1) INTRODUZIONE
Il carcinoma del pancreas, è un tumore altamente maligno del sistema gastro-‐
intestinale. Negli ultimi anni si è assistito ad un aumento dell’incidenza e della mortalità legate a tale patologia
1, e ad oggi il tumore del pancreas rappresenta la quarta causa di morte per cancro
2nonostante la sua incidenza sia pari al 3% di tutti i nuovi casi di tumore diagnosticati annualmente
2(figura 1).
Tale tumore risulta essere spesso “silente” nei suoi stadi iniziali e la diagnosi spesso viene fatta quando esso risulta già “localmente avanzato”, intendendo con questo termine un tumore che abbia già infiltrato le strutture vascolari, linfonodali e perineurali
3. I pazienti candidati ad intervento chirurgico hanno un tasso si sopravvivenza a 5 anni del 5%
4; questo ad indicare come la rimozione chirurgica del tumore in blocco con le strutture vicine interessate, risulta essere l’unica approccio terapeutico che realmente possa avere intento curativo in associazione alla chemioterapia
5. Come per altre patologie tumorali anche nel carcinoma del pancreas la chirurgia deve avere come obiettivo la radicalità oncologica cioè deve giungere ad avere i margini di resezione indenni da infiltrazione neoplastica (R0) per essere considerata efficace
6. La sede più frequente di insorgenza del carcinoma del pancreas è rappresentata dalla testa del pancreas in circa il 60% dei casi, nel 15% dei casi origina a livello del corpo, nel 5% nella coda e in un 20% dei casi il tumore è diffuso a tutta la ghiandola.
I sintomi più frequentemente associati ad un tumore del pancreas sono l’ittero “a ciel sereno”, l’insorgenza od il peggioramento del diabete, il dolore, l’occlusione digestiva superiore, la comparsa di steatorrea, il calo ponderale.
Il carcinoma del pancreas infiltra precocemente le strutture linfonodali regionali, gli spazi perineurali e le strutture vascolari vicine e cioè la vena mesenterica superiore (SMV), l’arteria mesenterica superiore (SMA), l’arteria epatica (HA) e il tripode celiaco (CT)
7-‐8.
L’intervento chirurgico come primo approccio terapeutico è destinato a quei pazienti
che presentano un tumore della testa del pancreas localizzato, senza evidenza alle
indagini radiologiche pre-‐operatorie di distorsione del la vena mesenterica superiore o della vena porta(PV), che sia presente un chiaro piano di clivaggio tra il tumore e l’arteria mesenterica superiore, l’arteria epatica o il tripode celiaco e che non vi sia evidenza di metastasi . Vengono considerati “borderline resectable” quei pazienti che presentano un tumore che distorce, infiltra o occlude la VMS o la PV e dove ci sia la possibilità di una ricostruzione sicura, encasement dell’arteria gastroduodenale fino all’arteria epatica o anche il coinvolgimento di un segmento dell’arteria epatica stessa in assenza di coinvolgimento del tripode celiaco, infiltrazione della SMA che non superi i 180° della circonferenza del vaso e, chiaramente, assenza di metastasi.
Risultano essere non resecabili i tumori che presentano metastasi a distanza documentate o che risultano essere localmente avanzati, intendendo con questo termine quei tumori che infiltrino più di 180° la circonferenza dell’arteria mesenterica superiore, che non permettano una sicura ricostruzione dell’asse spleno-‐mesenterico-‐
portale, dove sia presente un contatto con il tripode celiaco, la vena cava inferiore o encasemnet dell’aorta
9.
Talvolta nella pratica clinica può non essere immediato inquadrare un tumore del pancreas come resecabile, “bordeline resectable” o localmente avanzato: con la staging pre-‐operatorio molto spesso si è di fronte ad una “zona grigia” e sottoporre questi pazienti ad intervento chirurgico in prima istanza significa avere un alta probabilità di avere margini di resezione infiltrati, basandosi sui criteri universalmente riconosciuti quali la dimensione del tumore, il coinvolgimento dei linfonodi e delle strutture vascolari adiacenti; quindi non sempre risulta semplice la scelta dell’iter terapeutico adeguato.
Di fatto alcune volte ci possiamo trovare di fronte ad un tumore della testa del pancreas le cui dimensioni superano i 2cm ma che non vi sia evidenza di infiltrazione delle strutture vascolari e linfonodali adiacenti; e pertanto un tumore potenzialmente resecabile e con un’alta percentuale di ottenere i margini di resezione chirurgica indenni da infiltrazione neoplastica. : è questo il caso, per esempio, di alcuni tumori che insorgono lungo il margine duodenale della testa pancreatica
10.
Al contrario possiamo trovarci di fronte a tumori della testa del pancreas le cui
dimensioni sono inferiori ai 2cm ma che essendo insorti vicino alla vena e all’arteria mesenterica inferiore hanno maggiore possibilità di infiltrazione vascolare, linfonodale e perineurale e quindi la probabilità di eseguire un intervento radicale, cioè con margini di resezione indenni, risulta molto ridotto
11.
Decidere se un tumore però risulti resecabile o meno non sempre risulta semplice ed immediato perché, dando per scontato che ad oggi il coinvolgimento dell’asse mesenterico-‐portale non risulta una controindicazione ma anzi risulta essere presente nella maggior parte delle pancreasectomie parziali o totale, il coinvolgimento delle arterie può mettere in discussione la chirurgia come primo step terapeutico.
E’ stato infatti evidenziato che l’infiltrazione dell’asse venoso mesenterico-‐portale non risulta essere associata ad una maggiore aggressività biologica e quindi ad una prognosi peggiore, ma piuttosto risulta dipendere dalla posizione del tumore primitivo
12-‐13.
Non altrettanto si può dire per l’infiltrazione dei linfonodi che rappresenta un dato che significativamente incide sulla prognosi. Il numero di linfonodi metastatici, la percentuale di linfonodi coinvolti ed il numero minimo di linfonodi che devono essere esaminati sono un fattore prognostico importante
14-‐15-‐16. A causa dell’importanza dello staging linfonodale, è stata proposta una linfadenectomia allargata per migliorare l’outcome dei pazienti sottoposto a pancreasectomia. Per linfadenectomia allargata si intende l’asportazione dei linfonodi para-‐aortici a partire dallo iato diaframmatico fino all’arteria mesenterica inferiore e lateralmente all’ilo renale, comprendendo anche l’asportazione circonferenziale dei linfonodi lungo il tripode celiaco
17-‐18. Attualmente, in letteratura, non c’e consenso sul reale beneficio di una linfadenectomia allargata rispetto a quella standard.
La prima resezione vascolare in corso di pancreasectomia fu eseguita da Moore nel
1951, egli resecò la vena mesenterica superiore che fu ricostruita con un’anastomosi
diretta termino-‐terminale
19. Nel successivo ventennio furono proposte numerose
tecniche di ricostruzione vascolare ma solo negli anni ’70 Fortner tentò di identificare
un razionale oncologico e di definire una tecnica chirurgica per quei pazienti con un
tumore già ad uno stadio avanzato. Egli propose quella che oggi noi conosciamo con il
termine di “pancreasectomia regionale”: tale tecnica si proponeva di resecare grossi vasi peripancreatici in blocco con un abbondante margine di tessuti lassi retroperitoneali allo scopo di raggiungere una radicalità locale ed aumentare il tasso di resecabilità
20-‐21. All’inizio ovviamente i risultati non furono incoraggianti ma negli ultimi anni l’esperienza maturata da alcuni centri specializzati l’hanno resa una tecnica chirurgica non associata ad un maggior tasso di morbilità e mortalità rispetto alle resezione pancreatiche standard risvegliando quindi un certo interesse circa il loro significato oncologico.
Figura 1: incidenza di nuovi casi di neoplasia e la mortalità legate ad esso.
1.1) Il carcinoma del pancreas 1.1.1) Classificazione
Il carcinoma del pancreas è la forma neoplastica del pancreas a più alto grado di malignità. Esistono vari tipi di carcinoma (tabella 1) ma nella maggior parte dei casi si tratta di adenocarcinoma duttale così chiamato perché ricorda in qualche modo il normale epitelio duttale per la formazione di ghiandole e la secrezione di mucina. Le caratteristiche fondamentali di questo tumore sono essenzialmente due: è altamente invasivo anche nelle sue fasi precoci e innesca una intensa reazione non-‐neoplastica dell’ospite costituita da fibroblasti, linfociti e matrice extracellulare definita “risposta desmoplastica”.
Anche il carcinoma del pancreas segue i criteri del sistema TNM e la classificazione in stadi secondo l’American Joint Committe.(tabella 2)
Tabella 1: classificazione istopatologica dei tumori del pancreas
Tumori epiteliali Benigni
Cistoadenoma sieroso Cistoadenoma mucinoso
Adenoma intraduttale mucinoso-papillare Teratoma maturo
Borderline (ad incerto potenziale di malignità) Neoplasia cistica mucinosa con displasia moderata
Neoplasia intraduttale mucinosa-papillare con displasia moderata Neoplasia solida-pseudopapillare
Maligni
Adenocarcinoma duttale
Carcinoma mucinoso non cistico
Carcinoma con cellule ad anello con castone Carcinoma adenosquamoso
Carcinoma indifferenziato (anaplastico)
Carcinoma indifferenziato con cellule giganti simil- osteoclastiche
Carcinoma misto duttale-endocrino Cistoadenocarcinoma sieroso
Cistoadenocarcinoma mucinoso non invasivo invasivo
Carcinoma intraduttale mucinoso-papillare non invasivo
invasivo (carcinoma mucinoso-papillare) Carcinoma acinare
cistoadenocarcinoma acinare carcinoma acinare-endocrino misto Pancreatoblastoma
Carcinoma solido-pseudopapillare Tumori non epiteliali
Tumori Secondari
Tabella 2: classificazione TNM e stadiazione del cancro del pancreas
Tumore primitivo (T)
Tx Il tumore primitivo non può essere definito T0 Nessun evidenza di tumore primitivo Tis Carcinoma in situ
T1 Tumore limitato al pancreas, ≤2 cm nella dimensione massima T2 Tumore limitato al pancreas, >2 cm nella dimensione massima T3 Tumore che si estende oltre il pancreas, ma senza coinvolgere
l’asse celiaco o l’arteria mesenterica superiore
T4 Tumore che si estende direttamente all’asse celiaco o all’arteria mesenterica superiore
Linfonodi regionali (N)
Nx L’interessamento dei linfonodi regioni regionali non può essere stabilito
N0 Assenza di metastasi nei linfonodi regionali N1 Metastasi nei linfonodi regionali
Metastasi a distanza (M)
Mx La presenza di metastasi a distanza non può essere definita M0 Assenza di metastasi a distanza
M1 Presenza di metastasi a distanza
Stadiazione
Stadio 0 Stadio IA Stadio IB Stadio IIA Stadio IIB
Tis T1 T2 T3 qualunque T N0 N0 N0 N0 N1 M0 M0 M0 M0 M0
Stadio III Stadio IV T4 qualunque T qualunque N qualunque N
1.1.2) Progressione tumorale
Cambiamento della morfologia dei dotti – Lesioni di basso e medio grado
I dotti vanno incontro a modificazioni morfologiche di vario grado come l’ipertrofia mucinosa (Pan IN IA), dove la cellula da cubica si trasforma in colonnare. Nella PanIN IB si assiste ad una estroflessione papillare dell’epitelio colonnare tipico. Nella PanIN II si aggiungono atipie nucleari e pluristratificazione cellulare (tabella 3)
Tabella 3-‐ Classificazione delle lesioni intraduttali pancreatiche
Acronimo Tipo di Lesione Grado di displasia
PanIN IA Ipertrofia Mucinosa Basso
PanIN IB Iperplasia Papillare Basso
PanIN II Displasia Moderata Moderato
PanIN III Displasia Grave Alto
Nella PanIN III l’epitelio duttale è caratterizzato da un rigonfiamento ed un innalzamento dell’epitelio, dalla comparsa di papille e di gravi anomalie nucleari, come la perdita della polarità cellulare e la comparsa di mitosi. Generalmente la lesione è circondata da uno o due stati di tessuto sclerotico. La distinzione tra displasia duttale grave e carcinoma in situ è veramente difficile, se non impossibile, segnare un margine di distinzione tra i due cambiamenti morfologici. La displasia duttale grave viene chiamate comunemente PanIN III (Pancreatic Intraductal Neoplasia) nella terminologia proposta per descrivere le alterazioni intraepiteliali pancreatiche. Le lesioni di tipo PanIN III sono frequentemente associate con l’adenocarcinoma duttale invasivo
22.
L’evidenza che tutte queste lesioni possano evolvere verso la forma invasiva di cancro
è supportata da studi morfologici, clinici a da analisi genetiche. Le analisi mutazionali
fatte sulle lesioni pre-‐invasive hanno verificato la presenza delle stesse alterazioni
genetiche tipiche del carcinoma infiltrante. Sono state documentate punto-‐mutazioni
attivanti dell’oncogene K-‐ras e perdita degli oncosoppressori quali p16, TP53 e DPC4
Progressione tumorale Progressione tumorale
NORMAL
PanIN-1A PanIN-1B PanIN-2 PanIN-3
K-ras (90%)
Her-2/neu ( 70%) p16 (90-95%) p53 (50-75%%) DPC4 (50-60%)
TUMOR
per varie alterazioni genetiche
23-‐24-‐25(Figura 2). Le lesioni duttali e il carcinoma infiltrante provenienti dallo stesso pancreas hanno dimostrato avere identiche mutazioni genetiche
24-‐26.
Figura 2: Mutazioni geniche e lesioni pre-‐neoplastiche
1.2) Cenni di anatomia
Il pancreas è una ghiandola a secrezione esterna ed interna la cui lunghezza nell’adulto varia tra i 15 e i 23cm, l’altezza media è di 4-‐5cm e lo spessore di 2-‐3mm. Si estende trasversalmente al davanti della colonna vertebrale, dietro lo stomaco, fra il duodeno a destra e la milza a sinistra, nella regione epigastrica ed ipocondriaca sinistra. È ricoperto da peritoneo parietale posteriore ad eccezione della parte distale della coda dove è ricoperto da un sottile strato do connettivo retro peritoneale. È costituito da un sistema di dotti secondari che confluiscono in un dotto principale, il dotto di Wirsung, che sfocia a livello della papilla di Vater nel duodeno. È presente anche un dotto pancreatico accessorio, il dotto di Santorini, che drena la porzione antero-‐superiore della testa del pancreas: comunica con il Wirsung in prossimità dell’istmo e sfocia nel duodeno a livello della papilla minor.
Il pancreas si suddivide in testa con il processo uncinato, istmo, corpo e coda e data la
sua particolare collocazione anatomica, esso contrae rapporti con numerose strutture
quali:
a) a livello della testa, posteriormente è in rapporto con la fascia del Treitz, anteriormente con il peritoneo viscerale; a questo livello si trova l’inserzione del mesocolon trasverso che va a definire il confine tra loggia sovra-‐ e sotto-‐mesocolica; in questa porzione di ghiandola inoltre si trova intraparenchimale la porzione terminale del coledoco. Dal punto di vista vascolare la testa contrae rapporti con la vena cava inferiore e l’asse mesenterico-‐portale dove confluisce la vena pancreatico-‐duodenale superiore;
b) a livello dell’istmo, posteriormente è in rapporto con i vasi mesenterici superiori, la vena splenica e la prima parte della vena porta; anteriormente è rivestito dal peritoneo parietale e separato dalla faccia posteriore dello stomaco dalla retroocavità degli epiploon. Dal punto di vista vascolare oltre a contrarre rapporti con l’asse mesenterico-‐portale, l’istmo è in contatto in alto con l’arteria epatica con l’emergenza dell’arteria gastro-‐duodenale, in basso con l’arteria mesenterica superiore che incrocia il suo margine inferiore;
c) a livello del corpo, posteriormente è in rapporto con l’interposizione della fascia del Treitz , con il pilastro mediale sinistro del diaframma, sulla parte inferiore della ghiandola surrenale sinistra e sull’adiacente polo superiore del rene sinistro, antero-‐
inferiormente è in contatto con la flessura duodeno-‐digiunale e con le anse intestinali.
Dal punto di vista vascolare posteriormente il corpo del pancreas è in contatto con l’aorta tramite interposizione dell’arteria mesenterica superiore e superiormente con il tripode celiaco
d) a livello della coda, sia anteriormente che posteriormente è rivestito da peritoneo che forma il legamento spleno-‐renale, la superficie dorsale è in rapporto con l’inserzione del’emidiaframma sinistro, con la ghiandola surrenale sinistra e l’ilo della milza.
Inferiormente nella sua parte più distale la coda pancreatica prende rapporti con la flessura colica sinistra. Dal punto di vista vascolare è in rapporto con i vasi spleni ed in particolare l’arteria splenica decorre lungo il suo margine superiore.
Il pancreas è un organo molto vascolarizzato e l’apporto arterioso è garantito essenzialmente dal tripode celiaco e dall’arteria mesenterica superiore ed in particolare si ha:
a) arterie pancreatico-‐duodenali superiori (anteriore e posteriore), rami dell’epatica, e
arterie pancreatico-‐duodenali inferiori (anteriore e posteriore), rami dell’arteria
mesenterica superiore che si unisco a formare le rispettive arcate
b) arteria pancreatica dorsale, ramo dell’arteria splenica con i suoi rami di divisione destra e sinistra (arteria pancreatica trasversa)
c) arteria splenica con i rami pancreatici tra cui si possono individuare l’arteria pancreatica magna e l’arteria pancreatica caudale.
Il drenaggio venoso è garantito a livello della testa dalle vene pancreatico-‐
duodenali posteriori (superiore e d inferiore) e anteriori (superiore ed inferiore) che vanno a formare le arcate venose che confluiscono nell’asse mesenterico-‐
portale, a livello dell’istmo attraverso la vena istmica superiore, se presente, che confluisce nella vena porta o nella vena splenica, oppure attraverso la vena istmica inferiore che confluisce nella vena mesenterica superiore o inferiore. Il corpo-‐coda pancreas è drenato invece da rami venosi che confluiscono direttamente nella vena splenica anche se talune volte è possibile individuare una vena pancreatica inferiore che nella maggior parte dei casi confluisce nella vena mesenterica superiore.
Il drenaggio linfatico del pancreas è molto complesso e mal definibile: data però l’elevata frequenza di interessamento di tali strutture nel carcinoma e l’importanza che questo dato assume nella prognosi della malattia, alcuni Autori Giapponesi hanno classificato le stazioni linfonodali regionali al fine di standardizzare le procedure chirurgiche e rendere più omogenee le casistiche (figura 3).
Il pancreas contrae rapporti anche con il sistema simpatico ed in particolare la maggior parte delle fibre post-‐gangliari provenienti dal nervo grande splacnico decorrono nella lamina retroportale e a tali fibre è stato dato il nome di “Plexus Pancreaticus Capitalis” (figura 4).
Figura 3: classificazione giapponese dei linfonodi regionali
Linfonodi: 8)dell’arteria epatica; 9) del tripode celiaco; 10)dell’ilo splenico; 11) dell’arteria splenica; 12) del legamento epato-‐duodenale; 13a) pancreatico-‐duodenali posteriori sopra la papilla; 13b) pancreatico-‐duodenali posteriori sotto la papilla; 14a) della radice dell’arteria mesenterica superiore; 14b)della radice dell’arteria pancreatico-‐duodenale inferiore; 14c) della radice dell’arteria colica media; 14d) della radice della prima digiunale;
16) para-‐aortici; 17a) pancreatico-‐duodenali anteriori sopra la papilla; 17b) pancreatico-‐duodenali anteriori sotto la papilla; 18) inferiori del corpo.
Figura 4: quadro generale dell’innervazione del pancreas
1.3) Tecniche chirurgiche
1.3.1) Duodenocefalopancreasectomia
Per i tumori della testa del pancreas l’intervento standard risulta essere la duodenocefalopancreasectomia con conservazione del piloro. L’intervento comprende l’asportazione del blocco duodeno/testa pancreas, dei linfonodi del legamento epato-‐
duodenale
27(gruppo 12), i linfonodi lungo l’arteria epatica (gruppo 8), i linfonodi lungo la vena porta (gruppo 12) e la porzione craniale della vena mesenterica superiore (gruppi 4, 5, 6,), i linfonodi alla destra dell’arteria mesenterica superiore(gruppo 3) ed infine i linfonodi al lato destro del tronco celiaco (gruppo 9).
L’asportazione di ulteriori stazioni linfonodali non risulta associata ad una maggiore sopravvivenza
28.
Frequentemente nei tumori della testa del pancreas si associa infiltrazione della vena porta e/o della vena mesenterica superiore; pertanto in corso di duodenocefalopancreasectomia risulta necessario la resezione dell’asse mesenterico-‐
portale. Ciò, come precedentemente detto, non risulta associata ad una maggiore morbilità o mortalità. Tale affermazione non può essere estesa alle resezione degli assi vascolari arteriosi che possono essere coinvolti nel processo tumorale. Di fatto la resezione dell’arteria epatica, del tripode celiaco o dell’arteria mesenterica superiore risulta associata ad una maggiore morbilità e mortalità sia per il diverso significato oncologico intrinseco alla patologia tumorale sia per le procedure chirurgiche in sé.
1.3.2) Pancreasectomia distale
La pancreasectomia distale è l’intervento indicato per i tumori del pancreas che insorgono nel corpo-‐coda pancreas. Molto spesso i tumori che insorgono in questa porzione del pancreas risultano silenti e pertanto la diagnosi risulta essere ancora più tardiva rispetto a quelli che insorgono nella testa.
L’intervento comprende l’asportazione della porzione distale del pancreas,
l’asportazione dei linfonodi lungo il margine inferiore del pancreas, i linfonodi al
tripode celiaco, i linfonodi lungo l’arteria splenica e all’ilo splenico
29, i circostanti assi
vascolari e degli organi adiacenti quali milza, stomaco, surrene, colon. L’infiltrazione degli organi adiacenti non risulta essere associata ad una peggiore prognosi mentre l’interessamento degli assi vascolari, in particolare del tripode celiaco risulta associata ad una peggiore morbidità e mortalità e spesso sono gli elementi che ne determinano la non resecabilità del tumore. Laddove possibile l’asportazione del pancreas distale in blocco con il tripode celiaco
30(intervento di Appleby) risulta la scelta terapeutica migliore perché associata ad una migliore sopravvivenza.
1.3.3) Pancreascetomia totale
L’intervento di pancreasectomia totale comporta l’asportazione dell’intera ghiandola pancreatica. Fu descritta per la prima volta da Billroth già nel 1884 e successivamente da Rockey nel 1943
31, ma fu inizialmente abbandonato per l’elevata morbidità e mortalità peri-‐operatoria e post-‐operatoria e per lo scarso controllo dei problemi legati al diabete. Negli ultimi anni però la pancreasectomia totale è ritornata una opzione terapeutica adeguata sia per il miglioramento della tecnica chirurgica, sia per il miglioramento della gestione dell’insufficienza esocrina e endocrina pancreatica post-‐operatoria
32.
Il razionale dell’esecuzione di una pancreasectomia totale deriva dal fatto che in tale intervento c’è
-‐ una più ampia linfadenectomia cioè vengono asportati i linfonodi del legamento epatoduodenale, i linfonodi lungo l’arteria epatica e quelli al lato destro e sinistro del tripode celiaco , i linfonodi lungo l’arteria splenica e quelli del margine inferiore del pancreas (circa da 30 a 50 linfonodi);
-‐ asportazione di tessuti lassi e pertanto una maggiore probabilità di raggiungere l’obiettivo R0
-‐ la tendenza del tumore del pancreas ad essere multicentrico ed infine una minore percentuale di complicanze post-‐operatorie.
1.3.4) Le resezioni vascolari in corso di pancreasectomia
I tumori del pancreas che si estendono nella radice del mesentere tanto da
coinvolgere i rami di origine della vena mesenterica superiore e/o i rami di biforcazione dell’arteria mesenterica superiore non sono resecabili; risulta pertanto cruciale una stadiazione pre-‐operatoria adeguata sopratutto tramite la diagnostica per immagini al fine di pianificare al meglio l’atto chirurgico.
Una volta definita la necessità di resecare uno o più vasi la prima manovra utile da eseguire è ottenere il controllo a monte e a valle del vaso interessato. Risulta utile durante la fase di preparazione non addentrarsi in piani intra-‐ o iuxta-‐tumorali, arrivando ad avere il pezzo operatorio collegato al paziente solo tramite l’asse vascolare da resecare. In questo modo la dissezione linfatica avviene in senso centripeto rispetto al tumore al fine di rimuovere i linfonodi ed il tessuto adiposo in blocco con il tumore. Sempre per essere fedeli ai principi oncologi, anche laddove l’interessamento del vaso risultasse limitata tanto da permettere una resezione tangenziale con sutura diretta dei margini, è preferibile resecare completamente il segmento vascolare interessato. La ricostruzione vascolare può avvenire per anastomosi diretta o per interposizione di graft autologhi/eterologhi, da preferire essendo un intervento che coinvolge i sistema gastro-‐intestinale, oppure mediante uso di materiale protesico.
A) RESEZIONE DELL’ASSE MESENTERICO-‐PORTALE
Dopo aver effettuato la mobilizzazione della flessura colica destra (sezionando eventualmente le vene coliche medie)e la kocherizzazione del blocco duodeno-‐
pancreatico si definisce la lunghezza del segmento da resecare. Se tale segmento
risulta breve è possibile eseguire un’anastomosi diretta termino-‐terminale che può
essere facilitata dalla mobilizzazione completa del colon destro, del piccolo intestino e
del tronco portale. Se invece il segmento vascolare da resecare risultasse lungo o ci
fosse una discrepanza di calibro tra la vena mesenterica superiore e la vena porta, la
ricostruzione può essere eseguita tramite l’interposizione di graft vascolari. La vena
giugulare interna risulta essere un buon graft sia per una lunghezza solitamente
sufficiente alla ricostruzione, sia perché presenta un calibro simile all’asse
mesenterico-‐portale incluso un aumento di calibrazione in direzione centripeta. Nel
prelevare tale graft si deve prestare particolarmente attenzione alla legatura del capo
distale della vena giugulare interna, retroclaveare, al fine di ridurre il rischio di una emorragia venosa e/o un’embolia gassosa da aspirazione. Alternative alla vena giugulare interna sono la vena renale sinistra, la vena splenica, la vena iliaca o la vena femorale.
Come detto precedentemente risulta necessario avere il controllo sia della vena porta che della vena mesenterica superiore: quest’ultimo passaggio può non essere agevole e richiedere una emicolectomia destra qualora la neoplasia fosse localizzata nel processo uncinato o abbia una iniziale estensione alla radice mesenterica (figura 5).
Si identifica e si reperta quindi la vena splenica e la arteria mesenterica superiore al fine di avere un controllo vascolare completo. (figura 6).
Una volta giunti ad avere come unica connessione tra il paziente ed il pezzo operatorio l’asse vascolare venoso interessato è possibile iniziarne la resezione e quindi successiva ricostruzione. Nel caso sia possibile effettuare un’anastomosi diretta si clampano tutti i segmenti vascolari contemporaneamente e quindi si esegue la resezione e successiva anastomosi vascolare. Si declampano quindi tutti glia assi vascolari. Se invece è necessario l’utilizzo di un graft si inizia con il clampaggio della vena mesenterica superiore a monte della neoplasia in modo tale che il flusso portale sia mantenuto dalla vena splenica durante il confezionamento dell’anastomosi distale.
Successivamente si clampano la vena splenica e la vena porta; dopo aver asportato il pezzo operatorio si confeziona l’anastomosi prossimale e l’anastomosi termino-‐
laterale tra graft vascolare e vena splenica. A questo punto si declampano glia assi vascolari.(figura 7)
Indipendentemente dal tipo di ricostruzione venosa , il camplaggio dell’arteria mesenterica superiore può essere utile a ridurre l’edema intestinale.
B) RESEZIONE DELL’ARTERIA EPATICA E/O DEL TRIPODE CELIACO
L’interessamento di questi vasi risulta essere più frequente per le neoplasie che originano dalla porzione dorsale della testa del pancreas o dal margine superiore dell’istmo/corpo pancreas.
Se la sede del tumore consente di conservare la testa del pancreas, la resezione
dell’arteria epatica comune o del tripode celiaco può non essere seguita da alcuna
ricostruzione in quanto l’irrorazione arteriosa del fegato è garantita, previa verifica doppler intraoperatoria, dall’arteria mesenterica superiore tramite le arcate pancreatico-‐duodenali .(figura 8)
Qualora la testa del pancreas non potesse essere conservata, risulta necessaria la ricostruzione dell’arteria epatica. Essa può essere eseguita per anastomosi diretta, oppure, se la resezione è limitata alla sola arteria epatica, è possibile utilizzare l’arteria splenica opportunamente isolata e ruotata (figura 9); ed infine è possibile utilizzare graft autologhi quali la vena grande safena o l’arteria iliaca interna.
Se un tumore pancreatico infiltrasse l’arteria epatica destra ad origine dall’arteria mesenterica superiore, la ricostruzione può essere eseguita anastomizzando il segmento vascolare distale al moncone dell’arteria gastro-‐duodenale.
C) RESEZIONE DELL’ARTERIA MESENTERICA SUPERIORE
Difficilmente una neoplasia del pancreas infiltra l’arteria mesenterica superiore risparmiando la vena parallela. Pertanto nella quasi totalità dei casi in cui sia necessario resecare tale arteria, l’intervento comporterà una resezione vascolare artero-‐venosa associata ad una splenopancreasectomia totale associata o meno ad eventuale gastrectomia totale e/o emicolectomia destra,
Anche in questo caso dopo aver ottenuto il controllo vascolare a monte e a valle del tumore ed avere come unico collegamento tra pezzo operatorio e il paziente gli assi vascolari si procede al camplaggio dei vasi: l’arteria mesenterica superiore viene isolata e clampata all’origine, si isolano e quindi si camplano i vasi mesenterici superiori nel contesto della radice mesenterica, si isolano e si camplano la vena porta e l’arteria epatica. Dopo aver asportato il pezzo operatorio si ricostruisce per prima l’arteria mesenterica superiore lasciandola clampata fino a che sia stata ultimata anche la ricostruzione venosa.
Figura 5: Principali affluenti dell’asse mesenterico-‐portale.
a e b) rami di origine della vena mesenterica superiore provenienti dalla radice del mesentere c) vena ileo-‐colica
d) ramo digiunale posteriore.
Figura 6: isolamento e refertazione della vena porta, della vena splenica e della vena mesenterica superiore in previsione di resezione venosa.
Figura 7: ricostruzione dell’asse spleno-‐mesenterico-‐portale mediante interposizione di graft.
Figura 8: resezione dell’arteria epatica non seguita da ricostruzione vascolare.
Figura 9: ricostruzione dell’arteria epatica comune con rotazione dell’arteria splenica.
2) MATERIALI E METODI
2.1) Materiali
Nel periodo compreso tra il 2003 ed il 2008 sono stati eseguiti 173 interventi chirurgici di pancreasectomia per adenocarcinoma duttale come riportato in tabella 4.
I campioni chirurgici pervenivano al laboratorio di Anatomia patologica a fresco in soluzione fisiologica e in condizioni sterili. Di ogni paziente venivano inviati, insieme al pezzo anatomico, campioni di sangue intero ( 4 per paziente) prelevati durante l’intervento.
Tabella 4-‐ Riepilogo degli interventi resettivi ed esplorativi sul pancreas
Tipo di intervento Numero di casi
Duodenocefalopancreasectomia 126
Pancreasectomia Sinistra 29
Pancreasectomia Totale 18
Le operazioni relative all’analisi macroscopica e microscopica del pezzo operatorio,
vengono eseguite sotto cappa, in un laboratorio dedicato. Per ogni singolo caso
vengono utilizzati materiali sterili monouso e ferri dedicati precedentemente
sterilizzati. Per prima cosa viene eseguita un’analisi macroscopica del pezzo
operatorio dove vengono riportate le parti anatomiche pervenute con le relative
misure ed in particolare sono state riportate le misurazioni (altezza, larghezza e
spessore) del pezzo operatorio e della neoplasia; vengono inoltre localizzati ed
esplorati coledoco e il dotto del Wirsung fino alla convergenza comune nella papilla di
Vater. Oltre all’analisi della neoplasia primitiva vengono campionati i margini di
resezione ed linfonodi regionali per valutarne l’infiltrazione neoplastica a livello
microscopico. In questa fase viene valutata anche l’infiltrazione degli spazi perineurali oltre a quella dei margini chirurgici.
Il prelievo viene congelato (OCT) e tagliato al criostato. Per l’esame estemporaneo vengono eseguite sezione dello spessore di 5 µm e colorate con ematossilina ed eosina usando il protocollo standard. In esame estemporaneo, vengono esaminate anche le trance di resezione coledocica e pancreatica.
Tutti i dati di ogni singolo caso sono stati inseriti in un DataBase che abbiamo costruito per razionalizzare e relazionare le varie attività che riguardano lo studio dei tumori pancreatici (DB Pancreas Cancer 2001).
Ogni caso viene indicizzato con un codice alfa-‐numerico progressivo (PPxxxx), attraverso il quale è possibile risalire a tutte le informazioni di carattere clinico , anatomo-‐patologico e molecolare.
Eseguito l’esame intraoperatorio, si procede al prelievo del tessuto patologico ed al congelamento in azoto liquido, i campioni vengono stoccati a –80° C in appositi contenitori recanti il codice identificativo del DataBase. Per ogni caso vengono eseguiti prelievi separati per il tumore (T), un contenitore viene destinato alla biobanca (PPxxxx T) ed uno alla microdissezione laser (PPxxxx T MD). In alcuni casi è stato possibile campionare anche del tessuto peritumorale (N), allestendo così un terzo contenitore (PPxxxx N). Il sangue pervenuto viene direttamente stoccato a –80° C (4 prelievi in K-‐EDTA per ogni caso).
Nel caso in cui la diagnosi estemporanea fosse stata di carcinoma duttale del pancreas,
parte del tessuto neoplastico prelevato veniva utilizzato per allestire colture cellulari
primarie. Grazie al programma di donazione di organi per il trapianto, presente nella
Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, è stato possibile reclutare in questo studio anche
5 casi di pancreas normale provenienti da donatori cadavere non idonei per il trapianto. Per
ogni paziente è stato prelevato un frammento di parenchima pancreatico contenente il dotto
del Wirsung per una lunghezza complessiva di 2,5 cm. Sono state eseguite sezioni
perpendicolari al dotto ciascuna dello spessore di 0,5 cm, congelate in azoto liquido e
conservate in biocassette al fine di preservare il più possibile la morfologia dei dotti
pancreatici.
2.2) Metodi
Per ogni singolo paziente è stato calcolato il volume relativo della neoplasia duttale, rispetto al volume del pezzo operatorio, riportando esclusivamente le misurazioni (HxLXP) del parenchima pancreatico. Di conseguenza il volume relativo della neoplasia (TVR) è stato calcolando mettendo a rapporto il volume del tumore (TV) con il volume del parenchima pancreatico resecato (RV). Vedi formula a lato.
Il rapporto delle metastasi linfonodali (NR) “regionali” è stato valutato relazionando il numero dei linfonodi metastatici (N+) valutati microscopicamente con il numero dei linfonodi totali, individuati a livello istologico (TN). La formula e’ riportata in fondo al paragrafo. Il valori di TVR e NR sono stati espressi in percentuali. Da ciò i pazienti arruolati nello studio sono stati in prima istanza suddivisi in base al loro stato linfonodale (N0 vs N1=N+; Grafico 1).
Successivamente la casistica è stata anche inquadrata secondo il TNM, dividendo in tre gruppi: N0, N1 ed M1 (pazienti con metastasi a distanza). Per ognuno di questi tre bracci è stato calcolato il valore medio del TVR come riportato nel grafico 2.
RV TV TVR=
N+ TN
NR=
Grafico 1: Suddivisione della casistica secondo lo status di N.
Grafico 2: Valori medi di TVR suddiviso per stadi di metastasi.
Per lo studio del CYB 5A sono allestite colture cellulari primarie di adenocarcinoma pancreatico, e sono stati coltivati soltanto tumori primitivi derivati da resezioni pancreatiche totali o parziali; non sono mai state messe in coltura biopsie tumorali di adenocarcinomi provenienti da laparotomie esplorative. Sessantasette carcinomi del pancreas sono stati utilizzati per la preparazione di colture cellulari primari.
Il frammento di tessuto tumorale per le colture cellulari, viene messo in soluzione fisiologica fredda (4°C) e portato sotto cappa a flusso laminare per l’allestimento della coltura cellulare primaria. Per tutte le operazioni riguardanti la preparazione delle colture primarie, il mantenimento delle cellule e l’allestimento delle sub-‐colture si è sempre usato lo stesso mezzo sintetico così costituito: RPMI 1640 arricchito con L-‐
glutammina 1%, antibiotici 1% (Ampicillina, Streptomicina) e siero fetale bovino 10%.
Il primo giorno il tumore viene sottoposto a frammentazione meccanica e digestione enzimatica (collagenasi tipo XI concentrazione 1mg/ml in mezzo di coltura completo -‐
Overnight a 37°C o per un periodo di tempo compreso tra le 18 e le 20 ore). Il secondo giorno viene recuperata la fase cellulare centrifugando il contenuto delle fiasche per 5 minuti a1200 rpm, il sovranatante viene scartato ed il pellet cellulare viene piastrato su due fiasche per colture primaria. Il terzo giorno, infine si elimina il surnatante e si verifica l’adesione delle cellule sulla superficie della piastra. Nel caso in cui nel sovranatante vi sia ancora una cospicua componente cellulare si possono eseguire delle sub-‐colture con le stesse norme. Solitamente nella fase di piastramento del tumore vengono costituite al massimo sei fiasche da coltura primaria. Se la procedura è stata eseguita correttamente e non ci sono stati inquinamenti da batteri o miceti, nei casi migliori si osserva una coltura cellulare mista composta da fibroblasti, derivanti dal tessuto desmoplastico circostante e da una frazione di cellule epiteliali tumorali.
Per eliminare i fibroblasti viene impiegata una soluzione di tripsina ed EDTA (2 ml per
le fiasche da 25 cm
2) che è in grado di distaccare i fibroblasti precocemente rispetto
alle cellule tumorali. Questa operazione viene eseguita sotto cappa sterile, ha la durata
di circa 1 minuto e la sua azione viene annullata con una pari quantità di mezzo
completo utilizzato per le coltivare le cellule. La procedura viene ripetuta almeno ogni
10 giorni o quando la crescita dei fibroblasti è tale da bloccare l’espansione dei
clusters epiteliali. Per eliminare totalmente i fibroblasti dalla coltura primaria può trascorrere un periodo di tempo compreso tra i 2 e i 4 mesi. Dopo tale periodo le cellule epiteliali e i fibroblasti vengono mantenuti separati e coltivati parallelamente per un breve periodo di tempo (2-‐3 settimane), dopodiché i fibroblasti e il loro mezzo di coltura vengono congelati per essere conservati a lungo termine.
Dopo questa fase le cellule epiteliali possono essere “passate” o come si dice usando un termine anglosassone “splittate”, cioè, trasferite in un’altra fiasca per coltura primaria. Le cellule vengono staccate dal supporto sul quale sono attaccate formando un monostrato cellulare utilizzando la stessa soluzione a base di tripsina ed EDTA usata per i fibroblasti, ma per un periodo di tempo più lungo, circa 8 minuti.
Dopo aver controllato il distacco del monostrato al microscopio rovesciato, l’azione enzimatica viene bloccata con il mezzo completo (rapporto quantitativo soluzione enzimatica/mezzo completo = 1:1). Le cellule che in questo momento si trovano in sospensione vengono centrifugate (1200 rpm X 5 minuti), recuperate e risospese nel mezzo di coltura. Questa fase serve per eliminare la tripsina e per avere le cellule disciolte nel mezzo che possono essere contate utilizzando una camera di Burker e seminate nuovamente con un fattore di diluizione a piacere.
Nei primi 10-‐15 passaggi le cellule vengono diluite al massimo tre volte. Con il procedere del tempo di vita e l’aumentare dei passaggi, il fattore di diluizione cresce sempre di più. Dopo il 70° passaggio le colture cellulari vengono passate con un fattore di diluizione pari a 100.
Per conservare le cellule epiteliali ed i fibroblasti è possibile congelarli in mezzo di
coltura completo contenente il 10% di Dimetilsulfossido (DMSO) in rapporto
volume/volume e il 30% di Siero Fetale Bovino (FCS) sempre in rapporto
volume/volume. Questo tipo di terreno deve essere sempre preparato fresco e non
esposto alla luce diretta. Le cellule da conservare vengono sospese in 1ml di questo
terreno per congelamento e stoccate in ultrefreezer a-‐80°c per alcuni giorni per essere
poi trasferite definitivamente in azoto liquido alla temperatura di –196°c. In questo
modo le cellule possono essere conservate anche per periodi di tempo molto lunghi,
anche se è sempre consigliabile “risvegliare” ogni tanto le cellule congelate.
Le colture cellulari primarie sono state utilizzate per la realizzazione di un modello murino ortotopico di cancro del pancreas (Avan, Caretti e Funel, 2013). Questo modello ha consentito di analizzare e compararne l’espressione di alcuni genei implicati nella progressione neoplastica e nella risposta alla terapia combinata di gemcitabina in aggiunta a crizotinib. In seguito per valutare e confermare l’espressione proteica di altri geni implicati nella biologia del PDAC e’ stato costruito un “Tissue Macro Array” (TMA). I casi sono stati equalmente distribuiti su 4 vetrini, dove per ciascun caso, sono state selezionate 4 aree tumorali del diametro di cm 1,5 ciascuna, rappresentanti le caratteristiche anatomo-‐patologiche dei tumori umani (tabella 5). L’indagine immuno-‐isto-‐chimica è stata condotta su 101 dei 173 (58,38%) tumori presi in esame. È stata cercata la presenza della proteina CYB5A (citocromo B5 tipo A) nei tessuti tumorali per validare l’analisi fatta con la PCR quantitativa. Per raggiungere tale obbiettivo abbiamo allestito una colorazione immuno-‐isto-‐chimica utilizzando sezioni di tessuto incluso in paraffina, di un “Tissue Macro Array” (TMA) rappresentativo della casistica selezionata per tale analisi.
Per ogni paziente e’stato valutato lo stato di espressione della proteina CYB5A contando il numero di cellule pasitive ed il loro grado di intensità colorimentrica, per ogni area, strutturando una score di colorazione (0=proteina assente; 6=proteina molto espressa). Di seguito troviamo la schematizzazione dello score.
% of positive cells
Intensity of staining Weak Middle Strong
Range Score 0-1 2 3
x=0 0 Low Expression
0<x<25 1
Low High Expression 25<x<50 2
x>50 3
Tabella 5-‐ Protocollo per la colorazione Immuno-‐Isto-‐Chimica (IIC)
Reagente
Concentrazione
Funzione
Tempo
Acetone
puro
fissaggio
15 min.
PBS
1X
lavaggio
2 x 5 min.
Anticorpo primario Monoclinale anti
Ribonucleotide Reduttasi
Concentrazione madre 2,73 mg/mL dil 1:30
legame con RR1
O.N. In camera
umida 4° C
PBS
1X
lavaggio
2 x 5 min.
Anticorpo secondario Ultra Marque HRP Detection KIT
Anticorpo Biotinilato polivalente
50 µl a campione
Legame primario
anticorpo 15 minuti a R.T.
PBS
1X
lavaggio
2 x 5 min.
Ultra Marque HRP Detection KIT Streptavidina-Perossidasi
50 µl a campione
Kit di rilevamento
10 minuti a R.T.
PBS
1X
lavaggio
2 x 5 min.
Ultra Marque HRP Detection KIT Dab/Substrato
1 goccia di cromogeno x
1 mL di tampone
Reazione colorimetrica
90 sec.