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CAPITOLO 1 LA COMUNITÀ RUSSA IN ITALIA E LA NASCITA DELLA SLAVISTICA ITALIANA

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CAPITOLO 1

LA COMUNITÀ RUSSA IN ITALIA E LA NASCITA DELLA

SLAVISTICA ITALIANA

In questo capitolo si analizzano gli aspetti fondamentali del fenomeno dell’emigrazione russa in Italia della prima metà del XX secolo, soffermandoci sulle conseguenze che esso comporta soprattutto a livello culturale. Tra di esse, si deve ricordare la nascita della slavistica italiana come disciplina autonoma, dotata di cattedre, istituti ed associazioni che permettono la realizzazione di studi approfonditi nel settore, e la loro diffusione tramite riviste specializzate e molte altre iniziative. Vista l’importanza dell’evento, nel corso del capitolo procediamo ad individuare le tappe di maggior rilievo nella formazione e lo sviluppo della suddetta disciplina. Questa prima analisi è cruciale per dare al lettore un’idea chiara del contesto storico e socio-culturale che, come vedremo, influenza notevolmente l’attività e la vita stessa di Ossip Felyne.

1. L’emigrazione russa in Italia nella prima metà del XX secolo

In Italia l’emigrazione russa rimane un fenomeno limitato a pochi anni e a pochi individui, rispetto a quanto avviene in altri paesi europei.

Se prima l’Italia era destinazione di viaggi assimilabili alla tradizione del Grand Tour, in virtù del ricco patrimonio artistico e letterario, o luogo di lunghe permanenze per motivi di salute, a partire dal 1905 l’insieme dei russi presenti in Italia si fa più variegato, e le motivazioni che li spingono a lasciare la patria per periodi medio-lunghi diventano molteplici. Dal 1905 al 1917 sono soprattutto esuli politici coloro che si trovano sul suolo italiano. Si tratta in gran parte di social democratici ed esery1, ma tra loro si trovano anche

1 Membri del Partito Socialista Rivoluzionario (PSR o SR, in russo Partija

socialistov-revoljucionerov, ПСР, эсеры) attivo dal 1901 al 1922. GARMIZA 1970-1977; DE MICHELIS

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scrittori2. Essi danno vita a vere e proprie scuole di partito a Capri e a Bologna3 e creano così comunità che risvegliano l’interesse degli italiani nei confronti delle sorti della Russia. Non è un caso che gli articoli di giornali e riviste trattino sempre più spesso temi russi. Il giornale napoletano «Il Mattino», ad esempio, dedica i propri interventi quasi esclusivamente alla situazione politica russa nel corso del 19054. La permanenza all’estero dei nobili e politici emigrati, tuttavia, non è definitiva: nel 1913, a seguito di un’amnistia concessa dallo zar in occasione delle celebrazioni per il centenario della dinastia Romanov, la maggior parte degli emigrati torna in patria5. Ondate di russi si hanno anche nel primo dopoguerra. Si tratta dei prigionieri di guerra degli austriaci, che vennero internati nell’isola dell’Asinara e poi rimpatriati. Nel 1919 se ne contano 6000, mentre l’anno successivo, secondo la Prefettura di Sassari, ne sarebbero rimasti circa 4000, di cui più di 3000 vengono al più presto rimandati in Russia, mentre un centinaio chiede di rimanere in Italia. Altri optano per l’Ucraina6. È interessante notare che in quegli anni la colonia

russa in Italia, esclusi i prigionieri di cui si è appena parlato, si era fatta ben più folta rispetto agli inizi degli anni ’10, in quanto molti esponenti del vecchio regime zarista, così come gli intellettuali contrari alla rivoluzione, avevano lasciato la Russia dopo gli eventi del ’17. I membri di tale comunità chiesero di poter visitare i prigionieri internati7, probabilmente con lo scopo di fare propaganda per le posizioni politiche che sostenevano. Nel clima feroce della

2 D’AMELIA - GARZONIO - SULPASSO 2011. 3 SCANDURA 1995, pp. 342-366.

4 Nell’agosto di quell’anno invia il giornalista Ettore Marroni, che scriveva per «Il Mattino»

con lo pseudonimo Bergeret, in Russia, facendone il primo corrispondente nel paese per un giornale italiano. GIULIANO 2015, pp. 307-316.

5 TAMBORRA 1977,pp. 79-80. 6 SCANDURA 1995, pp. 342-366.

7«Il principe Volkonskij, addetto militare all’ambasciata russa a Roma, rimasto dopo la

rivoluzione come rappresentante del governo del generale Kolčak, scrive il 5 febbraio 1919 al Ministero della Guerra italiano, perché gli siano comunicati i nomi dei componenti della colonia russa che chiederanno di recarsi all'Asinara a visitare i prigionieri di guerra». Ivi, p. 345.

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guerra civile russa, infatti, poche migliaia di sostenitori potevano fare la differenza. Dopo la rivoluzione d’Ottobre, l’Italia diventa per molti russi la sola ed unica residenza. Tanto gli aristocratici, quanto i menscevichi, estromessi da Lenin, sono esuli. Essi tendono a stabilirsi nelle maggiori città d’arte, cioè a Roma, Firenze, Venezia, nonché in luoghi noti per la bellezza del paesaggio, come la Riviera Ligure e il Lago Maggiore8.

I tentativi di censire gli stranieri presenti nel paese sono molteplici, ma le cifre riportate nei prospetti statistici non possono corrispondere al vero, per due ragioni principali: come nota Umberto Zanotti Bianco (1889-1963), intellettuale coinvolto nella gestione degli esuli russi in Italia, «l'ufficio bibliografico si impianterà quando ci sarà qualche russo in Italia con sede fissa, tutti muovono le loro tende come tanti nomadi»9. Inoltre, i dati dei censimenti fatti all’inizio degli anni ’20 si basano sulle dichiarazioni di soggiorno fornite spontaneamente dagli stranieri alle prefetture, e non tengono in considerazione tutti coloro che non si sono segnalati presso le autorità locali10. Tra il 1918 ed il

1919, secondo i dati statistici, la comunità dei russi in Italia passa dai 2.589 membri ai 3.34911. Tale incremento non è destinato a durare. Infatti, la politica del Regno diventa sempre più severa nei confronti dei russi nel corso degli anni ’20. Con l’Italia ancora in guerra, il governo sottopone a regole rigide l’ingresso degli stranieri entro i propri confini, ma non si prevede alcun trattamento particolare per coloro che vengono dall’ormai crollato Impero zarista. Ma è già del novembre 1918 la comunicazione del Ministero degli Esteri agli Interni, in cui si dice:

Per impedire l’eventuale venuta nel Regno di emissari bolscevichi, ha impartito alle regie autorità diplomatiche e consolari le opportune istruzioni allo scopo di

8 Ivi, pp. 342-366.

9 ZANOTTI BIANCO 1987, p. 712 in SCANDURA 1995, p. 346. 10 ACCATTOLI 2015, pp. 189-214.

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rendere più rigorosa la concessione del visto al passaporto delle persone che chiedono di entrare in Italia, specialmente se trattasi di sudditi russi.12

Nel 1920 il Presidente del Consiglio Nitti informa i prefetti delle maggiori città italiane delle misure da prendere per la sorveglianza ed il trattamento dei russi sul territorio nazionale. Secondo i nuovi provvedimenti, agli accusati di attività sospette, o a chi non avesse fatto dichiarazione di soggiorno, spetta l’espulsione dal paese13. Nello stesso anno, il censimento svolto sull’intero

suolo nazionale, e che riguarda nello specifico gli stranieri di nazionalità russa, riporta la cifra di 728 persone. È una cifra irrisoria, se si confronta con i dati della Croce Rossa americana, pubblicati sul quotidiano «Volja Rossii»14, secondo cui i profughi russi in Italia nel 1920 sarebbero circa 200015. A partire dal 1922 il governo allenta i controlli sulla comunità russa in Italia, la quale sembrerebbe essere «poco consistente numericamente, di provata fede antibolscevica»16. La sorveglianza è invece rivolta ai sovietici che vengono in Italia per periodi limitati, e al gruppo di intellettuali che gravita intorno a Maksim Gor’kij (1868-1936), residente nel paese dal 1906 al 1931, prima a Capri e poi a Sorrento, e sostenitore del nuovo regime17.

Per quanto riguarda la posizione politica dei russi in Italia, a seguito del 1917 essi dichiarano tendenze antibolsceviche, e molti si organizzano in associazioni con lo scopo di fare propaganda avversa alla rivoluzione. La comunità russa nelle varie città italiane, però, si riunisce soprattutto in organizzazioni di tipo culturale, di cui molte, in un primo momento, si dichiarano apolitiche. È il caso della Biblioteca Gogolʹ di Roma, che nasce tra

12 ACCATTOLI 2015, p. 211. 13 Ivi, pp. 189-214.

14 Rivista diretta prima a Praga e poi a Parigi dall’emigrato russo Mark Slonim (1894-1976).

Egli fu uno dei pochi emigrati russi a discutere apertamente ed obiettivamente la situazione politica italiana. VENTURI 2015, pp. 132-152.

15 SCANDURA 1995, pp. 342-366. 16 SCANDURA 1994inEAD.1995,p.347. 17Ivi, p. 346.

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il 1902 e il 1905 come istituto non interessato alle ideologie dei propri membri, ma che negli anni successivi alla rivoluzione si chiude in atteggiamenti sempre più conservatori, e sostiene apertamente lo zarismo. Nell’ambito del circolo della Biblioteca, infatti, nel 1918 viene creata la Lega russa per il risorgimento della Russia in stretta unione con gli alleati18. Tuttavia, soprattutto tra la fine degli anni ’10 e l’inizio degli anni ’20, prima dell’irrigidirsi della sorveglianza da parte del governo italiano, i russi in Italia hanno punti di vista molto diversificati in relazione alla situazione nella madrepatria, e vi troviamo anche attivisti ed agenti sovietici, inseriti nella vita sociale e giornalistica del paese19. Nascono anche movimenti alternativi rispetto alla suddivisione binaria bianchi-rossi. Ad esempio, il Partito dei giovani russi (mlado-rossy) aveva sede a Roma, e proponeva il ristabilimento della monarchia in versione modernizzata e sovietizzata, con una visione vicina al fascismo italiano ed al nazional-socialismo tedesco20.

Il conservativismo di molti esuli si manifesta anche su altri fronti, in particolare quello linguistico e religioso. I bianchi fuggiti dalla rivoluzione rifiutano tutto ciò che è connesso con il bolscevismo, tra cui la riforma dell’ortografia russa, avvenuta nel 1918, e dunque percepita come una delle tante degenerazioni bolsceviche21. Dal punto di vista religioso, gli esuli russi in Italia rimangono legati alla confessione ortodossa. Al centro delle comunità sparse per il paese ci sono le chiese russe di Roma, Firenze e Sanremo, tutte dipendenti dal Metropolita ortodosso di Parigi. Sono proprio i russi emigrati a volere la fondazione delle chiese ortodosse. Ad esempio, a Firenze la chiesa era stata costruita tra il 1900 ed il 1903, a seguito di un’assemblea dei russi residenti nella città, con l’autorizzazione della Chiesa Russa Ortodossa di Costantinopoli. La chiesa ortodossa presente a Sanremo viene istituita nel 1912, di nuovo per iniziativa di un gruppo di russi. A Roma, infine, la sede

18 D’AMELIA -GARZONIO -SULPASSO 2011.

19 È il caso del collaboratore dell’«Avanti», Michail Vodovozov. Ibid. 20 SCANDURA 1995, p. 347.

21 Tra i massimi oppositori di tale riforma c’è Ivan Bunin (1870-1953). CARATOZZOLO 2005,

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della Chiesa Ortodossa Russa trova spazio nella casa della Principessa Cernyševa, morta nel 191922.

I russi emigrati in Italia dichiarano la propria opinione in relazione alla nascente Unione Sovietica, e prendono parte ad iniziative (perlopiù editoriali) volte a sostenerla o, più spesso, ad abbatterla. Eppure, l’Italia non si prestava ad essere sede di movimenti controrivoluzionari, come afferma Claudia Scandura. Si trattava di una posizione periferica, secondo lo stesso Lenin «alla fine del mondo»23.Il lato positivo del decentramento dell’Italia consisteva nella possibilità per gli intellettuali che vi risiedevano di rimanere al di fuori delle polemiche infuocate che si consumavano negli altri centri dell’emigrazione, in cui le comunità russe erano di gran lunga più numerose, e godevano di un clima più aperto24. Nell’immaginario russo, il nostro paese era costituito da paesaggi pittoreschi ed idilliaci, ed era il luogo prediletto per l’ispirazione artistica. Ma non fu solo questo a rendere l’Italia inadeguata come centro dell’emigrazione vero e proprio, e a farne luogo di soggiorni relativamente brevi. Tra le ragioni più rilevanti ci fu il peggioramento della situazione economica italiana agli inizi degli anni ’20, che rese la Germania una destinazione più appetibile, dato che la svalutazione del marco di quegli anni avrebbe permesso ai russi esuli in condizione di povertà di vivere degnamente25. Inoltre, dalle notizie relative alla politica italiana nei confronti

22 SCANDURA 1995, pp. 342-366.

23 CARUSO 1978,p.35inSCANDURA 1995,p.342. 24 Ivi, pp. 342-366.

25CARPI 2016; GARZONIO -SULPASSO 2011a. Laura Piccolo, ad introdurre il suo studio relativo

alla presenza russa in Italia, in particolare in ambito teatrale, riporta il seguente passaggio del «Messaggero», pubblicato il 12 luglio 1923: «da oltre due anni, da quando cioè per l'esaurirsi delle poche riserve finanziarie salvate, si è intristita la situazione dei profughi russi che si trovano in Italia, e particolarmente a Roma, riceviamo frequenti visite, lettere e suppliche di cittadini russi bisognosi che chiedono soccorso. Uno dei più gravi problemi della loro vita è quello dell'alloggio. E da molti ci viene indicata la possibilità di utilizzare per esso i vasti locali dell'ambasciata russa [...] la quale, non occupata per le note questioni non ancora chiarite dalla rappresentanza a Roma del nuovo governo dei Soviety, è abitata da poche persone e potrebbe, si dice, dare un contributo nell'opera di soccorso ai cittadini russi più bisognosi — vi sono tra

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dei rifugiati russi, si può comprendere quanto fosse ambiguo l’atteggiamento del Regno, e quanto si fosse rivelato poco disponibile a fornire il proprio aiuto. Agnese Accattoli ripercorre la storia degli interventi, o dei mancati interventi, dell’Italia a favore dei rifugiati della guerra civile, in particolare in due studi:

La colonia di Antigoni: un’isola felice per i rifugiati russi a Costantinopoli (1920) e L’Italia e i rifugiati russi negli anni 1918-1924. Secondo la sua

ricostruzione, le istituzioni italiane cercarono di scoraggiare l’arrivo dei russi, evitando di intervenire nella maggior parte delle iniziative a sostegno dei rifugiati proposte dalla Società delle Nazioni. Tra i vari episodi che Accattoli ricorda, nel tentativo di definire le relazioni Italia-Russia in quegli anni, c’è la partecipazione all’evacuazione della Russia meridionale nell’aprile del 1919 e nel febbraio dell’anno seguente. Soprattutto durante la prima evacuazione, l’aiuto della Marina italiana si dimostra prezioso, e sono molti i russi che, arrivati a Roma, lodano e ringraziano commossi gli italiani, tramite l’ambasciatore russo in Italia, Michail Girs26. Dopo la sconfitta dell’esercito dei

bianchi di Denikin all’inizio del 1920 e la caduta di Kiev in gennaio e Odessa in febbraio, la situazione si fa più difficile. La triplice Intesa tenta in ogni modo di portare in salvo i cittadini della Russia meridionale. L’Italia partecipa anche a questa seconda evacuazione, ma sono soprattutto l’Inghilterra e la Francia a garantirne il successo. Inoltre, per quanto riguarda l’assistenza negli ospedali a Costantinopoli27, sono principalmente la Croce Rossa americana e il governo francese a fornire il soccorso.

essi molti vecchi e molte signore assolutamente soli e senza mezzi [...]. Registriamo pubblicamente queste voci e questi inviti, ma non possiamo per ovvie ragioni intervenire nella questione che è chiusa fra i cittadini russi e la loro vecchia ambasciata. Osserveremo solo che si tratta qui di un problema di pietà e di solidarietà nazionale, che non potrà trovare indifferenti i rappresentanti dell'antico governo russo, che occupano ancora il Palazzo dell'Ambasciata e rimangono pur sempre in certo modo i più alti rappresentanti della grande colonia dei profughi russi». PICCOLO 2009a,p. 219.

26 ACCATTOLI 2015,pp. 189-214.

27 È qui che le potenze dell’Intesa accolgono i profughi in fuga dalla Russia meridionale, fino a

che, nel 1920, quando l’affollamento della città diventa insostenibile, si stanzia parte dei rifugiati nelle Isole dei Principi. ACCATTOLI 2014,pp. 455-465; EAD.2015,pp. 189-214.

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Un intervento degno di nota da parte del Regno è la formazione ed il finanziamento della colonia russa di Antigoni, impresa onerosa di breve durata. Tale iniziativa viene messa in atto all’inizio del 1920 con lo scopo di gestire il sovraffollamento di Costantinopoli, dato che, visti gli ultimi insuccessi dell’armata bianca, ci si aspetta l’arrivo di altri e numerosi profughi. Il flusso continuo di esuli russi, infatti, avrebbe raggiunto il proprio apice con la disfatta dell’armata volontaria di Vrangelʹ, nel novembre 1920. Gli alleati si spartiscono il territorio delle Isole dei Principi, in cui ciascun governo dell’Intesa organizza una colonia per ospitare ed assistere i profughi. L’Inghilterra ottiene l’isola Prinkipo, la Francia Halki, gli USA Proti, mentre all’Italia spetta Antigoni. Sebbene le intenzioni iniziali del governo italiano fossero di non impegnarsi in nessuna azione umanitaria, il sottosegretario al ministero degli Esteri Carlo Sforza, in seguito, riferisce a Costantinopoli: «per ragioni prestigio impossibile rifiutare mantenimento di mille profughi che prego mantenere nei più stretti limiti»28. Tale concessione era dovuta a

questioni di immagine internazionale e a un dovere morale di solidarietà nei confronti degli alleati. La colonia di Antigoni è gestita dai russi stessi, per quanto possibile, ed ospita perlopiù famiglie di militari ed aristocratici, rappresentanti, dunque, della Russia del vecchio regime. Le testimonianze di coloro che beneficiarono dell’assistenza ad Antigoni descrivono la colonia come un’isola felice29, nel caos del sovraffollamento e dello sconvolgimento emotivo che gli eventi della guerra civile avevano causato. Tale opera esemplare di sostegno, tuttavia, termina assai presto: nel gennaio 1921, nonostante i numerosi appelli al governo italiano, i profughi vengono sgomberati da Antigoni. D’altra parte, con la definitiva sconfitta dell’esercito antibolscevico di qualche mese prima, l’aiuto ai russi bianchi non poteva più portare alcun vantaggio all’Italia: la possibilità di inimicarsi il vecchio establishment zarista non faceva più paura vista la perdita definitiva di ogni posizione di autorità in Russia. Questa affermazione contrasta con l’immagine

28 EAD.2014,p. 460. 29 Ivi, pp. 455-465.

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di generosità che molti russi diedero dell’Italia di quegli anni, come anche di quegli italiani che parteciparono direttamente alle azioni umanitarie. In realtà, rispetto agli sforzi di Francia ed Inghilterra, il Regno contribuì in modo minimo alla messa in salvo dei rifugiati: si pensi che nel 1921 dei 75.000 profughi che risiedevano a Costantinopoli, 68.000 erano mantenuti dal governo francese, e 6.000 dalla Croce Rossa americana30. Inoltre, nel corso degli anni ’20 l’Italia continua a rifiutare qualsiasi contributo finanziario richiesto dall’Alto Commissario del Consiglio della Società delle Nazioni, Fridtjof Nansen (1861-1930), per far fronte alla difficilissima gestione dei rifugiati31, e tenta in ogni modo di contenere la presenza russa in Italia, o persino ai propri confini, dichiarando tra le motivazioni il timore di contagi e diffondendo allarmi sanitari per il paese32. La colonia di Antigoni rimane invece pressoché segreta, e nessuna voce sulla sua esistenza si sparge in Italia. Si temeva, infatti, che l’onerosità delle spese che aveva comportato causasse la dura reazione dell’opinione pubblica, nel contesto della crisi economica. Un’altra ragione valida per questa riservatezza consisteva nel fatto che mostrare il Regno sollecito nei confronti dei russi bianchi non poteva certo giovare ai rapporti con la neonata Unione Sovietica33. A conclusione della disamina sul contributo dell’Italia al sostegno dei russi rifugiati, si può dire che

Nonostante alcuni episodi poco noti o del tutto sconosciuti del soccorso italiano ai rifugiati russi, in cui l’opera umanitaria italiana si dimostrò efficace e sollecita, in generale fu evitata una politica di sostegno e ospitalità a causa della grave crisi economica italiana, dell’instabilità politica e sociale del paese

30 Ibid.

31 ACCATTOLI 2015,p. 201-214.

32 Alla fine del 1920 nel paese si diffondono allarmi relativi agli sbarchi dei profughi in

Jugoslavia, soprattutto dovuti al fatto che il governo della Dalmazia diffonde una circolare, secondo la quale i profughi vi avrebbero portato malattie come il colera e il vaiolo. I profughi vengono sottoposti a misure di igiene ed isolamento. Tuttavia, è molto probabile che l’allarme sanitario nascondesse il timore del diffondersi della propaganda bolscevica. Ibid.

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nell’immediato dopoguerra, ma anche di una specifica diffidenza rispetto all’elemento russo.34

Sono dunque altri i centri maggiori dell’emigrazione, e se si parla di centri culturali, i principali sono Praga, Berlino e Parigi, dove i membri dell’intelligencija del vecchio regime costituivano almeno un terzo degli esuli. Va infatti ricordato che tra tutti coloro che lasciarono la Russia allo scoppio della rivoluzione, gli esuli da Mosca e San Pietroburgo, protagonisti della cultura dell’emigrazione35, furono solamente il 15% del totale. In altri

paesi, come la Polonia, si spostano membri delle classi inferiori: contadini, soldati semplici, sottoufficiali. Per molti di loro, poi, lasciare il paese rappresenta l’unica alternativa per poter sopravvivere. Fuggono dalla violenza, dalla mancanza di alimenti, dal freddo, e solo una parte relativamente piccola di loro è volutamente e direttamente coinvolta nelle imprese dell’armata a difesa dello zar o condivide l’ideologia dei bianchi36.

Nelle città europee dove si riversano i membri dell’élite prerivoluzionaria, le discussioni a proposito del destino della Russia si fanno accese. Basti pensare che in emigrazione nascono i movimenti del nazional-bolscevismo (o smenovechostvo) e dell’eurasismo, e che il primo, ad esempio, è rappresentato a Parigi e a Berlino nelle riviste, rispettivamente, «Smena Vech» e «Nakanune». Questi movimenti proponevano una visione alternativa, presentando da un lato la necessità di una riconciliazione tra le parti in conflitto, dall’altra rivitalizzando posizioni neoslavofile37. Altri

intellettuali, come Viktor Šklovskij (1893-1984), Šmelev (1873-1950) e Kuprin (1870-1938), criticarono duramente i ‘sovbanditi’38. Anche in Italia l’emigrazione russa riguarda l’élite, ma, come sottolinea Scandura, lo spazio di discussione è ben più limitato, e, in generale, si rimane su posizioni

34 Ivi, p. 190. 35 CARPI 2016. 36 Ibid. 37 Ibid. 38 Ivi, cap. 3.

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antibolsceviche. I circoli creati dagli esuli russi in Italia, infatti, spesso portano la denominazione ‘vecchio regime’39, ciò probabilmente anche per eludere gli stretti controlli che mirano ad individuare le influenze rosse nel paese.

Se è vero che il governo italiano diffidava dei russi, è altrettanto vero che il mondo sconosciuto che essi rappresentavano aveva un grandissimo potere di attrazione. Infatti, come ricorda Raffaella Vassena, a partire dagli anni ’20 esso conquista anche i bambini, così che traduzioni di favole e storie popolari russe, adattamenti o racconti italiani russificati, con temi e motivi tipici della letteratura popolare dell’ex Impero, compaiono in giornali per l’infanzia, come «Il giornalino della Domenica» o «Il corriere dei piccoli»40.

Anche se l’emigrazione russa in Italia avviene in scala ridotta rispetto al resto d’Europa, essa lascia un’impronta notevole nella vita culturale del paese. Malgrado il provincialismo diffuso, l’Italia sa cogliere l’importanza degli stimoli che intellettuali ed artisti russi le offrono, e a sua volta dà loro un terreno fertile su cui agire.

2. Artisti e intellettuali russi in Italia: collaborazioni e iniziative

2.1 La comunità russa a Roma

I russi presenti nelle maggiori città del paese formarono gruppi coesi che divennero importanti centri culturali, e coinvolsero molti intellettuali italiani del tempo.

A Roma, la comunità russa decide di celebrare il cinquantesimo anniversario della morte di Nikolaj Gogolʹ (1809-1852), e nel 1902 fonda la Biblioteca Gogolʹ (Biblioteka čitalʹnaja imeni Gogolja). Essa ha sede in via San Nicola da Tolentino, al numero 32; in seguito viene trasferita in via Gregoriana, e, nel 1907, in via delle Colonnette, occupando il vecchio studio

39 SCANDURA 1995, pp. 342-366.

40 Collaboratrice del «Corriere dei piccoli» è Iris Felyne, figlia di Ossip Felyne. VASSENA

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del Canova, al numero 27. Vi rimane fino al 1969. Dal gennaio 1905 inizia la sua attività in modo ufficiale, con l’entrata in vigore del suo primo statuto41. La

biblioteca è un importante luogo di incontro e di diffusione delle maggiori novità russe nel campo artistico e letterario. I volumi che ospita, infatti, sono inizialmente costituiti da donazioni private e dai testi del Club dei pittori russi, tra cui libri d’arte, nonché edizioni risalenti al XVIII secolo42. In seguito, le principali case editrici russe inviano alla neonata associazione43 le loro pubblicazioni. Poiché la comunità degli intellettuali russi o degli uomini politici agli inizi del 1900 era assai numerosa, la Biblioteca fa da centro propulsore di un’intensa attività culturale, ospitando nei propri locali mostre, concerti, ed incontri di altro tipo. Dal 1914, tuttavia, con l’assottigliarsi della colonia russa per il rientro in patria di molti esuli, e a seguito dello scoppio della prima guerra mondiale, la Biblioteca affronta un momento di crisi, nel quale la ricca rete di contatti con la Russia si interrompe. È a seguito della rivoluzione d’ottobre che torna ad avere un ruolo di grande importanza nella capitale, includendo tra i propri membri moltissimi artisti ed intellettuali russi, residenti o di passaggio a Roma, e proclamandosi erede della vecchia ed autentica tradizione della madrepatria, così da dare il proprio contributo alla formazione del ‘mito dell’emigrazione’44. La direzione della Biblioteca di anno in anno compila una lista dei membri dell’Associazione. Le liste sono conservate nell’Archivio dell’associazione, e testimoniano la frequenza di esponenti della nobiltà, come le famiglie Barjatinskij, Gagarin e Volkonskij, e, tra i diplomatici, Nikolaj Bok (1880-1962), attivo presso il Vaticano, nel

41 MAZZITELLI in D’AMELIA - GARZONIO - SULPASSO 2011. 42 Ibid.; D’AMELIA 2009,pp. 13-96.

43 La Biblioteca Gogolʹ si costituisce in Associazione nel 1905. GARZONIO - SULPASSO

-D’AMELIA 2011.

44 Si è già parlato della posizione antibolscevica che assume la Biblioteca Gogolʹ dopo la

rivoluzione del 1917. Guido Carpi, nel secondo volume di Storia della Letteratura russa, definisce il mito dell’emigrazione l’autorappresentazione, da parte degli intellettuali emigrati che sostenevano il regime monarchico, come i depositari della vera cultura russa. Dal punto di vista letterario, ciò implica la rinuncia all’adozione delle nuove regole di ortografia, la descrizione del mondo tradizionale del passato russo, e l’uso di toni nostalgici. CARPI 2016.

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13. In quell’anno i membri erano 64, mentre la lista relativa al 1920-21 supera i 150 iscritti45. La Sala di Lettura della Biblioteca, nel frattempo, prende il nome di Circolo letterario-artistico, e ciò riflette la varietà degli ambiti in cui operano coloro che lo frequentano. A partecipare agli incontri del Circolo, infatti, sono musicisti, tra cui il noto compositore Michail Michailovič Ivanov (1849-1927); scrittori, ad esempio, M. K. Pervuchin (1870-1928), vissuto a Capri e a Roma; pittori (G. P. Malʹcev, 1881-1953)46 e traduttori, tra i quali i coniugi Felyne e la figlia Iris47. Tra le iniziative in ambito artistico legate alla biblioteca ricordiamo l’Esposizione di artisti ed amatori russi residenti a Roma, organizzata nel 1917, cui partecipano molti artisti dilettanti e sconosciuti, ma anche pittori noti, quali Natalʹja Gončarova (1881-1962) e Michail Larionov (1881-1984)48. La prima mostra organizzata dalla Biblioteca risale al 1906, ed è accolta con entusiasmo. Tra gli artisti che vi espongono si ricordano anche i fratelli Aleksandr e Pavel Svedomskie, a Roma già dal 187549. Come sottolinea Bianca Sulpasso

nell’analisi dei membri della Biblioteca, far parte del Circolo non è appannaggio dei russi presenti nella città, ma a frequentarlo sono anche noti italiani, come il pittore livornese Gabriele Gabrielli (1895-1919) e l’architetto Elena Luzzatto (1900-1983)50.

D’altra parte, questo non è un caso isolato nell’ambito delle collaborazioni tra artisti italiani ed intellettuali russi. A titolo di esempio, agli inizi del ’900, Marinetti (1876-1944) fa tutto il possibile per legare rapporti con gli ambienti d’avanguardia russi, iniziando una corrispondenza con S. A. Poljakov (1874-1943), proprietario della casa editrice Skorpion e della rivista «Vesy», entrambi organi del simbolismo russo51. Inoltre, già futurista, si reca in Russia nel 1914,

45 I membri, tuttavia, dimezzano già nel 1922, poiché molti russi lasciano Roma, e in alcuni

casi l’Italia. D’AMELIA -GARZONIO -SULPASSO 2011.

46 PETROVA 2011.

47 D’AMELIA -GARZONIO -SULPASSO 2011. 48 D’AMELIA 2009, pp. 13-96.

49 D’AMELIA -GARZONIO - SULPASSO 2011. 50 Ibid.

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e pochi mesi dopo, a Roma, partecipa all’Esposizione libera futurista internazionale, presso la Galleria Futurista Permanente, insieme ad artisti come Olʹga Rozanova, Alessandra Ekster, Nikolaj Kulʹbin, Aleksandr Archipenko52. È da ricordare, poi, che già prima della fondazione della Biblioteca, a Roma erano attivi diversi salotti legati alla comunità russa: nel salotto della pianista Nadine Helbig (1847-1922)53 si riunivano personalità della cultura russa ed europea sin dal 1877; Olʹga Resnevič Signorelli (1883-1973)54 gestisce

anch’essa un salotto frequentato, tra gli altri, da personaggi influenti come Marinetti, Papini (1881-1956), Prezzolini (1882-1982), Pirandello (1867-1936), i fratelli Savinio (1891-1952) e De Chirico (1888-1978), e Balla (1871-1958)55.

Un’altra associazione di grande importanza nell’ambito delle iniziative che coinvolgono la comunità russa a Roma è l’Istituto per l’Europa Orientale, di cui parleremo in modo più approfondito nella sezione dedicata alla slavistica italiana. Per ora basti dire che, al pari della Biblioteca Gogolʹ, l’attività dell’IPEO è preziosa per la promozione della cultura russa in Italia, e della creazione di relazioni durevoli tra i due paesi, soprattutto in ambito artistico-letterario. Oltre ad essere legato al Comitato di soccorso agli intellettuali russi56, come ad altre associazioni di sostegno, tra le attività dell’IPEO è da menzionare l’organizzazione di un ciclo di conferenze tenute a Roma nel 1923 dagli esponenti dell’intelligencija espulsi dalla Russia sovietica l’anno precedente. Ai partecipanti viene offerto un soggiorno gratuito. Come dice lo stesso Lo Gatto (1890-1983), segretario dell’associazione,

Nel 1923 ero segretario dell’“Istituto per l’Europa Orientale” creato dall’Ufficio stampa del Ministero degli Affari Esteri. In questa mia qualità (ed anche in quella di studioso di letteratura russa, e di direttore della rivista “Russia”),

52 D’AMELIA 2009, pp. 13-96. 53RIZZI 10/09/2017.

54 GARETTO -RIZZI 12/09/2017;SCANDURA 1995,pp. 357-358. 55 D’AMELIA - GARZONIO - SULPASSO 2011.

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invitai a Roma un gruppo di intellettuali russi che avevano lasciata la patria e si trovavano a Berlino in attesa di fissare la propria dimora nell’Europa occidentale.57 Il gruppo era eterogeneo: comprendeva tre filosofi: Nikolaj

Berdjaev, Simeon Frank e Boris Vyšeslavcev; un biologo già allora di grande fama, ex rettore dell’Università di Mosca, Michail Novikov; il sociologo Aleksandr Čuprov; un giornalista, Michail Osorgin; uno storico dell’arte Pavel Muratov e finalmente uno scrittore già da tempo affermatosi in patria, Boris Zajcev. Ad essi si aggiunse Evgenij Šmurlo.58

Ricordiamo, poi, la fondazione della Scuola di lingue slave ed orientali viventi, con sede in via Panisperna 255, dove si attivano corsi linguistici e di cultura relativi ai paesi dell’Europa orientale e del Medio Oriente. Professore del corso annuale di Letteratura e movimenti culturali russi è Ettore Lo Gatto. Insegnante del corso triennale di lingua russa è il Ivan Grinenko (1882-1964)59.

A Roma sono presenti molti altri ‘luoghi russi’. Si tratta di cabaret, taverne e piccoli teatri, gestiti interamente, o quasi, dalla comunità russa della capitale. La Capanna Russa (Russkij šalaš) si trova in via delle colonnette 4-5, ed è vista dagli italiani come un angolo di ‘Parigi russificata’60. È decorata con immagini

di paesaggi fantastici, statuette con abiti dell’antica Russia, e tele del pittore Sigizmund Oselevič Opolʹskij (1891-1972), che operava in quel periodo alla Casa d’Arte Bragaglia61

. L’intrattenimento della taverna era fornito dalle

romanze russe e francesi. Inoltre, vi si esibiva l’attore Lev Michailovič Grebeščnikov (1884-1938)62. La Taverna Russa (Russkaja taverna) è fondata

57 Intermediaria dell’Istituto fu la già citata Olʹga Signorelli, che nel settembre 1923 si trovava

a Berlino, dove conobbe, tra gli altri, Berdjaev, Muratov e Zajcev. Ibid.

58LO GATTO 1976, p. 49 in MAZZITELLI 2016, p. 78. 59 Ivi, cap. 1; GARZONIO 11/09/2017.

60 GARZONIO -SULPASSO 2011b;D’AMELIA -GARZONIO -SULPASSO 2011.

61 La Casa d’Arte Bragaglia è una galleria indipendente gestita dai fratelli Bragaglia in via

Condotti, 21 a Roma, e ospita pittori contemporanei, sia emigrati che di passaggio. È un luogo privilegiato delle sperimentazioni nel campo delle collaborazioni tra gli ambienti culturali dei due paesi. GARZONIO -SULPASSO 2011b.

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da un certo generale Baumgarten, membro della Biblioteca Gogolʹ, in via della Vite. È decorata soprattutto da schizzi, caricature e foto di artisti dell’epoca63. Un’altra Taverna Russa (Russkaja taverna na via Frančesko Krispi) apre in via Francesco Crispi, ed è gestita da un certo Katenin. Dal 1921 ospita anche il piccolo teatro del regista Aleksandr Uralʹskij (1883-1942), La Falena (Nočnaja

babočka). Esso riceve gli elogi di pubblico e critici, soprattutto per l’originalità

del repertorio e l’abilità di Uralʹskij, il quale si ispira anche alle performance del teatro-cabaret Il Pipistrello (Letučaja myšʹ), fondato da Nikita Fedorovič Baliev (1877-1936) prima a Mosca, e trasferito a Parigi, Londra e New York. Tali messe in scena rappresentavano marce di soldatini di legno, bambole di porcellana, le canzoni degli Ussari, e lo spettacolo del tipo del lubok, in cui gli attori comparivano da dietro tele bucate, e per questo gli spettatori chiamavano la performance ‘quadri coi buchi’64. Tuttavia, non si escludevano

rappresentazioni di autori acclamati del teatro russo, in particolare delle pièces di Čechov. Anche in questo caso, le decorazioni sono opera di pittori dell’epoca, in particolare della pittrice Natalʹja Kahl (1899-1991)65. Nel 1921

l’avvocato, scrittore e pubblicista Nikolaj Platonovič Karabčevskij (1851-1925) dà vita al teatro intimo Rondinella russa (Russkaja lastočka). A dirigerlo è il drammaturgo e regista Vorotnikov (1857-1937). Il teatro si trova in via Napoli, 4366, ed è anche conosciuto come sala da tè russa, tant’è che il giornale «L’Italie» scrive che il locale organizza ‘tè danzanti’67.

Oltre alla creazione di veri e propri teatri russi, anche molti ambienti italiani sono animati da spettacoli sperimentali in cui attori, attrici, ballerini e ballerine dall’ex Impero fanno da padroni. Il Teatro degli Indipendenti, gestito in via degli Avignonesi dai fratelli Bragaglia, si caratterizza per un’atmosfera allegra, informale, e soprattutto per l’ecletticità delle performance68. A fine serata si

63 Ibid. 64 Ibid.

65 PICCOLO 2009a, p. 224.

66 D’AMELIA -GARZONIO -SULPASSO 2011. 67 PICCOLO 11/09/2017.

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trasforma in un ristorante-cabaret, punto di incontro per scrittori, artisti, nonché per l’alta società romana. Gli spettacoli si svolgono sotto la direzione di Anton Giulio Bragaglia (1890-1960), che propone i generi teatrali più disparati. Le serate sono costituite dall’alternarsi di brevi messe in scena, tutte con lo scopo di coinvolgere totalmente lo spettatore, sorprendendolo con giochi di luce e colore, e con continui spostamenti di attenzione. Si tengono anche letture e numeri di altro tipo. Un ruolo centrale è giocato dai ballerini Jia Ruskaja (1902-1970) ed Ikar69, vere e proprie stelle al Teatro dei Bragaglia. Si mettono in scena opere di scrittori italiani esordienti, seguite da testi di autori stranieri mai rappresentate in Italia, con intermezzi dati da balletti e pantomime70. Tra gli autori più noti rappresentati, si devono ricordare Pirandello e Bontempelli, innovatori del teatro italiano, lo scrittore e pittore avanguardista Soffici, il poeta futurista Apollinaire, l’artista impressionista e poeta francese Laforgue, il drammaturgo del realismo borghese Bernard Shaw, lo scrittore e filosofo spagnolo Miguel de Unamuno, creatore di un teatro austero e simbolico. Si nota, dunque, una volontà di aprirsi all’ambiente internazionale, cui fanno eco, in quegli stessi anni, esperimenti editoriali volti alla diffusione dei movimenti culturali europei, quali la rivista «Solaria»71, o iniziative simili. Massimo Bontempelli (1878-1960) riconosce ai Bragaglia il merito di aver ampliato l’orizzonte delle possibilità nel campo teatrale italiano. Così in un articolo del 1933, citato da Antonella D’Amelia in uno studio recente, dichiara:

La funzione storica di Bragaglia è stata chiara. Il suo teatro ha rappresentato per sei anni da noi quello che altrove sono stati venti o trent’anni d’avanguardia di vario genere. Noi non ne avevamo nessuna a teatro; Bragaglia ce le ha date tutte.72

69 Si tratta degli pseudonimi di Evgenija Borisenko e Nikolaj Barabanov. PICCOLO 12/09/2017;

MAZZUCCHELLI -VASSENA -VEROLI 2010;D’AMELIA -GARZONIO -SULPASSO 2011.

70 D’AMELIA 2013,pp. 123-138. 71 ROMANI 12/09/2017.

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Oltre all’internazionalità, è necessario parlare di russofilia73. Opere di autori

russi sono all’ordine del giorno. Si ricorda, in particolare, Pëtr Potëmkin, poeta e drammaturgo originario dell’ambiente bohémien di Pietroburgo, attivo nei maggiori cabaret europei di inizio secolo, e che impersonava immancabilmente la parte principale di ogni suo scritto74. Sono anche autori più noti, quali Turgenev (1818-1883), Čechov (1860-1904) e Leonid Andreev (1871-1919) ad essere inseriti nel repertorio di via degli Avignonesi75. Nemmeno il Teatro d’Arte76 di Pirandello rimane escluso dall’atmosfera russofila che dilaga nel paese. Il 3 maggio 1925 la rivista satirica «Il Travaso delle Idee» scrive, a proposito di una serata al Teatro pirandelliano: «Al Teatro Odescalchi, Pirandello ha dato una serata d'arte italiana: Ramuz, Strawinski, Ievrienov, Raissa Olkienitskaia, Muratov, Raissa Lork, ecc.»77. Agli inizi degli anni ’20, al Teatro d’Arte si mettono in scena opere con la collaborazione di personaggi come Mejercholʹd (1874-1940), Stravinskij (1882-1971), Georgij Krolʹ (1893-1932) e la moglie Raisa Gurevič (1894-1979), De Chirico e Savinio78. Ciò

testimonia della forte partecipazione della colonia russa romana nello sviluppo delle avanguardie italiane.

73 La russofilia all’epoca era tale che Luigi Bonelli (1892-1954) riuscì ad avere successo

spacciando i propri testi come traduzioni di un noto drammaturgo russo, completamente inesistente. Laura Piccolo scrive: «Bonelli racconta di aver inventato Cetoff presentando un copione a una diva che continuava a discreditare gli autori italiani e a lodare il teatro russo e i suoi protagonisti, come Tatʹjana Pavlova, perché capace di far "sembrare slavi anche gli autori italiani". Intimidito e 'scombussolato' dai raffronti, Bonelli decide di far passare il copione per il lavoro di un autore russo da lui tradotto». PICCOLO 2009a, pp. 228. Nasce così lo scrittore Wassili Cetoff Stenberg.

74 D’AMELIA 2013,pp. 123-138. 75 Ibid.

76 L’esperimento teatrale del Teatro dell’Arte viene proposto da Luigi Pirandello alla fine del

1924. Esso ha sede nella sala ristrutturata del Teatro degli Odescalchi, e si apre al pubblico il 2 aprile 1925. D’AMELIA 2011b,pp. 90-100.

77 PAGANI 2009, p. 197.

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Il mondo dei luoghi russi è strettamente legato allo sviluppo delle arti figurative. Infatti, il gruppo dei russi coinvolti negli spettacoli e nelle produzioni teatrali è parimenti attivo nei circoli d’arte. Gli artisti russi espongono, ad esempio, alla Casa d’Arte Bragaglia79, e in molti casi collaborano a riviste italiane specializzate nel settore. Tra le iniziative di maggior rilievo, ricordiamo il gruppo di artisti legato al periodico «Valori Plastici», fondato nel 1918 da Mario Broglio (1891-1948) insieme alla moglie lettone Edita Zur-Mühlen (1886-1977), cui collaborano il pittore futurista e metafisico Carlo Carrà (1881-1966), ed i già menzionati De Chirico e Savinio80. Tra le altre riviste importanti per la divulgazione delle nuove idee nel campo dell’arte, e che prestano grande attenzione all’influenza russa, c’è, ad esempio «Lacerba», edita a Firenze dal 1913 sotto la direzione di Giovanni Papini (1881-1956) e l’artista e scrittore Soffici (1879-1964). È proprio qui che si pubblicano, nel 1914, le riproduzioni delle opere di Larionov e Archipenko (1887-1964), ancora sconosciute in Italia81. La rivista di Ugo Ojetti

(1871-1946), «Dedalo», esce dal 1920 al 1933, e pubblica interessanti saggi critici d’arte di Georgij Lukomskij (1884-1952), anch’egli artista, oltre che studioso; si impegna, inoltre, nella divulgazione delle opere di Andrej Beloborodov (1886-1965)82. È da menzionare, infine, la rivista torinese «ABC», fondata

79Alla fine del 1918 Anton Giulio (1890-1960) e Carlo Ludovico Bragaglia (1894-1998)

aprono la Casa d’Arte Bragaglia in via Condotti, 21. Negli anni ’20 organizzano mostre dei maggiori esponenti delle avanguardie europee. Citiamo le esposizioni delle opere di Giacomo Balla nell’ottobre 1918, Giorgio De Chirico nel febbraio 1919, i dadaisti, Klimt (1862-1918) e Schiele (1890-1918) l’anno seguente. Tra gli artisti russi vi espongono le proprie opere Ossip Zadkine (1890-1967), Filipp Goziason (1898-1978), Pavel Mansurov (1896-1983), Grigorij Šiltjan (1900-1985). Ibid.

80 D’AMELIA 2015,pp. 11-22. 81 Ibid.

82 Tutti gli artisti e/o intellettuali di nazionalità russa o slava appena menzionati visitano l’Italia

o vi rimangono per periodi medio-lunghi. Lukomskij visita Ravenna e Venezia, dove viaggia anche Archipenko; Beloborodov passa del tempo a Roma e sulla costiera amalfitana; a Roma è di passaggio anche Larionov. PICCOLO 2013; ŠIŠKIN 13/12/2017; PICCOLO - VASSENA

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negli anni ’30, che presenta una rubrica sull’arte e la letteratura straniere, e pubblica approfondimenti sull’arte antica russa83.

2.2 I russi a Milano e a Torino

Le comunità russe sono presenti nelle maggiori città del paese, e ovunque sono molto attive dal punto di vista culturale, ma non solo.

Secondo Tamborra, la colonia russa milanese fu la più numerosa e quella dall’organizzazione più strutturata ed efficace84. Per quanto riguarda

l’ambiente culturale milanese, va ricordato che il Teatro alla Scala85 ospita per

la prima volta nel 1911 le performance dei balletti russi di Sergej Djagilev (1872-1929)86, e vi si esibiscono grandi talenti della danza, quali Ida Rubinštejn (1883-1960), Vera Fokin (1886-1958), Olʹga Preobraženskaja (1871-1962)87. Negli anni ’30 la già menzionata Jia Ruskaja condivide con

Olʹga Preobraženskaja la direzione della scuola di ballo del Teatro alla Scala. Inoltre, ricordiamo che moltissimi artisti e compositori russi erano coinvolti nella riuscita degli spettacoli al teatro milanese, tra i quali possiamo ricordare Stravinskij, Benois (1870-1960), Larionov, Daniil Amfiteatrov (1901-1983)88. Anche a Milano, nei primissimi anni del 1900, è fondata una biblioteca russa. Esattamente come nel resto d’Italia, gli esuli della prima ondata migratoria mostrano tendenze vicine ai movimenti rivoluzionari89. Molti degli emigrati, infatti, si opponevano all’autocrazia russa, ed erano legati al socialismo milanese90. Ciò è testimoniato dai volumi della biblioteca che risalgono a

83 D’AMELIA 2015,pp. 11-22. 84 GARETTO 2009,pp. 269-278. 85 DEOTTO 12/09/2017.

86 Nel 1917 i balletti russi sono anche a Roma, ed anche questa serie di performance sono

caratterizzate dal connubio tra musicisti ed artisti russi ed italiani. D’AMELIA -GARZONIO -SULPASSO 2011, pp. 366-369.

87 Ibid.;PICCOLO 2009b, pp. 271-297. 88 Ibid.

89 GARETTO 2009,pp. 269-278.

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questi anni: opere sul pensiero populista, sul movimento social-democratico, e così via. Nel 1903 alla Biblioteca russa di Milano si associa la Società della Biblioteca russa di Milano, presentata ufficialmente come circolo culturale, ma che secondo Elda Garetto faceva da copertura per le attività dei gruppi rivoluzionari91. Con la nuova ondata del 1917, la comunità russa milanese mostra tendenze conservatrici, soprattutto in relazione alla volontà di salvaguardare le tradizioni letterarie russe. Proprio per il desiderio di conservare la propria storia e la propria identità in un paese straniero, hanno grande successo le opere memorialistiche, i diari, e tutti i testi che ripercorrono gli eventi rivoluzionari, oltre ai classici della letteratura. Tutte queste opere formano l’insieme dei volumi presenti nella biblioteca milanese92. La folta comunità russa attira l’interesse degli italiani anche qui. Le case editrici storiche di Milano, infatti, sempre più spesso propongono testi tradotti dal russo, e assumono collaboratori madrelingua sia come personale cui affidare la traduzioni dei testi, sia come direttori delle collane in cui si pubblicano autori russi. È il caso della casa editrice Fratelli Treves, di Bompiani, ma anche di editori più piccoli come Bietti, i Fratelli Barion, Corbaccio e Morreale93.

A Torino94, altra capitale culturale del paese, la russofilia è soprattutto legata a personalità quali Piero Gobetti (1901-1926), Alfredo Polledro (1885-1961) e Leone Ginzburg (1909-1944). Per motivi di spazio, citiamo solo alcune delle iniziative degli studiosi appena nominati. Per quanto riguarda il primo, tramite il periodico «Energie Nove» esprime la propria visione ed il progetto di riforma sociale e politica del paese. Interessato alle vicende della rivoluzione sovietica, si appassiona allo studio della cultura e della letteratura russa, e

91 Ibid. 92 Ibid.

93 MAZZUCCHELLI 2009,pp. 279-290.

94 Torino, Roma e Milano non sono gli unici centri di diffusione della cultura russa. A Firenze,

ad esempio, opera il russista Emilio Cecchi (1884-1966) e per un certo periodo Renato Poggioli (1907-1963). Inoltre, è all’università di Firenze che studia Mark Slonim. Anche a Pisa si insediarono russi, ed essi influenzarono l’ambiente culturale della città. GARZONIO -LAROCCA 2011, pp. 317-325; RIZZI 2014, pp. 423-436; BÉGHIN 2005, pp. 397-446.

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prende lezioni di russo dall'esule Rachele Gutman (1885-1944), moglie di Alfredo Polledro, così da diventare, insieme alla compagna Ada, traduttore di Leonid Andreev95, di Puškin (1799-1837) e di Kuprin96. Gli approfondimenti sulla Russia, in particolare sul suo nuovo assetto politico, sono per Gobetti motivo di riflessione anche sui problemi sociali rappresentati dal movimento torinese di occupazione delle fabbriche e dei consigli operai97. Alfredo Polledro è a capo della casa editrice Slavia, fondata nel 1926 e che nel corso di otto anni pubblica ben cinquantaquattro volumi tradotti dal russo in versione integrale98. Polledro stesso traduce insieme alla moglie Rachele Gutman, ebrea russa arrivata a Torino nel 1904. È anche da ricordare l’esperienza di collaborazione ad alcune riviste russe all’inizio del Novecento, tra cui «Russkoe bogatstvo» e «Žurnal dlja vsech»99. Infine, per quanto riguarda Leone Ginzburg, egli vive gran parte della sua vita a Torino, e qui collabora con la casa editrice Slavia come traduttore. Parallelamente, ancora molto giovane, pubblica i primi saggi critici su opere classiche della letteratura russa. Fu anche tra i fondatori della casa editrice Einaudi100.

2.3 Il cinema tra le collaborazioni italo-russe

La decisione di trattare le relazioni tra cinema russo ed italiano in una sezione separata è motivata dalla complessità dell’argomento, che è indissolubilmente legato alle innovazioni ed alle personalità operanti nel mondo del teatro e dell’arte di quegli anni, e la cui discussione non è limitabile ad alcuni centri dell’emigrazione italiani. Inoltre, l’argomento offre preziosi spunti per trattare anche i modi di rappresentazione della Russia e dei suoi abitanti o emigrati. Mi riferisco soprattutto agli stereotipi legati alle donne slave e che ne determinano

95 Secondo Béghin, Leonid Andreev fu l’autore che più interessò Gobetti, e al quale si dedicò

maggiormente dal 1919 al 1921. BÉGHIN 2006.

96 ALESSANDRONE PERONA 2003. 97Ibid.;BÉGHIN 2006.

98 ID.2009,pp. 291-302. 99 Ibid.

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il fascino. Bianca Sulpasso, nel suo studio sulla storia dell’emigrazione russa cinematografica in Italia, fa notare che a seguito della rivoluzione del 1917 la Russia stessa diventa una celebrità in Italia: il paese entra a far parte dei temi favoriti da rappresentare sul grande schermo, non solo tramite l’adattamento dei grandi classici della letteratura, ma anche con la produzione di film originali, in cui i motivi della donna fatale russa, della spia e della rivoluzione101 sono all’ordine del giorno. Un altro motivo spesso presente nei film di quegli anni è la russkaja duša102. In molti casi è russo anche il cast e/o lo staff che lavora alla produzione delle pellicole103. Inizialmente è lo studio torinese Ambrosio Film104 a distribuire film di argomento russo, che in seguito divengono intrattenimento di massa. Ad impersonare le donne fatali nelle produzioni italiane sono le star Ileana Leonidoff (1893-dopo 1965)105, Tatʹjana Pavlova (1890-1975)106, Diana Karenne (1888-1940)107. Nel 1920 Tatʹjana

Pavlova è in ben due film prodotti da Ambrosio Film e girati da Aleksandr Uralʹskij, L’orchidea fatale e La catena108. Secondo Sulpasso, è proprio

Ambrosio a porre le basi della fruttuosa relazione con il cinema russo: nel 1909 invia Giovanni Battista Vitrotti (1882-1966), uno dei più celebri cameraman dell’epoca, in Russia, dove gira documentari e collabora con noti registi, tra i

101 Sulla rivoluzione viene girato, tra gli altri, il film Bolscevismo??!! dalla regista e attrice

Daisy Silvan, pseudonimo di Elena Mazzantini e prodotto dal suo studio Daisy Film. SULPASSO 2015,pp. 153-172.

102 Russkaja duša (lett. ‘anima russa’) è un termine che indica le caratteristiche fondamentali

della personalità e della visione del mondo russe. Si considerano elementi tipici dell’anima russa l’essere misterioso, e la grande bontà e generosità. LUKOV 2008.

103 SULPASSO 2015,pp. 153-172.

104 Fondato nel 1906 da Rinaldo Arturo Ambrosio ed Alfredo Gandolfi. ARMENANTE 2003. 105 Pseudonimo di Elena Sergeevna Pisarevskaja. PICCOLO 14/09/2017.

106 Tatʹjana Pavlova è una stella non solo del cinema ma anche del mondo del teatro e del

balletto, e contribuisce in modo significativo alla diffusione in Italia della conoscenza del teatro russo, in particolare di Čechov e Andreev. MALCOVATI 2009, pp. 153-172; PICCOLO 2015,pp. 241-258.

107SULPASSO 2015, p. 165.

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quali Jakov Protazanov (1881-1945) e lo stesso Uralʹskij, e ha l’occasione di conoscere molti attori e attrici, tra cui Ossip Runič (1889-1947), Pavlova, Olʹga Preobraženskaja109. Le stesse celebrità russe fondano case di produzione. Ad

esempio, nel 1917 Diana Karenne fonda insieme al fratello Karenne Film. Lo stesso fa in quegli anni Berta Nelson, altra attrice di origine slava, stella del cinema muto italiano110. Tra i registi italiani che collaborano con cineasti russi ricordiamo Giulio Antamoro (1877-1945) e Aldo Molinari (1885-1959), di cui il primo si trova anche ad avere contatti con molti scrittori di nazionalità russa, desiderosi di adattare i propri testi per il cinema, o incaricati di scrivere sceneggiature111. Aldo Molinari lavora spesso per lo studio Vera-Film e con la già menzionata Ileana Leonidoff112. Per concludere l’analisi del cinema italo-russo, citiamo alcune produzioni realizzate tra il 1917 ed il 1920 da parte di registi italiani su temi tipicamente russi: con la direzione di Mario Caserini (1874-1920), uno dei pionieri del cinema muto italiano, viene girato

Resurrezione113; Ugo Falena (1875-1931)114 realizza un adattamento di Anna

Karenina, ed altre pellicole sui classici della letteratura, di cui si ricordano L’idiota e I demoni; Umberto Fracchia (1889-1930), infine, gira La sonata a Kreutzer115, tratto dall’omonimo romanzo tolstojano.

A conclusione di questa sezione, e a introduzione della successiva, mi sembra opportuno puntualizzare che è forse l’ambito editoriale quello che più beneficia della presenza russa in Italia. Si è già parlato delle numerose riviste d’arte nate sotto l’impulso di innovazione offerta proprio dalla presenza russa. Anche periodici specializzati nel campo del teatro e del cinema, quali «Comoedia», «La rivista cinematografica», ecc. dedicano intere pagine alle performance delle stelle del cinema muto, emigrate in Italia dai paesi slavi, così

109 SULPASSO 2015, pp. 241-258. 110 Ibid.

111 Tra di essi troviamo anche O. Felyne. Ibid.

112 D’AMELIA -GARZONIO -SULPASSO 2011, pp. 352-353. 113ASCARELLI 1978.

114 SALLUSTI 1994. 115 D’ANNA 1997.

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come alle messinscene del teatro russo e ai balletti delle compagnie dell’ex Impero zarista116. In Italia la russofilia pervade ogni settore culturale, e, come si può immaginare, influenza anche il mercato librario. Come si è anticipato, molti emigrati si dedicano alla traduzione, tanto in ambito letterario che teatrale, e ciò non solo permette una maggiore circolazione dei classici russi in versioni integrali e fedeli all’originale, ma rende possibile anche conoscere autori di cui mai si era sentito parlare in Italia, tra cui molti contemporanei117. Le case editrici italiane si rivolgono sempre più a collaboratori madrelingua, e le numerose copie vendute dei testi letterari russi dimostrano la presenza di un pubblico interessato. Non mancano casi in cui gli stessi emigrati danno il via ad attività editoriali proprie. Nel 1921, ad esempio, in Piazza del Popolo a Roma apre la libreria Slovo insieme alla omonima casa editrice, che aveva la sede principale a Berlino. La libreria è gestita da russi, e diffonde opere e riviste dell’emigrazione118. In questi esperimenti si inseriscono anche i tentativi da

parte di alcuni intellettuali russi di pubblicare le proprie opere in originale. Lo fa Karabčevskij, autore di poesie, così come Georgij Eristov (1902-dopo il 1971), Vasilij Sumbatov (1893-1977) ed altri intellettuali del tempo emigrati in Italia119. Ciò testimonia la volontà di costituire centri culturali all’interno delle comunità russe italiane sul modello delle colonie formatisi a Parigi, a Berlino e a Praga120.

In generale, nelle riviste e nei quotidiani italiani del tempo, si moltiplicano recensioni di testi e traduzioni, interventi critici volti ad approfondire vari aspetti della cultura russa, nonché notizie su eventi culturali quali la messa in scena di opere teatrali, l’organizzazione di mostre, e così via. Sono gli specialisti del settore ad occuparsi delle sezioni dedicate ai paesi slavi,

116 PICCOLO 2009b, pp. 271-297; D’AMELIA -GARZONIO -SULPASSO 2011.

117 Prima degli anni ’20 la letteratura russa in Italia era poco conosciuta, salvo per i classici

dell’800, che però venivano tradotti dal francese o dal tedesco, con tagli ed errori, per cui la qualità dei testi in circolazione lasciava molto a desiderare. DIDDI 2008, pp. 209-234.

118 SCANDURA 1995, p. 349; KEJDAN -PICCOLO 14/09/2017. 119 GARZONIO -SULPASSO 2011b, pp. 205-226.

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pubblicandovi i loro studi e le loro riflessioni. In questi anni, infatti, grazie all’impegno di alcuni intellettuali appassionati, e alle condizioni storiche favorevoli in cui operarono, nasce la slavistica italiana come vera e propria disciplina autonoma. Poiché gli slavisti fanno spesso da protagonisti, nonché da ideatori, nelle iniziative editoriali relative ai paesi slavi, l’argomento sarà ripreso e discusso nella sezione dedicata di questo capitolo.

3. La slavistica italiana ed i suoi contributi alla diffusione della cultura e letteratura russa

In questa sezione ci occuperemo di analizzare brevemente le circostanze della formazione degli studi slavistici italiani. Nello specifico, si faranno riferimenti alla politica adottata dall’Italia nei confronti dei paesi slavi, per poi occuparci dell’attività degli intellettuali fondatori della disciplina, che loro malgrado121 si

trovarono a collaborare con il governo fascista, impegnato nel tentativo di penetrare culturalmente (ma anche economicamente e politicamente) l’Europa orientale. Il loro impegno porta ad un incremento esponenziale dei testi di argomento slavo, siano essi opere letterarie o approfondimenti sulla cultura, l’assetto geografico, o la situazione socio-politica ed economica dei paesi oggetto di studio. La nostra attenzione sarà focalizzata soprattutto sulle conseguenze della nascita della slavistica per la diffusione della letteratura russa, e per la qualità e la quantità delle traduzioni, argomenti anticipati nelle sezioni precedenti. I contributi alla neonata russistica sono di notevole

121 Nella prefazione al volume di Mazzitelli, Le pubblicazioni dell’Istituto per l’Europa

orientale, Giuseppe Dell’Agata scrive così: «ad accezione di Amedeo Giannini, voce

governativa apertamente fascista del gruppo dirigente dell’Ipeo, molti di coloro che lo costituirono e lo diressero erano di matrice liberale mazziniana […]. I loro percorsi, in controtendenza alla pretesa del potere di imporre tematiche e interpretazioni, pretesa raggiunta sul piano politico negli anni ’30, sono di progressivo allontanamento e contrapposizione al fascismo». DELL’AGATA in MAZZITELLI 2016, p. 11. L’IPEO fu tra i fondamentali istituti responsabili della nascita della slavistica.

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interesse, in quanto influenzano enormemente la percezione che il lettore colto ha della letteratura russa. Per questo motivo, tra le opere di russistica, verranno citati alcuni interventi di critica letteraria risalenti agli anni ’20, ed essi rimarranno un punto di riferimento e di confronto per l’analisi letteraria dei testi di Ossip Felyne, protagonista dei capitoli successivi.

3.1 La politica di diplomazia culturale e la nascita degli studi slavistici

Stefano Santoro definisce la diplomazia culturale come

L’insieme delle relazioni culturali con l’estero stabilite e effettuate su istanza governativa ma anche il complesso delle attività culturali realizzate non necessariamente in tale ambito e portate avanti in modo autonomo da associazioni e istituzioni private.122

Nell’Italia d’inizio Novecento, la diplomazia culturale colpisce in generale i paesi slavi in quanto potenziali alleati contro gli Imperi centrali, e fonti di materie prime indispensabili come grano, petrolio e carbone123. Una volta assestata l’Unione Sovietica, le preoccupazioni italiane riguardano la necessità di sottrarre l’area slava liberata alla fine del conflitto mondiale dalla pericolosa influenza bolscevica, mentre soprattutto nel corso della seconda guerra mondiale l’interesse dello stato italiano si concentra sui Balcani, che considera «una direttrice di espansione prioritaria»124. Poiché la diplomazia culturale funge da preliminare alla penetrazione politica ed economica, essa è costituita da un forte elemento propagandistico, che nel caso dell’Italia fascista si rivolge

122 SANTORO 2005, p. 22. 123 Ivi, pp. 21-27. 124 Ivi, p. 23.

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in particolar modo all’élite delle società e delle università dei suddetti paesi, e mette a sua volta in campo le migliori forze intellettuali del paese125.

Gabriele Mazzitelli e Stefano Santoro sono d’accordo nell’affermare che fu la prima guerra mondiale a risvegliare in Italia l’interesse verso la propaganda all’estero126. In particolare, a seguito della disfatta di Caporetto del 1917, si

cerca di avviare una politica di accordo con la Jugoslavia127. Dal punto di vista culturale, invece, a risvegliare gli intellettuali italiani furono i contatti con gli esuli russi, e fu da questi rapporti che nacque un sincero entusiasmo nello studio delle loro culture. Tale interesse trovò il sostegno finanziario dello Stato, oltre a quello di impresari spregiudicati, desiderosi di espandere le loro aziende in quei paesi dove l’influenza italiana era diventata forte anche in virtù dell’instancabile attività delle associazioni culturali128. Ad ogni modo, va

ricordato che l’Italia era in ritardo sugli studi di slavistica rispetto al resto dell’Europa: la Francia, già dalla fine del 1800, aveva fondato una serie di istituti volti alla penetrazione politico-culturale dell’est europeo, tra cui l’Alliance Française nel 1883, e, successivamente, l’Institut français de Petrograd prima e l’Institut d’études slaves poi. In Germania si diede vita alla scuola associata all’Università di Breslavia, Osteuropa-Institut. Per lo sviluppo della slavistica in Inghilterra fu cruciale l’attività dello studioso Robert William Seton-Watson (1879-1951), il quale ebbe contatti con Masaryk (1850-1937), primo presidente della Cecoslovacchia. Insieme, nel 1916 fondarono la rivista «The New Europe», punto di riferimento per tutti gli studiosi della disciplina in

125 La propaganda italiana all’estero si caratterizza per una forte enfasi sulla latinità e sul mito

di Roma, accanto alla tradizionale mitologia idealistico-risorgimentale. SANTORO 2005.

126 Ibid.; MAZZITELLI 2016.

127 Al centro di questa politica si trova il Sottosegretario per la Propaganda all’estero, Romeo

Adriano Gallenga Stuart (1929-1938), il quale fu uno dei principali ideatori del Congresso delle nazionalità oppresse, tenuto a Roma nell’aprile del 1918. SANTORO 2005.

128 Società quali la Sade, compagnia elettrica di Giuseppe Volpi di Misurata (1877-1947), ma

anche istituti finanziari, come la Banca commerciale italiana di Milano, cercarono di penetrare nell’area est-europea negli anni ’20, per sostituirsi all’egemonia tedesca. Volpi fu anche tra i maggiori finanziatori di molti istituti fondati nell’ottica della diplomazia culturale, tra cui l’Istituto per l’Europa orientale. SANTORO 2005; ID.1996-1997 in MAZZITELLI 2016, p. 29.

Riferimenti

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