in Gesù a spingere il nostro agire o il centro di interesse è qualcos’altro?

Addirittura nel nostro esprimere religiosamente la nostra fede, nel nostro pregare, nell’andare a Messa, viene fuori la gioia profonda dell’essere cristiani o spesso non è uno stanco ripetersi rituale di gesti a cui, in fondo, crediamo ma che spesso hanno perso la loro vivezza?

Il tesoro o non lo abbiamo visto oppure ci siamo abituati alla perla preziosa al punto che non solo non la cerchiamo più, ma spesso corriamo il rischio di svenderla. Credo che, prima di andare avanti nelle parabole, dobbiamo davvero scoprire se Gesù è il nostro vero tesoro. Un salmo dice: "L’anima mia ha

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sete di Dio del Dio vivente", ma noi abbiamo ancora sete di Dio o il nostro mondo, con le sue risposte materiali, ha spento e appagato i desideri più umani impedendoci di vedere che il nostro cuore ha dei bisogni più importanti che superano il contingente e il momentaneo?

Davvero il Vangelo per noi è una "Buona notizia di salvezza" o l’abitudine l’ha fatto diventare una bella storia, con un bell’eroe positivo, con tutta una serie di ottime indicazioni morali, quasi fosse un galateo, che se osservate (con moderazione, naturalmente per non diventare degli integralisti) aiuterebbero a vivere meglio, insomma una bella utopia, una fiaba che la chiesa e i preti hanno tenuto su per i propri interessi ed anche per tener buoni gli uomini che istintivamente si scannano volentieri tra di loro?

Il Regno di Dio (che spesso abbiamo confuso con il regno della chiesa) è una realtà gioiosa, una proposta per vivere in comunione con Dio e con i fratelli la realtà presente, per preparare e attendere quella che Dio ci ha promesso nel futuro, oppure è semplicemente la struttura chiesa che, a guardala bene, poi, non ci piace neppure molto?

Gesù è per noi davvero il Figlio di Dio, vivo, risorto dai morti, che ci ha salvato (ma io avevo bisogno di essere salvato?) regalandoci la sua vita?

È qualcuno che incontro sulla strada della mia vita, come ho incontrato mia moglie, mio marito, i miei figli, o è una bella pagina di un vecchio libro?

Credo proprio, con molta onestà, che molti di noi debbano dire: "Devo rimettermi a cercarlo il tesoro, devo di nuovo innamorarmi della perla preziosa". E, come fare?

Secondo me i passi sono due e da fare contemporaneamente, il primo è quello di rientrare in sé stessi e il secondo è quello di riscoprire chi sia davvero Gesù e dove posso incontrarlo vivo. Se riesco a far tacere anche solo per qualche momento i rumori del nostro mondo, la voce della materia, le risposte del comodo, se mi guardo con gli occhi della realtà e non attraverso lenti che tendono a sformare, scopro di essere piccolo e povero, scopro di essere solo in mezzo ai miliardi di uomini che vivono sulla terra, scopro di non sapermi dare risposte esistenziali soddisfacenti, scopro di essere, fosse anche solo per sopravvivenza, un accumulo di egoismo che però da solo non risolve niente né per sé. né per il prossimo, ma scopro anche di avere aspirazioni che mi superano, scopro di avere desideri di gioia e di serenità che vanno ben oltre alla semplice soluzione dei bisogni naturali, scopro un desiderio di vita che supera lo scorrere degli anni, scopro che desidererei una vita in tante cose più libera, migliore di quella che sto facendo. Se nel frattempo mi accorgo che Gesù non è venuto sulla terra per prendermi nulla, per impormi nulla ma per proporsi Lui, Figlio di Dio, come mio amico, compagno di viaggio, se scopro che il suo parlare di amore non è fatto di sole parole, perché ha dato la sua vita per dirmi: "Ti voglio bene!" Se scopro che il suo Regno non è una istituzione religiosa ma è la possibilità di vivere con gli altri da fratelli, perché c'è un Padre solo, se, attraverso Lui scopro che questo Padre non è il Dio Padrone, Colui che per premiarmi prima deve farmi soffrire, Colui che ha fatto tutto e poi se ne lava le mani di come vanno le cose, se davvero credo che Gesù è vivo e che è pane per noi ogni volta che insieme facciamo memoria della sua passione, morte e risurrezione, che è perdono ogni volta che mi rivolgo con fede a Lui, che è presente "ogni volta che due o tre siamo riuniti nel suo nome", che è vivo e palpitante nei fratelli a cui posso "dare un bicchiere d’acqua", che lo posso incontrare sul tram, per strada, in ufficio, in casa, ecco allora che comincio a riscoprire un tesoro a portata di mano, una perla a cui avevo dedicato tutta una ricerca, ed ecco allora che avrò anche il coraggio di andare e vendere tutto pur di poterla avere. Non è più il sacrificio della rinuncia, è la vendita delle carabattole per ottenere l’essenziale, e la gioia di far fuori l’inutile per ottenere ciò che dà senso al mio esistere presente e futuro, è andare da Colui che con sé stesso mi dona tutto il resto.

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