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La dignostica tossicologica nelle intossicazioni animali da metaldeide

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UNIVERSITA’ DI PISA

UNIVERSITA’ DI PISA

UNIVERSITA’ DI PISA

UNIVERSITA’ DI PISA

Corso di Laurea Magistrale in Medicina Veterinaria

Corso di Laurea Magistrale in Medicina Veterinaria

Corso di Laurea Magistrale in Medicina Veterinaria

Corso di Laurea Magistrale in Medicina Veterinaria

“La diagnostica tossicologica nelle

La diagnostica tossicologica nelle

La diagnostica tossicologica nelle

La diagnostica tossicologica nelle

intossicazioni animali da metaldeide

intossicazioni animali da metaldeide

intossicazioni animali da metaldeide

intossicazioni animali da metaldeide”

Candidata Candidata Candidata

Candidata:::: Relatori:Relatori: Relatori:Relatori: Carrocci Maria Teresa

Carrocci Maria Teresa Carrocci Maria Teresa

Carrocci Maria Teresa Prof. Mengozzi GraziaProf. Mengozzi Grazia Prof. Mengozzi GraziaProf. Mengozzi Grazia

Dott. MeucciDott.Dott.Dott.MeucciMeucciMeucci Valentina Valentina Valentina Valentina

ANNO ACCADEMICO 2005 ANNO ACCADEMICO 2005 ANNO ACCADEMICO 2005

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INTRODUZIONE INTRODUZIONE INTRODUZIONE INTRODUZIONE 4 Tossicologia clinica Tossicologia clinica Tossicologia clinica Tossicologia clinica 4

Funzioni del Laboratorio di Tossicologia Veterinaria Funzioni del Laboratorio di Tossicologia Veterinaria Funzioni del Laboratorio di Tossicologia Veterinaria

Funzioni del Laboratorio di Tossicologia Veterinaria 8

Normativa esche avvelenate Normativa esche avvelenate Normativa esche avvelenate

Normativa esche avvelenate 11

Legge Regionale 16 Legge Regionale 16 Legge Regionale 16

Legge Regionale 16 agosto 2001, n. 39 agosto 2001, n. 39 agosto 2001, n. 39 agosto 2001, n. 39 13

Metaldeide Metaldeide Metaldeide Metaldeide 22 1. Concetti generali 22 2. Meccanismo d’azione 23 3. Tossicità e Sintomatologia 25 4. Terapia 33 5. Prevenzione 35

Inibitori delle colinesterasi Inibitori delle colinesterasi Inibitori delle colinesterasi

Inibitori delle colinesterasi 36

1. Concetti generali 36 2. Meccanismo d’azione 40 3. Tossicità 41 4. Sintomatologia 45 Anticoagulanti Anticoagulanti Anticoagulanti Anticoagulanti 48 1. Concetti generali 48 2. Meccanismo d’azione 50 3. Tossicità 53 4. Sintomatologia 55 Fosfuro di zinco Fosfuro di zinco Fosfuro di zinco Fosfuro di zinco 58 1. Concetti generali 58 2. Meccanismo d’azione 59 3. Tossicità 60 4. Sintomatologia 63 Stricnina Stricnina Stricnina Stricnina 65 1. Concetti generali 65 2. Meccanismo d’azione 66 3. Tossicità 68 4. Sintomatologia 71

SCOPO DELLA TESI SCOPO DELLA TESI SCOPO DELLA TESI

SCOPO DELLA TESI 75

MATERIALI E METODI MATERIALI E METODI MATERIALI E METODI MATERIALI E METODI 76 Materiali utilizzati Materiali utilizzati Materiali utilizzati Materiali utilizzati 76 1. Sostanze 76 2. Apparecchiature 76 3. Materiali di consumo 77 4. Campioni analizzati 77 Metodi Metodi Metodi Metodi 78

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5. Identificazione della metaldeide 87 RISULTATI RISULTATI RISULTATI RISULTATI 88 DISCUSSIONE E CONCLU DISCUSSIONE E CONCLU DISCUSSIONE E CONCLU

DISCUSSIONE E CONCLUSIONISIONISIONISIONI 122

Andamento negli anni delle analisi e loro positività Andamento negli anni delle analisi e loro positività Andamento negli anni delle analisi e loro positività

Andamento negli anni delle analisi e loro positività 122

Proveni Proveni Proveni

Provenienza dei campioni positivienza dei campioni positivienza dei campioni positivi enza dei campioni positivi 123

Andamento annuale delle intossicazioni Andamento annuale delle intossicazioni Andamento annuale delle intossicazioni

Andamento annuale delle intossicazioni 124

Andamento negli anni delle analisi e loro positività a Andamento negli anni delle analisi e loro positività a Andamento negli anni delle analisi e loro positività a

Andamento negli anni delle analisi e loro positività alla metaldeidella metaldeidella metaldeidella metaldeide 125

BIBLIOGRAFIA BIBLIOGRAFIA BIBLIOGRAFIA

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Parole chiave: intossicazione, metaldeide, esche, cane, pesticidi.

Riassunto

Nella presente tesi viene presentato uno studio retrospettivo di 8 anni (dal 1999 al 2006) sulle richieste di analisi tossicologiche pervenute alla Sezione di Tossicologia e Farmacologia del Dipartimento di Clinica Veterinaria della Facoltà di Medicina Veterinaria di Pisa, con particolare riferimento alla metaldeide. Il numero totale di campioni inviati al laboratorio nel suddetto periodo da veterinari liberi professionisti, dalle autorità di sanità pubblica e privati cittadini è stato pari a 1613. Sul totale dei campioni analizzati il 56.5% (n. 911) è risultato positivo. Gli inibitori delle colinesterasi sono risultati i pesticidi maggiormente riscontrati nei campioni analizzati, rappresentando il 54% dei casi positivi totali. Le sostanze al secondo posto per positività sono stati i rodenticidi anticoagulanti con il 16%, a seguire la metaldeide con il 14%, il fosfuro di zinco con il 9%, la stricnina con il 5% e la categoria “altro” con il 2%. La metaldeide è un tetrametro dell’acetaldeide ed è il più comune ingrediente dei lumachicidi. La crusca o la melassa, aggiunte talvolta all’esca, rendono la metaldeide più appetibile per i gasteropodi terrestri ma anche per gli animali domestici stessi. Un utilizzo non oculato della metaldeide, infatti, può essere fonte di intossicazione in cani che, trovando polveri o pellets appetibili, se ne cibano prontamente. Dei 911 campioni positivi, 127 sono stati trovati positivi alla metaldeide, di questi il 40.5% erano rappresentati da cani, il 43.5% da esche, il 7% da gatti e il 9% da altre specie animali e campioni non specificati. I risultati ottenuti in questo studio dimostrano quanto le intossicazioni da metaldeide negli animali domestici nel Centro Italia nel periodo 1999-2006 siano aumentate, suggerendo l’opportunità di effettuare controlli più accurati allo scopo di ridurre e prevenire il rischio di intossicazione sia negli animali che nell’uomo. Key words: poisoning, metaldehyde, baits, dog, pesticide

Summary

In this study a 8 years retrospective analysis of pesticide poisonings in domestic animals was performed. A total of 1613 suspected samples from 1999 to 2006 has been submitted to the Laboratory of Pharmacology and Toxicology of the Department of Veterinary Clinics, Faculty of Veterinary Medicine, University of Pisa. The analysis requests were referred by veterinary practitioners, public health authorities and private clients. Of the total number of suspected samples the 56.5% (n. 911) contained pesticides of various kinds, with prevalence of cholinesterase inhibitor insecticides, which represented the 54% of the total positive cases. The other samples were positive to rodenticides anticoagulants for a 16%, to metaldehyde for a 14%, to the zinc phosphide for a 9%, and to strychnine for a 5%. The remaining 2% was repesented by cyanide, herbicides, etc. Particular attention was paid to metaldehyde poisoning behaviour in the selected period. Metaldehyde is a cyclic polymer of 4 acetaldehyde molecules. It is only moderately toxic to birds and mammals, but the bran-based slug pellets in which it is used are readily eaten by animals such as dogs and cattle. A total of 127 samples were found positive to metaldehyde, among them 40.5% were dogs, 43.5% were baits, 7% were cats and 9% of other animal species and unspecified samples. This study demonstrates the occurrence and frequency of metaldehyde poisoning proved in domestic animals, in Central Italy in 1999-2006. As a consequence of this retrospective 8 years study, it can be concluded that metaldehyde is one of the most prominent agents causing intoxications in domestic animals. In conclusion, more public awareness should be desired and supported by public health authorities.

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Introduzione

Introduzione

Introduzione

Introduzione

Tossicologia clinica

Tossicologia clinica

Tossicologia clinica

Tossicologia clinica

La tossicologia clinica è uno dei campi d’applicazione della medicina veterinaria moderna. Praticando la clinica veterinaria ci possiamo trovare spesso di fronte ad avvelenamenti accidentali e a overdose di farmaci per cui è fondamentale elaborare una diagnosi in base ai dati a disposizione. La lista dei tossici deve essere sempre aggiornata, ed essendo questi sempre più numerosi, anche gli avvelenamenti non sono più rari come un tempo. Inoltre i proprietari sono sempre più esigenti nella cura del proprio animale. Una clinica veterinaria che opera 24 ore su 24 deve essere in grado di rispondere in ogni momento alle richieste di informazioni riguardanti sospette intossicazioni di animali domestici e selvatici. Stabilire una diagnosi accurata e tempestiva è il primo passo per una terapia di successo. Gli avvelenamenti richiedono un approccio multilaterale che consideri e valuti vari fattori. L’anamnesi deve essere completa e dettagliata, integrata da un esame fisico ed esami di laboratorio (esami del sangue, profilo biochimico, biomedico e istopatologico), dalla risposta dell’animale alla terapia e, in alcuni casi, dall’esame anatomo-patologico in sede di necroscopia.

Un tale approccio multilaterale coinvolge l’intero staff della clinica che, collaborando nella terapia adeguata agli avvelenamenti più comuni, si specializza nel fornire pratiche terapeutiche sempre più tempestive.

Nelle cliniche veterinarie il personale addetto ai contatti telefonici dovrebbe essere addestrato il più possibile nell’identificare gli avvelenamenti e il tossico coinvolto, in modo da suggerire il comportamento più opportuno.

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È importante che il personale addetto alle chiamate sia in grado di riconoscere cosa può essere mortale e cosa dannoso e che, inoltre, chieda ai proprietari di recapitare alla clinica la confezione delle sostanze tossiche sospette, in modo da ottenere informazioni sul tipo di veleno, sulla sua concentrazione e sulla quantità ingerita. La confezione, infatti, può fornire informazioni sulla ditta produttrice del prodotto e da questa si possono ottenere indicazioni sull’eventuale antidoto. In tanti avvelenamenti la tempestività è essenziale e la giusta interpretazione dei telefonisti può salvare la vita dell’animale.

Il veterinario che risponde al telefono dovrebbe essere informato sulle generalità dell’animale intossicato e del proprietario, sulla sostanza tossica ingerita, la quantità, la concentrazione e la formulazione. Nel caso sia presente il contenitore del tossico deve farsi elencare la lista degli ingredienti. Oltre a queste occorre raccogliere informazioni sulle modalità di esposizione, sui tempi, sulla sintomatologia e se possono essere coinvolte più molecole, i segni clinici e l’andamento. Con questi dati è possibile stabilire se l’animale ha bisogno di essere portato al più presto in ambulatorio o se può essere tenuto in osservazione a casa.

L’animale può essere soccorso a casa solo se il proprietario conosce il decorso dell’intossicazione e ricorre frequentemente ai consigli del veterinario, di cui, comunque, sarebbe sempre consigliato l’intervento. Con le notizie avute per telefono il veterinario è preparato a ricevere l’animale ed intraprendere una rapida e specifica terapia.

Un’anamnesi completa seguita dall’esame fisico è essenziale nei sospetti di avvelenamento. È importante un approccio orientato al problema tramite una banca dati che permette al clinico di fare una lista di diagnosi differenziali in base ai sintomi del soggetto.

Nei casi di avvelenamento spesso i proprietari forniscono false informazioni, per il fatto che si sentono in colpa dell’accaduto e di fronte a

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domande come: “da quanto tempo non viene effettuata una visita veterinaria?” “quanto tempo l’animale è stato lasciato solo?” “come ha potuto accedere al veleno?” e nel caso di sostanze illecite mentono perché temono ripercussioni legali.

Il veterinario dovrebbe riconoscere queste situazioni e costruire un’anamnesi più veritiera.

Non bisogna, inoltre, sottovalutare possibili infezioni preesistenti e malattie metaboliche e neoplastiche, le quali possono mimare segni di intossicazione o predisporre gli animali agli avvelenamenti.

Il veterinario non deve parlare di avvelenamento fino a che non ne ha le prove; deve ascoltare il proprietario senza farsi influenzare e nello stesso tempo osservare i segni clinici dell’animale trattando quelli che ne minacciano la sopravvivenza, senza aspettare l’esito degli esami tossicologici. È importante trattare il paziente e non il tossico.

Alcuni ambulatori possiedono schede anamnestiche già pronte che fanno guadagnare tempo al veterinario, che potrà emettere una diagnosi definitiva solo dopo un’accurata anamnesi, un esame fisico e i risultati degli esami di laboratorio. Il veterinario deve conoscere le caratteristiche della specie che sta trattando e quali sono i sintomi tipici di una determinata intossicazione, anche se in molti casi sono simili. Le cellule i tessuti e gli organi rispondono in maniera simile a situazioni diverse; i traumi, le infezioni, le malattie metaboliche e neoplastiche possono quindi avere la stessa sintomatologia. Per questi motivi non è facile diagnosticare un avvelenamento solo con l’esame obiettivo e la sintomatologia; quest’ultima, inoltre, può essere tipica di una fase momentanea della malattia senza che sia stata osservata quella precedente.

Con un database il veterinario può valutare quali test servono per individuare il tossico, quale tipo di campione prelevare e in che quantità, il tempo che serve per i risultati e i costi. La scelta dei test da effettuare

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deriva dall’anamnesi e da i sintomi specifici di una sostanza tossica in particolare. D’altra parte i sintomi possono essere evidenti, parziali o non evidenti, l’assenza di sintomi non significa che il soggetto sia meno grave. Familiarizzando con il quadro tipico di un’intossicazione, conoscendo l’attendibilità dei vari test di laboratorio e tenendo sempre sotto controllo le condizioni cliniche dell’animale, il veterinario può diagnosticare efficacemente un’intossicazione ed ottenere un più alto numero di successi terapeutici.

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Funzioni del Laboratorio di Tossicologia Veterinaria

Funzioni del Laboratorio di Tossicologia Veterinaria

Funzioni del Laboratorio di Tossicologia Veterinaria

Funzioni del Laboratorio di Tossicologia Veterinaria

Ad un laboratorio di tossicologia veterinaria è affidato il compito di verificare, su campioni di diversa provenienza e matrice biologica, l’eventuale presenza di sostanze potenzialmente nocive responsabili di intossicazioni individuali e collettive negli animali domestici e selvatici. Nell’ambito del lavoro svolto dai centri di tossicologia, assumono notevole importanza la raccolta e la valutazione statistica dei dati ottenuti dalle analisi effettuate, che rappresentano un valido supporto diagnostico per il tossicologo e per il clinico.

L’utilizzo dei dati di laboratorio è condizionato dal suo corretto funzionamento, a sua volta subordinato al buono stato dei campioni da esaminare, alla quantità sufficiente degli stessi ed alla disponibilità di una scheda anamnestica il più possibile precisa e completa.

L’insieme di tutti questi elementi consente di acquisire nozioni specifiche sulla natura e l’importanza delle diverse intossicazioni animali.

Sensibilizzare il veterinario, il proprietario o comunque la persona responsabile del prelievo e dell’invio dei campioni da analizzare, al rispetto di precise indicazioni che orientino il tossicologo nella giusta direzione, diventa pertanto un presupposto essenziale per il corretto funzionamento del laboratorio.

Non sempre però i campioni tossicologici giungono al laboratorio corredati di dati anamnestici sufficienti ad indirizzare l’analista verso la ricerca di una sostanza particolare, per cui è il tossicologo stesso che, sulla base della propria esperienza e intuito, è costretto ad orientare le indagini in un determinato settore.

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di un elevato numero di risultati negativi, soprattutto per quanto riguarda campioni rappresentati da esche e prodotti sospetti rinvenuti accidentalmente. Il materiale proveniente da animali intossicati, ma ancora in vita (sangue, vomito, feci, etc.), o i prelievi effettuati in sede necroscopica (fegato, reni, stomaco, etc.) sono più frequentemente corredati di informazioni che possono aiutare il personale del laboratorio nella ricerca del prodotto responsabile di intossicazione e facilitare così la struttura nella funzione di monitoraggio degli avvelenamenti più frequenti e, per questo motivo, più temibili.

Il primo approccio allo studio e alla prevenzione delle intossicazioni in campo veterinario è dunque rappresentato dalla elaborazione dei risultati delle analisi tossicologiche effettuate, per un periodo di tempo più o meno lungo, in un laboratorio di Tossicologia Veterinaria.

Dalla sua istituzione nel 1996 il Laboratorio di Tossicologia del Dipartimento di Clinica Veterinaria dell’Università di Pisa effettua un servizio di diagnostica tossicologica veterinaria e riceve annualmente numerose richieste di consulenza da parte di veterinari liberi professionisti, enti statali e cittadini privati, riguardanti sospette intossicazioni individuali o collettive negli animali domestici e selvatici.

Fin dall’inizio il Laboratorio si è avvalso della collaborazione scientifica con il Centro Nazionale di Informazioni Tossicologiche Veterinarie (CNITV) e con il Laboratorio di diagnostica tossicologica dell’Ecole Nationale Vétérinaire di Lione che operano in Francia da più di venti anni 24 ore su 24, tutti i giorni dell’anno.

E’ stato pertanto possibile raccogliere una casistica relativa alla diffusione del fenomeno delle intossicazioni animali sulla base dell’attività svolta dal Laboratorio in questi anni nell’ambito del suo territorio di competenza comprendente gran parte del Centro Italia. Tale attività ha recentemente subito un notevole incremento in virtù del rapporto di collaborazione

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instaurato con l’Istituto Zooprofilattico del Lazio e della Toscana e dell’entrata in vigore della legge n°39/2001 della Regione Toscana sul divieto di utilizzo e detenzione di esche avvelenate che obbliga il medico veterinario a denunciare sospette intossicazioni in animali domestici e selvatici. Per quanto riguarda le sostanze maggiormente richieste e riscontrate durante le analisi effettuate nel Laboratorio di tossicologia assumono un ruolo di primaria importanza i pesticidi e tra questi in particolare gli insetticidi con attività di inibizione delle colinesterasi (organofosforici e carbamati), il fosfuro di zinco, la stricnina, i rodenticidi ad attività anticoagulante e la metaldeide (Giorgi et al., 2002).

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Normativa esche avvelenate

Normativa esche avvelenate

Normativa esche avvelenate

Normativa esche avvelenate

L’uso dei bocconi avvelenati è stato regolamentato fino agli anni ‘70 dall’art. 26 del Testo Unico delle Leggi sulla Caccia (n. 799 del 2 agosto 1967), tali mezzi erano considerati legali unitamente ad altri mezzi coercitivi tipo lacci, tagliole e trappole per la cattura della fauna selvatica all’epoca denominata nociva.

Tale regolamentazione predisponeva l’utilizzo delle esche avvelenate in determinati periodi dell’anno, in ore notturne, con l’obbligo di avviso alla popolazione mediante cartellazione delle aree soggette a trattamento.

Fino al quel momento non vi erano stati episodi eclatanti di uccisione di animali di affezione, in quanto tutti ben sapevano del rischio che avrebbe corso il proprio animale .

Con l’entrata in vigore della nuova normativa sulla caccia (Legge 27 dicembre 1977 n. 968, art. 20 lett. s) veniva posto fine all’uso di sostanze tossiche e veleni, nonché all’uso di tagliole, lacci e congegni similari per la cattura della fauna selvatica.

Nel contempo la normativa prevedeva che la fauna selvatica divenisse di proprietà dello Stato e nel caso tutelata e protetta ad esclusione di alcune specie cacciabili.

Di fatto dal 1977, l’uso delle esche avvelenate è stato vietato tassativamente su tutto il territorio nazionale.

Il divieto è stato successivamente riconfermato con l’art. 21 lett. u) della recente Legge dell’11 febbraio 1992 n. 157, riguardante le norme per la protezione della fauna omeoterma e il prelievo venatorio, e successive modificazioni, nella quale sono state inserite tra le specie protette, la faina, la puzzola, la donnola, nonché tutti i rapaci diurni e notturni ad esclusione della volpe.

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Di fatto, benché sussista il divieto dell’utilizzo delle esche avvelenate, in alcuni Istituti faunistici, continua l’attività di immissione di bocconi avvelenati, in considerazione del fatto che l’Organo Consultivo dello Stato sulle specie selvatiche (I.N.F.S.), limita e drasticamente riduce il periodo del controllo sulle specie selvatiche (volpi) concorrenti con la fauna in indirizzo delle varie Aziende Faunistiche.

Dopo circa un ventennio dall’emanazione del divieto di utilizzo delle esche avvelenate, sono cominciate ad arrivare diverse segnalazioni di avvelenamento di animali domestici ai danni dei loro proprietari.

Tanti casi sono stati segnalati e successivamente certificati da apposite analisi tossicologiche, per la morte di cani o gatti di proprietà, avvelenati con prodotti tossici, proprio all’interno delle proprietà private e delle mura domestiche. Fatti inquietanti, che fanno riflettere: fino a che punto possono arrivare le persone, che per banali liti condominiali o dissidi , uccidono l’animale del rivale con l’uso dei veleni?

L’uso di esche avvelenate per uccidere gli animali domestici, ovvero colonie feline di gatti liberi censite dai comuni, piccioni, anatre dei laghetti cittadini e di conseguenza di proprietà dell’Ente Pubblico, sta assumendo proporzioni ragguardevoli, tanto da allarmare l’opinione pubblica.

Con grave pericolosità per le persone, è emerso l’uso di gettare bocconi avvelenati (anche con stricnina) nei giardini pubblici delle città, negli insediamenti urbani dove sono locate le colonie feline, nelle piazze cittadine dove si alimentano i piccioni, e così via, uccidendo centinaia di animali.

In relazione all’aumento dei casi di avvelenamento di animali domestici e selvatici mediante esche avvelenate, nell’anno 2001, le regioni Toscana e Umbria hanno emanato specifiche leggi sul divieto di utilizzo e detenzione di esche avvelenate, con la finalità di tutelare la salute umana, l’igiene pubblica e l’ ambiente, nonché norme sull’attività di derattizzazione.

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Legge Regionale 16 agosto 2001, n. 39

Legge Regionale 16 agosto 2001, n. 39

Legge Regionale 16 agosto 2001, n. 39

Legge Regionale 16 agosto 2001, n. 39

Norme sul divieto di utilizzo e detenzione di esche avvelenate Art. 1

(Finalità)

1. Ai fini della tutela della salute umana, dell'igiene pubblica e dell'ambiente, e' vietato a chiunque l'utilizzo, l'abbandono, la preparazione o la detenzione di esche o bocconi contenenti sostanze velenose o nocive, come definiti al comma 2.

2. Il divieto si applica a qualsiasi alimento preparato in maniera da poter causare intossicazioni o lesioni all'animale che lo ingerisce, fatte salve le attività di derattizzazione di cui all'articolo 2.

3. Sono fatte salve le disposizioni della legge regionale 12 gennaio 1994, n. 3 (recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157 - Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio) concernenti il divieto di uso dei bocconi e delle esche avvelenate come mezzi di caccia e le sanzioni relative alla violazione di tale divieto.

Art. 2

(Derattizzazione)

1. Le attività di derattizzazione si effettuano esclusivamente secondo le disposizioni vigenti in materia e con prodotti specificatamente destinati a tale scopo ed utilizzati tal quali.

2. Fermo restando il rispetto delle indicazioni del produttore delle sostanze, le attività di derattizzazione possono essere effettuate solo nell'ambito di locali, fabbricati, abitazioni, depositi, opifici o cantieri di lavoro e con l'esplicito consenso dei proprietari e di altri aventi diritto.

3. Al di fuori dei luoghi di cui al comma 2, il Comune può autorizzare eventuali interventi di derattizzazione indicando nell'atto di autorizzazione la durata del trattamento e le sostanze da utilizzare. Le aree interessate da

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tali attività sono segnalate con apposita tabellazione contenente l'indicazione della presenza del ratticida e gli elementi identificativi del responsabile del trattamento.

4. I Comuni sono tenuti alla costituzione e alla custodia di un registro dei trattamenti di derattizzazione in corso sul territorio comunale, sia da parte di enti pubblici che di privati. I soggetti responsabili dei trattamenti comunicano preventivamente al Comune i tempi del trattamento e il principio attivo utilizzato, usando la scheda appositamente

predisposta dal Comune stesso. Art. 3

(Sanzioni amministrative)

1. Fatta salva l'applicazione di ulteriori sanzioni previste dalla normativa nazionale, chiunque violi le disposizioni di cui agli articoli 1 e 2 e' soggetto ad una sanzione amministrativa di Lire 3.000.000 (€ 1549,37). E' altresì previsto il sequestro cautelare delle esche e bocconi avvelenati e la confisca amministrativa degli stessi ai sensi dell'articolo 13, comma 4, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale).

2. In caso di violazione delle disposizioni di cui all'articolo 1 da parte di soggetti titolari di autorizzazioni o licenze regionali o provinciali inerenti attività faunistiche, agro-silvo-pastorali o di raccolta di prodotti spontanei del bosco e' prevista la sanzione accessoria della sospensione per un anno dell'autorizzazione, del tesserino o della licenza; la reiterazione degli atti vietati dall'articolo 1 dà luogo alla revoca dell'autorizzazione, del tesserino o della licenza.

3. Qualora il responsabile delle violazioni delle disposizioni di cui all'articolo 1 rivesta la qualifica di Guardia particolare giurata o di Guardia volontaria, la sanzione amministrativa pecuniaria viene raddoppiata ed e' prevista la revoca definitiva del Decreto o della Nomina di Guardia particolare giurata o di Guardia volontaria.

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4. Le sanzioni accessorie previste dal presente articolo sono obbligatorie. Art. 4

(Applicazione delle sanzioni amministrative)

1. All'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie provvede la Provincia nel cui territorio sono avvenute le violazioni, con le modalità di cui alla legge 689/1981.

2. Al fine dell'applicazione delle sanzioni accessorie di cui all'articolo 3, commi 2 e 3, la Provincia trasmette copia dell'ordinanza-ingiunzione all'ente o all'autorità che ha rilasciato l'autorizzazione, il tesserino, la licenza o che ha emanato l'atto di nomina, entro sessanta giorni dalla data di scadenza del termine per proporre opposizione all'ordinanza-ingiunzione o, se questa e' proposta, dal passaggio in giudicato della sentenza che decide sull'opposizione stessa. L'ente o l'autorità provvedono, nei successivi sessanta giorni, alla sospensione o alla revoca dei relativi provvedimenti.

Art. 5

(Bonifica delle aree)

1. A seguito di accertamenti di violazioni del divieto di cui all'articolo 1, effettuati dagli organi di vigilanza competenti, ovvero sulla base delle denunce o segnalazioni degli interessati o dei Medici veterinari, ai sensi dell'articolo 6 della presente legge, confermate dai risultati delle analisi eseguite dal laboratorio di cui all'articolo 7 o da altri Istituti competenti, anche nel caso in cui non vengano individuati i responsabili degli illeciti, il Comune attiva, con procedura d'urgenza, in collaborazione con l'Azienda unità sanitaria locale competente per la zona e la Polizia Provinciale, adeguate attività di bonifica dell'area colpita. A tali attività, sotto il coordinamento della Polizia Provinciale e della Polizia Comunale, possono collaborare le guardie giurate volontarie, di cui all'articolo 51 della legge regionale 3/1994, le Guardie Ambientali Volontarie, di cui alla

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legge regionale 23 gennaio 1998, n. 7 (Istituzione del servizio volontario di vigilanza ambientale), nonché i proprietari o conduttori dei fondi interessati.

2. Qualora nell'ambito delle attività di cui al comma 1, siano rinvenute altre esche avvelenate, ovvero nel mese successivo al primo episodio si verifichino nella stessa area uno o più ulteriori episodi di avvelenamento o di rinvenimento di esche, la Provincia, su richiesta del Comune territorialmente competente, dispone con urgenza la delimitazione dell'area perimetrale e dei punti di accesso, a seconda dell'estensione e morfologia della zona con avvisi segnalanti il pericolo. 3. Le attività di bonifica e di delimitazione delle aree e degli accessi non dovranno comunque comportare l'interruzione delle attività faunistiche, agro-silvo-pastorali e di raccolta dei prodotti spontanei del bosco.

Art. 6

(Compiti del Medico veterinario)

1. Il Medico veterinario, che nell'esercizio delle sue funzioni venga a conoscenza di un caso di avvelenamento di un esemplare di specie animale domestica o selvatica, confermato da analisi strumentali ovvero semplicemente sospetto sulla base dei dati clinici, e' tenuto a darne comunicazione, entro 24 ore, alla Polizia provinciale e al Comune di competenza mediante l'apposita scheda allegata alla presente legge.

2. La suddetta scheda e' distribuita ai Medici veterinari a cura delle Province entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del presente provvedimento.

3. Il Medico veterinario, nei casi di cui al comma 1, qualora avvenga il decesso dell'animale, deve inviare un campione del contenuto gastrico dell'animale e qualsiasi altro campione utile per l'identificazione dell'eventuale veleno al laboratorio di cui al seguente articolo 7, secondo le modalità di cui allo stesso articolo.

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4. Il mancato adempimento delle disposizioni di cui ai commi precedenti comporta l'applicazione di una sanzione amministrativa da Lire 50.000 (€ 25,82) a Lire 200.000 (€ 103,29). In caso di reiterazione sarà fatta segnalazione all'Ordine dei Medici Veterinari competente per zona per eventuali provvedimenti disciplinari.

Art. 7

(Analisi di laboratorio)

1. La Giunta regionale, entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, assicura, nell'ambito del sistema sanitario regionale, l'utilizzo di almeno una struttura dotata di laboratorio in grado di esaminare i campioni tissutali e di contenuto gastrico degli animali uccisi o eventuali parti di esche con possibilità di ricerca almeno dei seguenti veleni:

- Stricnina - Fosfuro di zinco - Organofosforici-carbammati - Metaldeide - Anticoagulanti - Arsenico - Cloralosio - Crimidina - Cianuri - Erbicidi triazinici - Clorati - Paraquat - DNOC - Imidaclopride

anche ricorrendo alle strutture dell'Istituto Zooprofilattico di cui alla legge regionale 29 luglio 1999, n. 44 (Riordino dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Regioni Toscana e Lazio). Nello stesso termine

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individua le modalità d'accesso alla struttura da parte dei Medici veterinari e la copertura delle spese di spedizione e di analisi.

2. La Giunta regionale informa contestualmente il Consiglio regionale degli adempimenti di cui al comma 1.

Art. 8

(Termine per le analisi di laboratorio)

1. La struttura di cui all'articolo 7 e' tenuta ad eseguire le analisi utili all'individuazione delle sostanze velenose utilizzate entro i dieci giorni dall'arrivo del campione ovvero entro i tempi congrui al tipo di analisi. Entro tale data il risultato degli esami e' comunicato anche via fax al medico veterinario responsabile dell'invio, alla Polizia Provinciale ed al Comune territorialmente competente.

Art. 9

(Cartografia)

1. Le Province, entro il 31 gennaio di ogni anno, rendono pubblica, con apposita cartografia, la distribuzione degli episodi di avvelenamento nell'anno precedente, nonché la loro localizzazione temporale.

Art. 10

(Lista delle sostanze)

1. La Regione, entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, indica, sulla base della frequenza del loro utilizzo, una lista delle sostanze velenose, che per finalità propria, ovvero a causa del loro uso anche per la preparazione di esche e bocconi avvelenati, devono essere sottoposte a vendita in regime controllato tramite registrazione.

2. La lista, di cui al comma 1, aggiornata ogni due anni sulla base di eventuali variazioni nelle sostanze utilizzate, così come indicato dai reperti tossicologici relativi ai casi esaminati, e' pubblicata integralmente sul Bollettino Ufficiale della Regione Toscana.

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Art. 11

(Commissione tecnico-consultiva)

1. Entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge, a cura dell'Assessorato regionale competente in materia di sanità, e' istituita una Commissione tecnico-consultiva sul problema dell'avvelenamento degli animali e problematiche affini e connesse, composta da:

a) l'Assessore regionale competente in materia di sanità o suo delegato, che la presiede;

b) un funzionario del dipartimento competente in materia di sanità con funzioni di segretario;

c) un rappresentante degli Ordini dei Medici veterinari presenti sul territorio regionale;

d) un rappresentante delle Facoltà di Medicina Veterinaria delle Università Toscane;

e) un rappresentante dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Regioni Toscana e Lazio;

f) un rappresentante di Associazioni riconosciute ai sensi della legge regionale 9 aprile 1990, n. 36 (Promozione e sviluppo dell'associazionismo) aventi finalità di tutela degli animali.

2. La Commissione tecnico-consultiva ha funzione di indirizzo e verifica dell'applicazione della presente legge e deve essere convocata a cadenza almeno trimestrale.

Art. 12

(Norma finanziaria)

1. Alla copertura degli oneri relativi all'attuazione della presente legge provvede, per il 2001, la Regione, mediante la ripartizione tra le Province, in rapporto alla superficie agro-silvo-pastorale, della somma di lire 30.000.000 (pari a € 15493,71) sul capitolo 18200 (Oneri sostenuti dalla regione per le attività inerenti i servizi di

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sicurezza sociale) del bilancio regionale per il 2001. Per gli anni successivi provvedono le Province con i fondi derivanti dalla riscossione degli introiti relativi alle sanzioni di cui all'articolo 3.

La Legge Regionale Toscana ai fini della tutela della salute umana, dell’igiene pubblica e dell’ambiente prevede quindi il divieto dell’utilizzo, dell’abbandono, della preparazione e della detenzione di esche o bocconi avvelenati intesi come qualsiasi alimento preparato in maniera da poter causare intossicazioni o lesioni all’animale che lo ingerisce. Da questo sono escluse le attività di derattizzazione, che devono rispettare i criteri e i limiti riportati nell’ art. 2 della stessa Legge.

Nell’ art. 6 in particolare si stabiliscono i compiti del Veterinario che ha l’obbligo di segnalare alla Polizia provinciale e al Comune di competenza, entro 24 ore dal ritrovamento, casi di avvelenamento sicuro o solamente sospetto tramite apposita scheda. In caso di decesso dell’animale il Medico Veterinario è tenuto a prelevare un campione di contenuto gastrico e qualunque altro campione utile per la ricerca della sostanza tossica responsabile dell’avvelenamento. Successivamente i materiali raccolti devono essere messi in contenitori di plastica, chiusi ermeticamente, etichettati e inviati al Laboratorio di Analisi, mantenendoli a temperatura di refrigerazione.

Gli art. 7 e 8, stabiliscono i compiti che il Laboratorio di Analisi Tossicologiche deve assolvere: l’obbligo di esaminare i campioni per la ricerca di sostanze tossiche specifiche; l’invio della risposta entro dieci giorni dal ricevimento del campione sia al Veterinario che ha inviato il campione che alla polizia Provinciale del Comune di competenza.

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SCHEDA SEGNALAZIONE AVVELENAMENTO DA BOCCONI Articolo 6, comma 1. DATA AVVELENAMENTO: ……….. COGNOME E NOME: ………. INDIRIZZO: ………. TELEFONO: ………. ANIMALE COLPITO: Specie: ………. Razza: ………. Età: ……….

LUOGO PRESUNTO DELL’AVVELENAMENTO: Comune e Provincia: ………. Località: ………. Indirizzo (se possibile): ………. Peso: ………. TIPOLOGIA AMBIENTALE ESITO AVVELENAMENTO: morte recupero

Zona agricola Area boschiva o incolta Area urbana Giardino privato o altra area

recintata privata SINTOMI PRINCIPALI: Altre indicazioni utili per la

luogo (strada più vicina, presenza di istituti territoriali

precisa individuazione del distanza da centro abitato, con specifica tabellazione, ecc.):

SOCCORSO VETERINARIO Effettuato Non effettuato Ore trascorse dall’inizio dei sintomi al soccorso veterinario: Medico veterinario che ha prestato il soccorso:

Diagnosi presunta:

ESCA AVVELENATA rinvenuta non rinvenuta

Tipo di boccone avvelenato: ……… E’ stata consegnata al medico veterinario per l’invio all’Istituto di analisi? si no

Come è stata conservata fino alla consegna al medico? ……….. (si consiglia di utilizzare duplice involucro di plastica e conservarla nel freezer)

E’ a conoscenza di altri episodi di avvelenamento nella stessa zona? si no

DATA COMPILAZIONE

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Metaldeide

Metaldeide

Metaldeide

Metaldeide

1. 1. 1.

1. Concetti generaliConcetti generaliConcetti generaliConcetti generali

O O O O CH3 CH3 C H3 C H3

La metaldeide è un tetramero dell’acetaldeide (CH3CHO) arrangiato in un anello a 8 termini (Figura). Le molecole di questa sostanza formano cristalli e fibre che danno alla metaldeide l’aspetto di una polvere bianca dall’odore di aldeide. Sono conosciuti altri due diversi isomeri della metaldeide, entrambi tetrametri con elevata solubilità in composti non polari rispetto alla metaldeide originale. La metaldeide è preparata dalla polimerizzazione di acetaldeide raffreddata in presenza di acido cloridrico (HCl) e acido solforico (H2SO4). Essa è una polvere infiammabile (punto di fusione 246 °C), sublima a 112°C ma comincia a depolimerizzarsi sopra gli 80°C. È solubile in benzene e cloroformio, meno nell’etanolo (1,8%) ed etere, relativamente insolubile in acqua (0,02% a 17°C) (Booze e Oehme, 1985). La metaldeide é uno dei più comuni ingredienti dei lumachicidi (WHO, 1996). I lumachicidi comuni o molluschicidi sono spesso usati nei giardini ornamentali (Dolder, 2003). La concentrazione di metaldeide nei prodotti liquidi o polverulenti e nei pellets è di solito del 4% o meno (Carson e Osweiler, 1997). Anche se sono meno comuni, i prodotti a base di metaldeide sono formulati anche in associazione ad altri composti chimici come il carbaryl o l’arsenico, ma questi ingredienti sono generalmente meno importanti della metaldeide (Mull, 1983; Carson e Osweiler, 1997). La crusca o la melassa aggiunte talvolta all’esca, rendono

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domestici. Infatti un utilizzo non oculato di metaldeide può causare l’intossicazione di cani che, trovando polveri o pellets appetibili, se ne cibano prontamente.

E’ anche riportato che la metaldeide è uno degli agenti che causa più frequentemente intossicazioni in bambini, bestiame e cavalli (Mull, 1983). In Italia, di 81 prodotti a base di metaldeide, 46 sono segnalati in commercio. Tra i prodotti fuori commercio pubblicati sul sito del Ministero della Salute, c’è un antilumaca registrato nel 1976 che conteneva 50 gr di metaldeide per 100 gr di prodotto. Tra le formulazioni in commercio in Italia la quantità in grammi di metaldeide varia dai 2,5 gr ai 5 gr su 100 gr di prodotto e diverse risultano costituite da associazione di metaldeide e denatonio benzoato. Le formulazioni possono avere forma liquida, di esca concentrata, di polvere, di esca granulare, granulare e di esca pronta per l’uso.

2. Meccanismo d’azione 2. Meccanismo d’azione 2. Meccanismo d’azione 2. Meccanismo d’azione

Esistono pochi studi in vitro e in vivo che documentano la cinetica e il meccanismo d’azione della metaldeide. Studi in vitro hanno dimostrato che 35 gr di metaldeide sono convertiti ad acetaldeide (90%) e paraldeide (10%), un trimero ciclico dell’ acetaldeide per riscaldamento della molecola a 150°C per 4-5 ore. Udoll (1973) ha riportato che lo spettro NMR della metaldeide dopo trattamento, per due minuti, con HCl 6N scompare perché la molecola è completamente convertita in acetaldeide. Sono stati riportati due casi di intossicazione da metaldeide nei quali è stata trovata acetaldeide nello stomaco ed è stato ipotizzato che essa sia l’agente tossico. L’esatto meccanismo d’azione nei mammiferi è ancora sconosciuto, ma è riferito che l’acidità gastrica promuove l’idrolisi della metaldeide a acetaldeide (Booze e Oehme, 1985) e per diversi anni si è pensato che i sintomi di intossicazione fossero quelli relativi alla degradazione della

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metaldeide ad acetaldeide. Recenti studi, però, suggeriscono che la vecchia teoria è improbabile poiché nel plasma e nelle urine di cani esposti sperimentalmente a metaldeide non si trova acetaldeide (Plumlee, 2001). La metaldeide attraversa velocemente la barriera emato-encefalica dove interferisce con la neurotrasmissione ed è stata ritrovata nel cervello, nel sangue e nel fegato di topi esposti (Puschner, 2001).

Segni di intossicazione da metaldeide possono essere dovuti a una diminuita concentrazione nel cervello di acido γ-amminobutirrico, di noradrenalina e di serotonina e ad un incremento dell’attività delle monoaminoossidasi. La diminuzione della concentrazione di acido γ-amminobutirrico può portare ad uno stato apoplettico, a causa del ruolo inibitorio dell’aminoacido nell’eccitazione neuronale. Inoltre, come diminuisce la concentrazione dell’acido γ-amminobutirrico, aumenta la mortalità (Carson e Osweiler, 1997). La diminuzione di noradrenalina e di serotonina è stata associata anche a una diminuzione della comparsa di apoplessia (perdita improvvisa della motilità e della sensibilità) (Puschner, 2001). Poiché le monoaminoossidasi scindono sia la serotonina che la noradrenalina, un incremento dell’attività enzimatica, determina una ulteriore diminuzione della concentrazione di serotonina e di noradrenalina (Puschner, 2001).

Un altro fattore che gioca un ruolo fondamentale nell’intossicazione è l’ipertermia, che, secondaria ai tremori muscolari comunemente riscontrati, può portare anche alla morte. Quando la temperatura corporea supera i 41,6°C, tutti gli organi iniziano a praticare necrosi cellulare entro pochi minuti. La metaldeide inoltre interagisce con l’equilibrio elettrolitico e acido-base e questo può causare acidosi metabolica, spesso associata a depressione del SNC e iperpnea (Puschner, 2001).

L intossicazione da metaldeide può avvenire per ingestione, per inalazione, per via oculare e per via dermica. L’inalazione non è una probabile via di

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sovraesposizione alla metaldeide se non quando c’è esposizione al pesticida prodotto in polvere. Non sono riportati casi di inalazione cronica di polveri di metaldeide. Molte aldeidi sono irritanti per la mucosa congiuntivale in caso di contatto con gli occhi, nel caso della metaldeide è stata notata una tossicità acuta. Poche aldeidi sono irritanti per la pelle, nel caso della metaldeide è stata notata una tossicità acuta. Non sono riportati casi di sensibilizzazione alla metaldeide. Sono state stabilite nel ratto e nel topo le LD50 in caso di inalazione per 4 h di metaldeide, per entrambi risultate essere 203 mg/kg e nel ratto è stata stabilita la LD50 in caso di contatto dermico equivalente a 2275 mg/kg (Von Burg e Stout, 1991).

Di seguito sono riportati i valori di LD50 in caso di ingestione di metaldeide nelle diverse specie:

Specie Ratto Cavia Coniglio Cane Gatto Pecora Capra Suino Cavallo Bovino

DL50 in mg/Kg 700 500 1250 500 500 300 800 400-500 300-400 400-500 3. Tossicità e Sintomatologia 3. Tossicità e Sintomatologia 3. Tossicità e Sintomatologia 3. Tossicità e Sintomatologia

I segni di intossicazione da metaldeide nel cane possono iniziare dopo pochi minuti o anche tre ore dopo l’ingestione. I segni tipici includono ansia, tachicardia, nistagmo, midriasi, iperpnea, ipersalivazione e atassia. Questi sintomi possono essere rapidamente seguiti da vomito, diarrea, tremori, acidosi metabolica, rigidità, apoplessia e ipertermia. Effetti ritardati che possono svilupparsi sono depressione, narcosi e coma (Booze e Oehme, 1985; Beasley, 1999).

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La morte, in genere, è dovuta ad arresto respiratorio che subentra dalle 4 alle 24 ore dall’esposizione. Animali che sopravvivono alle prime 24 ore possono sviluppare insufficienza epatica entro due-tre giorni (ASPC, 2003). L’ipertermia che si osserva in caso di intossicazione da metaldeide sembrerebbe dovuta al tossico e resa più intensa dall’aumento dell’attività muscolare. I segni di intossicazione da metaldeide somigliano a quelli dati dalla stricnina ma le convulsioni, nel caso della metaldeide, sono continue anziché intermittenti come quelle dovute a stricnina e gli stimoli esterni non necessariamente evocano convulsioni nei cani avvelenati da metaldeide. Gli animali che sopravvivono mostrano come postumi: diarrea, perdita di memoria e cecità. La cecità è temporanea e si risolve da pochi giorni a settimane. Descritto il caso di un cane sopravvissuto all’intossicazione da metaldeide, nel quale gli occhi apparivano normali alla visita oftalmica e reagivano normalmente alla luce. L’animale ha recuperato la vista in tre settimane. È stato ipotizzato che la causa di cecità fosse stata un’emorragia che aumentava la pressione sul nervo ottico. Questo caso è degno di attenzione perché evidenziava un’alterazione nella coagulazione del sangue. L’esame autoptico, di cani deceduti, ha evidenziato una cogestione epatica, renale e polmonare. Negli stessi organi è stata osservata iperemia e a livello intestinale emorragia. Sulla mucosa gastrointestinale sono state osservate petecchie ed ecchimosi. Evidenziate, inoltre, emorragie subendocardiali e subepicardiali (Booze e Oehme, 1985). E’ riportato il caso di un cane presentato al veterinario con gastroenterite emorragica e melena, accompagnate da scialorrea e vomito. L’esame clinico mise in luce, tra gli altri sintomi, incoordinazione motoria e contrazioni cloniche (intermittenti) che durarono per molto tempo. Pezzi di metaldeide erano ben visibili nelle feci. Dopo trattamento, in un giorno, le condizioni del cane migliorarono e l’esito fu favorevole (Lorgue et al.,

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1999). I segni clinici nei gatti sono simili a quelli dei cani, ma il nistagmo è più frequente (Beasley, 1999).

Nei vari studi fatti sui ratti non è stato riscontrato nessun tipo di carcinogenicità, di teratogenicità o di mutagenicità (WHO, 1996).

In altri studi effettuati in diversi gruppi di ratti ai quali è stata somministrata metaldeide sono stati osservati diversi sintomi dose-dipendenti: diminuzione dell’appetito, diminuzione della crescita, a dosi minori, epatomegalia fino a paralisi del treno posteriore e aumento della mortalità con l’aumentare della dose e della concentrazione di metaldeide. In un gruppo è stato osservato un aumento di peso del fegato nei maschi e un aumento di peso delle ovaie nelle femmine. L’esame istologico dei soggetti che presentavano paralisi del treno posteriore ha messo in evidenza lesioni trasverse delle corde spinali nella regione toracica in alcuni e in altri della regione lombare e di alcune cervicali. In altri soggetti è stata osservata lordosi (Booze e Oehme, 1985).

Nei casi di intossicazione delle specie aviari i sintomi descritti sono: incoordinazione, torcicollo e morte nelle papere; inattività e penne arruffate nei pappagalli reali (Reece et al., 1985).

Sono stati descritti tre casi d’intossicazione da metaldeide nei volatili. Il primo caso riguarda un’intossicazione accidentale da metaldeide in 6 oche, la dose stimata del tossico ingerito era di 800 mg/kg. Il mattino seguente tre delle oche erano morte, le altre tre giacevano a terra supine in opistotono con il becco che toccava la base della coda. Il secondo caso riguarda l’ intossicazione accidentale di alcune papere che hanno presentato come sintomi incoordinazione e torcicollo. Il terzo caso riguarda un’intossicazione sperimentale da metaldeide in papere e polli. La dose minima letale era di 500 mg/kg per i polli e 300 mg/kg per le papere. I segni dell’intossicazione erano per entrambe le specie: ipereccitabilità, tremori, rigidità, spasmi, dispnea e polipnea. L’esame autoptico degli

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uccelli ha messo in evidenza: vasi del mesentere e della sierosa intestinale dilatati e ispessiti, polmoni congesti, trasudato ematico nei sacchi aerei, petecchie emorragiche in diverse zone del ventriglio, iperemia del fegato e dei reni. In un soggetto è stata osservata splenomegalia. All’esame istopatologico sono stati osservati epatociti rigonfi con degenerazione coagulativa, in un uccello alcuni assoni della midollare surrenale si presentavano rigonfi. Nessuna lesione è stata osservata a livello dei muscoli scheletrici e del miocardio (Booze e Oehme, 1985).

Segni clinici osservati negli anatroccoli sono simili a quelli descritti nei mammiferi e a quelli osservati dopo ingestione di altre sostanze tossiche come: piombo, organo-mercuriali, organo-fosforici, carbammati e stricnina. Il virus dell’epatite delle papere può provocare convulsioni, opistotono e morte, da tenere presente come diagnosi differenziale (Hatch, 1988; Woolcock e Fabricant, 1997).

I segni di avvelenamento nei bovini sono simili a quelli del cane. In un’intossicazione leggera del bestiame può essere presente salivazione, atassia e iperpnea. Questi sintomi possono aggravarsi manifestandosi come atassia grave, tremori e convulsioni. Le convulsioni possono iniziare dalla parte posteriore dell’animale e proseguire nell’anteriore. Possono diventare così severe da far cadere il bestiame in avanti con appoggio sul musello. La salivazione può diventare profusa e acquosa, può essere presente diarrea schiumosa e cianosi. Molti, dei bovini avvelenati, sembrano affetti da problemi oftalmici con perdita del riflesso di ammiccamento e cecità. È stato riportato un caso di torcicollo. In alcuni bovini è stato notato un aggravamento della sintomatologia dovuto a stimoli esterni. Tra le lesioni patologiche riscontrate in seguito ad intossicazione da metaldeide sono riportate: riduzione del volume sanguigno, polmoni scuri e congesti, petecchie ed ecchimosi lungo la trachea, bronchi, epicardio, miocardio e sul corpo. Può essere presente enterite ed emorragia endocardica. La

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sottomucosa dei prestomaci e la mucosa dell’abomaso e duodeno possono presentarsi congeste. I linfonodi possono presentarsi scuri ed emorragici (Booze e Oehme, 1985).

Un caso riportato è quello di bovini appartenenti ad una mandria di 30 animali che presentarono all’improvviso scialorrea, tremori generalizzati e convulsioni. Dodici animali morirono nelle prime 48 ore. All’autopsia furono riscontrate in tutti gli animali lesioni congestizie e degenerative di fegato, polmoni e rene. Anche un gattino che aveva bevuto il latte di una delle bovine intossicate presentò scialorrea, midriasi, diarrea, tremori, atassia e convulsioni. Una indagine accurata mise in luce che i bovini avevano consumato circa 10 kg di granuli di metaldeide al 5 % contenuti in alcuni sacchi presenti nella stalla (Lorgue et al., 1999).

Sono stati riportati due episodi di intossicazione da metaldeide negli ovini. Il primo è accaduto in Israele dove 70 pecore avevano ingerito accidentalmente circa 300 mg/kg di metaldeide. I sintomi osservati furono: salivazione, convulsioni epilettiformi e tremori degli arti anteriori e posteriori e del collo, atassia, nistagmo e dispnea. Il secondo episodio è accaduto in Inghilterra dove 23 pecore di un gregge si erano intossicate con la metaldeide. Sono stati osservati: barcollamenti, posizione supina, mucose cianotiche, convulsioni, pedalamento e ipertermia. Alcuni piccoli barcollavano battendo la testa sulle pareti. Alcune pecore respiravano con la bocca avevano iperpnea e saliva schiumosa. All’esame anatomopatologico un agnello presentava: edema sottocutaneo a livello del collo, fegato pallido e friabile, trachea e bronchi pieni di schiuma, petecchie sulla mucosa dell’apparato urinario, ecchimosi nell’epicardio e sulla mucosa del piccolo intestino. Con una somministrazione volontaria di metaldeide (circa 783 mg/kg) ad una capra, tramite sonda gastrica, dopo venti minuti sono stati osservati: salivazione, convulsioni epilettiformi,

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tremori muscolari, debolezza e perdita di coscienza. Dopo due ore la capra è entrata in coma ed è deceduta (Booze e Oehme, 1985).

Casi di intossicazione da metaldeide negli equini sono rari. I segni di avvelenamento sono: coliche, inquietudine seguita da tremori lievi agli arti, iperestesia, diarrea, sudorazione e iperpnea che diventano sempre più intense. Seguono: tachicardia, spasmi clonici, incoordinazione, narici dilatate, testa estesa sul collo e convulsioni. Prima di morire i cavalli possono avere violenti spasmi muscolari con ventroflessione della spina dorsale. In un asino, intossicato sperimentalmente con la metaldeide, sono stati osservati: gastrite, enterite, emorragie ed ematomi nei lobi apicali polmonari. Otto ore dopo l’ingestione della metaldeide sono state trovate nelle urine e nel sangue quantità di acetaldeide ed emolisi, indici non rilevati due ore dopo l’ingestione (Booze e Oehme, 1985).

Nei mammiferi selvatici, in particolare nel riccio, si osservano: tachicardia, tachipnea, ansietà, iperestesia, scialorrea, emesi, nistagmo, atassia (Stocker, 2000).

È stato descritto un caso di avvelenamento da metaldeide in uno scoiattolo rosso europeo (sciurus vulgaris). L’ animale era stato prelevato da privati cittadini all’interno di un campeggio, nella toscana meridionale, perché non era in grado di stare sugli alberi.

In prima istanza il soggetto era stato trattato con prednisolone (3 mg/kg intramuscolo), reidratato per via sottocutanea (10 cc di soluzione glucosata al 5 % tiepida) ed ossigeno terapia. Terminata l’ossigeno terapia, veniva posto in una gabbia riscaldata con lampada a luce rossa, in luogo buio e silenzioso. Tenuto sotto osservazione, il soggetto palesava nei minuti successivi ulteriori segni neurologici: testa piegata, convulsioni, opistotono, decubito dorsale. L’animale moriva circa quattro ore dopo il ricovero. All’esame autoptico presentava: milza pallida, mesentere iperemico, sangue non coagulato (nonostante fosse trascorsa più di un’ora dalla morte),

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stomaco repleto di materiale finemente granuloso imbibito di sangue, all’interno della massa si può vedere il colore originario delle ingesta, verde chiaro (foto riportate di seguito).

La prova tossicologica dava esito positivo per la ricerca di metaldeide (Mariacher A, 2006, http://www.recuperoselvatici.it/principale.htm).

Figura 1. Scoiattolo deceduto in seguito ad intossicazione da metaldeide.

I segni clinici osservati nell’uomo sono riassunti nella tabella tratta da uno studio effettuato su quindici pazienti, intossicati da metaldeide, a Taiwan (Shih et al., 2004).

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Caso Età Sex Quantità tossico ingerito Ospedaliz-zazione (giorni) Causa di esposizione Sintomi/ Segni 1 39 F 12g 1,1* Suicidio Irritabilità,convul-sioni,acidosi metabolica,rabdo-miolisi, iperkaliemia, shock,coma 2 48 M 0,5g 0 Suicidio Asintomatico 3 6 M Ignota 0 Accidentale Asintomatico 4 5 M 1,5g 0 Accidentale Asintomatico 5 34 M Ignota 0 Accidentale Vomito,tachicar-

dia,vertigini 6 38 M Ignota 3 Suicidio Dolori addomi-

nali,diarrea 7 74 F Ignota 0 Accidentale Reazione cutanea 8 28 F 4g 3 Accidentale Nausea,vomito,

epistassi,vertigini 9 3 M Ignota 0 Accidentale Asintomatico 10 17 F 6g 0 Suicidio Diarrea,nausea,

vomito 11 30 F 0,5g 0 Accidentale Asintomatico 12 3 M 1,5g 0 Accidentale Afflizione orale 13 45 M Ignota 3 Suicidio Convulsioni,mal di

testa,dolori ad- dominali,vomito, diarrea

14 6 M 2g 0 Accidentale Asintomatico 15 5 M 2g 0 Accidentale Asintomatico *Paziente morta 26 h dopo l’ingestione di 258,6 mg/kg di metaldeide.

Dopo l’esposizione sette dei quindici pazienti erano asintomatici. Tra i rimanenti otto pazienti, tutte le manifestazioni cliniche comparivano tra le tre ore post-ingestione e coinvolgevano il SNC (4 pazienti) o il sistema gastrointestinale (4 pazienti).

Gli altri effetti tossici riportati sono: vomito (4 pazienti), diarrea (3 pazienti), convulsioni, dolori addominali, vertigini e nausea (2 pazienti). Eccetto i due pazienti con convulsioni, la maggior parte dei pazienti sintomatici riportavano solo manifestazioni tossiche da leggere a moderate. Le manifestazioni più gravi sembravano correlate alla contemporanea

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con certezza questa relazione considerato il numero limitato di pazienti in studio. Alla maggior parte dei pazienti era stata praticata lavanda gastrica, con o senza carbone attivo, e trattamenti minimi di supporto con fluidi endovena. Cure intensive e intubazione endotracheale sono state necessarie in due pazienti (caso 1 e 13). Emodialisi e emoperfusione sono state necessarie in un paziente (caso1) con una severa acidosi metabolica e iperkaliemia, deceduta ventisei ore dopo l’ingestione in conseguenza di ripetuti attacchi convulsivi, shock, severa acidosi metabolica ed imponente emorragia gastrointestinale (Shih et al., 2004).

4. Terapia 4. Terapia 4. Terapia 4. Terapia

Non esiste antidoto per l’intossicazione da metaldeide, risulta quindi necessario prevenirne l’assorbimento, tenere sotto controllo i segni clinici con monitoraggio e correzione dell’acidosi e della disidratazione e infine fornire un trattamento di sostegno.

Si può indurre il vomito se il paziente è asintomatico, l’emesi dovrebbe essere indotta entro 30 minuti dall’ingestione e se il paziente non ha patologie che potrebbero precluderla (es. malattie cardiovascolari, epilessia e interventi addominali recenti).

Si potrebbero usare perossido di idrogeno e apomorfina cloridrato per indurre emesi in cani e gatti. Nei casi in cui sono state ingerite grandi quantità di metaldeide potrebbero essere utili l’anestesia e la lavanda gastrica, usando un tubo endotracheale cuffiato per prevenire l’aspirazione del contenuto gastrico, carbone attivato somministrato a cani e gatti ad una dose di 1-4 gr/kg (Dolder, 2003; Plumb, 2002). Potrebbe essere utile ripetere ogni 6-8 ore alla dose dimezzata. Il carbone attivato contiene lassativo come sorbitolo, può essere usato finché il paziente non manifesta disidratazione o diarrea. I lassativi dovrebbero essere somministrati dopo due dosi di carbone attivato.

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Clisteri con acqua tiepida possono essere utili per rimuovere la metaldeide dal tratto intestinale (Plumb, 2002). Il beneficio della decontaminazione del tratto gastrointestinale superiore con l’induzione dell’emesi, lavanda gastrica e dose minima di carbone attivo, diminuisce rapidamente quando l’ETI (intervallo esposizione-terapia) aumenta, in particolare quando questo supera 1-2 ore. Uno studio dimostra che l’ETI è spesso troppo lungo per una efficace decontaminazione del tratto gastrointestinale superiore; come risultato, l’uso indiscriminato di queste tecniche potrebbe avere un basso rapporto rischio-beneficio e potrebbe aumentare il rischio di lesioni iatrogene (Cope, 2006).

Per controllare i tremori muscolari può essere usato metocarbamolo alla dose di 55-220 mg/kg per via endovenosa lenta. Una volta calcolata la dose da somministrare, metà può essere data velocemente ma senza superare 2 ml/min. Dopo che l’animale si è rilassato la dose restante può essere somministrata ad effetto (Plumb, 2002).

Il farmaco può essere ripetuto senza superare la dose massima di 330 mg/kg al giorno.

Il diazepam può essere usato per controllare i tremori e le convulsioni ad una dose di 1-5 mg/kg endovena (Plumb, 2002).

In casi severi e refrattari può essere necessario l’uso di altri anticonvulsivanti come barbiturici, anestesia gassosa o propofol. I barbiturici vanno usati con cautela perché possono competere con gli enzimi che degradano l’acetaldeide (Carson, 1997; Dolder, 2003).

È importante monitorare e correggere gli squilibri elettrolitici e i gas ematici , la temperatura corporea i gap anionici e il pH urinario. A volte, controllando tremori e convulsioni, si corregge anche l’ipertermia. Sono controindicate le misure aggressive di raffreddamento come bagni ghiacciati perché questi metodi comportano ipotermia.

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La disidratazione, l’ipertermia, squilibri elettrolitici e acidosi metabolica possono essere corretti con soluzione endovena di ringer lattato o Normosol-R. L’eliminazione urinaria di metaldeide nei cani è minore dell’ 1%, la diuresi non è indicata perché non aumenta l’escrezione di metaldeide (Dolder, 2003; Puschner, 2001). Mioglobinuria e disfunzione renale secondaria può essere causata da tremori muscolari e convulsioni prolungati. Quando ciò succede è raccomandata la diuresi per prevenire danni ai reni. Se si possono monitorare i gas ematici, può essere usato bicarbonato di sodio per correggere l’acidosi, dopo che sono stati stabilizzati altri segni clinici. I tecnici dovrebbero monitorare gli enzimi epatici di base dopo 72 ore dall’esposizione e poi come necessario. Altri trattamenti di sostegno e sintomatici sono: mantenere l’idratazione e l’alimentazione assistita (Puschner, 2001).

5. Prevenzione 5. Prevenzione 5. Prevenzione 5. Prevenzione

Il numero dei casi di avvelenamento potrebbe essere diminuito con semplici regole di prevenzione, come rendere inaccessibili ai nostri animali i farmaci per uso umano e il cioccolato. Posizionare sostanze molluschicide e rodenticide in aree dove gli animali da compagnia non hanno accesso o rendere l’esca accessibile solo ai molluschi e ai ratti. L’utilizzo di molluschicidi e rodenticidi di minore tossicità o riformulare queste sostanze, in modo da renderle meno attraenti per i cani, con l’uso di componenti amare che però riducono la palatabilità anche per i topi. Dato che i topi sono incapaci di vomitare, una soluzione potrebbe essere incorporare degli emetici (Cope, 2006).

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Inibitori delle colinesterasi

Inibitori delle colinesterasi

Inibitori delle colinesterasi

Inibitori delle colinesterasi

1. Concetti generali 1. Concetti generali 1. Concetti generali 1. Concetti generali

Gli insetticidi di questa classe hanno un comune meccanismo d’azione ma appartengono a due classi chimiche diverse: gli organofosforici e i carbammati (Ecobichon, 2000). Appartengono a questa classe moltissimi composti con strutture diverse che sono stati sintetizzati ai fini di trovare agenti altamente tossici per gli insetti e relativamente innocui per le specie non bersaglio.

Gli insetticidi organofosforici furono sintetizzati per la prima volta nel 1937 da un gruppo di chimici tedeschi guidati da Gerard Schrader. Molti dei primi composti si dimostrarono altamente tossici e ciò indusse il regime nazista, durante la seconda guerra mondiale, a spingere il loro utilizzo come armi chimiche, da cui poi nacquero i gas nervini (sarin, soman e tabun).

Il primo estere organofosforico ad essere commercializzato come insetticida fu il tetraetilpirofosfato (TEPP) che, sebbene molto efficace, era estremamente tossico e chimicamente instabile, essendo facilmente idrolizzato in condizioni di umidità.

P z X Y O S Estere organofosforico

X alchile, alcossi, amido Y alchile, alcossi, amido Z arile, alchile, alcossi

C N O O CH H R Estere carbamico R arile, alchile

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La ricerca successiva portò nel 1944 allo sviluppo di composti più stabili e poco persistenti come il parathion, sostituito poi dal suo analogo ossigenato, il paraoxon.

Nonostante questi due composti avessero le proprietà desiderate in un insetticida, si dimostrarono estremamente tossici e poco selettivi. Infatti, quando negli anni cinquanta il DDT venne sostituito con il parathion, iniziarono a manifestarsi una serie di intossicazioni nei lavoratori che ne venivano a contatto. L’elevato numero di queste intossicazioni fornì lo stimolo per la ricerca di nuovi composti che fossero meno tossici per le specie non bersaglio e più selettivi per le specie bersaglio: i carbammati. I primi esteri dell’acido carbammico erano già stati sintetizzati negli anni trenta e venivano utilizzati come fungicidi, ma il loro scarso potere insetticida fece svanire l’interesse per questa classe e furono così abbandonati. Il loro studio fu ripreso però negli anni cinquanta per trovare dei sostituti al parathion e al paraoxon. Furono così sintetizzati, come analoghi della fisostigmina, un alcaloide anticolinesterasico estratto dai semi della Physostigma venenosum o fava del Calabra, diversi e validi esteri arilici dell’acido metilcarbammico (Ecobichon, 2000).

Appartengono alla classe degli inibitori delle colinesterasi molti composti che rivestono ruoli di gran rilievo in ambito farmacologico e tossicologico. Per una chiara classificazione è necessario ricordare la fisiologia del sistema colinergico. In questo sistema sono presenti due tipi di recettori che rispondo entrambi all’azione dell’acetilcolina: quelli nicotinici e quelli muscarinici. I recettori nicotinici sono situati nelle giunzioni neuromuscolari, nei gangli, sulle cellule cromaffini e nel sistema nervoso centrale. Appartengono alla classe dei recettori canale e determinano effetti eccitatori. I recettori muscarinici sono presenti in tutti gli organi innervati dal sistema parasimpatico e ne mediano le azioni; nei gangli simpatici, nei quali mediano l’eccitazione lenta causata dall’acetilcolina e nel SNC dove

Figura

Figura 1. Scoiattolo deceduto in seguito ad intossicazione da metaldeide.
Figura 5. Provenienza dei campioni risultati positivi.
Figura 6. Incidenza dei campioni positivi nei mesi dell'anno.
Figura 8. Intossicazioni da metaldeide differenze tra analisi effettuate e positive.
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