3. STRATEGIE PER LA RIDUZIONE DELLE PERDITE EMATICHE
E’ innanzitutto fondamentale individuare, nei pazienti da sottoporre ad intervento, la presenza di alterazioni della coagulazione congenite ed acquisite. Le malattie emorragiche congenite più frequenti sono rappresentate dalle sindromi emofiliache (emofilia A e B), dalla malattia di von Willebrand e da svariate forme di piastrinopatie. Mentre la carenza congenita completa dei fattori di contatto della via intrinseca (fattore XII, chininogeno ad alto peso molecolare, precallicreina) non risulta alcun sintomo emorragico, il difetto a livello omozigote ed emozigote (sindromi emofiliache) degli altri fattori o cofattori causa inevitabilmente manifestazioni emorragiche. Il loro grado di severità è dipendente dal livello residuo di attività del fattore carente.
Le coagulopatie acquisite possono essere causate da carenza dei fattori plasmatici per difettosa sintesi (epatopatie croniche), carenza di vitamina K, consumo intravascolare o aumentata clearance, o dall’insorgenza di anticorpi o alloantircorpi contro uno specifico fattore emocoagulativo (anticoagulanti acquisiti).
Pertanto è necessario avere un quadro clinico-laboratoristico completo della coagulazione del paziente e delle varie patologie che possano influire su quest’ultima, e dove possibile correggere le alterazioni presenti.
Dopo questa doverosa premessa, possiamo dire che, ad oggi, esistono una serie di strategie che possono permetterci di ridurre le perdite ematiche nella pratica chirurgica, specialmente negl’interventi d’elezione dove è possibile effettuare una programmazione e una pianificazione di tali tecniche.
Le strategie per la riduzione delle perdite ematiche possono essere suddivise in: − Preoperatorie
− Intraoperatorie − Postoperatorie