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4.2. Guida e svolgimento del parere assegnato agli esami nel 2000.

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CAPITOLO IV

4.2. Guida e svolgimento del parere assegnato agli esami nel 2000.

Nella seguente traccia il candidato deve analizzare due diverse figure criminose astrattamente poste in essere con una condotta. La soluzione dipenderà dall’adesione ai diversi orientamenti giurisprudenziali rinvenuti nei codici annotati.

MOMENTO CONSUMATIVO DEL REATO - FALSITÀ IDEOLOGICA COMMESSA DAL PRIVATO IN ATTO PUBBLICO - FALSA ATTESTAZIONE O DICHIARAZIONE

A UN PUBBLICO UFFICIALE SULLA IDENTITÀ O SU QUALITÀ PERSONALI PROPRIE O DI ALTRI - TRUFFA -

DELITTO TENTATO TRACCIA

Tizio, al fine di risultare vincitore di un pubblico concorso, attesta falsamente di possedere i requisiti richiesti. Scoperto l’inganno, viene estromesso dalla graduatoria e denunziato. Tizio si reca da un legale per conoscere quali possono essere le conseguenze della sua azione.

Il candidato, assunte le vesti del legale, premessi generalissimi cenni sul momento consumativo del reato, delinei la problematica sottesa alla fattispecie in esame e rediga motivato parere.

RIFERIMENTI NORMATIVI

Art. 56. c.p. Delitto tentato

Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica.

Il colpevole di delitto tentato è punito:; con la reclusione non inferiore a dodici anni, se la pena stabilita è l’ergastolo; e, negli altri casi con la pena stabilita per il delitto, diminuita da un terzo a due terzi.

Se il colpevole volontariamente desiste dall’azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per sé un reato diverso.

Se volontariamente impedisce l’evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato, diminuita da un terzo alla metà.

Art. 81 c.p. Concorso formale. Reato continuato

È punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata sino al triplo chi con una sola azione od omissione viola diverse disposizioni di legge ovvero commette più violazioni della medesima disposizione di legge.

Alla stessa pena soggiace chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse

Il fatto

Richiesta di premessi generalissimi cenni sulla consuma- zione

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disposizioni di legge.

Nei casi preveduti da quest’articolo, la pena non può essere superiore a quella che sarebbe applicabile a norma degli articoli precedenti.

Fermi restando i limiti indicati al terzo comma, se i reati in concorso formale o in continuazione con quello più grave sono commessi da soggetti ai quali sia stata applicata la recidiva prevista dall’articolo 99, quarto comma, l’aumento della quantità di pena non può essere comunque inferiore ad un terzo della pena stabilita per il reato più grave.

Art. 483 c.p. Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a due anni.

Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile la reclusione non può essere inferiore a tre mesi.

Art. 495 c.p. Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri

Chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale l’identità, lo stato o altre qualità della propria o dell’altrui persona è punito con la reclusione da uno a sei anni.

La reclusione non è inferiore a due anni:

1) se si tratta di dichiarazioni in atti dello stato civile;

2) se la falsa dichiarazione sulla propria identità, sul proprio stato o sulle proprie qualità personali è resa all’autorità giudiziaria da un imputato o da una persona sottoposta ad indagini, ovvero se, per effetto della falsa dichiarazione, nel casellario giudiziale una decisione penale viene iscritta sotto falso nome.

Art. 640. Truffa

Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032.

La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 309 a euro 1.549:

1) se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare;

2) se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l’erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell’autorità;

2 bis) se il fatto è commesso in presenza della circostanza di cui all’articolo 61, numero 5).

Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze previste dal capoverso precedente o un’altra circostanza aggravante.

GIURISPRUDENZA PERTINENTE ALLA SOLUZIONE DEL CASO PROSPETTATO

Cass., sez. V, 13 agosto 1998, n. 9358

Il concetto di atto pubblico è, agli effetti della tutela penale, più ampio di quello desumibile dall’art. 2699 cod. civ., dovendo rientrare in detta nozione non soltanto i documenti che sono redatti, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato, ma

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anche quelli formati dal pubblico ufficiale o dal pubblico impiegato, nell’esercizio delle loro funzioni per uno scopo diverso da quello di conferire ad essi pubblica fede, purché aventi l’attitudine ad assumere rilevanza giuridica e/o valore probatorio interno alla pubblica amministrazione. Sono atti pubblici, quindi, anche gli atti interni e quelli preparatori di una fattispecie documentale complessa, come la dichiarazione del privato al pubblico ufficiale. È atto pubblico, quindi, la domanda rivolta al Ministero per il commercio con l’estero con la quale il richiedente attesta al pubblico ufficiale di esercitare attività professionale nel settore del bestiame e delle carni da almeno dodici mesi, condizione necessaria per ottenere l’autorizzazione all’importazione di bovini a dazio agevolato.

Cass., sez. V, 15 aprile 1998, n. 4426

Nella nozione di qualità personali, cui fa riferimento l’art. 495, primo comma, cod.

pen., rientrano gli attributi ed i modi di essere che servono ad integrare l’individualità di un soggetto, e cioè sia le qualità primarie, quali sono quelle concernenti l’identità e lo stato civile delle persone, sia le altre qualità che pure contribuiscono ad identificare le persone, quali la professione, la dignità, il grado accademico, l’ufficio pubblico ricoperto, una precedente condanna e simili. Tra le indicazioni che concorrono a stabilire le condizioni della persona, individuandola nella comunità sociale, rientra la qualità di allevatore di ovini che un soggetto si attribuisca, contrariamente al vero, in una dichiarazione rilasciata ad un funzionario incaricato dal sindaco.

Cass. pen., 26 settembre 2003, n. 41710

Il reato di falsa dichiarazione a un pubblico ufficiale sulle proprie qualità personali, destinata ad essere riprodotta in un atto pubblico, di cui all’art. 495, secondo comma, c.p., si consuma nel momento in cui le false dichiarazioni vengono rese, indipendentemente dalle circostanze che il pubblico ufficiale possa accertare o meno la qualità personale del dichiarante, ovvero che il pubblico ufficiale, - constatata la falsità delle dichiarazioni – non le inserisca nell’atto o le inserisce con la menzione delle opportune verifiche.

C. App. Torino, 12 ottobre 2009, n. 3131

Il delitto di cui all’art. 495 c.p. è istantaneo e si consuma nel momento in cui l’agente rende al pubblico ufficiale la dichiarazione/attestazione sulla propria identità, con la conseguenza che ciascuna dichiarazione mendace integra il delitto di cui all’art. 495 c.p.

Cass., Sez. Un., 19 gennaio 1999, n. 1

La truffa finalizzata all’assunzione ad un pubblico impiego si consuma nel momento della costituzione del rapporto impiegatizio, sempre che sia individuabile e dimostrata l’esistenza di un danno immediato ed effettivo, di contenuto economico-patrimoniale, che l’amministrazione abbia subito all’atto ed in funzione della costituzione del rapporto medesimo. (Nell’affermare tale principio la Corte ha precisato che ai fini della configurabilità del delitto “de quo” si deve fare riferimento esclusivamente a spese, esborsi ed oneri effettivamente sostenuti dall’amministrazione nella procedura di costituzione del rapporto di impiego, mentre esulano dal concetto di danno rilevante le conseguenze meramente virtuali del reato - come le spese da sostenere per riparare l’errore e rettificare la graduatoria o per indire le nuove procedure di assunzione -, quelle di natura non immediatamente patrimoniale - come l’assunzione di persona sprovvista dei necessari requisiti professionali e l’alterazione della

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graduatoria del concorso -, ovvero quelle estranee all’ambito di tutela proprio della norma incriminatrice, quale il pregiudizio per gli altri concorrenti).

SCHEMA DEL PARERE MOTIVATO

Esordio: individuare la tematica oggetto del parere e le fattispecie incriminatici rilevanti nella traccia: il momento consumativo del reato, il reato di falsità ideologica commessa dal privato, la truffa, il concorso di reati.

Premessi generalissimi cenni: riportare la disciplina del momento consumativo del reato

Primo problema da analizzare: verificare se la condotta posta in essere da Tizio possa configurare il reato di cui all’art. 483, che incrimina la falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico o quello di cui all’art.495, che punisce la falsa attestazione o dichiarazione ad un pubblico ufficiale sull’identità o su qualità personali proprie o di altri.

Parte motiva: inserire l’argomentazione giustificativa della posizione riportata – Argomenti: sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi del delitto di cui all’art. 495 c.p.

Conseguenza: indicare l’esito cui conduce il ragionamento giuridico: Tizio sarà ritenuto responsabile del reato di falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulle identità o su qualità personali proprie o di altri ex art.

495 c.p.

Secondo reato da analizzare: verificare se tizio possa rispondere di truffa consumata o tentata

Parte motiva: inserire l’argomentazione giustificativa della posizione riportata – Argomenti: sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi del delitto di tentata truffa ex artt. 56 e 640 c.p.

Conseguenza: indicare l’esito cui conduce il ragionamento giuridico: l’applicazione della giurisprudenza richiamata al caso concreto - Tizio potrebbe essere condannato per il reato di truffa tentata.

Linea defensionale sulla seconda questione nodale: individuazione del soggetto passivo del reato – mancanza della condizione di procedibilità: querela – improcedibilità del reato di tentata truffa

Soluzione: Riepilogare gli orientamenti principali richiamati nel parere e le rispettive soluzioni – In relazione alla prima questione, Tizio potrà essere incriminato per il delitto di cui all’art. 495 c.p. Con riferimento al reato di truffa, Tizio

In questa parte si indicano le questioni implicate nella vicenda descritta

Effetto derivante dall’applica- zione del ragionamento giuridico al caso concreto

Seconda questione nodale

Effetto performativo derivante dall’applica- zione della massima riportata

Riepilogo dei principali orientamenti riportati e relative conclusioni Premessi generalissimi cenni sulla disciplina del momento consumativo del reato Prima questione nodale

Ragionamen- to giuridico

Ragionamen- to giuridico

Possibile linea defensionale

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potrebbe risponderne nella sua forma tentata. Entrambi i reati sarebbero tra loro in concorso formale ex art. 81, comma primo, c.p.

In un’ottica difensiva si chiederà l’improcedibilità della tentata truffa per mancanza di querela

SVOLGIMENTO

Il caso prospettato esige la trattazione del delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.), del delitto di falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulle identità o su qualità personali proprie o di altri (art. 495 c.p.), nonché del delitto di truffa (art. 640 c.p.).

In ossequio a quanto richiesto dalla traccia occorre innanzitutto accennare brevemente al momento consumativo del reato.

Si ha consumazione del reato tutte le volte in cui il fatto posto in essere corrisponde interamente al tipo astratto delineato dalla legge in una norma incriminatrice speciale. Nel concetto di consumazione deve farsi rientrare anche l’elemento dell’offesa al bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice sicché un reato potrà dirsi consumato soltanto quando si sia verificata la lesione effettiva o potenziale. Parte della dottrina distingue poi tra perfezione e consumazione del reato: mentre il primo concetto indicherebbe il momento in cui sono venuti ad esistere tutti gli elementi strutturali che compongono la singola fattispecie legale, il secondo alluderebbe al momento in cui il reato già perfetto ha raggiunto la sua massima gravità concreta.

Il giudizio in merito all’avvenuta consumazione deve essere effettuato caso per caso in ragione dei diversi elementi strutturali indispensabili per l’esistenza delle varie fattispecie incriminatrici.

Così, nei reati di mera condotta, la consumazione coincide con la compiuta realizzazione dell’azione od omissione vietata; nei reati di evento in senso naturalistico, la consumazione presuppone, oltre al compimento dell’azione, anche il verificarsi dell’evento medesimo; nei reati permanenti, da ultimo, la consumazione richiede necessariamente il protrarsi nel tempo della condotta costitutiva.

Il momento consumativo segna l’esaurirsi dell’iter criminis, il quale nei reati dolosi passa di regola attraverso differenti fasi: 1) l’ideazione, che si svolge all’interno della psiche dell’agente e culmina nella risoluzione criminosa; 2) la preparazione, caratterizzata dalla predisposizione dei mezzi e della ricerca delle occasioni; 3) l’esecuzione, che coincide con la realizzazione del progetto criminoso; 4) la consumazione vera e propria del reato. Oltre che ai fini della definizione del tentativo, la determinazione del momento consumativo del reato assume rilievo anche sotto altri profili, tra cui: 1) l’individuazione della norma penale applicabile ai sensi dell’art. 2 c.p. in caso di successione di leggi penali nel tempo; 2) la determinazione del momento di inizio della decorrenza della prescrizione (art. 158 c.p.); 3) l’individuazione del giudice territorialmente competente (art. 8 c.p.p.); 4) l’applicabilità dell’amnistia e dell’indulto dal momento che normalmente tali provvedimenti di clemenza

Esordio:

individua- zione della

fattispecie incrimina- trice e delle

relative questioni ad essa connesse

Cenni sul momento consumativo del reato

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sono concessi limitatamente ai fatti consumati precedentemente alla data del decreto; 5) l’individuazione della legge applicabile nei casi di cui all’art.6 c.p.

Ciò premesso, è opportuno ora affrontare in dettaglio le problematiche connesse al quesito proposto.

È bene evidenziare che la condotta di Tizio configura un’ipotesi di falso ideologico, promanando la falsità non da una materiale attività di alterazione o di contraffazione (c.d. falsità materiale), ma dal contenuto menzognero del documento.

Si rinvengono nel Codice Penale due norme che astrattamente potrebbero attagliarsi alla fattispecie in esame: l’art. 483, che incrimina la falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico e l’art.495, che punisce la falsa attestazione o dichiarazione ad un pubblico ufficiale sull’identità o su qualità personali proprie o di altri. In particolare, l’art. 483 c.p. si riferisce solo ai falsi commessi in atto pubblico, l’art. 495 c.p. prevede espressamente nel capoverso l’estensione della pena anche alla falsità realizzata in una dichiarazione destinata ad essere riprodotta in un atto pubblico.

Nel caso di specie, il documento che riporta la falsa attestazione di Tizio non può considerarsi un atto privato ma un atto pubblico. Sul punto, la giurisprudenza consolidata ha stabilito che la nozione penalistica di atto pubblico è decisamente più ampia di quella prevista dal codice civile, rientrando in essa, per tradizionale orientamento della giurisprudenza, non solo i documenti redatti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede, ma anche tutti quegli atti compilati con le debite forme per uno scopo di diritto pubblico, inerente all’esercizio di un servizio e finalizzati a comprovare una determinata situazione di fatto ai fini dell’esercizio di una funzione pubblica (cfr., al riguardo, Cass. sez. V, 13 agosto 1998, n. 9358.

In definitiva, dal punto di vista penalistico, possono essere considerati

“pubblici” anche gli atti interni e meramente preparatori della pubblica amministrazione quando siano destinati ad avere una rilevanza esterna a seguito della riproduzione del loro contenuto da parte del pubblico ufficiale;

ciò si verifica anche nella fattispecie in esame, dove Tizio commette il falso in un atto (verosimilmente un’autocertificazione) prodromico rispetto all’emanazione da parte della pubblica amministrazione di ulteriori atti a rilevanza esterna (la graduatoria, il decreto di nomina), che il contenuto di quella certificazione dovrebbero fare propri.

È da approfondire il rapporto che intercorre tra l’art. 483 c.p. e l’art. 495 c.p.

A ben vedere, la prima norma punisce il falso quando si tratta di fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità; invece, la seconda norma disciplina il falso quando si tratta di dichiarazioni inerenti all’identità, allo stato ed altra qualità della propria o dell’altrui persona. Inoltre il rapporto tra le due norme si fonda in maniera evidente anche sul concetto di identità o qualità personali (elementi specializzanti) che è, in definitiva, il vero punto di discrimine tra le due figure di reato e che giustifica, anche sul piano sistematico, la loro inclusione in capi diversi (rispettivamente, falsità in atti e falsità personale), del titolo dedicato ai delitti contro la fede pubblica. Infatti, si può evincere

Prima ipotesi di reato configurabile:

il falso ideologico

Nozione penalistica di atto pubblico

Argomento che si ricava dall’interpre- tazione estensiva del concetto di atto pubblico

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che mentre l’art. 483 c.p. individua l’ampio genus del falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico, la previsione di cui all’art. 495 è più ristretta, delimitata, attenendo a quella particolare ipotesi di falso ideologico, che si configura nella dichiarazione o attestazione a un pubblico ufficiale di identità o su qualità proprie o altrui.

Quindi risulta fondamentale stabilire se l’agente abbia o meno indirizzato il mendacio sulla propria identità o su qualità personali, perché solo in questo caso egli risponderebbe del reato di cui all’art. 495 c.p.

Nonostante il silenzio della traccia, può ritenersi verosimile che Tizio all’atto della domanda di partecipazione al concorso abbia mentito sulle proprie qualità personali.

Segnatamente, se è chiaro il concetto di identità, che attiene ai dati anagrafici di un soggetto e che assume, quindi, un contenuto prettamente burocratico, più problematica è invece l’enucleazione del concetto di qualità personali richiesto dalla norma.

A tale proposito, la giurisprudenza ha precisato che nella nozione di qualità personali rientrano quegli attributi e modi di essere che servono ad integrare l’individualità di un soggetto. Al riguardo, si deve distinguere tra qualità primarie, quali sono quelle concernenti lo stato civile delle persone e altre qualità che pure contribuiscono ad identificare le persone, quali la professione, la dignità, il grado accademico, l’ufficio pubblico ricoperto, una precedente condanna e simili (Cass., sez. V, 15 aprile 1998, n. 4426).

Alla luce di ciò, anche il titolo di studio o, comunque, il possesso di alcuni requisiti che valgano a dare una particolare connotazione al soggetto sul piano professionale debbono essere considerate “qualità personali”.

Pertanto, sembrerebbe che nella vicenda in esame Tizio, nell’attestare falsamente il possesso dei requisiti richiesti per la partecipazione al concorso, abbia in realtà attestato falsamente di possedere qualità personali. Infatti, i requisiti per la partecipazione ai concorsi pubblici attengono generalmente o a particolari status soggettivi di contenuto pubblicistico (l’età, la cittadinanza italiana, il godimento di diritti politici) o a titoli di studio o, infine, a condizioni che qualificano il soggetto rispetto a determinati parametri quali l’onestà, la correttezza, la capacità lavorativa.

Nello svolgimento del mandato difensivo, quindi, occorrerà fare presente al cliente che la fattispecie astratta che potrà essergli contestata sarà quella di cui all’art. 495 del codice penale, che prevede, rispetto all’art.483 del codice penale, un pena massima edittale più alta, ossia la reclusione fino a sei anni invece della reclusione fino a due.

È poi pacifico in giurisprudenza che il reato di falsa dichiarazione a un pubblico ufficiale sulle proprie qualità personali, destinata ad essere riprodotta in un atto pubblico, di cui all’art. 495, secondo comma, c.p., si consuma nel momento in cui le false dichiarazioni vengono rese, indipendentemente dalle circostanze che il pubblico ufficiale possa accertare o meno la qualità personale del dichiarante, ovvero che il pubblico ufficiale, - constatata la falsità delle dichiarazioni – non le inserisca nell’atto o le inserisce con la menzione delle opportune verifiche (Cass. pen., 26 settembre 2003, n. 41710).

Argomento che si ricava dall’interpre- tazione sistematica

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Recentemente una corte di merito ha ribadito che il delitto di cui all’art. 495 c.p. è istantaneo e si consuma nel momento in cui l’agente rende al pubblico ufficiale la dichiarazione/attestazione sulla propria identità, con la conseguenza che ciascuna dichiarazione mendace integra il delitto di cui all’art. 495 c.p. (C. App. Torino, 12 ottobre 2009, n. 3131).

Ci si trova di fronte, quindi, a un reato che, secondo una tradizionale distinzione dottrinale, potrebbe definirsi di “pura condotta”, che si perfeziona cioè con il mero compimento della condotta delittuosa a prescindere del verificarsi di un evento fisico ulteriore. In tale novero di reati, la lesione del bene giuridico tutelato è già realizzata con la mera azione od omissione.

Questa distinzione incide non solo sul momento consumativo del reato, ma anche sulla configurabilità del tentativo, che è generalmente ammissibile per i reati di danno, ma diviene logicamente inconciliabile nei reati di pericolo.

Passando all’individuazione dei vari elementi del reato di truffa, si deve rilevare che gli stessi sono stati tutti integrati dalla condotta di Tizio, ad eccezione dell’ingiusto profitto ed è ciò che, appunto, arresta la sua punibilità alla stadio del tentativo.

Tizio, infatti, non è stato mai assunto in servizio e, quindi, non ha mai conseguito il vantaggio patrimoniale richiesto per integrare il reato di cui all’art. 640 del Codice Penale. La sua condotta, tuttavia, era sicuramente idonea ad indurre in errore il funzionario pubblico con l’artifizio consistito nella falsa attestazione, che era in equivocamente diretta a conseguire l’ingiusto profitto dato dall’assunzione non meritata.

Qualche considerazione, va anche fatta sull’ulteriore elemento costitutivo richiesto dall’art. 640 del Codice Penale, ossia l’altrui danno. Tale requisito, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, deve avere un contenuto eminentemente patrimoniale, e ciò anche nella fattispecie tentata, dove gli atti devono essere, oltre che idonei, diretti in modo non equivoco ad ottenere l’arricchimento del “deceptor” (= ingannatore) con conseguente depauperamento del “deceptus” (= ingannato).

La necessaria patrimonialità del danno è stata, peraltro, ribadita dalla giurisprudenza anche nel caso in cui la truffa sia commessa ai danni dello stato o di altro ente pubblico, nel qual caso l’art. 640 comma 2 n. 1, c.p.

prevede un aggravamento di pena e la procedibilità d’ufficio. Anche in tale evenienza, infatti, occorre l’effettiva costituzione del rapporto impiegatizio, cui consegue, in ragione della naturale sinallagmaticità di tale rapporto, un esborso di somme non dovute da parte dell’ente, a nulla rilevando la lesione di interessi non patrimoniali, quali il prestigio, il buon andamento e l’efficienza della pubblica amministrazione.

Pertanto, si configurerà nel caso di specie un’ipotesi di concorso formale eterogeneo, in quanto il soggetto con un’unica azione viola più disposizioni di legge; ciò comporterà l’applicazione ai sensi dell’art. 81 del Codice Penale della pena prevista per il reato più grave aumentata fino al triplo.

Per delineare un’efficace strategia difensiva a favore di Tizio occorrerebbe da ultimo accertare il tipo di concorso per il quale è stata presentata la falsa attestazione perché, in relazione a tale esito, potrebbe mutare anche la

Reato di pura condotta

Il reato di truffa tentata

Linea difensiva

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persona offesa dal reato di truffa, con le conseguenze che ne scaturiscono in tema di procedibilità dell’azione penale.

Invero, qualora, scoperto il falso, l’ente fosse stato costretto a ripetere la procedura di selezione dei candidati, ciò avrebbe evidentemente determinato conseguenze di carattere patrimoniale in capo allo stesso, costretto ad affrontare i costi relativi alla ripetizione delle prove di esame.

Se, invece, mutasse soltanto l’identità dei vincitori, e non risultasse necessario bandire un nuovo concorso, si potrebbe ragionevolmente sostenere che il soggetto passivo del reato sarebbe soltanto il primo dei canditati esclusi e non la pubblica amministrazione per la quale non fa alcuna differenza che l’assegnatario del posto (e del relativo stipendio) sia Tizio, autore della falsa attestazione, o colui che sarebbe dovuto subentrare al primo nel caso in cui non vi fosse stata la sua condotta fraudolenta.

In definitiva, qualora si verifichi questa situazione di fatto, la P.A.

procederebbe pur sempre all’assunzione dello stesso numero di impiegati e alla corresponsione dello stesso ammontare di emolumenti, per cui non residuerebbe a suo carico un detrimento patrimoniale, ma al più un danno non patrimoniale collegato alla turbativa dell’efficienza e del buon andamento della pubblica amministrazione.

Ciò determinerebbe conseguenze in ordine alla sussistenza della condizione di procedibilità richiesta per il delitto di truffa, considerato che, ove la persona offesa fosse un privato e la denuncia (rectius querela) di cui alla traccia non provenisse da questi, difetterebbe tale imprescindibile presupposto per configurare la tentata truffa a carico di Tizio.

In considerazione di quanto rilevato, pare ragionevole ritenere che Tizio possa essere ritenuto responsabile per il reato di cui all’art. 495 c.p. in concorso con il reato di truffa di cui all’art. 640 c.p. nella sua forma tentata (art. 56 c.p.); una possibile linea defensionale è quella di ritenere improcedibile il delitto di tentata truffa nell’ipotesi in cui si consideri persona offesa il primo degli esclusi nel concorso e non la pubblica amministrazione.

Considera- zioni conclusive della linea difensiva

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4.3. Guida e svolgimento di un parere assegnato agli esami nel 2010.

Nella seguente traccia il candidato deve analizzare diverse figure criminose astrattamente poste in essere con più condotte. La soluzione dipenderà dall’adesione ai diversi orientamenti giurisprudenziali rinvenuti nei codici annotati.

SUCCESSIONE DI LEGGI PENALI NEL TEMPO - CONCORSO FORMALE E REATO CONTINUATO -

MINACCIA - ATTI PERSECUTORI; MOLESTIA O DISTURBO ALLE PERSONE

TRACCIA

Tizio, in passato fidanzato di Caia, non accettando la fine della relazione sentimentale decisa dalla donna, e desideroso di continuare ad incontrarla, iniziava a seguirne sistematicamente gli spostamenti quando Caia usciva per andare a lavoro ovvero per attendere alle ordinarie attività quotidiane.

Lungo la strada la molestava cercando di fermarla e di parlarle, dicendole che non intendeva allontanarsi da lei.

Iniziava altresì a farle continue telefonate, anche notturne, ed ad inviarle sms telefonici contenenti vere e proprie minacce di danno alle cose finalizzate ad ottenere una ripresa delle frequentazioni tra i due.

Le condotte moleste e persecutorie avevano inizio nel novembre 2008.

Caia, esasperata per la situazione, dapprima cambiava alcune delle proprie abitudini di vita per sottrarsi agli incontri con Tizio; poi alla metà di Marzo 2009 decideva di sporgere querela contro Tizio.

Tizio decideva quindi di recarsi da un avvocato per conoscere le possibili conseguenze della propria condotta.

Il candidato, assunte le vesti del legale di Tizio, rediga parere motivato, illustrando le fattispecie configurabili nel caso di specie, con particolare riguardo alla tematica della successione delle leggi penali nel tempo e agli istituti del reato abituale e continuato.

RIFERIMENTI NORMATIVI

Art. 25 Cost.

Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge.

Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso.

Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge.

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Art. 11 Preleggi Efficacia della legge nel tempo La legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo.

I contratti collettivi di lavoro possono stabilire per la loro efficacia, una data anteriore alla pubblicazione, purché non preceda quella della stipulazione.

Art. 2 c.p. Successione di leggi penali

Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato.

Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali.

Se vi è stata condanna a pena detentiva e la legge posteriore prevede esclusivamente la pena pecuniaria, la pena detentiva inflitta si converte immediatamente nella corrispondente pena pecuniaria, ai sensi dell’articolo 135.

Se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile.

Se si tratta di leggi eccezionali o temporanee, non si applicano le disposizioni dei capoversi precedenti.

Le disposizioni di questo articolo si applicano altresì nei casi di decadenza e di mancata ratifica di un decreto-legge e nel caso di un decreto-legge convertito in legge con emendamenti.

Art. 81 c.p. Concorso formale. Reato continuato

È punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata sino al triplo chi con una sola azione od omissione viola diverse disposizioni di legge ovvero commette più violazioni della medesima disposizione di legge.

Alla stessa pena soggiace chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge.

Nei casi preveduti da quest’articolo, la pena non può essere superiore a quella che sarebbe applicabile a norma degli articoli precedenti.

Fermi restando i limiti indicati al terzo comma, se i reati in concorso formale o in continuazione con quello più grave sono commessi da soggetti ai quali sia stata applicata la recidiva prevista dall’articolo 99, quarto comma, l’aumento della quantità di pena non può essere comunque inferiore ad un terzo della pena stabilita per il reato più grave.

Art. 612 c.p. Minaccia.

Chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a 51 euro.

Se la minaccia è grave, o è fatta in uno dei modi indicati nell’articolo 339, la pena è della reclusione fino a un anno e si procede d’ufficio.

Art. 612 bis c.p. Atti persecutori

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da

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relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.

La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.

La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.

Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.

Art. 660 c.p. Molestia o disturbo alle persone.

Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a 516 euro.

GIURISPRUDENZA PERTINENTE ALLA SOLUZIONE DEL CASO PROSPETTATO

Cass., sez. V, 21 gennaio 2010, n. 6417

Integrano il delitto di atti persecutori, di cui all’art. 612-bis c.p., anche due sole condotte di minaccia o di molestia, come tali idonee a costituire la reiterazione richiesta dalla norma incriminatrice.

Cass. sez. V, 5 luglio 2010, n. 25527

Anche due soli episodi di minaccia o molestia possono valere ad integrare il reato di atti persecutori previsto dall’art. 612 bis c.p., se abbiano indotto un perdurante stato di ansia o di paura nella vittima, che si sia vista costretta a modificare le proprie abitudini di vita, come è in realtà avvenuto nel caso di specie, che ha visto la parte lesa costretta perfino a cambiare casa e città per eludere la pressione indotta dal coniuge, che tuttavia aveva rintracciato la nuova abitazione, manifestandolo alla moglie separata con il macabro segno di un cappio appeso dietro la porta di casa.

Trib. Reggio Emilia, GIP 10 aprile 2009

È esclusa la rilevanza penale delle condotte antecedenti all’introduzione della specifica incriminazione.

(G.i.p. Reggio Emilia 10 aprile 2009, secondo cui: «il delitto di atti persecutori contemplato dall’art. 612-bis c.p. (disposizione a sua volta introdotta nell’ordinamento dal d.l. n. 11 del 2009) introduce una serie di eventi materiali quale conseguenza delle condotte «tradizionali» di minaccia e molestia e, soprattutto, compone e unifica queste ultime nel quadro di un reato abituale che, in quanto tale, acquisisce un disvalore penale del tutto nuovo ed autonomo; richiedendosi dunque esplicitamente come elemento costitutivo della nuova e più grave fattispecie la ripetizione nel tempo delle condotte di aggressione, la norma può applicarsi esclusivamente agli episodi commessi dopo la sua entrata in vigore, avvenuta il 25 febbraio 2009»).

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Trib. Milano 17 aprile 2009

Il reato di “stalking” art. 612 bis c.p. inserito dal D.L. 23 febbraio 2009, convertito in legge il 23 aprile 2009 n. 38 – ha natura abituale, e deve ritenersi commesso dopo l’entrata in vigore del D.L. medesimo qualora anche un solo atto di minaccia o molestie sia compiuto dopo quel momento, e sempre che vi siano tutti gli elementi costitutivi previsti, anche grazie ad atti precedenti all’ultimo ad essi legato da un vincolo di abitualità. Ne consegue che il nuovo reato, senza alcuna violazione del principio di irretroattività della legge penale può applicarsi in relazione a condotte poste in essere reiteratamente in parte prima e in parte dopo la sua introduzione.

Trib. Grosseto, GIP 23 aprile 2009

Deve attribuirsi valore, nel valutare il contesto complessivo in cui la condotta persecutoria viene attirata e si sviluppa, anche ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore del decreto legge.

SCHEMA DEL PARERE MOTIVATO

Esordio: individuare la tematica oggetto del parere e le fattispecie incriminatici rilevanti nella traccia: il reato di atti persecutori ex art. 612 bis c.p. e gli istituti della successione di leggi penali nel tempo, del reato abituale e del reato continuato.

La traccia non richiede premessi brevi cenni sugli istituti ma l’illustrazione delle fattispecie configurabili con particolare riguardo alla tematica della successione delle leggi penali nel tempo e agli istituti del reato abituale e continuato. Sarà pertanto opportuno, prima di affrontare la questione centrale del parere, soffermarsi sui suddetti istituti evidenziandone: definizione, disciplina normativa, ratio e caratteristiche.

Questione centrale (punto nodale: occorre accertare se il proprio assistito abbia tenuto un comportamento penalmente rilevante e a che titolo) appurare se e a che titolo Tizio possa essere chiamato a rispondere per le condotte realizzate a partire dal novembre del 2008 ma denunciate da Caia a metà marzo 2009

Analisi del reato che rileva nella traccia (il candidato deve individuare la possibile imputazione che potrebbe essere formulata a carico del proprio assistito e analizzarla in tutti i suoi elementi): la pubblica accusa potrebbe contestare a Tizio il reato di atti persecutori ex art. 612 bis c.p. Analisi del reato e individuazione della giurisprudenza correlata

Primo orientamento giurisprudenziale (si riporta in forma indiretta la principale massima individuata nei codici commentati) Trib. Reggio Emilia GIP 10 aprile 2009

Parte motiva o argomentativa (si inseriscono le motivazioni cioè i

In questa parte si indicano le questioni implicate nella vicenda descritta

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fondamenti logico giuridici della giurisprudenza sopra indicata) Argomentare dal principio di irretroattività della norma sfavorevole al reo, dal tempus commissi delicti

Conseguenza (indicare l’effetto pratico dell’applicazione al caso concreto della giurisprudenza richiamata) Tizio potrà essere ritenuto responsabile del reato di molestie punto dall’art. 612 c.p. e del reato di minacce ex art. 660 c.p.

Secondo orientamento giurisprudenziale (si riporta in forma indiretta la principale massima individuata nei codici commentati) Trib. Grosseto GIP 23 aprile 2009

Parte motiva o argomentativa (si inseriscono le motivazioni cioè i fondamenti logico giuridici della giurisprudenza sopra indicata) Argomentare dal tempo del commesso reato,dalla natura del reato abituale e dalle sue caratteristiche.

Conseguenza (indicare l’effetto pratico dell’applicazione al caso concreto della giurisprudenza richiamata) Tizio potrà essere chiamato a rispondere solo del reato di stalking ex art. 612 bis c.p.

Soluzione (si riepilogano gli orientamenti principali richiamati nel parere e le rispettive soluzioni) se il giudice adito dovesse seguire il primo orientamento Tizio sarà ritenuto responsabile del reato di stalking e dei reati di molestie e minacce uniti dal vincolo della continuazione ex art. 81 c.p.

Qualora invece il giudicante dovesse aderire al secondo orientamento condannerà Tizio per il solo reato di “atti persecutori” ex art. 612 bis.

SVOLGIMENTO

Il caso prospettato nel parere richiede l’approfondimento delle tematiche della successione delle leggi penali nel tempo, della categoria dei reati c.d.

abituali, nonché dell’istituto del reato continuato con particolare riferimento al reato di stalking.

Si ha successione di leggi quando una nuova legge modifichi o introduca ex novo una fattispecie delittuosa.

La materia dell’efficacia nel tempo delle norme penali è regolamentata a livello costituzionale dall’art. 25 2° comma Cost. che sancisce il principio di irretroattività. Quest’ultimo, che trova un generale riferimento nell’art. 11 della Preleggi, fa divieto di applicare la norma penale a fatti commessi prima della sua entrata in vigore. Ratio di tale principio è quella di garanzia del favor libertatis.

A livello di legge ordinaria, referente normativo è l’art. 2 c.p. che prevede e disciplina varie ipotesi successorie; esse sono: la nuova incriminazione prevista dal 1° comma art. 2 c.p., l’abolitio criminis ex 2° comma art. 2 c.p. ed infine la successione di norme meramente modificative ex art. 2, 4° comma, c.p.

Esordio:

individua- zione delle tematiche rilevanti

1 Successione di leggi penali nel tempo

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Tra le problematiche maggiormente dibattute all’interno del capitolo della successione di leggi penali nel tempo vi è quella dell’individuazione del

“tempus commissi delicti” con particolare riferimento ai c.d. reati di durata: infatti, l’esatta perimetrazione del momento consumativo del reato assume una fondamentale importanza al fine di dare soluzione ai problemi successori, tutte le volte in cui la condotta si protrae lungo un arco temporale apprezzabile.

La categoria dei reati di durata, cui si contrappone quella dei reati istantanei, ricomprende i reati permanenti, i reati ad azione c.d. prolungata ed infine i reati abituali.

Il reato abituale è un istituto di creazione dottrinale che si configura tutte le volte in cui, per la venuta ad esistenza di un fatto criminoso, la legge richiede la reiterazione di più condotte identiche ed omogenee.

La dottrina distingue fra reato abituale proprio, che consiste nella reiterazione di condotte che considerate singolarmente non sono punibili, e reato abituale improprio, in cui le singole condotte costituiscono già di per sé reato.

Nella categoria dei reati di durata non è invece ricompreso il reato continuato disciplinato dall’art. 81 c.p. la cui funzione è quella di introdurre un trattamento penale più mite che trova la sua ratio nella considerazione che la riprovevolezza complessiva dell’agente viene ritenuta minore rispetto ai normali casi di concorso. I suoi requisiti costitutivi sono: il medesimo disegno criminoso, più violazioni di legge, la pluralità di azioni od omissioni.

Ciò posto, il punto nodale del parere consiste nell’appurare se e a che titolo Tizio possa essere chiamato a rispondere per le condotte specificamente indicate nella traccia, realizzate a partire dal novembre 2008 ma denunciate da Caia nella metà del mese di marzo 2009.

La pubblica accusa potrebbe innanzitutto ritenere Tizio responsabile del reato previsto e punito dall’art. 612 bis c.p. rubricato “atti persecutori” (c.d.

“stalking”).

Tale norma, introdotta nel codice penale con il D.L. n. 11 del 25 febbraio 2009, convertito in legge n. 39 del 2009, sanziona il comportamento di chi con condotte reiterate minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante stato d’ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di una persona cara ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.

Lo “stalking”, collocato all’interno del titolo XII del libro II dedicato ai delitti contro la persona, mira a tutelare la libertà morale come facoltà del soggetto di autodeterminarsi ed è posto altresì a presidio di ulteriori beni giuridici attinenti alla sfera della salute della persona.

Il termine deriva dall’inglese gergale della caccia: “to stalk”, che significa appostarsi nell’ombra, controllare ogni movimento della preda, inseguirla furtivamente. Questa denominazione esprime efficacemente la condotta posta in essere dal c.d. stalker, che è quanto mai varia ma che conosce come costanti le condotte di pedinamento e controllo.

Infatti, gli eventi che la condotta incriminata può produrre consistono nell’aver causato un’alterazione delle proprie abitudini di vita, nell’aver

2 Reato abituale

3 Reato continuato

Punto nodale

Fattispecie incrimi- natrice contestabile a Tizio art.

612 bis

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cagionato un perdurante grave stato di ansia o di paura ovvero nell’aver ingenerato un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona legata alla vittima da relazione affettiva. Si ritiene pertanto che la fattispecie in questione tuteli una fascia composita di interessi individuali non necessariamente omogenei e può catalogarsi come reato eventualmente plurioffensivo.

La condotta tipica è costituita dalla reiterazione di minacce o molestie tali da provocare nella vittima disagi psichici ovvero un’alterazione delle proprie abitudini di vita.

Elemento soggettivo è il dolo generico che ricomprende la rappresentazione e volontà di tutte le componenti della fattispecie tipica. È pertanto reato abituale caratterizzato dalla pluralità e dalla reiterazione delle condotte.

Dall’analisi degli elementi fattuali che emergono dalla traccia può affermarsi che il comportamento di Tizio, consistente nel seguire sistematicamente Caia, molestandola e tempestandola di continue telefonate e messaggi contenenti vere e proprie minacce di danno alle cose così da costringerla a cambiare alcune abitudini di vita, integra in astratto il delitto ex art. 612 bis c.p.

Va tuttavia osservato che Tizio ha realizzato diverse condotte moleste e persecutorie che avevano inizio nel novembre 2008. La traccia però non chiarisce quali e quante di queste siano state poste in essere successivamente all’entrata in vigore della norma incriminatrice del reato di stalking, avvenuta il 25 febbraio 2009, considerato inoltre che soltanto pochi giorni dopo, precisamente nella metà del marzo 2009, Caia sporgeva querela.

Riservando alla seconda parte del presente elaborato la trattazione e la valutazione di quanto commesso da Tizio prima del 25 febbraio 2009, occorre rilevare che nel silenzio della traccia possono prospettarsi due ipotesi:

la prima, che Tizio abbia posto in essere, successivamente all’entrata in vigore della norma, più condotte persecutorie; la seconda, che ne abbia realizzato una sola, ma delle stessa tipologia delle altre commesse precedentemente all’entrata in vigore della norma incriminatrice.

Passando ad affrontare la prima ipotesi, non emergono particolari problemi interpretativi, atteso che risulta evidente che Tizio con i suoi reiterati comportamenti ha integrato in tutti i suoi elementi la fattispecie incriminatrice de qua e pertanto risponderà di stalking.

Per verificare la sussistenza o meno di una “abitualità” nelle condotte dallo stesso realizzate, si potrà poi tenere conto di quanto affermato sul punto dalla Suprema Corte la quale ha precisato che integrano il delitto di stalking anche due sole condotte di minaccia o di molestia, come tali idonee a costituire la reiterazione richiesta dalla norma incriminatrice (Cass., n. 6417/2010; Cass., n. 25527/2010).

Ciò posto, il problema più delicato si avrebbe invece nella seconda ipotesi sopra prospettata, ove si dovesse ritenere che nel periodo successivo all’entrata in vigore della norma Tizio abbia commesso soltanto una condotta persecutoria, che potrà valutarsi però in relazione con le altre poste in essere in data antecedente all’entrata in vigore della norma penale di cui all’art. 612 bis c.p.

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Sullo specifico punto è intervenuta la giurisprudenza di merito, la quale ha recentemente affermato che il reato di “stalking” ha natura abituale, e deve ritenersi commesso dopo l’entrata in vigore del D.L. medesimo qualora anche un solo atto di minaccia o molestie sia compiuto dopo quel momento, e sempre che vi siano tutti gli elementi costitutivi previsti, anche grazie ad atti precedenti all’ultimo ad essi legato da un vincolo di abitualità. Ne consegue che il nuovo reato, senza alcuna violazione del principio di irretroattività della legge penale può applicarsi in relazione a condotte poste in essere reiteratamente in parte prima e in parte dopo la sua introduzione (Trib.

Milano 17 aprile 2009).

Il fondamento logico-giuridico di tale opzione interpretativa è da rintracciarsi nella natura abituale della fattispecie incriminatrice ex art. 612 bis c.p. nel senso che le condotte poste in essere dall’agente antecedentemente alla vigenza della norma si saldano alle successive come segmenti del medesimo reato così da risultarne assorbite.

Inoltre, tale impostazione riprende quell’orientamento giurisprudenziale che fissa il tempo del commesso reato nel primo atto che unitamente al precedente integra il reato abituale.

Nello stesso alveo si inserisce un ulteriore arresto giurisprudenziale secondo il quale deve attribuirsi valore, nel valutare il contesto complessivo in cui la condotta persecutoria viene attirata e si sviluppa, anche ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore del decreto legge (Trib. Grosseto, G.I.P. 23 Aprile 2009).

Ragionando in questi termini, pertanto, a Tizio potrà essere contestato il solo reato di stalking con riferimento a tutti gli episodi criminosi dallo stesso realizzati sia prima che dopo il 24 febbraio 2009.

A questo punto, occorre chiedersi, ancora, se per gli atti molesti e persecutori commessi dal novembre 2008 al 24 febbraio 2009, ossia fino all’introduzione dell’art. 612 bis c.p., Tizio sia punibile e a che titolo.

Invero, alla luce dei dati forniti dalla traccia non può dubitarsi che lo stesso abbia perpetrato più azioni che costituiscono la fattispecie tipica del reato di minacce, punito dall’art. 612 c.p. nonchè quello di molestie, ex art. 660 c.p.

In particolare, risponderà del reato di cui all’art. 612 c.p. per le minacce di danno alle cose rivolte all’ex fidanzata Caia e del reato contravvenzionale di cui all’art. 660 c.p. rubricato “molestia o disturbo alle persone” per aver arrecato alla stessa molestia o disturbo in luogo pubblico o aperto al pubblico ovvero col mezzo del telefono per petulanza o per altro biasimevole motivo, seguendo i suoi spostamenti in modo pressante ed importunandola col mezzo telefonico e con l’invio di sms.

Tali atti, comunque, ove non si volesse aderire all’orientamento giurisprudenziale di merito prima citato, manterranno una rilevanza penale autonoma e resteranno punibili in concorso o eventualmente in continuazione, con gli illeciti che si considerano configurabili per le condotte successive al 24 febbraio 2009 (stalking, se ricorre l’abitualità, nuovamente minacce o molestie laddove non si ritenga applicabile l’art. 612 bis c.p.).

Deve al riguardo precisarsi che tra tutti gli illeciti sopra descritti potrà

Parte argomen-

tativa

Conse- guenze Massima di rinforzo

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ravvisarsi il vincolo della continuazione, con il conseguente trattamento di favore per l’assistito, non ostando a ciò la nuova incriminazione. Ciò poiché il reato continuato, per la dottrina maggioritaria, si considera unitario soltanto quoad poenam, senza che su di esso possano incidere fenomeni di tipo successorio.

I singoli reati avvinti dal medesimo disegno criminoso, infatti, mantengono la loro autonomia che viene meno soltanto sotto l’aspetto sanzionatorio.

Alla luce delle pregresse considerazioni può pertanto concludersi che se il giudice adito dovesse seguire il primo orientamento condannerà Tizio per il solo reato di “atti persecutori” ex art. 612 bis.

Qualora invece il giudicante dovesse aderire al secondo orientamento richiamato lo riterrà responsabile sia dei reati di molestie e minacce sia del reato di stalking, tutti uniti dal vincolo della continuazione ex art. 81 c.p.

Conclusioni

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4.4.Guida e svolgimento di un parere assegnato agli esami nel 2010.

Nella seguente traccia il candidato deve analizzare diverse figure criminose astrattamente poste in essere con più condotte. La soluzione dipenderà dall’adesione ai diversi orientamenti giurisprudenziali rinvenuti nei codici annotati.

DELITTO TENTATO - CONCORSO FORMALE E REATO CONTINUATO - CAPACITÀ DI INTENDERE E DI VOLERE - UBRIACHEZZA ABITUALE - CRONICA INTOSSICAZIONE DA ALCOOL O DA SOSTANZE STUPEFACENTI - MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA O VERSO FANCIULLI - LESIONE PERSONALE - RAPINA -

ESTORSIONE

TRACCIA

Caio, alcolista, al fine di procurarsi denaro per l’acquisto di vino e liquori, minacciava la madre Mevia e il padre Tizio di mettere a soqquadro la casa al fine di farsi consegnare il denaro.

Nonostante il diniego dei genitori, riusciva ad impossessarsi di € 200,00, denaro contenuto nel cassetto del comodino della camera da letto dei genitori. Quindi, al fine di uscire di casa con il denaro, vincendo l’opposizione del padre, si scagliava contro quest’ultimo facendolo cadere a terra e procurandogli delle escoriazioni ad un braccio.

La madre Mevia non assisteva all’aggressione perché, affranta per la situazione, si era ritirata in cucina.

I genitori, esasperati per la situazione, essendosi fatti analoghi ripetuti anche in passato, sporgevano denuncia nei confronti del figlio.

Il candidato assunte le vesti del legale di Caio, rediga motivato parere, analizzando la fattispecie configurabile nel caso esposto, con particolare riguardo alla individuazione delle parti offese ed alle conseguenze sanzionatorie.

RIFERIMENTI NORMATIVI

Art. 14 Preleggi Applicazione delle leggi penali ed eccezionali

Le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati

Art. 56 c.p. Delitto tentato

Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica.

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Il colpevole del delitto tentato è punito: con la reclusione non inferiore a dodici anni, se la pena stabilita è l’ergastolo; e, negli altri casi, con la pena stabilita per il delitto, diminuita da un terzo a due terzi.

Se il colpevole volontariamente desiste dall’azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per sé un reato diverso.

Se volontariamente impedisce l’evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato, diminuita da un terzo alla metà.

Art. 81 c.p. Concorso formale. Reato continuato

È punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata sino al triplo chi con una sola azione od omissione viola diverse disposizioni di legge ovvero commette più violazioni della medesima disposizione di legge.

Alla stessa pena soggiace chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge.

Nei casi preveduti da quest’articolo, la pena non può essere superiore a quella che sarebbe applicabile a norma degli articoli precedenti.

Fermi restando i limiti indicati al terzo comma, se i reati in concorso formale o in continuazione con quello più grave sono commessi da soggetti ai quali sia stata applicata la recidiva prevista dall’articolo 99, quarto comma, l’aumento della quantità di pena non può essere comunque inferiore ad un terzo della pena stabilita per il reato più grave.

Art. 85 c.p. Capacità d’intendere e di volere

Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile.

È imputabile chi ha la capacità d’intendere e di volere.

Art. 94 c.p.

Quando il reato è commesso in stato di ubriachezza, e questa è abituale, la pena è aumentata. Agli effetti della legge penale, è considerato ubriaco abituale chi è dedito all’uso di bevande alcooliche e in stato frequente di ubriachezza. L’aggravamento di pena stabilita nella prima parte di questo articolo si applica anche quando il reato è commesso sotto l’azione di sostanze stupefacenti da chi è dedito all’uso di tali sostanze.

Art. 95 c.p. Cronica intossicazione da alcool o da sostanze stupefacenti Per i fatti commessi in stato di cronica intossicazione prodotta da alcool ovvero da sostanze stupefacenti, si applicano le disposizioni contenute negli articoli 88 e 89.

Art. 572 Maltrattamenti in famiglia o verso i fanciulli

Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, maltratta una persona della famiglia, o un minore degli anni quattordici, o una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a otto anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a venti anni.

(21)

Art. 582 c.p. Lesione personale

Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni

Se la malattia ha una durata non superiore ai venti giorni e non concorre alcuna delle circostanze aggravanti prevedute dagli articoli 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel numero 1 e nell’ultima parte dell’articolo 577, il delitto è punibile a querela della persona offesa

Art. 628 c.p. Rapina

Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, è punito con la reclusione da tre a dieci anni e con la multa da 516 euro a 2.065 euro.

Alla stessa pena soggiace chi adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a sé o ad altri l’impunità.

La pena è della reclusione da quattro anni e sei mesi a venti anni e della multa da 1.032 euro a 3.098 euro:

1) se la violenza o minaccia è commessa con armi o da persona travisata, o da più persone riunite;

2) se la violenza consiste nel porre taluno in stato di incapacità di volere o di agire;

3) se la violenza o minaccia è posta in essere da persona che fa parte dell’associazione di cui all’articolo 416-bis.

3-bis) se il fatto è commesso nei luoghi di cui all’articolo 624-bis.

3-ter) se il fatto è commesso all’interno di mezzi di pubblico trasporto.

3-quater) se il fatto è commesso nei confronti di persona che si trovi nell’atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro.

Le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall’articolo 98, concorrenti con le aggravanti di cui al terzo comma, numeri 3), 3-bis), 3-ter) e 3-quater), non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall’aumento conseguente alle predette aggravanti.

Art. 629 c.p. Estorsione

Chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da 516 euro a 2.065 euro.

La pena è della reclusione da sei a venti anni e della multa da 1.032 euro a 3.098 euro, se concorre taluna delle circostanze indicate nell’ultimo capoverso dell’articolo precedente.

Art. 649 c.p. Non punibilità e querela della persona offesa, per fatti commessi a danno di congiunti

Non è punibile chi ha commesso alcuno dei fatti preveduti da questo titolo in danno:

1) del coniuge non legalmente separato

2) di un ascendente o discendente o di un affine in linea retta, ovvero dell’adottante o dell’adottato;

3) di un fratello o di una sorella che con lui convivano.

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