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Publio Rutilio Rufo (cos

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Academic year: 2021

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INTRODUZIONE

La presente tesi prende le mosse dallʼedizione dei frammenti dellʼautobiografia politica curata nel 2004 da Martine Chassignet per Les Belles Lettres.

La studiosa francese ha ripreso il lavoro già portato avanti da altri studiosi, ampliandolo e confrontandolo con le più recenti opere di studio filologico e storico.

Per quello che riguarda lʼetà Repubblicana, la mole più consistente di materiale è quella dellʼautobiografia di Silla, redatta in ventidue libri. Quello che rimane dello scritto del dictator dimostra lʼesistenza di un genere letterario già ben sviluppato e completo. Tuttavia come e quando questo genere sia nato rimane un mistero.

La tradizione ci ha consegnato i nomi di tre autori generalmente considerati gli

“iniziatori” dellʼautobiografia politica a Roma: Marco Emilio Scauro (cos. 115 a.C.), Publio Rutilio Rufo (cos. 105 a.C.) e Quinto Lutazio Catulo (cos. 102 a.C.). Questi personaggi – ciascuno a proprio modo protagonista della sua epoca – hanno effettivamente redatto scritti autobiografici, con lʼintento principale di proporre una visione apologetica del proprio operato.

Nel corso del lavoro ci si è resi conto di come il genere autobiografico da loro scelto potrebbe affondare le radici – in realtà – nei decenni precedenti ai nostri personaggi e possa aver avuto un legame stretto con lʼattività oratoria, peraltro esercitata da tutti e tre i consoli, sebbene mostrando capacità diverse.

Fermo restando che Marco Emilio Scauro è il primo autore a cui possa essere attribuita unʼopera De vita sua e che Publio Rutilio Rufo certamente seguì le sue orme, il discorso si fa estremamente più incerto per Quinto Lutazio Catulo, che viene qui esaminato come autore di uno scritto autobiografico-apologetico ma che può essere – a nostro parere – escluso dalla lista di coloro che scrissero una vera e propria opera completa sulla propria vita (intendendo con “opera completa” uno scritto che almeno parta dalla giovinezza o dalle origini dellʼautore e si concluda con la sua vecchiaia o con il ritiro dalla scena pubblica).

I frammenti esaminati – ventitré in tutto – sono di duplice natura. Alcuni (fra quelli

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di Scauro e Rufo) sono costituiti da una sola parola o da brevissime frasi, gravemente lacunose. Si tratta di frammenti tramandati essenzialmente da due grammatici del IV sec.

d.C., Flavio Sosipatro Carisio e Diomede, entrambi autori di una Ars grammatica.

Ovviamente questi frammenti presentano una difficoltà di partenza: sono giunti fino a noi conservati allʼinterno di opere di interesse esclusivamente grammaticale e linguistico;

lʼintento principale dei due autori di IV secolo era fornire esempi per le loro rassegne di lemmi; ogni notizia storica faticosamente strappata a questi testi è da considerarsi fortuita ed ogni ipotesi conseguente si basa su presupposti assai deboli.

Si è cercato di indagare approfonditamente le parole tràdite da questi testi, tentando – dove possibile – considerazioni grammaticali e di stile, cercando di capire se il linguaggio di Marco Emilio Scauro e Publio Rutilio Rufo potesse presentare qualche particolarità.

Lʼindagine fatta consiste principalmente in un confronto con fonti coeve, a partire soprattutto dagli autori citati in varie voci del Thesaurus linguae latinae. Tale indagine ha permesso – se non di individuare con esattezza lo stile dei due consoli – almeno di fare qualche considerazione sulle scelte linguistiche intraprese nella redazione dei De vita sua.

I frammenti più corposi, provenienti da opere storiche, scientifiche, retoriche e annalistiche hanno permesso di indagare più a fondo sulle vicende dei protagonisti, cosa che del resto già molti storici hanno fatto nel corso dei secoli. Per circoscrivere la ricerca, pur menzionando gli studi e le opinioni più importanti su questi testi, si è cercato di tener presente il fine principale del lavoro: lʼindagine sulla nascita di un sottogenere della storiografia. Sfortunatamente ciò che è conservato non sempre dà modo di formulare ipotesi sicure. Questa tesi ha comunque lo scopo di aggiungere un piccolo tassello al lavoro di ricerca, lavoro che necessita – evidentemente – di una continua collaborazione fra studi filologici, storici e di storia della letteratura.

È opportuno segnalare in questa sede che per i soli frammenti di Marco Emilio Scauro si è preferito procedere a una nuova numerazione – rispetto a quella proposta dalla Chassignet –, per cercare di isolare i testi di contenuto “grammaticale” da quelli di contenuto “storico” (sussistono tuttavia frammenti che presentano un interesse sotto tutti e due i punti di vista). Per Publio Rutilio Rufo, già nellʼedizione della Chassignet i frammenti costituiti da poche parole sono raggruppati; inoltre questa edizione presenta di per sé un certo grado di complessità, contenendo frammenti sicuri, incerti e di collocazione incerta:

non è sembrato perciò il caso di complicare ulteriormente il quadro con una nuova – inutile – numerazione. Per Quinto Lutazio Catulo il problema non si pone, poiché siamo davanti a

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tre testi dalla Vita di Mario di Plutarco, tutti e tre piuttosto vicini nello scritto originale e tutti – come si vedrà – di provenienza indiretta: nessuna parola “genuina” di Catulo ci è pervenuta, per quel che riguarda la sua opera autobiografica.

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