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Il mosaico trasformato: un pavimento di una villa tardoantica nella Toscana costiera

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Academic year: 2021

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IV serie - anno V, 2015 Spedizione postale gruppo IV 70%

2015

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Arte medievale Periodico annuale

IV serie - anno V, 2015 - ISNN 0393-7267 © Sapienza Università di Roma

Direttore responsabile Marina Righetti Direzione, Redazione

Dipartimento di Storia dell’arte e Spettacolo Sapienza Università di Roma

P.le Aldo Moro, 5 - 00185 Roma Tel. 0039 06 49913409-49913949 e-mail: [email protected] www.artemedievale.it

I testi proposti per la pubblicazione dovranno essere redatti secondo le norme adottate nella rivista e consultabili nel suo sito. Essi dovranno essere inviati, completi di corredo illustrativo (immagini in .tif o .jpg ad alta risoluzione di 300 dpi in un formato adatto alla leggibilità) e riassunto, per essere sottoposti all’approvazione del Comitato Scientifico al seguente indirizzo: [email protected] La rivista, impegnandosi a garantire in ogni fase il principio di terzietà della valutazione, adotta le vigenti procedure internazionali di peer review, con l’invio di ciascun contributo pervenuto, in forma anonima, a due revisori anch’essi anonimi. Il collegio stabile dei revisori scientifici della rivista, che si avvale di studiosi internazionali esperti nei diversi ambiti della storia dell’arte medievale, può essere di volta in volta integrato con ulteriori valutatori qualora ciò sia ritenuto utile o necessario per la revisione di contributi di argomento o taglio particolare. La Direzione della rivista conserva, sotto garanzia di assoluta riservatezza, la documentazione relativa al processo di valutazione, e si impegna a pubblicare con cadenza regolare sulla rivista stessa l’elenco dei valutatori che hanno collaborato nel biennio precedente.

Autorizzazione Tribunale di Roma n. 241/2002 del 23/05/2002

In copertina: Milano, Biblioteca Ambrosiana, E 124 Inf, f. 214r, particolare.

Distribuzione Silvana Editoriale Via de’ Lavoratori, 78

20092 Cinisello Balsamo, Milano Tel. 02.453951.01 Fax 02.453951.51 www.silvanaeditoriale.it Direzione editoriale Dario Cimorelli Coordinamento e grafica Piero Giussani Stampa e rilegatura Grafiche Aurora Verona

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Comitato promotore

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L. Pressouyre, M. Righetti, A.M. Romanini, W. Sauerländer, L. Seidel, P. Skubiszewski, H. Torp, J. White, D. Whitehouse

Comitato direttivo

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A. Guiglia, H.L. Kessler, J. Mitchell, E. Neri, G. Orofino, A. Peroni, P.F. Pistilli, P. Piva, F. Pomarici, A.C. Quintavalle, R. Recht, S. Romano, A. Segagni,

H. Torp, G. Valenzano, G. Wolf Redazione

R. Cerone, A. Cosma, C. D’Alberto, B. Forti, M.T. Gigliozzi, F. Manzari, S. Moretti, M.R. Rinaldi, E. Scungio

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MATERIALI

277 Il mosaico trasformato: un pavimento di una villa tardoantica nella Toscana costiera

Elisabetta Giorgi, Enrico Zanini

NOTIZIE E RECENSIONI 297 Ricordo di Italo Furlan

Enrico Zanini

300 Ricordo di Enrico Castelnuovo

Fabrizio Crivello

302 J.-B.-L.-G. Séroux d’Agincourt e la storia dell’arte intorno

al 1800

Convegno internazionale di studi

Roma, Accademia di Francia - Villa Medici, 23-24 settembre 2014

Ilaria Sgarbozza

303 Anna Delle Foglie, La cappella Caracciolo del Sole

a San Giovanni a Carbonara

Milano, Jaca Book, 2011

Gaetano Curzi

304 Richard Hodges, Sarah Leppard, John Mitchell, San Vincenzo

Maggiore and its Workshops

London, British School at Rome, 2011

Carmine Comunale

305 Decretales pictae. Le miniature nei manoscritti delle Decretali

di Gregorio IX (Liber Extra)

Atti del colloquio internazionale tenuto all’Istituto Storico Germanico, Roma 2010,

Roma, Università degli Studi Roma Tre, 2012

Lola Massolo

307 Inés Monteira Arias, El enemigo imaginado. La escultura

románica hispana y la lucha contra el Islam

Toulouse, CNRS – Université de Toulouse-le Mirail

Gaetano Curzi

308 Gaetano Curzi, Santa Maria del Casale a Brindisi. Arte,

politica e culto nel Salento angioino

Roma, Gangemi Editore, 2013

Simona Moretti

310 Pintar fa mil anys. Els colors i l’ofici del pintor romànic dir. M. Castiñeiras, J. Verdaguer

Universitat Autònoma de Barcelona, 2014

Marco Rossi

CRITICA

9 The Milan Five-Part Diptych as a Manifestation of Orthodoxy

Zuzana Frantová

27 «In summo montis cacumine»: il monastero di S. Silvestro al Soratte

Elisabetta Scungio

59 Architettura dell’età ottoniana in Italia: il deambulatorio e il culto delle reliquie

Carlo Tosco

87 Oxford, Magdalen College, MS. Gr. 3: Artistic Practice, Byzantine Drawings and Mobility in Mediterranean Painting around 1200

Manuel Castiñeiras

101 «Iustitia, maiestas, curialitas». Oldrado da Tresseno e il suo ritratto equestre nel broletto di Milano

Saverio Lomartire

137 Un portale abruzzese dimenticato

Francesco Gandolfo

153 S. Nicola di Trisulti: un insediamento certosino femminile?

Valeria Danesi

165 Presenze cistercensi ad Amalfi: il caso controverso dell’abbazia di S. Pietro a Toczolo

Nicola Caroppo

183 «Inexpugnabile est». Pierre D’Agincourt, il presidio di Ripa di Corno e la città di Leonessa

Roberta Cerone

197 Cimabue reconsidered

Joseph Polzer

225 Un’ulteriore traccia per l’attività a Brescia del Maestro di Santa Anastasia e della sua bottega: l’urna del giudice Corrado Fogolini

Massimo Medica

235 Interferenze francesi nella produzione dei codici di lusso a Pavia sullo scadere del Trecento e qualche apertura sul primo Michelino da Besozzo

Roberta Delmoro

261 Le affinità di Dufourny

Maria Giulia Aurigemma

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per la dimensione stessa del manufatto in rela­ zione al grado di accuratezza richiesto – sarà di­ sponibile solo fra alcuni mesi. In questa sede si è dunque preferito proporre foto di insieme e di dettaglio non ancora sottoposte al processo di raddrizzamento, ma che ci sembra possano co­ munque rendere ben evidenti i caratteri pecu­ liari del problematico mosaico appena scoperto a Vignale.

EG-EZ PartePrima: ilmosaicoeilsuocontesto

1.1. Lo scavo di Vignale prima della scoperta del mosaico

Il toponimo Vignale, attestato dalle fonti scritte fin dal 980,2

identifica oggi una località del ter­ ritorio comunale di Piombino (Livorno), posta all’altezza del km 236 della ex SS 1 Aurelia [1]. L’esistenza di un sito di epoca romana è nota fin dal 1830, quando, in occasione dell'apertura della via Regia Emilia, furono rinvenute struttu­ re antiche pertinenti un grande edificio termale di cui in seguito si persero le tracce.3 Sebbene nel 1968 la Soprintendenza Archeo logica avesse dichiarato il sito definitivamente distrutto in se­ guito alle arature profonde eseguite in quell’an­ no, una ricognizione archeologica di superficie condotta negli anni Ottanta fornì una prima let­ tura moderna dell’insediamento, interpretato in questa fase come una villa romana della prima epoca imperiale con annessi impianti produt­ tivi.4

Questa lettura venne meglio articolata in seguito, quando, considerando la stretta relazio­ ne del sito con la via Aurelia e la sua adiacen­ za alle rive dell’antica laguna di Falesia, venne proposto di localizzare a Vignale una stazione di posta.5

In tale contesto conoscitivo si è inserito, a parti­ re dal 2003, il progetto di indagine archeologi­ ca che è tutt’ora in corso6

e che ha portato alla progressiva definizione di un sito molto ricco, sia rispetto alla quantità e qualità delle tracce archeologiche ancora conservate a dispetto del­ le ripetute arature e dell’attività costante dei Premessa

Q

uesta nota di presentazione prelimina­ re di un mosaico pavimentale appena scoperto è al tempo stesso prematura e doverosa.

Prematura, perché il mosaico in questione è sta­ to riportato alla luce solo da pochi mesi, è stato fin qui scavato solo parzialmente ed è stato puli­ to solo sommariamente, per evitare di alterare il suo già precario stato di conservazione, in attesa di un intervento di consolidamento appropriato che è al momento in corso di programmazione. Doverosa, perché la parte del tappeto musivo fin qui riportata alla luce, a dispetto delle lacu­ ne che si sono prodotte nel corso di una vita evidentemente lunga e complicata, presenta caratteri di grande interesse: per le dimensioni complessive dell’insieme, per la qualità esecuti­ va dell’opera, per il contesto archeologico in cui si colloca e, soprattutto, per i diversi interventi di rifacimento che il mosaico ha subito nel corso del tempo e che testimoniano della complessa relazione che questo manufatto ha intessuto con gli uomini che lo hanno voluto, prodotto e usato.

La scelta di approfittare dell’ospitalità di «Arte medievale» è stata quindi dettata dalla volontà di mettere nei tempi più rapidi possibile a di­ sposizione della comunità scientifica le prime notizie su questo singolare ritrovamento, su cui siamo sicuri che si svilupperà in futuro un inte­ ressante dibattito critico, che vorremmo aperto al contributo di specialisti di settori diversi.1 Per questo motivo, ci è sembrato appropriato dare a questa presentazione preliminare il tono del work in progress, sia nella descrizione del mosaico e del suo contesto archeologico, sia nella enucleazione di alcuni almeno dei nume­ rosi profili di problematicità che esso presenta. Altrettanto in divenire è, infine, anche la docu­ mentazione grafica e fotografica a supporto: il mosaico è stato oggetto di un primo intervento di rilievo tramite fotoraddrizzamento digitale, ma il risultato di questa procedura – complessa

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l mosaicotrasformato

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un Pavimentodi una villatardoantica nella

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oscanacostiera

Elisabetta Giorgi, Enrico Zanini

Alla cara memoria di Lino Tani, primo motore di una grande scoperta

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ElisabEtta GiorGi, Enrico Zanini

stazione di posta e le strutture ad essa collegate continuano a vivere per tutta la piena età impe­ riale e tardoantica. Solo a partire dal V secolo alcuni ambienti appaiono destinati ad altri usi e, probabilmente nello stesso periodo, com­ paiono alcune prime sepolture nel cortile. In un momento ancora successivo – probabilmente tra VI e VII secolo – anche gli spazi dell’antica villa, ormai abbandonata, vengono occupati da una estesa necropoli, non indagata fino a questo momento, la cui presenza sembra indicare una cesura nell’insediamento che, sulla base di alcu­ ne fonti d’archivio altomedievali, sembra spo­ starsi sulle alture adiacenti il sito antico.12

1.2. I mosaici perduti e il mosaico ritrovato Ben prima dell’inizio delle recenti indagini ar­ cheologiche, gli appassionati di antichità, gli studiosi e soprattutto le persone del posto co­ noscevano il campo di Vignale come ‘campo del mosaico’ o, più semplicemente, ‘il mosaico’. Lo stratificarsi nella memoria collettiva di un to­ ponimo di questo tipo testimonia come Vignale sia un sito che ha conosciuto diverse ‘stagioni archeologiche’, di cui anche il mosaico ritrovato durante l’ultima campagna di scavo, probabil­ mente insieme ad altri purtroppo perduti, deve essere stato protagonista.

Come si è accennato, la prima stagione archeo­ logica di Vignale comincia nel 1830­1831, quan­ do vennero individuati e riportati alla luce i resti di un edificio allora interpretato come parte di un complesso termale. All’epoca dello scavo, di cercatori clandestini,7 sia rispetto alla sua lunga

continuità di vita che si articola nell’arco di ol­ tre un millennio.8

Sebbene non manchino infatti indizi di una fre­ quentazione molto antica, la presenza dell’uo­ mo sembra stabilizzarsi a Vignale forse nel cor­ so dell’epoca etrusca, quando possono datarsi alcune strutture a carattere produttivo.

Intorno alla metà del III secolo a.C., conte­ stualmente alla costruzione della via Aurelia, registriamo l’esistenza di un edificio rurale che sorgeva probabilmente su un diverticolo del­ la strada. Alla seconda metà del I secolo a.C. sembra invece doversi datare l’impianto di una grande villa maritima,9

che determina una tra­ sformazione molto significativa dell’insedia­ mento, divenuto in questa fase sede di un igno­ to ma facoltoso esponente dell’élite aristocrati­ ca romana. Nella prima metà del I secolo d.C. le strutture della villa e quelle della più antica fattoria vengono raccordate da nuovi corpi di fabbrica disposti intorno a un cortile pavimen­ tato, collegato al diverticolo stradale, che costi­ tuisce probabilmente il nucleo di una stazione di posta inserita nel sistema del cursus publicus, istituito proprio in quegli anni [2].10 Questa tra­ sformazione in senso funzionale di un comples­ so architettonico originariamente nato come re­ sidenza aristocratica si associa alla costruzione e al funzionamento di un grande impianto per la produzione di laterizi e ceramica che sorgeva sulle rive della laguna.11

I reperti ceramici e le monete attestano che la

1. Il sito archeologico di Vignale nel contesto del territorio del Comune di Piombino (elaborazione Autori).

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IlmosaIcotrasformato: unpavImentodIunavIllatardoantIcanella toscanacostIera 2. Vignale, villa, veduta zenitale da aquilone dell’area archeologica: a) fattoria etrusco- romana; b) villa maritima; c) mansio. Il rettangolo in alto a sinistra indica la posizione approssimativa del mosaico tardoantico (foto Paolo Nannini, https://www.flickr. com/photos/opaxir/). 3. Vignale, villa, veduta generale del mosaico in fase di scavo: i muri perimetrali visibili sono pertinenti al capannone agricolo ottocentesco (foto Autori).

pertinenti la villa di epoca romana e all’interno di una di esse è stata recuperata una moneta di Vittorio Emanuele II del 1864. È quindi possibi­ le che, negli anni sessanta dell’Ottocento, scavi condotti nel campo o per lavorazioni agricole o, forse, per la ricerca di antichità, abbiano porta­ to al rinvenimento di nuove strutture, del tutto ipoteticamente pertinenti la villa. Non abbiamo finora riscontrato traccia di tali interventi nella documentazione scritta, ma non è da escludere che risalga proprio a questo momento la prima scoperta del mosaico di cui ci occupiamo in questo edificio venne redatta anche una plani­

metria, che è fortunosamente riemersa dall’Ar­ chivio di Stato di Firenze solo in anni relativa­ mente recenti e che ci permette di conoscere l’articolazione degli spazi di quella che vi è de­ finita come la ‘fabbrica de’ Bagni di Vignale’. Sfortunatamente, la mancanza di punti di rife­ rimento precisi all’interno della pianta non ci ha ancora consentito di localizzarne i resti sul terreno. Attraverso le brevi descrizioni di alcuni eruditi toscani che passarono da Vignale pochi anni dopo il ritrovamento, sappiamo però che le strutture antiche erano state protette con alcune tettoie e che in esse si trovavano «antichi mosai­ ci»13 e «piccole camere, tutte impiantite a mo­ saico di marmi bianchi, rossi e di altri colori».14 Nel 1863, una carta pubblicata da F. Francoli­ ni15

riporta, in corrispondenza dell’attuale sito di Vignale, la didascalia «villa romana»; non è possibile dire se con tale espressione si inten­ desse riferirsi in maniera piuttosto generica ai resti delle grandi terme ancora visibili, o se invece con la parola ‘villa’ si volesse indicare proprio una tipologia ben precisa di edificio che poteva essere tornato in luce in anni più recenti. Nel corso delle indagini archeologiche attuali sono state svuotate alcune fosse moderne scavate a ridosso di strutture in opera reticolata

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ElisabEtta GiorGi, Enrico Zanini

I muri perimetrali della struttura moderna non sono ancora stati riportati interamente in luce: la porzione di mosaico fin qui scavata appare in­ fatti delimitata lungo i lati ovest e nord da muri certamente moderni, che riprendono comun­ que l’orientamento delle altre strutture antiche fin qui individuate nell’area. A est sono presenti strutture difficilmente leggibili perché molto compromesse dalle arature, mentre non è stato fin qui individuato il muro perimetrale sud del capannone.

Le tracce di muri antichi che sono visibili nelle fotografie qui pubblicate lungo i lati est, sud e ovest del tappeto musivo principale sono perti­ nenti a una fase costruttiva precedente, da rife­ rire a uno degli ambienti della villa di I secolo a.C., con ogni probabilità riutilizzato nel nuovo e più grande ambiente che in epoca tardoanti­ ca ospitava il mosaico. La struttura che taglia il pavimento con andamento obliquo nella parte occidentale è invece da ricondurre a un drenag­ gio di epoca contemporanea.

1.3. La stratigrafia prima del mosaico

Le condizioni di conservazione del mosaico non hanno fin qui permesso di condurre una vera e propria analisi microstratigrafica dei livelli ad esso sottostanti: una indagine estensiva all’inter­ no delle lacune sarà infatti praticabile solo dopo questa sede. Esso infatti non appartiene certa­

mente alle strutture termali viste nel 1831 e il suo rinvenimento originario deve essere avve­ nuto prima della costruzione di un capannone agricolo che lo ha inglobato, all’interno dei cui resti è stato ritrovato nel settembre del 2014 [3]. La memoria del capannone agricolo è rimasta ben viva nel ricordo di un anziano componente della comunità locale (il signor Lino Tani, alla cui ostinazione nel raccontarci una storia appa­ rentemente incredibile si deve in larga misura questo ritrovamento), che riferisce che, negli Trenta del Novecento, ancora ragazzo, aveva più volte visitato la struttura, vedendo al suo interno resti di figurazioni musive sulle pareti, mentre il pavimento gli appariva composto di schegge di pietra e completamente annerito dal fumo prodotto dai mezzi agricoli ricoverati.16 Il capannone venne poi distrutto negli anni Ses­ santa, al momento dell’ampliamento della adia­ cente via Aurelia; una fotografia aerea scattata da un volo topografico della Royal Air Force nel 1944 lo ritrae invece ancora coperto e in uso.17 Il mosaico di cui stiamo discutendo è stato rinvenuto proprio dentro ai resti di questo ca­ pannone, al di sotto di quella pavimentazione di spezzoni di pietra che, insieme alle parti più basse dei muri perimetrali, lo ha protetto dalle arature fino ai nostri giorni.

4. Vignale, villa, ricostruzione schematica del partito decorativo del mosaico (elaborazione Autori).

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IlmosaIcotrasformato: unpavImentodIunavIllatardoantIcanella toscanacostIera

se il quadro complessivo finale non dovrebbe essere infine troppo lontano dal vero.

Le più antiche tracce fin qui individuate sem­ brano indiziare, al di sotto della porzione prin­ cipale del mosaico (a nord), la presenza di un il consolidamento dei perimetri delle aree di

tessellato conservate. Le considerazioni che se­ guono derivano da una lettura macrostratigrafi­ ca degli elementi visibili nelle lacune e debbono pertanto essere intese come preliminari, anche

5. Vignale, villa, planimetria schematica con indicazione delle diverse fasi del mosaico (elaborazione Autori). 6. Vignale, villa, ortofoto complessiva del mosaico nel suo attuale stato di conservazione (elaborazione Autori).

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ElisabEtta GiorGi, Enrico Zanini

sanare un dissesto importante del pavimento in cocciopesto, che nella parte centrale dell’am­ biente appare sprofondato, forse in seguito a uno dei fenomeni di subsidenza di cui si hanno tracce evidenti anche in altre parti del sito. 1.4. Il mosaico tardoantico e i suoi rifacimenti Il mosaico è articolato, per la parte finora inda­ gata, in una sequenza di tre riquadri (dimensio­ ni complessive m 3,65 × 9,50 ca) cui si aggiunge, verso sud, un quarto pannello, solo parzialmen­ te indagato (m 1,70 × 2), per una estensione to­ tale di circa 40 metri quadrati di superficie tes­ sellata, al lordo di numerose e ampie lacune [4]. La porzione principale fin qui individuata (a nord) appare il prodotto di una serie di interven­ ti di rifacimento che si sono succeduti nel cor­ so del tempo e che possono essere riconosciuti nelle discontinuità del tessellato, nelle diverse dimensioni delle tessere impiegate e nella qua­ lità esecutiva di alcune sue parti [5]. Ad almeno tre fasi di restauro fecero seguito vasti interventi di asportazione, in parte legati alle attività agri­ cole che si sono protratte per oltre un millennio in quest’area dopo l’abbandono del sito e prima della sua scoperta ottocentesca e in parte forse anche esiti di interventi moderni di asportazione deliberata di parte del tessellato [6].18

La prima fase del tappeto musivo, sia nella parte nord che in quella sud, appare ben riconoscibile per essere costituita da un tessellato policromo di ottima qualità, caratterizzato dall'impiego di tessere lapidee e in pasta vitrea di piccole di­ mensioni (ca mm 7 di lato).19

I tre riquadri finora integralmente messi in luce nella parte nord sono delimitati da una cornice perimetrale esterna del tipo cosiddetto ‘a serie diapason’20

che li riunisce in una composizione unitaria; di questi, il pannello centrale presenta una decorazione figurata, mentre i due laterali sono caratterizzati da un partito decorativo geo­ metrico [7].

Sebbene in diverse condizioni di conservazio­ ne, i due quadri laterali presentano un identico schema simmetrico, scandito da una composi­ zione in corona, intorno a un ottagono centrale, di quattro stelle irregolari formate ciascuna da due quadrati sottesi di trecce a due capi. Ciascuna stella presenta al suo interno un otta­ gono entro cui si inscrive un cerchio, origina­ riamente decorato da un’immagine figurata. Le stelle determinano ai quattro angoli dei quadri­ lateri irregolari, decorati da fioroni affusolati con volute; in corrispondenza della mezzeria ambiente di forma rettangolare, delimitato al­

meno sui lati ovest ed est da muri, oggi rasati, in opera reticolata. Più complicata appare la situazione lungo il lato sud, dove, oltre ai resti degli angolari est ed ovest in opera reticolata, sembrano leggibili i resti di tre setti murari, di tecnica al momento non definibile, intervallati da due aperture segnate da listelli marmorei a definire delle soglie. All’interno di questo inva­ so e immediatamente a ridosso di una delle due aperture si conservano i resti di un primo tes­ sellato: poche file di piccole tessere monocrome bianche. Tessere e listelli delle soglie appaiono di una tipologia analoga a quella che caratterizza i pavimenti musivi che in altre aree dello scavo sono stati attribuiti alla prima fase di vita della villa maritima. Il tessellato poggia inoltre su una robusta preparazione in cementizio: tracce di preparazioni simili sono state messe in evidenza anche in altre parti del sito, sempre in relazione con piccoli lacerti di mosaici a tessere bianche e nere e resti di muri in opera reticolata. È quindi probabile che l’ambiente nel suo insieme possa essere parte del grande complesso della villa e che possa quindi datarsi nella seconda metà del I secolo a.C.

Questo primo tessellato venne successivamente coperto con un robusto pavimento in cocciope­ sto, le cui tracce sono ben individuabili lungo tutti e quattro i lati dell’ambiente. Sulla sola base della sequenza stratigrafica, tale intervento può scaglionarsi in un arco di tempo molto lun­ go, compreso tra la seconda metà del I secolo a.C. e l’epoca tardoantica cui risale il mosaico di cui ci stiamo occupando. Nel contesto della storia insediativa del sito esso potrebbe tutta­ via ragionevolmente collocarsi o nel corso del I secolo d.C., quando si registra un ampio uso di pavimenti in cocciopesto funzionale alla tra­ sformazione di alcune parti della villa in spazi di accoglienza per i viaggiatori, o anche in una delle fasi medioimperiali di restauro e rifunzio­ nalizzazione della villa-mansio, altrettanto ben testimoniate in diverse aree del sito.

L’ambiente così allestito ebbe comunque una vita piuttosto lunga, giacché, almeno allo stato attuale delle nostre conoscenze, non si riscontra­ no altre trasformazioni significative fino alla rea­ lizzazione del mosaico policromo. Quest’ul timo sembra essere collegato a una trasformazione radicale delle strutture della villa-mansio; lo te­ stimoniano, come si è accennato, la ridefinizione almeno del limite meridionale del vano e la cir­ costanza che il nuovo allestimento sembra anche

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IlmosaIcotrasformato: unpavImentodIunavIllatardoantIcanella toscanacostIera

tichi. Della figura originaria della Primavera si conserva solo la parte bassa, vestita con una sorta di dalmatica con i clavi rossi e con ai piedi degli stivaletti grigi anch’essi decorati ciascuno da una riga rossa. Della figura originaria dell’E­ state rimane solo la traccia in negativo lasciata dal falcetto e dalle messi, realizzati forse con tessere di pasta di vetro poi deterioratesi. Della figura dell’Autunno rimane infine solo la mano che tiene un grappolo di uva.

Quello del grappolo è il dettaglio più interes­ sante per valutare la qualità esecutiva del mosai­ co originario; infatti, l’inserimento di una tesse­ ra bianca posta al centro di ciascuno degli acini riproduce l’effetto della luce su una superficie sferica e conferisce a questo elemento una forte connotazione naturalistica.

Una identica attenzione per gli effetti della luce sugli oggetti si riscontra anche nella realizzazio­ ne degli xenia che riempivano originariamente gli spazi vuoti tra le rappresentazioni delle Sta­ gioni, lungo gli assi mediani dei quattro lati del pannello; di essi si conservano solamente due pesci incrociati tra l’Estate e l’Autunno [10a­ b] e un canestro di vimini ricolmo di frutti tra l’Autunno e l’Inverno, mentre i due elementi che dobbiamo supporre presenti sugli altri due lati furono sostituiti in una delle fasi di restauro. Tanto i pesci quanto il canestro di frutta sono resi in maniera molto naturalistica, attraverso l’impiego di tessere di pasta di vetro nei frutti e di tessere nelle diverse gradazioni del verde e azzurro disposte a riprodurre la pelle squamata e cangiante dei pesci.

A questa prima fase del tappeto musivo sembra appartenere anche quel che è finora ritornato alla luce del tessellato posto a sud del grande mosaico a tre pannelli appena descritto. Si tratta di un grande lacerto, al momento non delimita­ to da alcuna bordura, di un motivo decorativo complesso, composto da ottagoni, campi ret­ tangolari caricati con trecce a calice policrome25 e ‘quarti di stella’, nei colori prevalenti del ros­ so, del blu e del bianco.

L’insieme delle caratteristiche tecniche e tipo­ logiche del partito decorativo del tessellato di questa prima fase suggerirebbe una datazione a partire dalla fine del III secolo: tale datazione è meglio precisata dal fortunato ritrovamen­ to, nello strato di preparazione del pannello geometrico sud, di una moneta di bronzo di cui pare sicura l’identificazione in un AE3 di Costantino I, con buona probabilità databile tra il 324 e il 330, che indica quindi il terminus dei lati determinano invece campi semicircolari,

anch’essi con decorazione geometrica.21

Il pannello orientale manca di una porzione con­ sistente di tessellato e presenta dense macchie scure dovute forse alla percolazione di liquidi oleosi derivanti dal funzionamento delle mac­ chine agricole che stazionavano all’interno del capanno agricolo otto­novecentesco. Tali condi­ zioni di conservazione precludono al momento la possibilità di identificare meglio le decorazio­ ni dei riempitivi originariamente disposti entro e intorno alle stelle ad intreccio anche nei pochi lacerti che si sono conservati fino a noi.

Un po’ meglio conservato è invece il pannello occidentale, dove rimangono ben leggibili al­ cuni dei riempitivi periferici e dove si conserva ancora un piccolo frammento di uno dei campi circolari all’interno delle stelle a intreccio. In esso sembra potersi leggere ancora in situ una porzione di tessellato di qualità esecutiva com­ parabile con quella della figura del tappeto cen­ trale, forse pertinente il torso o il collo di una figura umana nuda con la testa rivolta verso il centro del pannello.22

Il tappeto centrale presenta una decorazione fi­ gurata che è inquadrata lungo tutti e quattro i lati da una ricca cornice vegetale a ghirlanda di alloro in ciuffi di cinque foglie, con bordi fran­ giati e nastro.23

Al centro compare quella che può essere letta, con ogni probabilità, come una figura maschile, rappresentata con il torso nudo (ne rimangono in realtà solo il braccio e la spalla destri, il collo e una piccola porzione del mento) e una veste panneg­ giata, nei toni del rosso, che avvolge la parte bassa del corpo. La porzione conservata del mento ap­ pare al momento compatibile sia con una posi­ zione frontale della testa, sia con un rivolgimento della testa stessa verso la sinistra dell’osservato­ re.24

La figura è seduta su un globo composto di tessere di pasta vitrea in scala di colore dal verde al blu e alza il braccio destro a sorreggere un arco dorato, che poteva essere rappresentato in pro­ spettiva o circondare la figura stessa.

Agli angoli del pannello sono rappresentate le figure delle Quattro Stagioni, disposte con le te­ ste convergenti verso il centro del riquadro; in senso orario, a partire dall'alto a destra, Prima­ vera, Estate, Autunno, Inverno.

Della loro composizione musiva originaria ri­ mangono soltanto pochi frammenti identifica­ bili. La figura originaria dell’Inverno è andata completamente perduta perché integralmente sostituita nel corso di uno dei rifacimenti an­

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ElisabEtta GiorGi, Enrico Zanini

In prima battuta, sembrerebbe assai probabile la pertinenza del mosaico a una sala di rappre­ sentanza, in ragione del pregio intrinseco del manufatto, del suo valore venale e della sua na­ tura di strumento di rappresentazione e auto­ rappresentazione della ricchezza, della cultura post quem per la realizzazione del mosaico.26

La distribuzione della decorazione musiva per­ mette inoltre di avanzare qualche ipotesi sulla natura dell’ambiente che ospitava il mosaico e di cui, come si è visto, rimangono allo stato at­ tuale pochissime tracce archeologiche.

7. Vignale, villa, ortofoto della parte del mosaico riferibile alla prima fase (elaborazione Autori).

8. Vignale, villa, ortofoto della parte del mosaico riferibile alla seconda fase (elaborazione Autori).

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IlmosaIcotrasformato: unpavImentodIunavIllatardoantIcanella toscanacostIera

do uno schema che appare molto consolidato in questo genere di ambienti.31

Questa ipotesi sembrerebbe rafforzata proprio dalla disposizione dei tre riquadri, che sono esattamente dove dovrebbero essere, in modo da essere ben visibili dai commensali semi­ sdraiati sui letti.

Anche la presenza di una diversa tessitura de­ corativa nell’unica porzione di mosaico fin qui riportata alla luce a sud del tappeto figurato potrebbe andare nella stessa direzione. In quel­ la posizione ci dovrebbero essere mosaici più e della qualità dello stile di vita del proprietario

della villa,27 anche se ipotesi alternative dovran­ no necessariamente essere prese in considera­ zione.28

Se di sala di rappresentanza si trattasse è poi largamente probabile la sua identificazione con una sala da pranzo: in epoca tardoantica, sono proprio questi ambienti ad essere lo scenario delle attività sociali più importanti nella vita di una villa29 e lo stesso programma iconografico, basato sulla rappresentazione del Tempo ciclico – quale che ne sia la forma – e delle Stagioni, costituisce un indizio importante a supporto di questa interpretazione.30

Se si trattasse davvero di una sala da pranzo, le possibili ricostruzioni tipologiche dell’ambien­ te che conteneva il nostro mosaico si riducono essenzialmente a due: o un grande ambiente in forma di quadrato o di rettangolo molto tozzo, destinato a ospitare quindi il tradizionale siste­ ma del triclinio; o un ambiente rettangolare più allungato, destinato ad accogliere quella nuova forma di banchetto propria dell’età tardoantica che è la coenatio.

Proprio l’organizzazione figurativa del mosai­ co, la cui scena centrale aveva il suo punto di osservazione privilegiato da sud, rende mol­ to improbabile che si tratti di una coenatio. In questa tipologia, infatti, il punto di osservazione privilegiato dovrebbe essere costituito da uno stibadium semicircolare posto lungo uno dei lati corti del rettangolo e ciò comporterebbe nel nostro caso l’esistenza di un’aula di dimensioni davvero grandissime.

Se la soluzione del triclinio appare dunque al momento quella più plausibile, bisognerà im­ maginare il nostro mosaico posto a decorare il braccio orizzontale di una T, con i letti tricliniari disposti a U intorno al braccio verticale, secon­

9. Vignale, villa, ortofoto del pannello centrale: la linea bianca delimita la parte pertinente alla seconda fase (elaborazione Autori).

10a-b. Vignale, villa, mosaico pavimentale, xenia nel pannello centrale, prima fase, dettaglio (foto Autori).

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della figura centrale non è più nudo, ma vestito con una dalmatica con i clavi rossi nella parte alta, che si raccorda invece nella parte inferiore ai panneggi della veste preesistente. Anche la parte destra del globo viene ricomposta, anche se con sole tessere grigie, così come l’arco che nel tratto tra la mano destra alzata e la testa vie­ ne ricostruito con tessere più grandi e di colore rosato [9, 12].

Anche le figure delle Stagioni sono interessa­ te da questo rifacimento. L’assenza di tesse­ re di maggiori dimensioni in corrispondenza dell’Au tunno, per noi integralmente perduto a eccezione della mano con il grappolo di cui si è detto, sembra indicare che su questa figura non si intervenne, mentre integralmente restaurata appare quella dell’Inverno. Questa si presenta adesso come una figura, probabilmente diade­ mata, i cui lineamenti del volto sono resi con l’impiego di tessere nere che le conferiscono ca­ ratteri marcati ma non privi di una loro grazia. Quasi integralmente restaurata è anche la Pri­ mavera, che viene realizzata seguendo l’icono­ grafia tradizionale di una figura recante una cornucopia di frutti.

È invece più complicato definire come venga re­ staurata la figura dell’Estate; di essa si conserva infatti solo un frammento del torso, avvolto in una veste fittamente panneggiata, che dovette essere raccordato agli attributi originari stretti nella mano destra, il falcetto e le spighe, conser­ vatisi, sebbene solo in negativo, fino a noi nella loro conformazione iniziale.

Un cambiamento significativo interviene anche negli spazi tra le figure delle Stagioni. Quelli lungo i lati nord (tra Inverno e Primavera) ed est (tra Primavera ed Estate) appaiono infatti decorati con un tema iconografico nuovo: non più gli xenia, ma un girale vegetale che nasce tra due coppie di volatili affrontati, disposti, alme­ no per il lato orientale, al di sopra di una ipote­ tica linea di terra resa con alcune file di tessere nere. Ne risulta che tutto lo spazio tra la figura centrale e le Stagioni sui lati nord ed est appa­ re occupato dalle volute dei girali, la cui qualità esecutiva sembra, almeno ad un primo esame, di livelli diversi; le differenze rilevate, che con­ sistono in alcune volute più rigide in prossimi­ tà della testa della figura centrale, potrebbero dipendere semplicemente dal lavoro di diverse mani impegnate sullo stesso soggetto o essere il risultato di più interventi di restauro stratifi­ catisi nel tempo che al momento non siamo in grado di distinguere in maniera analitica.33 semplici, perché destinati a essere coperti dai

letti triclinari.

Solo il completamento dello scavo almeno di tutta l’area compresa nel capanno moderno po­ trà però fornire una risposta definitiva a questi problemi: stando a quel che è possibile desume­ re dalla fotografia aerea, il capanno era di forma sostanzialmente quadrata e questo aprirebbe quindi lo spazio a una ricostruzione complessi­ va del grande triclinio come quella che si è ap­ pena abbozzata.

L’identificazione della grande sala di rappresen­ tanza come triclinio aprirebbe infine un’altra interessante prospettiva per comprendere il si­ gnificato ‘comunicativo’ del nostro tappeto mu­ sivo. Nelle grandi ville tardoantiche, questo tipo di ambienti sono molto spesso disposti in im­ mediata prossimità del peristilio, su cui si apro­ no per lo più attraverso un sistema di tre luci scandite da due colonne, e il mosaico principale decora proprio la parte più vicina al peristilio, ovvero alla parte più ‘pubblica’ della villa.32 Nel caso di Vignale, la plausibilità di questa so­ luzione andrà verificata archeologicamente, ma se questa ipotesi topografica cogliesse nel se­ gno, avremmo un contesto semantico molto si­ gnificativo per il nostro mosaico e per la proble­ matica figura che ne connota il quadro centrale nelle varie fasi di trasformazione del tessellato e, probabilmente, del vano che lo conteneva. In una epoca successiva, di cui per il momento non è possibile determinare la cronologia asso­ luta, il mosaico originario, evidentemente dan­ neggiato, venne largamente rifatto, forse perché danneggiato in alcuni punti.

L’intervento più consistente sembra riguarda­ re il pannello centrale, di cui viene rifatta una ampia porzione; l’intenzione sembra quella di ripristinare lo stesso schema iconografico, andando a integrare le figure che potevano essere danneggiate. I rifacimenti che caratte­ rizzano questa fase sono realizzati con tessere di dimensioni maggiori che vanno a disegnare linee meno naturalistiche e figure più irrigidite, pur mantenendo comunque una buona qualità esecutiva [8].

Molto ben visibile è il restauro della figura cen­ trale, per la quale viene realizzata una nuova testa con una capigliatura corta, caratterizzata dall’alternanza di fasce di tessere colorate brune e nere. La nuova testa viene accostata alla parte preesistente della figura senza tenere conto del­ le parti superstiti (braccio destro, collo e mento) che rimangono quindi non integrate. Il busto

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IlmosaIcotrasformato: unpavImentodIunavIllatardoantIcanella toscanacostIera

Parteseconda: unaseriediProblemiaPerti

2.1. Il programma iconografico nella prima fase La definizione preliminare del contesto archi­ tettonico in cui il nostro mosaico si inseriva è fondamentale per sviluppare la riflessione sul suo programma iconografico: se il tappeto cen­ trale figurato era concepito come il punto focale dell’intera decorazione è ad esso che dobbiamo rivolgerci per provare a comprenderla nel suo insieme.

Il tema iconografico del pannello centrale nella sua prima fase andrà quindi letto a partire da almeno tre punti di vista:

1.1. un’analisi delle sue componenti; 1.2. lo studio della relazione che il mosaico

istituisce tra di esse;

1.3. lo studio della possibile relazione con le altre parti del tappeto musivo.

2.1.1. Le componenti

Come si è visto, della tessitura originale del pan­ nello rimangono oggi poche parti conservate e molti punti problematici.

La presenza delle raffigurazione delle Stagioni appare sufficientemente provata anche a par­ tire dai pochi dettagli conservati delle figure dell’Autunno, dell’Estate e della Primavera: le prime due in particolare trovano un confronto molto preciso nel mosaico da Ammaedara/Hai­ dra oggi conservato nel Palazzo delle Nazioni Unite a New York.34

Più difficile è definire quale forma assumesse­ ro in questa prima redazione le singole figure: in particolare la Primavera, che fin dalla prima fase appare vestita con una sorta di dalmatica con i clavi rossi e con ai piedi degli stivaletti gri­ gi anch’essi decorati ciascuno da una riga rossa, sembra comparire in una iconografia non trop­ po consueta, sul cui eventuale significato occor­ rerà approfondire la riflessione.

Molto ben leggibili sono i due xenia conservati negli spazi intermedi [10a­b]: di qualità esecuti­ va molto alta, non appaiono semplici riempitivi, quanto piuttosto parte integrante del messaggio iconografico complessivo del tappeto. È eviden­ temente impossibile stabilire quali fossero gli xenia che dobbiamo immaginare presenti per simmetria lungo i lati nord ed est. Una traccia possibile è la presenza di due coppie di volatili affrontati nel rifacimento successivo [11], che potrebbe suggerire figurazioni analoghe, sia pure in un contesto compositivo completamen­ te diverso, anche nella prima fase.35

Non è ancora possibile dire se e quanto l’inter­ vento di restauro che interessa in maniera così estesa il pannello centrale possa avere riguar­ dato anche i riquadri laterali. In linea di prima ipotesi, vista la contiguità con l’area più trasfor­ mata del mosaico in questa fase, si può leggere in questo contesto il rifacimento di due ‘stelle’ del tappeto orientale e forse di una del tappe­ to occidentale. Nel primo caso, in particolare, il probabile restauro imperfetto di due intrecci determina una anomalia nel campo semicircola­ re posto a metà del lato settentrionale dell’am­ biente, la cui cornice risulta infatti asimmetrica. Allo stato attuale, non è possibile dire se a que­ sta fase di restauro vada ascritto anche il rifaci­ mento dei campi circolari figurati al centro dei motivi a stella o se in esso debba essere visto un intervento ulteriore, magari originato da una diversa finalità. La qualità esecutiva dei nuovi riempimenti, eseguiti in bicromia e con tessere di dimensioni più grandi allettate in una solida base cementizia, potrebbero indicare per questo intervento una cronologia abbastanza avanzata. Nel pannello orientale si conserva soltanto uno dei nuovi clipei decorati, all’angolo nord­occi­ dentale, in cui è ritratto un nodo di Salomone piuttosto schematico. Nel pannello occidenta­ le invece, i riempitivi circolari conservati sono due: quello all’angolo nord­orientale presenta un fiorone a quattro petali, mentre in quello centrale è raffigurato un grande kantharos. La silhouette del vaso, piuttosto schematica, è rea­ lizzata con tessere bianche su fondo nero; sulla pancia del vaso, in un gruppo di tessere bianche non ancora oggetto di una pulitura approfon­ dita, sembra forse riconoscibile la figura di una piccola colomba: una tessera di colore arancio e una nera segnano probabilmente il becco e l’oc­ chio dell’animale.

Vale la pena di segnalare che il kantharos è raf­ figurato con l’imboccatura verso est. In associa­ zione alla posizione della possibile colomba, ciò presupporrebbe un punto di osservazione del mosaico, così ristrutturato, mutato rispetto all’as­ se sud­nord originario; ma anche su questo pun­ to sarà opportuno sospendere la valutazione in attesa del completamento dell’indagine di scavo. Un ultimo intervento di restauro, cronologica­ mente indefinibile almeno per il momento, si registra infine soltanto nel pannello orientale e si concretizza in un tessellato monocromo nero, composto da tessere molto grandi, che va pro­ babilmente a risarcire una lacuna del pavimento. EG

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Il nodo problematico è evidentemente legato alla figura centrale, che sfugge ancora a una defi­ nizione precisa, perché la vediamo solo in parte, perché i rifacimenti successivi ne hanno alterato il contesto originario e perché fin dall’origine si trattava probabilmente di una immagine di na­ tura ‘spiccatamente polisemica’ [12].36

Una identificazione del giovane seduto e discin­ to con una delle possibili redazioni dell’imma­ gine dell’Aion come nozione astratta del tempo ciclico,37 per quanto preliminare e provvisoria, può risultare funzionale in questa fase di primo orientamento. Anche perché questa denomina­ zione in qualche misura convenzionale si lega bene ai significati correlati di Aeternitas e – vista anche la connessione con le Stagioni – di Annus e di Saeculum (frugiferum).38

La raffigurazione dell’Aion nelle forme di un giovane seduto risponde a uno dei tre tipi fon­ damentali fin qui noti39

e sembra essere parti­ colarmente diffusa nell’Africa proconsolare del III e IV secolo e in contesti privati,40

forse come espressione di forme di religiosità locale.41 Sul territorio italiano, un confronto molto cal­ zante per l’impianto generale appare quello con l’Aion/Annus/Saeculum frugiferum raffigurato nell’emblema centrale di un ambiente della villa tardoantica rinvenuta in località Masseria Cic­ cotti ad Oppido Lucano [13].42

Quel che differenzia quest’ultima figura dalla nostra è ovviamente l’essere seduta su una roc­ cia e non su un globo celeste, che costituisce

11. Vignale, villa, mosaico pavimentale, pannello centrale, dettaglio della parte orientale con una coppia di volatili affrontati in un girale vegetale (foto Autori). 12. Vignale, villa, mosaico pavimentale, figura centrale, Personificazione del Tempo seduta sul globo celeste, dettaglio (foto Autori).

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reum seminudo e stante di un aureo di Adriano del 119­124/125,52

forse l’archetipo dell’imma­ gine raffigurata nella Patera di Parabiago, del­ la seconda metà del IV secolo d.C.),53

mentre la parte bassa ha evidentemente a che fare con l’immagine imperiale sul globo, anche se ciò che resta del panneggio suggerirebbe una immagine più discinta e meno formalizzata.54

L’altro tema iconografico – quello del Cristo sul globo celeste – è troppo noto per doverlo discu­ tere nelle pagine di «Arte medievale», basterà ricordare quello che attualmente è considerato il punto di partenza della serie (il Cristo nell’ab­ sidiola di S. Costanza a Roma, della fine del IV ­ inizi del V secolo) e i passaggi fondamentali di S. Vitale a Ravenna e della basilica Eufrasiana di Parenzo.55

Quel che rende straordinariamente interessante il mosaico di Vignale è che esso si colloca, tanto dal punto di vista cronologico quanto da quel­ lo del medium figurativo, esattamente al punto di snodo tra le due serie che abbiamo succin­ tamente descritto: nel secondo quarto del IV secolo, sembra essere l’unica rappresentazione musiva fin qui nota di un tema che ha una sua fortuna nella monetazione medio e tardoim­ periale ed è al tempo stesso la possibile traccia dell’esistenza di archetipi musivi pre­cristiani cui potrebbero aver attinto i mosaicisti impe­ gnati nella costruzione dei modelli iconografici per la decorazione delle absidi delle chiese del V e del VI secolo.

invece evidentemente il punto cruciale dell’ico­ nografia del mosaico di Vignale.

La presenza del globo è problematica in sé, giacché si tratta probabilmente – almeno a co­ noscenza di chi scrive – di una delle più antiche, se non addirittura la più antica, raffigurazione di questo elemento in un mosaico, che, per sua natura, rende evidente, nella serie di sfumature concentriche di colori tra l’azzurro e il verde, la connotazione di rappresentazione concettuale dell’universo.43

A ciò si aggiunga che, sempre per quanto a mia conoscenza, una raffigurazione dell’Aion giova­ nile assiso sul globo non sembra fin qui trovare alcun confronto. Anche perché la lista dei per­ sonaggi e delle personificazioni che possono es­ sere raffigurati seduti su un globo è decisamen­ te limitata: sul globo sta seduto in primo luogo l'imperatore, sia pure con formulazioni icono­ grafiche diverse, ma che fanno tutte riferimento al concetto di eternità del potere imperiale,44 e poi, ovviamente, nell’iconografia cristiana, il Cristo.45

La linea dell’iconografia dell’imperatore – o di una personificazione a questo correlata – as­ siso sul globo celeste sembra risalire piuttosto indietro e deve ancora essere compiutamente ricostruita. Un primo parziale prototipo, con la figura centrale stante, sembra essere rappresen­ tato da un medaglione di Antonino Pio, databile al 158, in cui Gnecchi46 riconosce ‘Giove o il Se­ colo’. Si tratta di un punto di partenza da cui il tema si evolve,47 attraverso alcuni medaglioni di Commodo, del 185:48

la figura perde i connotati del vecchio seminudo, sostituito dall’immagine imperiale, e acquisisce invece l’elemento del glo­ bo con un medaglione di Alessandro Severo e Iulia Mamea, del 222­235,49

e si consolida poi in medaglione di Gordiano III, del 238­244:50 in entrambi la scritta temporvm felicitas è un

esplicito riferimento al regno dell’imperatore in carica. L’ultimo esemplare della serie è costituito da un medaglione di Tacito, del 276,51 in cui la legenda è aeternitasavg, a sancire la connessio­

ne con il concetto di tempo ciclico, entro la cui sfera semantica si colloca per l’appunto Aion. L’immagine di Vignale appare per molti versi una sorta di crasi tra alcuni degli elementi che compaiono nelle immagini fin qui citate: la par­ te alta della figura ricorda molto sia il giovane imberbe di Masseria Ciccotti che, nell’imposta­ zione generale, il Giove/Saeculum del medaglio­ ne di Antonino Pio (che a sua volta potrebbe avere qualcosa a che fare con il Saeculum

au-13. Oppido Lucano, Masseria Ciccotti, mosaico

pavimentale, Aion seduto su una roccia (da Gualtieri 2005).

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2.1.2. Le relazioni tra le componenti

Al di là delle possibili implicazioni connesse alla formulazione iconografica della figura centrale, la relazione che questa istituisce con le Stagioni raffigurate agli angoli offre un sostegno impor­ tante alla lettura dell’insieme come una rappre­ sentazione del Saeculum frugiferum.

Questa interpretazione sembra essere rafforzata anche dalla presenza degli xenia conservatisi al centro dei lati sud e ovest del pannello centrale, cui dovevano ragionevolmente corrispondere altri due perduti elementi lungo i lati est e nord. In altri casi analoghi, questi elementi di riem­ pitivo sono generalmente interpretati56 come un riferimento alle risorse che la struttura in cui è ubicato il mosaico, in questo caso la villa, con i possedimenti a essa collegati, mette a disposi­ zione del benessere del dominus, della sua fami­ glia e dei suoi ospiti.

In questo caso specifico, è interessante nota­ re come questi xenia non siano delle raffigu­ razioni standardizzate, magari genericamente collegate con il fluire delle stagioni, ma costi­ tuiscano invece riferimenti precisi alle risorse proprie di quella specifica proprietà. In parti­ colare, la presenza di pesci potrebbe ben al­ ludere al funzionamento di allevamenti e pe­ schiere, che a loro volta ben si adatterebbero all’immagine della struttura di Vignale come di una villa maritima.57

L’immagine nel suo insieme verrebbe quindi a definirsi come una sorta di ‘inno’ alla ma­ gnificenza del proprietario della villa: alla sua prosperità alluderebbero idealmente la perso­ nificazione del Tempo, seduto sul globo a sug­ gerire un’idea di eternità, la rappresentazione delle Stagioni nell’atto di raccogliere i frutti della terra secondo i diversi periodi e gli xenia posti a celebrare alcuni aspetti specifici di que­ sta opulenza.

2.1.3. La possibile relazione con le altre parti del tappeto musivo

Queste considerazioni potrebbero ulteriormen­ te rafforzarsi estendendo l’analisi contestuale del messaggio veicolato dal mosaico del pan­ nello centrale agli altri due pannelli laterali, il cui appartenere alla medesima visione d’insie­ me appare certificato dal gioco delle cornici: quella a festone di alloro che circonda il quadro centrale, sottolineandone il ruolo ‘dichiarativo’ rispetto ai due pannelli laterali, e quella a fila di diapason che circonda invece tutto l’insieme, certificandone quindi l’unitarietà semantica.

Lo stato di conservazione dei pannelli laterali, in particolare di quello orientale, condiziona purtroppo sensibilmente lo sviluppo della ri­ flessione in questo senso. Un solo lacerto di mo­ saico conservato in uno dei tondi incorniciati da riquadri intrecciati del pannello occidentale apre lo spazio per qualche ipotesi. All’interno del tondo, al momento completamente isolato dal suo contesto, si conserva un frammento che per dimensioni delle tessere, colori e tecnica di allestimento del tessellato sembra ben confron­ tabile con le parti conservate della figura princi­ pale del pannello centrale.

Allo stato, appare improponibile qualsiasi ten­ tativo di identificazione dell’immagine che oc­ cupava originariamente il tondo, ma una imma­ gine di insieme sembrerebbe suggerire la pre­ senza di una figura umana, forse il torso di una figura nuda che avrebbe avuto la testa orientata verso il centro della composizione del pannello. Se questa suggestione cogliesse nel vero, si po­ trebbe forse pensare a una raffigurazione perti­ nente a un ulteriore ciclo delle Stagioni, questa volta rappresentate in forma di busti, così come accade in molti esempi in Africa, in Spagna e anche in Italia, dove immagini di questo tipo compaiono per esempio nel già citato mosaico di Masseria Ciccotti a Oppido Lucano, che, come si è visto, potrebbe offrire più di un punto di contatto con il nostro pavimento.

Spingendo ulteriormente in avanti il filo sottile di questa ipotesi, si verrebbe così a configurare un contesto comunicativo molto ricco ed espli­ cito, caratterizzato da pannelli laterali in cui si celebrava il tema del ciclo delle stagioni e del trascorrere ciclico del tempo e da un pannello centrale in cui questo tema di fondo veniva de­ clinato nelle forme della celebrazione allusiva alla magnifica aeternitas del tempo presente, caratterizzato da una grande abbondanza di risorse a cui attingere grazie alla ricchezza del proprietario della villa e committente di questo ‘manifesto’ musivo.

2.2. Il programma iconografico nella seconda fase Un ulteriore contributo alla decodificazione del complesso messaggio iconografico con­ tenuto nel nostro mosaico può venire, a ben guardare, anche dalle azioni successive di cui esso fu oggetto, giacché esse dipesero in larga misura dall’interazione tra il mosaico della pri­ ma fase e la gamma delle letture che ne diedero nel corso del tempo coloro che si trovarono di fronte ad esso.

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Particolarmente significativa appare in questo senso, per dimensione e complessità, la trasfor­ mazione del pannello centrale, che sembra pe­ raltro essere l’unica a riguardare questa porzio­ ne dell’insieme prima degli interventi che ne in­ taccarono l’integrità. Il cambiamento ri guardò, come si è visto, sia la figura centrale, sia almeno tre delle quattro personificazioni delle Stagioni, sia la stessa campitura di fondo del tessellato. La motivazione del rifacimento, forse reso ne­ cessario da uno dei fenomeni di subsidenza che si leggono in altre parti del nostro scavo, non è ancora chiara, ma è interessante sottolineare la scelta deliberata di trasformazione iconogra­ fica in luogo di un intervento tutto sommato più semplice di ripristino, magari in forme più sem­ plificate, delle forme originarie.

Almeno quattro elementi devono essere presi in considerazione: il mancato riuso delle tes­ sere originarie; la rudimentale trasformazione iconografica della figura centrale; la trasforma­ zione delle figure delle Stagioni; e la sostitu­ zione dell’originario tappeto bianco con xenia con il motivo dei girali animati dalla presenza di uccelli.

Il mancato riuso delle tessere originarie sembra indicare o un deterioramento lento del primo mosaico, con una perdita progressiva delle tes­ sere, oppure un evento rapido, ma seguito da una pausa più o meno lunga prima della rico­ struzione, che potrebbe aver determinato la perdita del materiale originario che doveva es­ sere evidentemente quello più ambito per un semplice restauro.

Questo vale in particolare per le tessere di pasta vitrea utilizzate nel globo e in alcuni dettagli del mosaico della prima fase: il globo viene infatti risarcito con rozze tessere nere, mentre poche tessere vitree vengono reimpiegate, per esem­ pio, negli occhi degli uccelli posti entro i girali vegetali.

In ambedue i casi, comunque, il dato sembre­ rebbe indicare una caduta netta nel livello della vita nella villa, con un temporaneo abbandono o con un uso precario della grande sala di rap­ presentanza di cui il mosaico costituiva il punto focale.

Anche la trasformazione della figura centrale pone un problema analogo, giacché un rifaci­ mento così sommario non sembra esito tanto di una incapacità esecutiva, quanto piuttosto di una scelta in qualche modo deliberata. L’a­ nello cui la figura centrale appoggia la mano destra viene ripristinato per una ventina di

centimetri, ma poi non prosegue; la nuova te­ sta non viene attaccata in corrispondenza del mento della figura precedente (il che avrebbe permesso di riutilizzare meglio il braccio pre­ esistente), ma viene collocata, in maniera in­ congrua, più in alto, forse per far posto alla raffigurazione del busto della nuova figura, ve­ stita con una tunica che sembra echeggiare una dalmatica con i clavi rosso­bruno, in modo da suggerire un abbigliamento analogo per tutta la figura risultante [12].58

L’ipotesi che queste soluzioni apparentemente estemporanee non siano frutto di semplice in­ capacità esecutiva sembra sostenuta da qualche osservazione tecnica: la nuova testa della figura centrale, per quel che sia possibile cogliere a questo stadio di pulitura, non è di qualità di­ sprezzabile; il trattamento della capigliatura è risolto con file parallele di tessere di colori al­ ternati, secondo un modello ben diffuso tra V e VI secolo. L’anello del Tempo viene sostituito, nella parte orientale, da un motivo a girali che è anch’esso di qualità esecutiva tutt’altro che di­ sprezzabile e che forma a sua volta un tessellato unico con due coppie di uccelli che appaiono comunque di buona qualità, per la morbidezza del tessuto musivo, per la varietà dei colori e per la ricchezza di sfumature [11].

La stessa qualità esecutiva – purtroppo ancora non pienamente apprezzabile fino al consolida­ mento e al restauro – mostrano le figure delle Stagioni rifatte in questa stessa occasione. Ciò vale in particolare per l’Inverno, ora rappresen­ tato come una figura femminile, che unisce alla raffinata morbidezza dell’incarnato del viso e all’altrettanto pregevole soluzione dell’accon­ ciatura arricchita da un diadema anche una otti­ ma qualità tecnica, che ne fa una delle porzioni in assoluto meglio conservate dell’intero tappe­ to musivo [14].

Meno valutabili sono sotto questo profilo le fi­ gure della Primavera e dell’Estate, anche se va segnalato come quest’ultima presenti ora un ab­ bigliamento ricco, con tunica e pallio caratteriz­ zati da un morbido cromatismo in sfumature di colore, mentre è difficile dire se appartengono a questo restauro o alla figura originaria i resti isolati di una sorta di ‘aureola’ realizzata in una bella scala di colore dal giallo all’arancio.59 Nella stessa direzione va, infine, la qualità dell’ampio e articolato sistema di girali vege­ tali, che appaiono anch’essi realizzati con una morbidezza nel trattamento delle foglie cui non rende ancora giustizia la pulizia preliminare e

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che ospitano, come si è accennato, due coppie di volatili, almeno una delle quali di buonissima qualità musiva.

L’insieme di queste osservazioni porta dunque a riflettere su quale sia stato il ‘motore’ di una trasformazione iconografica così evidente del pannello centrale del mosaico di Vignale. Si tratta di una questione complessa, che potrà essere affrontata con la dovuta attenzione solo dopo il completamento dell’indagine archeo­ logica, della pulitura e del restauro del tappeto musivo, ma già fin d’ora sembra di poter indivi­ duare almeno una direzione verso cui orientare la riflessione. L’intervento sulla figura centrale sembra dettato dalla volontà di conservare tutti gli attributi della immagine precedente (il glo­ bo, l’anello divenuto ora un arco, la postura), aggiungendovi però un elemento evidente di determinazione fisiognomica del volto e di con­ notazione specifica dell’abbigliamento: due ele­ menti che paiono andare nella direzione, quan­ to meno, della esplicitazione di un messaggio

forse già ‘criptato’ nell’iconografia originaria. Visto in questa prospettiva, il rifacimento di metà del pannello centrale sembra indicare il passaggio dalla sfera dell’allusione a quella della dichiarazione esplicita: laddove l’immagine di Aion/Aeternitas/Saeculum seduto sul globo po­ teva alludere alla qualità della vita nella villa nel tempo presente e al suo eterno riproporsi nel ciclo annuale, la nuova immagine sembra voler conferire anche una dimensione fisica concreta al dominus che è direttamente ‘motore’ di que­ sta qualità di vita.

Di quale dominus si tratti è ovviamente diffici­ lissimo dire. A una identificazione del proprie­ tario della villa in questa seconda fase e alla spiegazione della liceità del suo eventuale farsi raffigurare – sotto forma di ritratto fisiognomi­ camente aderente alla realtà o più probabilmen­ te sotto forma di immagine in qualche misura convenzionale ma ben comprensibile dagli os­ servatori – all’interno di una iconografia che abbiamo visto strettamente correlata all’imma­ gine imperiale si oppone l’assoluta, almeno per il momento, mancanza di qualsiasi indizio nelle fonti archeologiche ed extra­archeologiche di­ sponibili.

Chiunque fosse il proprietario, egli doveva però trovare conveniente, possibile e plausibile uti­ lizzare questo contesto iconografico in funzione di una esplicita autorappresentazione del pro­ prio status, tanto più necessaria considerato che il complesso edilizio in cui il nuovo mosaico si inseriva doveva essere, come abbiamo accenna­ to, in condizioni non esattamente ottimali. Ancor più difficile è dire se questa immagine, che pure nella sua struttura complessiva non può non ricordare quelle presenti nelle absidi delle basiliche di V e soprattutto VI secolo, pos­ sa avere avuto una funzione evocativa in senso cristiano.

La mancanza di attributi specifici e la posizione teoricamente ‘sconveniente’ come parte di un mosaico pavimentale spingerebbe a scartare l’i­ potesi di una identificazione diretta dell’imma­ gine di Vignale con una raffigurazione del Cri­ sto. Più possibile potrebbe invece essere pro­ vare a leggere l’immagine stessa come l’espres­ sione di una cultura figurativa caratterizzata da una spiccata polisemia, fatta di allusioni più o meno esplicite e di intersezioni spesso difficil­ mente decifrabili fra sistemi semantici diversi: una cultura che, come tutti sappiamo, è un po’ il ‘brodo primordiale’ da cui (e in cui) nasce l’arte cristiana del V secolo.

14. Vignale, villa, mosaico pavimentale, Inverno, seconda fase, dettaglio (foto Autori).

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15. Vignale, villa, mosaico pavimentale, kantharos in uno dei riempitivi circolari del pannello occidentale, dettaglio (foto Autori).

2.3. Il programma iconografico nella terza e quarta fase

La lettura della trasformazione del pannello centrale non può che andare di pari passo con l’interpretazione delle trasformazioni che si re­ gistrano negli altri due pannelli. Come si è ac­ cennato, un maldestro rifacimento di alcuni dei motivi decorativi nei pannelli laterali, entrambi in stretta relazione topografica con la modifica appena discussa del pannello centrale, sembra costituire una base di appoggio relativamente solida dal punto di vista stratigrafico per asse­ gnare a una fase ancora successiva la sostitu­ zione dei riempitivi circolari nei due pannelli laterali.

Quest’ultimo intervento, condotto con una tec­ nica che non tenta alcuna forma di mimesi con la decorazione precedente, appare sistematico e quindi, in linea di prima ipotesi, prodotto di una attività intenzionale di sostituzione delle decorazioni originarie dei campi circolari. Le motivazioni di questa scelta ci sfuggono: una usura differenziale proprio di queste parti del tappeto musivo appare poco plausibile, e occor­ rerà quindi ragionare in termini di asportazione volontaria della decorazione precedente.60 Che tale asportazione sia stata legata a un furto (magari in un momento di abbandono della vil­ la) o a un danneggiamento intenzionale di im­ magini ritenute inappropriate al nuovo contesto è di nuovo impossibile dire.

Il carattere aniconico della nuova decorazione dei campi circolari si presterebbe in fin dei con­ ti bene a entrambe le ipotesi. L’unico punto di possibile riflessione è rappresentato dal tondo con la raffigurazione di un cantaro che venne collocato in un punto comunque potenzialmen­ te significativo, il centro del tappeto occidenta­ le, con un orientamento che potrebbe suggerire un nuovo asse di visione del mosaico nel suo insieme.61

Il cantaro si presta da un lato a qualche conside­ razione di tipo cronologico, dall’altro a qualche possibile azzardo interpretativo. La considera­ zione cronologica poggia sulla morfologia del vaso raffigurato: una morfologia che, sia pure sulla base di una seriazione tipologica tutt’al­ tro che ben definita, potrebbe suggerire una datazione in epoca sensibilmente più avanzata rispetto al secondo quarto del IV secolo che costituisce, come abbiamo visto, il sicuro ter-minus post quem per la realizzazione del primo mosaico.62 Una datazione che sarebbe del resto perfettamente compatibile con la storia interna

del mosaico, in cui questo intervento di modifi­ ca arriverebbe solo come la seconda o la terza di una serie di fasi, non necessariamente cronolo­ gicamente ravvicinate tra loro [15].

L’azzardo interpretativo ruota invece sulla pos­ sibile lettura di quella che al momento è poco più di una macchia di tessere bianche visibile al centro della pancia del cantaro stesso. La presenza di una o forse due tessere arancioni in questo contesto potrebbe suggerire di vedere in questa porzione del tessellato una raffigurazione di una o due colombe (di cui le tessere caratte­ rizzerebbero evidentemente il/i becco/becchi). Anche in questo caso, occorrerà sospendere il giudizio fino al completamento del restauro, ma l’eventuale presenza di una colomba sul cantaro aprirebbe evidentemente uno spazio interessan­ te all’ipotesi di una possibile diversa funzione dello spazio mosaicato in questa fase.

Al di là di ogni possibile suggestione, un’ipotesi di questo genere si inserirebbe discretamente bene nel contesto delle conoscenze già acquisite relativamente alle ultime fasi di vita del sito in avanzata epoca tardoantica. In un’area prossima a quella del mosaico sono state infatti rinvenute due lucerne in Terra Sigillata Africana, databili alla prima metà del V secolo e decorate con sim­ boli cristiani, mentre nell’area immediatamen­ te circostante si sviluppa in un’epoca che non sappiamo ancora precisare ma che è comunque

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