• Non ci sono risultati.

Il contenuto molto alto in glutamina e prolina, due amminoacidi, nelle gliadine e nelle glutenine del grano, come nelle ordeine e secaline di orzo e segale, giocano un ruolo cruciale nella patogenesi di celiachia

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Il contenuto molto alto in glutamina e prolina, due amminoacidi, nelle gliadine e nelle glutenine del grano, come nelle ordeine e secaline di orzo e segale, giocano un ruolo cruciale nella patogenesi di celiachia"

Copied!
7
0
0

Testo completo

(1)

INTRODUZIONE

Le linee guida stilate dall’ESPGHAN (European Society for Paediatric Gastroenterology, Hepatology, and Nutrition) per la diagnosi ed il trattamento della malattia celiaca non sono state rinnovate per venti anni. Durante questo periodo, la percezione della celiachia è passata da quella di enteropatia poco frequente a comune malattia multiorgano con una forte predisposizione genetica.

In precedenza identificata come intolleranza permanente al glutine che si manifesta in soggetti geneticamente predisposti, la malattia celiaca viene oggi definita come malattia sistemica immuno-mediata innescata dal glutine e dalle prolammine ad esso collegate in individui geneticamente suscettibili e caratterizzata dalla presenza di una combinazione variabile di manifestazioni cliniche glutine dipendenti, anticorpi specifici (anti tranglutaminasi tipo 2, antiendomisio e forme deamidate di peptidi del glutine), aplotipi HLA-DQ2 o DQ8 ed enteropatia (1). Pertanto, la patogenesi della malattia celiaca contempla interazioni tra fattori genetici, immunologici ed ambientali.

Il glutine è la frazione proteica principale del frumento e di altri cereali, quali l’orzo e la segale; esso è costituito da una frazione proteica alcool-estraibile, le prolammine - chiamate gliadine nel frumento, ordeine nell’orzo, secaline nella segale - ricche in glutamina e prolina, e da una frazione proteica estraibile con soluzioni debolmente acide o alcaline, le glutenine. Le gliadine sono formate da

(2)

catene polipeptidiche di PM tra 30000 e 75000 Dalton, elettroforeticamente separabili in quattro frazioni (α-la più importante- , β, γ ed ω), crescenti e decrescenti, nell’ordine proposto, rispettivamente in mobilità e tossicità (2,3). Le glutenine, a loro volta, sono divisibili in due gruppi: glutenine ad alto e basso peso molecolare. Il contenuto molto alto in glutamina e prolina, due amminoacidi, nelle gliadine e nelle glutenine del grano, come nelle ordeine e secaline di orzo e segale, giocano un ruolo cruciale nella patogenesi di celiachia. Dallo scarso contenuto in prolamine, solo un quinto rispetto agli altri cereali, sembra derivare l’innocuità dell’avena, cereale tradizionalmente considerato patogeno (4,5).

Fino ai primi anni 80 la comunità scientifica ha considerato la celiachia una patologia rara.

Sulla base di diversi studi nazionali, si ritiene che la celiachia riguardi una fetta della popolazione mondiale compresa tra lo 0,5% e l’1%

(nella popolazione occidentale 1:100-1:133) (6). Di recente, i risultati di uno studio internazionale sono stati pubblicati sulla rivista Annals of Medicine: questo lavoro, il cui scopo è stato quello di determinare la reale prevalenza di celiachia in Europa, ha sottoposto a screening sierologico per malattia celiaca 29.212 individui di età sia adulta sia pediatrica, di nazionalità finlandese, italiana, tedesca ed inglese, appartenenti alla popolazione generale, dalla quale erano stati però esclusi pazienti che avevano già ricevuto diagnosi della malattia in questione. Tenendo conto non solo della percentuale di nuove diagnosi formulate in seguito agli screening sopracitati, ma anche dei

(3)

pazienti celiaci precedentemente individuati, è stato calcolato che la prevalenza di celiachia in Europa è dell’1%, e che per ogni celiaco diagnosticato ce ne sono 4 che non sanno di esserlo. Riguardo alle differenze registrate tra le nazioni studiate, infine, la prevalenza maggiore è stata riscontrata tra gli adulti finlandesi (2%), la più bassa tra gli adulti tedeschi (0,3%); in Italia è stata confermata una prevalenza dello 1,1% nei bambini, e dello 0,7% negli adulti (7).

La scoperta degli autoanticorpi anti-transglutaminasi e lo sviluppo di test che ne permettessero la loro quantificazione in modo altamente sensibile e specifico, oltre che rapido, facile e non dispendioso dal punto di vista economico ha concretizzato la possibilità di identificare un gran numero di individui asintomatici con autoimmunità ed evidenza alla biopsia intestinale di lesioni celiache. A tale riguardo, comunque, una limitazione ancora non superata dalla ricerca scientifica è la non applicabilità dello screening che ricerca l’autoimmunità su siero nel periodo neonatale, non essendo l’espressione di tali anticorpi presente fino all’introduzione, nella dieta, di cibo contenente glutine.

Sebbene la celiaca sia una malattia genetica complessa, lo status HLA sembra essere il più importante determinante genetico di rischio per l’autoimmunità celiaca. Il test genetico, oggi disponibile in commercio, presenta alto valore predittivo negativo: infatti tra gli individui affetti, il 95% presenta o DQ2 (HLA-DQA1* 05-DQB1* 02) o DQ8 (HLA-DQA1* 03-DQB1* 0302), rispetto alla popolazione generale, nella quale il 30% circa ha o DQ2 o DQ8. Il suo valore

(4)

predittivo positivo è basso: infatti solo il 3% degli individui che hanno DQ2 svilupperà la patologia, suggerendo che la determinazione di HLA dovrebbe esser usata per escludere, e non per confermare, la malattia celiaca, come è invece possibile con molte malattie monogeniche (8).

Sebbene dopo i 50 anni di età il rapporto M:F di incidenza ammonti a 1:1, tutte le casistiche segnalano, in età sia pediatrica che adulta, un numero doppio di diagnosi di celiachia nelle donne rispetto agli uomini. Considerata in passato una patologia rara e tipicamente pediatrica, sappiamo oggi che la celiachia può esordire anche in età avanzata, e in letteratura vengono riportate diagnosi oltre i 60 anni in una percentuale variabile dal 7% al 27% (9). Per quanto attualmente non sia ancora chiaro se tali forme rappresentino un esordio ex novo di malattia o non piuttosto il mancato riconoscimento di forme paucisintomatiche, soltanto un terzo dei soggetti diagnosticati in tali fasce di età riferisce di avere in passato presentato sintomi; una conferma della possibilità di insorgenza tardiva sembra derivare da studi genetici, secondo i quali l'età di esordio delle manifestazioni sarebbe geneticamente determinata, probabilmente da geni vicini al locus HLA B (10).

Essendo ormai stata riconosciuta come patologia sistemica immunomediata, la celiachia è in grado di coinvolgere, con livello di gravità altamente variabile, non solo l’intestino tenue, ma anche numerosi altri distretti corporei, quali il sistema nervoso centrale e periferico, l’apparato genitale, la cute, l’apparato scheletrico (11).

(5)

L'estrema variabilità clinica che caratterizza la malattia suggerì nel 1991 a Richard Logan, un epidemiologo dell'Università di Nottingham, l'immagine dell' "iceberg celiaco", in cui la parte emergente è rappresentata dai casi sintomatici, mentre la ben più estesa parte sommersa è costituita dai casi asintomatici o che comunque sfuggono alla diagnosi.

La parte "visibile" dell'iceberg comprende i casi tipici, caratterizzati dalla classica sindrome da malassorbimento, di entità variabile, e i casi

(6)

atipici, mono o paucisintomatici, meno caratteristici, ma che vengono comunque diagnosticati su base clinica. La parte sommersa è rappresentata dai casi di celiachia non correttamente inquadrati per la loro manifestazione clinica extraintestinale, o intestinale, ma assolutamente non caratteristica, e dai celiaci silenti, latenti, e potenziali (12).

I celiaci silenti sono i soggetti asintomatici che presentano tipiche alterazioni istologiche della mucosa intestinale e che sono stati sottoposti ad indagine per familiarità positiva, malattie associate, o in corso di screening di popolazione.

I celiaci potenziali, invece, sono i pazienti con positività degli anticorpi specifici per malattia nel siero o nel fluido di lavaggio intestinale (il cd "coeliac like intestinal antibody pattern"), un quadro istologico della mucosa duodenale normale o caratterizzato dall'elevata densità di linfociti intraepiteliali, e/o segni di attivazione dell'immunità mucosale cellulo-mediata immunoistochimicamente rilevabili. Tale situazione condurrà un certo numero di celiaci potenziali a dieta libera a sviluppare lesioni istologiche della mucosa intestinale, comunque reversibili con una dieta aglutinata. I celiaci potenziali destinati a sviluppare la malattia vengono definiti latenti.

Purtroppo, non essendo finora disponibili markers sicuramente predittivi di questa evoluzione, la diagnosi di celiachia latente è necessariamente retrospettiva.

Infine, nel tentativo di fornire la visione più completa possibile sullo stato dell’arte attuale del management quotidiano di celiachia,

(7)

ricordiamo che al giorno d’oggi tale malattia è oggetto di un paradosso che ha importanti ripercussioni sulla pratica clinica: se infatti, da una parte, la spiccata variabilità quali-quantitativa dei possibili segni e sintomi clinici di celiachia ha spesso ostacolato il suo riconoscimento tempestivo, dall’altra l’attenzione in costante aumento di tutti verso la patologia in questione ha fatto gradualmente lievitare il numero delle false diagnosi. Come puntualizzato infatti dallo studio di Corazza e collaboratori, nel quale le false diagnosi, dopo rivalutazione mediante rilettura dei vetrini bioptici duodenali di 614 casi di celiachia diagnosticate in altre sedi, erano comprese tra il 13%

e il 19% del totale, gli errori diagnostici sono principalmente da ricondurre a prescrizione di dieta aglutinata come criterio diagnostico, uso di test inappropriati ed errate applicazioni e interpretazione dei test corretti oggi a disposizione (13).

Pertanto la difficoltà che talvolta si avverte nel percorso diagnostico di celiachia, in quest’era caratterizzata dalla comprensione solo parziale della sua etiopatogenesi, deve costituire per la ricerca scientifica un forte stimolo in grado di alimentare e sostenere gli studi sui disordini correlati all’uso di glutine per rendere sempre più puntuale, efficiente ed universalmente accettato l’algoritmo diagnostico da applicare.

Riferimenti

Documenti correlati

9.30 Il POR FESR Campania 2007-13: opportunità, sfide e problematiche dei beneficiari Dario Gargiulo, Autorità di gestione, POR FESR Campania. 10.00 L’analisi: stato di attuazione

(Associazione Regionale famiglie Salute Mentale), Casa di Solidarietà ed Accoglienza - Barcellona Pozzo di Gotto, LegacoopSociali, Forum Regionale del Terzo Settore.

• incremento delle risorse finanziarie degli attuali Programmi della poli- tica di coesione 2014-2020 (5 miliardi) e del QFP 2021-2027 rivisto (50 miliardi), che

Il seminario si propone di presentare alcune iniziative territoriali in cui emerge l’indispensabile ruolo degli enti pubblici al fine di co-creare e di co-finanziare proposte e

In a field study [ 51 ], after a severe summer drought event in Spain, the responses of species evolved under pre-Mediterranean (mostly trees) and Mediterranean (mostly shrubs)

Shared rule Shared rule The authority exercised by a regional government or its representatives in the country as a whole Law making The extent to which regional representatives

Le riserve, come si è ricordato in precedenza, sono poste ideali del Patrimonio netto e possono essere di utili o di capitale. La loro iscrizione nel passivo dello stato

"interna" della sicurezza per molti degli aspetti di Valutazione e Gestione dei rischi. Peraltro tale scelta costituisce di per se un punto di forza, sia per la