CAPITOLO PRIMO
Evoluzione della funzione Logistica
La logistica e le sue attività hanno sempre accompagnato la storia dell’umanità in tutte le fasi della sua evoluzione. Nelle economie basate sull’auto-consumo, la logistica si configurava come mezzo necessario per il superamento della distanza temporale tra il momento della raccolta/produzione dei prodotti agricoli e quello del loro consumo permettendo, attraverso la costituzione di scorte, la sussistenza. Con lo sviluppo, poi, delle prime forme di commercio e la conseguente destina-zione di una parte della produdestina-zione a mercati diversi da quello locale, si aggiunge alle attività logistiche la dimensione spaziale che si affianca a quella temporale. Col passare dei secoli e con l’affinamento delle tecniche di trasporto, la logistica svolge un ruolo fondamentale nel trasferimento dei beni dai luoghi di produzione a mercati sempre più vasti e lontani.
Agli inizi del ‘900, caratterizzati da un forte processo di industrializzazione e dal-lo sviluppo della produzione di massa, l’obiettivo prioritario era queldal-lo di produr-re su vasta scala per rispondeprodur-re ad un’ampia domanda. In questo periodo,
caratte-rizzato da una fiorente economia,la logistica viene semplicemente identificata in
una delle componenti del marketing, la distribuzione fisica, ed incorporata all’interno di tale disciplina scientifica.
Con la crisi degli anni ’30 ed il susseguente calo della domanda, le aziende ten-dono a ricercare una maggiore efficienza attraverso la riduzione dei costi di ge-stione. La distribuzione fisica rappresenta l’area operativa più attrattiva in tal senso dato l’elevato contributo della stessa al costo unitario del prodotto; è in questo scenario che la logistica comincia a suscitare l’interesse accademico ed aziendale. Obiettivo di questo capitolo è, quindi, quello di ripercorre gli studi sul-la logistica che nel corso degli anni si sono evoluti e che sono diventati sempre più importanti. La logistica, oggi più che mai, contribuisce alla determinazione
del valore aggiunto per le imprese che si trovano ad operare in un mercato che richiede sempre di più flessibilità e velocità.
1.1 Il primo periodo dello sviluppo della logistica: gli anni Cinquanta e Sessan-ta
I primi studi importanti sulla logistica si svolgono negli anni ’50 e ’60 1durante i quali, nonostante l’attenzione si focalizzi esclusivamente sulla gestione del flusso fisico a valle del processo produttivo, si gettano le basi del concetto di logistica integrata attraverso l’individuazione dei suoi elementi caratterizzanti2:
- lo sviluppo dell’analisi del costo totale; - l’utilizzo di un approccio orientato ai sistemi; - la valenza competitiva del servizio ai clienti; - l’analisi dei canali distributivi.
1.1.1 Lo sviluppo dell’analisi del costo totale
La visione della distribuzione fisica come sistema integrato nelle sue componenti presenti nel flusso dei prodotti dalla fabbrica all’utente finale e correlato con le altre funzioni aziendali secondo un rapporto di reciproca influenza, permette di cogliere nella loro essenza i costi ad essa attribuibili. La considerazione congiun-ta delle interrelazioni tra le voci di costo diretcongiun-tamente e indiretcongiun-tamente ascrivibili alla distribuzione fisica consente quindi di stabilire il modello logistico che mi-nimizza i costi totali cogliendo le opportunità di profitto correlate. L’esistenza di costi “sommersi” della distribuzione fisica è dovuta alla dispersione delle respon-sabilità logistiche tra le diverse funzioni aziendali . La via del cambiamento or-ganizzativo attraverso la creazione di una funzione aziendale alla quale facciano
1 Studi che rinnovano l’interesse nei confronti della distribuzione fisica. Si comincia dunque a scoprire il “ continente nero dell’economia”, metafora di Peter Ducker in “ The economy’s dark continent”, Fortu-ne, vol.65, April 1962.
capo le attività della distribuzione (trasporto, magazzino, gestione scorte) interre-late con il marketing e la produzione è l’unica in grado di consentire l’applicazione del concetto di costo totale.
L’applicazione del concetto di costo totale all’attività di distribuzione fisica è sta-ta possibile a seguito dello sviluppo delle nuove tecnologie dell’informatica del-le tecniche operative che hanno consentito la costruzione dei modelli matematici complessi a supporto del processo decisionale del management per la valutazione quantitativa delle attività logistiche.
1.1.2 L’utilizzo di un approccio orientato ai sistemi
La necessità di ricomporre le diverse attività logistiche in un’unica funzione a-ziendale è enfatizzata dall’utilizzo dell’approccio orientato ai sistemi.
Per comprendere a fondo la distribuzione fisica occorre quindi considerarla come un sistema, cioè come un complesso di elementi variamente collegati e tra loro interdipendenti che funziona come un tutt’uno ed avente un determinato obietti-vo.
Ciascuna delle sue componenti costituisce dunque un sottosistema avente un proprio obiettivo ed il cui output costituisce l’input per gli altri sottosistemi. Ne consegue quindi l’impossibilità di considerare ciascun sottosistema singolarmen-te dagli altri. L’eventuale conflittualità degli obiettivi dei diversi sottosissingolarmen-temi de-ve essere ricomposta per permettere il raggiungimento dell’obiettivo del sistema nel suo complesso.
Solo un approccio sistemico permette di valutare l’effetto della riduzione dei co-sti in una delle attività di distribuzione fisica sulla performance complessiva.
1.1.3 La valenza competitiva del servizio ai clienti
L’analisi del costo totale del sistema della distribuzione fisica e la conseguente quantificazione dei costi di manutenzione delle giacenze focalizzano l’attenzione
sul controllo delle scorte al fine di ricercare una maggiore efficienza gestionale che conduce ad un incremento della redditività aziendale. L’enfasi posta sul con-trollo delle scorte si traduce nella diminuzione della durata del ciclo d’ordine e conseguentemente della quantità acquistata da parte della clientela commerciale. Ciò porta inevitabilmente ad una redistribuzione all’interno dei canali distributivi dell’ammontare delle scorte gestito ai vari livelli che, spostandosi a monte, pena-lizza i fornitori industriali. Il cambiamento dei rapporti all’interno del canale stributivo fa quindi emergere l’importanza del servizio offerto ai clienti. La di-stribuzione fisica deve, quindi, essere considerata come un sistema di “ingranag-gi” identificabili in attività interrelate che si sviluppano attorno alla funzione cen-trale della gestione delle scorte ed avente come obiettivo il servizio alla clientela. A fronte di una domanda sempre più esigente e problematica, la capacità di assi-curare alla clientela l’utilizzo nei tempi e luoghi richiesti può permettere la con-cretizzazione di un vantaggio competitivo.
La determinazione del livello ottimale di servizio alla clientela non può tuttavia prescindere da valutazioni di costo. L’obiettivo è infatti quello di pianificare ed implementare un sistema logistico in grado di garantire un predefinito livello di servizio alla clientela al più basso costo totale possibile.
1.1.4 L’analisi dei canali distributivi
La ricerca di una maggiore efficienza e efficacia del processo di distribuzione fi-sica e l’enfasi posta sull’importanza del servizio alla clientela allargano l’orizzonte temporale dalla singola impresa al canale distributivo.
Diventa estremamente importante l’interazione dei sistemi logistici delle imprese operanti ai diversi livelli del canale, dove il tempo viene considerato la variabile critica per l’armonizzazione dei flussi fisici ed informativi per un più tempestivo e coerente adattamento della produzione alle variazioni nella domanda. Eventuali ritardi nella diffusione delle informazioni relative ad aumenti/riduzioni della do-manda generati dalla eccessiva lunghezza del ciclo d’ordine, che può essere più o
meno consistente a seconda del numero di livelli di intermediazione presenti nel canale, conducono ad adattamenti tardivi della produzione e non coordinanti con le esigenze del mercato.
Il tempo si aggiunge quindi alle problematiche tradizionalmente considerate quali la localizzazione degli impianti e dei magazzini.
Quindi, se negli anni Cinquanta la logistica era identificata con la distribuzione fisica (physical distribution)3e i responsabili di tale area non avevano la respon-sabilità della gestione delle scorte, negli anni Sessanta si pose maggiore attenzio-ne al problema del corretto bilanciamento tra i costi di trasporto e i costi che le imprese che dovevano sostenere per il fatto di detenere scorte di materie prime e di prodotti finiti. La logistica assume quindi un nuovo significato, quello di inte-grazione delle attività classificate come phisycal distribution e materials management 4.In particolare le definizioni5 facevano riferimento:
- ai flussi di materiali e di informazioni “in entrata” ed “in uscita” dagli im-pianti di produzione;
- alle operazioni di movimentazioni delle merci all’interno dei magazzini dell’impresa e agli spostamenti di materiali in transito tra aziende diverse;
- all’importanza di un più stretto coordinamento tra le operazioni collegate
allo stoccaggio e quelle relative all’attività di movimentazione in senso la-to.
In funzione di che cosa viene movimentato e dove, la logistica può provvedere ad attività quali: i trasporti, il trattamento degli ordini, la gestione delle scorte, l’approvvigionamento delle materie prime, la produzione e la gestione dei servizi alla clientela. Sebbene, in teoria, l’ambito di operatività fosse cosi’ vasto, nella
3 Alessandro Gandolfo “L’evoluzione dei processi logistici tra “Old” e “New” Economy”- G. Giappic-chelli Editore-Torino,2000- Pg 15-17
4 Bowersox ha descritto il periodo a partire dal 1965 come “ the years of maturità for phisical distribu-tion and materials management” ( Bowersox, 1985)
5 Tra queste, ricordiamo quella proposta dal Council of logitics Management “ Logistics is the process of planning, implemention and controlling the efficient, cost- effective flow and storage of raw materials, in process inventory, finished goods and related information from point of origin to point of consumption for the purpose of conforming to customer requirements” ( Council of Logistics Management, 1969)
pratica il nucleo principale delle attività direttamente controllate dalla logistica variava molto tra le diverse realtà aziendali.
Oltre al maggior coinvolgimento nelle decisioni relative alla politica delle scorte di coloro che si occupavano della gestione del trasporto dei materiali e dei pro-dotti finiti, le imprese presero atto che attraverso una gestione dei processi logi-stici più efficiente, poteva essere sensibilmente ridotta la lunghezza del ciclo dell’ordine, con importanti effetti finanziari positivi in termini di flusso di cassa. In particolare, il riconoscimento dei vantaggi legati ad un atteggiamento pro-attivo alle decisioni di natura logistica portò al superamento del precedente ap-proccio reattivo, tipico degli inizi anni ’50.6
L’integrazione delle responsabilità operative della distribuzione fisica con quelle proprie della gestione dei materiali, richiesta dalla necessità di coordinamento tra i flussi fisici e quelli informativi “in ingresso”, diretti alle unità di produzione (inbound logistics), e “in uscita”, verso i luoghi di distribuzione (outbound logi-stics) ha determinato un netto miglioramento della capacità reattiva della struttu-ra logistica delle imprese.
E’ proprio di questa fase il riconoscimento che lo scopo finale delle attività svolte nell’ambito della logistica è quello di contribuire a soddisfare le esigenze del consumatore in senso lato.
In conclusione, possiamo individuare in questa fase della logistica denominata “old logistics”7quattro stadi di sviluppo della funzione ciascuno caratterizzato da un differente livello di complessità (Fig.1)
Al primo stadio corrisponde una visione parziale e semplificata delle attività lo-gistiche. L’aspetto che prevale è quello relativo al controllo dei costi e il processo di affrancamento dalla distribuzione fisica non è ancora definitivamente compiu-to. Le imprese ferme a questo stadio non considerano il problema logistico tra le loro priorità strategiche.
6 Alessandro Gandolfo “L’evoluzione dei processi logistici tra “Old” e “New” Economy”- G. Giappic-chelli Editore,Torino, 2000 - Pag. 17
7 Alessandro Gandolfo “L’evoluzione dei processi logistici tra “Old” e “New” Economy”- G. Giappic-chelli Editore- Pg. 17-18
Al secondo stadio appartengono le imprese consapevoli degli effetti che le attivi-tà logistiche possono determinare sul loro risultato economico, e quindi, conside-rano tale funzione come un centro di profitto.
Al terzo livello, invece, corrispondono le imprese che sono andate oltre il concet-to di “centro profitconcet-to” e che considerano la logistica un fatconcet-tore chiave attraverso il quale l’impresa può differenziare in modo significativo la propria offerta e
co-struire un vantaggio compe-titivo nei confronti della concorrenza.
Il quarto ed ultimo stadio, riguarda le imprese che col-locano il problema logistico al centro della propria rifles-sione strategica e assegnano alla logistica il massimo
li-vello di importanza
nell’ambito dell’attività ge-stionale. Le imprese del quarto livello riconoscono alla logistica un ruolo strate-gico definito. In particolare, tale funzione, viene attiva-mente coinvolta nella costru-zione del vantaggio competitivo, sia quando si tratta di cercare tale vantaggio nella riduzione dei costi di gestione dell’impresa, sia quando l’obiettivo priorita-rio diventa quello di individuare elementi di differenziazione rispetto ai competi-tor. Le aziende di questo gruppo hanno aspettative più elevate nei confronti della logistica rispetto a quelle appartenenti ai gruppi precedenti. Inoltre, l’articolazione dei compiti e dei ruoli assegnati è molto più ampia e ricca di con-tenuti.
1.2 La seconda fase: gli anni Settanta
Gli anni Settanta sono caratterizzati da profondi mutamenti ambientali ed eco-nomici; l’aumento del costo del denaro, dell’inflazione e conseguentemente delle materie prime pongono enfasi sulla gestione dei materiali. E’ proprio in questi anni che si sviluppa un nuovo approccio sistemico del processo produttivo che trova concretizzazione nel just-in-time (JIT).
La filosofia del JIT è di matrice giapponese e il suo obiettivo è quello di elimina-re qualsiasi attività che non genera valoelimina-re aggiunto lungo tutto il ciclo che, par-tendo dalla progettazione del prodotto si conclude, attraverso la produzione, con la distribuzione fisica migliorando al contempo la qualità. Tale obiettivo è rag-giunto con una produzione orientata al mercato che funge da motore primario per tutta l’attività aziendale. Il JIT contrappone dunque all’efficienza produttiva ri-cercata con le economia di scala, la flessibilità produttiva realizzata attraverso il cambiamento gestionale dell’intero processo. La qualità nel JIT è intesa come qualità totale e deve informare l’intera catena produttiva ovverosia la triade costi-tuita dalla progettazione del prodotto e del processo nonché dalla selezione dei fornitori. Lo sviluppo di un nuovo prodotto deve quindi avvenire avendo come unici e imprescindibili punti di riferimento i bisogni dei consumatori, evitando l’aggiunta di caratteristiche non richieste che rispondono al desiderio aziendale di rendere più performante il prodotto e che si traducono in un consumo inutile di risorse. A ciò si aggiunge l’esigenza di semplificazione del processo produttivo raggiunta anche attraverso nuove tecniche di selezione/ gestione del personale unitamente ad un layout di fabbrica e ad un controllo/manutenzione degli impian-ti che rendono scorrevole la produzione.
Per ultimo, ma non per importanza, la qualità dei materiali e componenti in entra-ta è salvaguardaentra-ta con un’accuraentra-ta selezione dei fornitori considerati parte inte-grante dell’attività aziendale. Si instaura dunque un rapporto di partnership con un numero ristretto di fornitori capaci di assicurare forniture frequenti e in piccoli quantitativi.
La flessibilità produttiva riposa nella flessibilità della manodopera necessaria per permettere il passaggio veloce e semplice dalla produzione di un articolo a quella di un altro. Il coinvolgimento della forza lavoro nel controllo della qualità per-mette inoltre di garantire gli standard stabiliti e di eliminare prontamente even-tuali inefficienze del sistema prima che si amplifichino e coinvolgano l’intera ca-tena.
Il JIT supera inoltre il tradizionale approccio della produzione a lotti che ha come obiettivo primario la massimizzazione dell’efficienza nell’utilizzo degli impianti (logica push), con la strutturazione del flusso produttivo in funzione dell’andamento della domanda (logica pull). Le scorte rappresentano infatti uno spreco di risorse in termini di spazio, capitale immobilizzato e relativa obsole-scenza. Il lotto economico di produzione viene sostituito da ordini di produzione “pezzo per pezzo” aventi per oggetto solo i semilavorati necessari per la lavora-zione dei prodotti richiesti dal mercato.8
L’approccio del JIT permette quindi di coniugare flessibilità produttiva e ridu-zione dei costi unitamente ad un orientamento della produridu-zione al mercato.
La tecnica del Material Requirement Planning (MRP) è stata la risposta del mondo occidentale all’accresciuta concorrenza internazionale e soprattutto giap-ponese.9
L’MRP investe l’area degli approvvigionamenti con l’obiettivo di eliminare le scorte fornendo i materiali alla produzione nella quantità e nei tempi richiesti. Tale tecnica si basa sulla programmazione della produzione che partendo dalla domanda dei prodotti finiti si ribalta a cascata sulle attività a monte ripercorrendo dal basso verso l’alto il flusso dei materiali fino ad impattare sugli approvvigio-namenti. Si nota subito la differenza tra i due approcci, MRP e JIT; se il primo è concentrato su considerazioni meramente finanziarie il secondo rappresenta una nuova filosofia di gestione attorno alla quale ruota l’intera azienda. Di fatto, co-munque, si è di fronte all’inizio dell’integrazione tra la distribuzione fisica e la
8
B. Luceri “La logistica Integrata”, Milano Dott. A Giuffrè Editore 1996,pp. 16-18
9 G. Merli, “ Total manufacturing management- L’organizzazione industriale degli anni ‘90”, Isedi, Torino, 1987.
gestione dei materiali, e la logistica diventa importante perché ogni cosa sia al momento giusto e nel posto giusto.
La semplificazione del processo logistico è perseguita non solo all’interno della singola impresa ma anche all’esterno ricorrendo sia ad organizzazioni specializ-zate nell’espletamento delle attività logistiche che a Joint Venture tra imprese operanti nello stesso settore industriale e/o canale distributivo10. Anche se en-trambe le soluzioni implicano la riduzione dei costi di gestione, esse differiscono notevolmente sia da un punto di vista operativo che strategico. Mentre gli accordi tra le imprese hanno come obiettivo il consolidamento delle strutture di distribu-zione per razionalizzare l’attività di stoccaggio, movimentadistribu-zione e trasporto, l’appalto a terzi dell’intero processo di distribuzione fisica avviene nell’ottica di affidare ad imprese specializzate quelle attività logistiche tradizionalmente gesti-te direttamengesti-te. La specializzazione è dunque la caratgesti-teristica che contraddistin-gue queste imprese e che consente loro di gestire più efficientemente il flusso dei prodotti. Le imprese che vi fanno ricorso possono quindi realizzare la variabiliz-zazione dei costi di struttura correlati ad un sistema logistico estremamente fles-sibile senza per questo intaccare il servizio offerto alla clientela.
In conclusione in questi anni emerge un nuovo concetto di logistica che, in quan-to potenziale fonte di vantaggio competitivo, deve essere integrata all’interno della formulazione della strategia aziendale.11
1.3 La terza fase di sviluppo: gli anni Ottanta
Gli anni Ottanta rappresentano un periodo di sintesi delle concettualizzazioni che via via avevano preso corpo nel passato e che ritrovano una loro unitarietà in una visione integrata del processo logistico. L’identificazione della logistica nell’attività di distribuzione fisica viene quindi rigettata per lasciare posto ad una nuova concezione del sistema logistico, fondata sul coordinamento tra
10
J.L. Heskett, “Logistics- Essential to strategy”, Haward Business Review, n. 11-12, 1977.
11 B. Luceri, “Logistica”, in L.Caselli ( a cura di) “Le parole dell’impresa”, Franco Angeli Editore, Mi-lano 1995.
zione fisica, supporto alla produzione e approvvigionamento12. L’approccio frammentario alla logistica era scaturito dalla ricerca dell’eccellenza funzionale che può essere superato attraverso il riequilibrio degli obiettivi conflittuali delle diverse parti del sistema al fine di raggiungere gli obiettivi dell’azienda. Inoltre, l’innovazione tecnologica e delle comunicazioni, permettendo il fluire delle in-formazioni all’interno delle imprese, costituisce un ulteriore stimolo al coordi-namento e all’integrazione delle attività logistiche.
In questo periodo si assiste allo sviluppo di un concetto apparso in forma em-brionale negli anni ’70 e cioè la possibilità di ottenere un vantaggio competitivo tramite il sistema logistico e la sua integrazione nella strategia aziendale.
Il vantaggio competitivo nasce fondamentalmente dal valore che un’azienda è in grado di creare per i suoi acquirenti fornendo risultati superiori alla spesa soste-nuta dell’impresa per crearlo. Il valore è quello che gli acquirenti sono disposti a pagare: un valore superiore deriva dall’offrire prezzi più bassi dei concorrenti per vantaggi equivalenti, o dal fornire vantaggi unici che controbilanciano un prezzo più alto13. Il sistema logistico, al pari di tutte le altre funzioni aziendali, deve es-sere strutturato in funzione di questo obiettivo di differenziazione rispetto ai competitors assumendo caratteristiche e contenuti differenti. Se l’azienda decide di competere lungo la dimensione dell’innovazione del prodotto, il sistema logi-stico deve essere flessibile e in grado di adattarsi velocemente ai cambiamenti dei mercati, dei prodotti e dei volumi. L’efficienza diventa invece il prerequisito ne-cessario della logistica nelle aziende che puntano all’ottenimento della leadership dei costi, dove l’obiettivo è la minimizzazione del costo totale a fronte di un li-vello di servizio prestabilito. Infine, la differenziazione dell’azienda rispetto ai suoi concorrenti può essere realizzata avvalendosi della logistica per fornire un livello di servizio superiore alla media.
Il ruolo competitivo che la logistica può svolgere assume tuttavia contenuti e ri-levanza differenti nei vari settori industriali anche in funzione delle specificità
12 G. Sharman, “The rediscovery of logistics”, Harward Business Review, n.9-10, 1984. 13 M. E. Porter, “ Il vantaggio competitivo”, Edizioni Comunità, Milano.
che contraddistinguono la rivalità orizzontale e verticale tra i membri del canale. L’analisi deve essere quindi condotta separatamente per i beni problematici e quelli di largo consumo, di acquisto frequente e modesto valore aggiunto. In que-sti ultimi mercati, tipicamente ad elevati volumi, l’efficace ed efficiente geque-stione della distribuzione fisica rappresenta il prerequisito necessario per la competitivi-tà delle imprese operanti.
L’importanza strategica assunta dalla logistica è stata il risultato dei mutamenti strutturali che hanno interessato il commercio e della conseguente ripartizione delle funzioni di marketing e logistiche tra le imprese che si susseguono verti-calmente tra produzione e consumo. In presenza di un sistema commerciale tra-dizionale, scarsamente differenziato in termini di forme distributive ed aziendali, la distribuzione fisica è un’attività controllata esclusivamente dalle imprese indu-striali e funzionale all’alimentazione di una rete capillare e parcellizzata di punti vendita. La modernizzazione del commercio e la relativa concentrazione e diffe-renziazione dell’offerta commerciale si traducono nella perdita di controllo del processo di distribuzione da parte dei fornitori. Gli intermediari commerciali ri-salgono a monte della filiera in modo da assumere il controllo delle attività logi-stiche funzionali all’espletamento della propria missione aziendale e con l’obiettivo di cumulare gli effetti benefici di eventuali incrementi di produttività conseguibili.
La trasformazione del commercio da leva del marketing mix industriale a merca-to aumerca-tonomo genera effetti destabilizzanti sull’industria ed impone la ri-definizione dei rapporti verticali. La collaborazione dei dettaglianti diventa quin-di oggetto della concorrenza industriale e la logistica rappresenta un terreno ferti-le per la partnership. L’ottimizzazione del sistema logistico si traduce in una ri-duzione dei costi operativi sia per i commercianti che per le imprese industriali soddisfacendo gli obiettivi e interessi di entrambi.
Invece, i canali di distribuzione dei beni problematici sono governati sia struttu-ralmente che funzionalmente da un channel leader, solitamente il produttore, che svolge tale ruolo grazie al potere economico di cui dispone. Le aziende che si
susseguono condividono un comune interesse di efficienza ed efficacia. L’assenza di autonomia imprenditoriale a livello mercantile assicura all’impresa industriale il pieno controllo della distribuzione fisica che svolge quindi un ruolo di raccordo spaziale tra produzione e consumo.
La logistica ha quindi assunto un ruolo ed un’importanza maggiore all’interno della strategia aziendale e concorre, insieme alle altre funzioni aziendali, alla cre-azione ed attucre-azione della catena del valore di un’impresa14.
1.4 La quarta fase dello sviluppo: gli anni Novanta
In questi anni si prende coscienza che la via dell’eccellenza logistica dovrà essere ricercata non solo all’interno dell’impresa ma anche attraverso sinergie esterne. Il concetto di integrazione logistica che aveva preso forma negli anni ’70 e ’80 si dilata all’intera filiera produttiva e distributiva secondo un approccio al mercato di tipo verticale. Negli anni ’90 si afferma, infatti, il concetto di supply chain management che sottende il movimento di integrazione della singola impresa all’insieme degli attori che partecipano al circuito di approvvigionamento15. La globalizzazione dei mercati, unitamente alla riduzione del ciclo di vita dei prodotti, rendono più complessa e problematica la gestione dei flussi fisici ed in-formativi ed allo stesso tempo esaltano il ruolo che la logistica può giocare nella creazione di un vantaggio competitivo. L’analisi del costo totale si estende quindi dalla singola impresa alla totalità del canale logistico al fine di ottimizzare il pro-cesso operativo. Questo approccio consente di determinare i costi generati da cia-scuno dei livelli della catena logistica e di identificare i settori suscettibili di un incremento di produttività attraverso la ristrutturazione del circuito di approvvi-gionamento.
Cambiano, inoltre, le aspettative della clientela che chiede un miglioramento del rapporto-servizio. Tali attese esigono risposte differenziate e personalizzate ed
14 B. Luceri “La logistica Integrata”, Milano Dott. A Giuffrè Editore 1996, pp. 20-23. 15 B. Luceri “La logistica Integrata”, Milano Dott. A Giuffrè Editore 1996, pag. 23.
impongono un miglioramento continuo della produttività e della qualità del pro-cesso logistico lungo tutta la catena. Se nel passato la capacità dell’impresa di adattarsi ai cambiamenti ambientali riposava essenzialmente sulla razionalizza-zione delle sue attività, ora diventa sempre più importante l’interarazionalizza-zione con i for-nitori ed i clienti. Cambia quindi la natura dei rapporti tra gli anelli della catena logistica che da competitiva si trasforma in collaborativa. Dall’integrazione intra-funzionale si passa alle integrazioni con le organizzazioni a monte e a valle dell’impresa in uno sforzo di ottimizzazione collettivo.
La cooperazione con i fornitori è realizzata per mezzo del loro coinvolgimento nella progettazione e sviluppo di un nuovo prodotto. Si creano quindi relazioni di lungo periodo con un numero ristretto di fornitori che diventano partners di busi-ness condividendone i benefici associati. Da fornitori di componenti/prodotti essi diventano fornitori di sistema curandone la progettazione e l’ingegnerizzazione
dello stesso in un rapporto che da compravendita si tramuta in coprogettazione.16
Analogamente l’integrazione con il mercato necessita di un nuovo atteggiamento nei confronti del cliente che perde l’anonimato per diventare un soggetto con specifiche esigenze di prodotto e di servizio. Di conseguenza, diventa importante la gestione di un flusso di informazioni continuo che permetta il monitoraggio ed il controllo dei mutamenti di una domanda sempre più parcellizzata e differenzia-ta. La ricerca di una maggiore efficienza ed efficacia del sistema logistico troverà attuazione in un ricorso più intensivo e diffuso di prestatori di servizi specializza-ti nelle atspecializza-tività di stoccaggio e movimentazioni delle merci. Le imprese non si occuperanno più di una gestione diretta degli aspetti operativi di un’attività sus-sidiaria così da focalizzare l’attenzione sul core business e sugli aspetti più stret-tamente strategici della logistica. L’appalto della gestione operativa delle attività logistiche ad imprese specializzate permette inoltre di ottenere i benefici di costo derivanti dalla concentrazione dei flussi fisici di aziende diverse17. In questi anni i manager si sono resi conto che gli input ricevuti dai fornitori (materiale e
16 C. Ferrozzi, R.D. Shapiro, J.L. Heskett, “Logistica e strategia”, Isedi, Torino, 1987. 17 B. Luceri “La logistica Integrata”, Milano Dott. A Giuffrè Editore 1996, pp. 24-25
zi) assumevano un ruolo determinante per riuscire a soddisfare le aspettative del-la domanda, e questo ha suscitato l’interesse delle imprese sul proprio parco-fornitori e sulle strategie di approvvigionamento. Inoltre ci si rese conto che fab-bricare un prodotto di qualità non era più sufficiente ad assicurare il successo di un’impresa, ma era importante fornire il prodotto giusto, nel momento giusto, nel luogo giusto, secondo le modalità concordate e nelle quantità desiderate. Tale at-teggiamento ha, quindi, portato ad un’autentica “riscoperta” della logistica, favo-rita anche dalla contemporanea affermazione di nuove tecnologie nel campo del-le tedel-lecomunicazioni ed informatiche in grado di rendere più rapido e sicuro il trasferimento delle informazioni. Questi fenomeni hanno progressivamente cam-biato il modo di organizzare e di svolgere le attività logistiche.18 In particolare, essi hanno portato al superamento dell’approccio “tradizionale”, fortemente foca-lizzato sul piano funzionale, il quale aveva un’effettiva utilità, quando il ricono-scimento e l’individuazione puntuale delle responsabilità logistiche all’interno dell’impresa costituivano un passaggio importante e necessario. Quando ha ini-ziato a prevalere l’aspetto del coordinamento dei singoli processi logistici (ad e-sempio, dell’intero ciclo dell’ordine, dall’emissione alla consegna del prodotto), si dimostrava molto più efficace un approccio sistemico alla gestione delle attivi-tà logistiche (Christopher, 1984), il quale si basa sull’assunto che non è impor-tante ottimizzare le singole variabili, ma il sistema nella sua integrità e comple-tezza. Tutto questo ha avuto come conseguenze, in primo luogo, l’eliminazione o riduzione delle “barriere” di carattere funzionale, in secondo luogo, una nuova interpretazione dell’attività logistica secondo una prospettiva di processo anziché funzionale, cosicché il superamento di eventuali problemi avvenga considerando il processo logistico nella sua completezza, analizzandone le cause e gli effetti dei fenomeni coinvolti. Inoltre, la soluzione dei problemi deve tenere conto delle conseguenze degli interventi correttivi sul funzionamento di tutte le attività ap-partenenti al processo, anche di quelle apparentemente lontane rispetto al
18 A. Gandolfo, “L’evoluzione dei processi logistici tra Old e New Economy”, G. Giappicchelli Editore, Torino, 2000, pp.19-20.
blema. Le attività logistiche, infatti, intersecano trasversalmente i confini funzio-nali non solo all’interno delle aree che rientrano istituzionalmente nella sfera di responsabilità della logistica, ma anche tra le diverse divisioni dell’azienda. Inol-tre, interessano le aree di contatto con gli altri membri del canale e per questo, alla logistica è riconosciuto un importante ruolo di collegamento tra i fornitori di materie prime, parti e componenti (suppliers), i fornitori di servizi logistici (third party providers) e i clienti finali. Questo modo di considerare i processi logistici ha favorito lo sviluppo di un ambiente più favorevole ad un approccio più inte-grato al pensiero logistico inteso come “disciplina unitaria” e, allo stesso tempo, trasversale.
Fig.2 L’integrazione funzionale dei processi logistici
Fonte: A. Gandolfo, “L’evoluzione dei processi logistici tra Old e New Economy”, G.giappicchelli Editore, Torino, 2000.
Secondo questa prospettiva, la logistica diventa: “la disciplina che ha a che fare con la creazione delle utilità di tempo, di luogo, di quantità, di forma e di
posses-so tra le imprese e gli individui attraverposses-so la gestione coordinata e sinergica delle strategie, delle infrastrutture e delle risorse allo scopo di sviluppare prodotti e servizi che soddisfano le esigenze dei consumatori attraverso il raggiungimento del livello atteso di valore” (Novack et al., 1992).
Per questo la logistica, come “concetto” condiviso dalle imprese appartenenti al medesimo canale, influenza da una parte le funzioni operative che permettono di fornire le utilità di forma, di quantità, di tempo e di luogo al valore percepito dai consumatori, dall’altra le attività di natura transazionale, attivate nell’ambito del marketing e degli approvvigionamenti, le quali aggiungono utilità di possesso al valore percepito dal consumatore19.
1.5 La logistica e i suoi “ingredienti”
La logistica può essere definita, quindi, come il processo di pianificazione, orga-nizzazione e controllo di tutte quelle attività di movimentazione e stoccaggio dei beni e delle informazioni dai punti di acquisizioni delle materie prime, attraverso il processo produttivo dell’azienda, sino al cliente finale sotto forma di prodotti finiti.
L’obiettivo, è quello di rendere disponibili, al costo totale più basso possibile, i prodotti finiti, i materiali in lavorazione e le materie prime nel punto e nel mo-mento in cui sono richiesti, nelle quantità domandate e in condizioni da poter es-sere utilizzati.
Del ciclo logistico, secondo un approccio integrato e sistemico, fanno parte: gli approvvigionamenti, l’attività produttiva in senso stretto, la gestione degli ordini e delle scorte e la distribuzione dei prodotti.
La responsabilità funzionale per il controllo diretto di tali attività, in genere, è distinta in due “rami”, la logistica interna (materials management) e la logistica esterna (o distribuzione fisica). Questi due aspetti dell’attività logistica si
19 A. Gandolfo, “L’evoluzione dei processi logistici tra Old e New Economy”, G. Giappicchelli Editore, Torino, 2000, Pg.20-22.
pongono nel concetto più generale di catena logistica ( o supply chain), il quale a sua volta richiama due canali.
I canali di fornitura riguardano la gestione coordinata dei processi relativi alle fasi di lavorazione e di fabbricazione dei prodotti. Essi iniziano dalle fonti di ap-provvigionamento dei materiali e possono arrivare fino alle linee di produzione dell’impresa acquirente.
I canali di distribuzione controllano, invece, le attività di organizzazione e di co-ordinamento dei flussi che prendono origine dalle linee di produzione dell’impresa acquirente (o assemblatrice) e si concludono presso i punti di vendi-ta al detvendi-taglio.
Ogni impresa, presenta, un proprio profilo logistico differenziato, i cui tratti sa-lienti sono determinati dal modo in cui si combinano i seguenti “ingredienti” di base20 :
- la distribuzione fisica;
- la gestione dei magazzini, dei materiali e delle scorte;
- la gestione delle informazioni;
- le relazioni commerciali e le transazioni.
1.5.1 La distribuzione fisica
In corrispondenza di ogni singolo segmento del percorso di avvicinamento al consumatore finale è necessario stabilire come i beni devono essere trasferiti, va-le a dire decidere lo specifico modo di trasporto, e chi è il soggetto responsabiva-le di tale operazione, ovvero selezionare il vettore.
I trasporti che avvengono all’interno del sito produttivo, tra i diversi reparti e i relativi magazzini di supporto, in genere ricadono, sotto la responsabilità funzio-nale della “gestione dei materiali”, indicata spesso con l’espressione anglosasso-ne Materials handling. Invece, la gestioanglosasso-ne dei collegamenti tra i fornitori di
20 A. Gandolfo, “L’evoluzione dei processi logistici tra Old e New Economy”, G. Giappicchelli Editore, Torino, 2000, pp.23-24.
terie prime e l’impresa, e tra questa ed i magazzini dei clienti o intermediari commerciali fa parte dei compiti della “distribuzione fisica” (Physical ditribu-tion), che si concretizzano nel rendere possibile l’attività di vendita attraverso l’individuazione e selezione dei distributori, e nel gestire gli stock e i flussi dei materiali, condividendone la responsabilità anche con altre autorità funzionali (il capo dei magazzini, dei trasporti oppure delle spedizioni, e così via).
Per un’ottimale gestione della distribuzione fisica è necessario monitorare i tre parametri critici del servizio, ovvero, rapidità delle consegne, accuratezza e com-pletezza degli ordini e il contenimento dei livelli di costo.
La gestione efficace della distribuzione fisica assume quindi un’importanza cru-ciale. Anche il problema del coordinamento delle quantità di prodotto tenute in scorta in funzione dell’ammontare delle consegne rappresenta un aspetto di note-vole criticità nell’ambito dell’attività gestionale. In particolare, il mix della di-stribuzione fisica è costituito dalle seguenti attività21:
- scorte (inventory): si tratta di prodotti finiti collocati in prossimità dello stabilimento di produzione, oppure dislocati sul territorio, per soddisfare la domanda dei consumatori;
- trasporti (transportation): i mezzi attraverso i quali le scorte possono esse-re trasferite dall’impesse-resa produttrice lungo il canale di distribuzione;
- magazzinaggio (warehousing): la funzione di stoccaggio che determina
benefici in termini di costo attraverso le economie di scala raggiunte nella produzione;
- comunicazione degli ordini (order comunications): attraverso sistemi in-formativi consente il trattamento e l’evasione degli ordini;
- utilizzazione (utilization):un approccio per gestire l’efficienza dei volumi
nell’intero sistema..
Per le imprese, la distribuzione fisica non rappresenta soltanto un’importante fonte di costo; essa condiziona la competitività di un’azienda attraverso i suoi
21 A. Gandolfo, “L’evoluzione dei processi logistici tra Old e New Economy”, G. Giappicchelli Editore, Torino, 2000, pp.25-27.
effetti sulla velocità, l’affidabilità e la puntualità dei trasporti. Oggi, infatti, i consumatori sotto questo profilo sono sempre più attenti ed esigenti.
E’ necessario pertanto coordinare le varie attività al meglio; ad esempio, per quanto riguarda la scelta dei mezzi di trasporto, spesso possono essere utiliz-zati mezzi alternativi per uno stesso percorso, è necessario, quindi, valutare attentamente i vantaggi e svantaggi di ciascuno, considerando, inoltre, le esi-genze di tutti gli attori che rendono possibile il funzionamento logistico. Se, per esempio, la produzione ha bisogno di componenti critici in tempi rapidi per poter soddisfare le esigente del cliente, il trasporto di tali componenti non può avvenire attraverso modi di trasporto lenti (ad esempio, via “acqua”), no-nostante il loro costo sia più contenuto.
1.5.2 La gestione dei magazzini, dei materiali e delle scorte
Anche se oggi lo scopo di molte imprese è quello di “fare a meno dei magazzi-ni”, puntando alla realizzazione dei sistemi logistici che prevedano la consegna diretta alle linee di produzione delle materie prime e dei componenti, l’epoca in cui le imprese potranno fare a meno dei magazzini è ancora lontana.
I “classici” problemi relativi alla gestione dei magazzini riguardano: l’individuazione del sito, il relativo dimensionamento rispetto alle esigenza dell’impresa e la capacità di assicurare un’adeguata protezione delle merci depo-sitate. In particolare, l’organizzazione del magazzino deve essere tale da assicu-rare all’impresa 22:
- la possibilità di consegnare o di stoccare le merci in modo efficiente; - l’utilizzo efficiente degli spazi;
- l’accesso senza difficoltà alle merci immagazzinate; - la perfetta conservazione e protezione delle merci;
22 A. Gandolfo, “L’evoluzione dei processi logistici tra Old e New Economy”, G. Giappicchelli Editore, Torino, 2000, Cap.2.
- un livello di flessibilità tale da permettere di gestire item di diverse dimensioni nelle quantità che si rendono di volta in volta necessarie.
La gestione dei magazzini è rilevante perché possono dare un contributo impor-tante alla riduzione dei costi di gestione dell’impresa.
I beni, poi, vengono sottoposti ad operazioni di smistamento, attraverso diverse soluzioni, dal carrello spinto a mano dall’operatore (trolley) a sistemi di movi-mentazione completamente automatizzati. Ciò che è importante, comunque, è capire che i sistemi di movimentazione e i tipi di packaging utilizzati dai fornitori per consegnare le merci rientrano tra gli aspetti più importanti da considerare in sede di negoziazione delle forniture, i quali devono trovare compatibilità con il sistema generale di movimentazione.
L’affidabilità del fornitore, che con gli anni sta assumendo sempre più importan-za, permette anche in questo caso di avere numerosi vantaggi, infatti, una volta accertata la compatibilità i suoi articoli possono raggiungere direttamente le linee di produzione, senza alcun ulteriore controllo.
Infine come ultimo aspetto, è necessaria una corretta gestione delle scorte, per-tanto bisogna conoscere il loro ammontare, il valore, il luogo di stoccaggio e le modalità di conservazione.
Alcune di queste informazioni sono fornite per default dal sistema informativo aziendale, altre, invece, richiedono un intervento ispettivo sui luoghi di stoccag-gio.
Per quanto riguarda il costo delle scorte, si fa riferimento a tre componenti fon-damentali23
- il costo delle scorte “tout court”, conseguenza del fatto di detenere scorte. Oltre all’interesse per il capitale circolante immobilizzato, ulteriori com-ponenti di questa categoria di costi sono: l’affitto dei magazzini, la retri-buzione del personale, i costi legati alle operazioni di movimentazione
23 A. Gandolfo, “L’evoluzione dei processi logistici tra Old e New Economy”, G. Giappicchelli Editore, Torino, 2000, pag. 30.
terna, i costi derivanti dal deterioramento, dal furto e/o danneggiamento delle merci immagazzinate e infine i costi derivanti dall’obsolescenza; - il costo opportunità. Le scorte, spesso, rappresentano un immobilizzo
im-produttivo di capitale. A parità di disponibilità di capitale, il fatto di dete-nere delle scorte può annullare o ridurre la disponibilità ad effettuare altri tipi di investimento;
- il costo per la rottura di stock. Per un’impresa commerciale l’assenza di un suo prodotto dallo scaffale di un punto vendita può determinare non so-lo la perdita occasionale di un singoso-lo acquisto, ma di un cliente e in modo permanente. Per un’impresa industriale, invece, la mancanza di un deter-minato componente o di una materia prima può ritardare la produzione o addirittura causarne l’arresto.
Si evidenzia quindi un trade-off tra il livello di scorte detenute dall’impresa e le implicazioni di costo. E’ necessario quindi trovare un bilanciamento tra i costi che si hanno nel detenere scorte e i rischi che si creano nel non detenerle, consi-derando anche i lead time di fornitura.
1.5.3 La gestione delle informazioni
Per movimentare i beni è necessario un adeguato supporto informativo. Grazie alle informazioni, infatti è possibile attivare, interrompere e indirizzare i flussi delle merci. Poiché i flussi di informazioni sono collegati con il movimento fisico dei beni è “naturale” considerarli elementi dello stesso sistema.
In molte circostanze il trattamento degli ordini rappresenta l’anello debole nella successione di attività dipendenti e correlate che permettono ad un determinato carico di giungere dal luogo di origine al luogo di destinazione.
Spesso molte informazioni errate si muovono con lentezza per arrivare alle per-sone sbagliate. Un esame attendo al flusso delle informazioni consente all’azienda di identificare eventuali lacune, eliminare i flussi che non producono valore aggiunto e rendere più veloce la gestione delle informazioni.
Per valutare la corrispondenza delle informazioni disponibili alle esigenze della funzione logistica, per ciascun flusso informativo è necessario stabilire24:
- chi in azienda produce ed è “proprietario” della specifica informazione,
- chi ha bisogno di ricevere tale informazione;
- per quali scopi l’informazione viene utilizzata;
- il momento esatto in cui deve essere prodotta e ricevuta;
- l’affidabilità dell’informazione e del processo attraverso il quale viene tra-sferita;
- il costo legato alla produzione e al trasferimento dell’informazione.
Il miglioramento della gestione dei flussi di informazioni, in generale, e degli a-spetti che riguardano il trattamento degli ordini, in particolare, rappresentano il modo più visibile e rapido per incrementare lo standard nel servizio al cliente.
1.5.4 La gestione delle relazioni e delle transazioni
Alcune componenti del sistema logistico sono direttamente e completamente controllate dall’impresa, invece, altre, dipendono anche dal comportamento di attori esterni quali ad esempio i clienti, i fornitori di beni, i fornitori di servizi, la pubblica amministrazione ecc... .
I collegamenti con questi soggetti implicano la gestione di flussi di beni e di in-formazioni ad hoc. L’impresa deve quindi adattare le proprie modalità operative in funzione dello specifico interlocutore.
1.6 L’outsourcing delle attività logistiche
Come già sottolineato in precedenza, il vantaggio competitivo dell’azienda si concretizza anche nel modo attraverso il quale essi sono resi disponibili ai con-sumatori finali. Ne consegue quindi il ruolo strategico che la logistica ha
24 A. Gandolfo, “L’evoluzione dei processi logistici tra Old e New Economy”, G. Giappicchelli Editore, Torino, 2000, pp. 31-33.
nell’impresa. Oggi, quest’ultima, per gestire con maggiore efficienza ed efficacia le proprie attività logistiche ha a disposizione le seguenti opzioni25:
- sviluppare la funzione completamente al proprio interno (in house)
realiz-zando direttamente il servizio di cui necessita;
- controllare una o più aziende logistiche sussidiarie create ad hoc o
acqui-site (Candler,1994);
- acquistare dall’esterno la funzione e il relativo servizio (outsourcing logi-stico).
In particolare si registra un crescente interesse nei confronti della terza opzione, l’outsourcing delle attività logistiche. L’individuazione del corretto bilanciamen-to tra attività logistiche realizzate impiegando risorse disponibili all’interno dell’impresa, oppure acquisiste sul mercato rappresenta un problema di grande rilievo per le imprese.
I fattori che hanno contribuito a rendere “critiche” le scelte di make or buy dei servizi logistici segnalate in letteratura sono molteplici. Accanto alla riduzione dei costi e al miglioramento della qualità del servizio ritenuti più importanti per decidere se esternalizzare o meno le funzioni logistiche26 vi sono anche altri or-dini di motivazione:
In primo luogo, le imprese per difendere e incrementare la propria capacità com-petitiva si impegnano ad essere più “snelle” ed efficienti , e per raggiungere tale obiettivo sono pronte ad affrontare anche severe ristrutturazioni sul piano orga-nizzativo, affidando in gestione a terzi le attività che non appartengono al core business.
In secondo luogo, tra i fattori che favoriscono l’outsourcing delle attività logisti-che, è stata rilevante la globalizzazione dei mercati. In seguito all’apertura dei mercati e al conseguente allargamento dei confini dei business domestici, sono sempre più numerose le imprese che decidono di operare all’estero, avvalendosi
25 A. Gandolfo, “L’evoluzione dei processi logistici tra Old e New Economy”, G. Giappicchelli Editore, Torino, 2000, Cap.3.
26 Importanti studi a tal proposito sono quelli di: LaLonde e Cooper,1989; Ellram e Cooper, 1980; Bardi e Tracery,1991; Lieb, 1992; Lalonde e Maltz, 1992.
di strategie di marketing globale. Queste ultime determinano l’aumento della complessità di gestione dell’impresa sia a monte, a livello delle attività di ap-provvigionamento sia a valle, per quanto riguarda la distribuzione dei prodotti finiti. Il coinvolgimento delle imprese sui mercati extra-domestici e la disponibi-lità di fonti di approvvigionamento internazionali ha determinato un sensibile aumento delle richieste rivolte alla funzione logistica. In particolare, la mancanza di conoscenze specifiche sulle pratiche doganali e sulle infrastrutture dei paesi di destinazione ha spinto molte imprese a stringere accordi con fornitori di servizi logistici per acquisire competenze ed esperienze in merito.
Un ulteriore elemento a favore dell’outsourcing logistico è rappresentato dalla dotazione tecnologica e dalla versatilità dei fornitori e dei servizi logistici. La versatilità dei fornitori consente alle aziende acquirenti di migliorare il controllo sulle attività logistiche, sulla tecnologia e sulla presenza sul territorio, aumentan-do la possibilità di trasformare i costi fissi in costi variabili. In sostanza le impre-se che utilizzano l’outsourcing logistico hanno la possibilità di rimodulare rapi-damente e in modo relativamente agevole il proprio sistema distributivo in fun-zione dei mutamenti che si registrano sul mercato e dei progressi nei mezzi e nel-la tecnologia.
I fornitori dei servizi logistici possono migliorare il processo di creazione del va-lore dei propri clienti rendendoli più competitivi, attraverso un servizio più velo-ce e competitivo (Daugherty e Pittmann, 1995).
Un’ulteriore motivazione per rivolgersi ai fornitori di servizi logistici è legata al trasferimento di esperienze e di competenze a favore dei clienti, indotto dall’interazione che sarebbe troppo impegnativo o costoso per l’azienda buyer sviluppare al loro interno (Byrne, 1993; Goldeborg 1990; Richardson, 1995). Il ricorso a fornitori di servizi logistici consente alle imprese acquirenti di dedica-re più tempo alla pianificazione strategica ed alla gestione operativa e, quindi, offre la possibilità di focalizzarsi sul proprio core business piuttosto che sulla lo-gistica (Afrik e Makeset, 1996; Foster e Muller,1990; Lynch et al., 1994; Saw, 1995).
Altri studiosi come Bardi e Tracey (1991) hanno rilevato che imprese con elevati livelli annui di spese d trasporto erano meno disposte ad esternalizzare. Maltz (1993), invece, ha determinato empiricamente che la dimensione dell’impresa può influenzare in misura significativa la decisione di ricorrere all’esterno.
Nella scelta tra make or buy i principali fattori da prendere in considerazione ri-guardano la qualità del servizio disponibile, la capacità del fornitore, e le proprie capacità di gestire efficacemente il rapporto di fornitura (Heinritz et al., 1991). Inoltre, l’azienda deve essere in grado di misurare i benefici collegati all’outsourcing , tenendo presente la componente di incertezza è sempre presente quando si decide di rivolgersi all’esterno dei confini aziendali (Bradley,1994). Per ottenere il massimo vantaggio dall’approvvigionamento esterno dei servizi logistici, le imprese devono individuare le attività logistiche ritenute maggior-mente critiche e selezionare con attenzione quelle da reperire sul mercato attra-verso l’outsourcing (Dobler et al.,1984). Per il successo dell’outsourcing è poi estremamente importante la credibilità e fiducia su cui si fonda la relazione tra impresa acquirente e quella fornitrice (Bradley 1994; Richardson 1994).
L’azienda, inoltre, può decidere se esternalizzare l’intera funzione o singole atti-vità: l’outsourcing può avere obiettivi parziali e, al limite, concentrarsi su un uni-co tipo di servizio uni-come, ad esempio, la gestione di un magazzino (Fig.3)
Fig.3 Le possibili configurazioni nell’ambito dell’outsourcing logistico No outsourcing Completo e integrato con
un unico operatore logistico
Fonte: A. Gandolfo, “L’evoluzione dei processi logistici tra Old e New Economy”, G. Giappicchelli Editore, Torino, 2000 Terziarizzazione parziale di una o più funzioni Singole funzioni terziarizzate sen-za integrazione Numerose funzio-ni terziarizzate con alcuni servizi
in comune
Numerose funzio-ni terziarizzate integrate tra loro
Per prendere la decisione finale sul fornitore di servizi logistici è importante con-frontare i suoi punti di forza con quelli di debolezza dell’impresa acquirente, an-dando ad analizzare i costi, le attrezzature necessarie per erogare il servizio, gli standard di servizio, le clausole di recessione del contratto, l’opzione per estende-re i termini del contratto o per incestende-rementaestende-re i pestende-rezzi e gli oneri assicurativi. I benefici correlati all’outsourcing logistico sono molteplici.
In primo luogo riduce l’esigenza di effettuare investimenti di capitale in impianti,
attrezzature e manodopera27. In secondo luogo permette una maggiore capacità di
adattarsi ai cambiamenti del mercato, infatti le imprese acquirenti negoziano con i fornitori il livello di servizio logistico che ritengono necessario per soddisfare le aspettative della domanda corrente. Attraverso un più stretto coordinamento tra la produzione e i piani di spedizione, l’outsourcing riduce il livello delle scorte, e allo stesso tempo migliora il tournover, determinando transit time più veloci, con una minore necessità di documenti cartacei. Un ulteriore vantaggio consiste nel fatto che esso consente all’azienda cliente di rispondere più tempestivamente ai cambiamenti richiesti dal marketing, dalla produzione e dalla distribuzione e di migliorare la percentuale di consegna on time.
Sebbene i benefici dell’esternalizzazione delle attività logistiche siano molti, è altrettanto vero che ci sono ostacoli e problemi che frenano questo tipo di ou-tsourcing. E’ necessario sottolineare che non tutte le attività logistiche possono essere esternalizzate, infatti, nel caso in cui una specifica attività logistica appar-tenga alle competenze centrali di un’azienda dovrebbe essere tenuta in house28. Ma è la perdita e la forte riduzione del controllo nei confronti dei fornitori ad es-sere la causa più ricorrente tra quelle che inibiscono il ricorso all’outsourcing dei servizi logistici. Infatti anche in presenza di servizi logistici in outsourcing, le imprese acquirenti non rinunciano mai ad esercitare forma di controllo dato che
27 Richardson, 1995; Forester e Muller,1990; Richardson, 1995; dal libro di A. Gandolfo, “L’evoluzione dei processi logistici tra Old e New Economy”, G. Giappicchelli Editore, Torino, 2000, pag. 40.
28 Lieb, 1992; Sheffi,1990; dal libro A. Gandolfo, “L’evoluzione dei processi logistici tra Old e New Economy”, G. Giappicchelli Editore, Torino, 2000, pp.43-44.
tra di esse è diffusa la convinzione della necessità di monitorare ugualmente l’operato dei fornitori.
Ci sono poi altre fonti di potenziali problemi tra i quali, il rischio di “fuga di no-tizie” riservate; la possibilità di commettere errori nella fase di selezione dei for-nitori, l’incapacità dei fornitori di adattarsi ad eventuali cambiamenti rispetto a quanto concordato all’inizio dell’accordo ed infine la difficoltà a cambiare forni-tore quando se ne presenta la necessità.
Se la decisione dell’azienda è quella di esternalizzare le attività logistiche, è ne-cessario selezionare i fornitori più adeguati. I criteri più utilizzati per la selezione sono i seguenti29:
- la capacità di fornire dati logistici dettagliati prima, durante e dopo le con-segne;
- la propensione a stipulare accordi che prevedano incentivi al personale per
migliorare la performance e al fornitore stesso per consentire l’ammodernamento tecnologico degli impianti;
- l’esperienza del fornitore, stimata generalmente in funzione della sua pre-senza sul mercato, la professionalità del management, la preparazione del personale;
- la capacità di soddisfare i bisogni dell’azienda acquirente attraverso la gamma di servizi logistici offerti,la copertura di vaste aree geografiche e l’utilizzo di attrezzature specializzate;
- la compatibilità delle tecnologie possedute dal fornitore con le esigenze dell’impresa acquirente;
- la stabilità e la solidità finanziaria al fornitore;
- gli standard assicurati e la possibilità di miglioramento; - la disponibilità a sviluppare relazioni di lungo termine; - il livello del prezzo dei servizi;
- l’affidabilità;
29
Studi di: Cuthbertson, Bradley, Harrington,Maltz,Cooke (1994-1995); dal libro A. Gandolfo, “L’evoluzione dei processi logistici tra Old e New Economy”, G. Giappicchelli Editore, Torino, 2000. pag.45.
- la reputazione;
- la qualità del servizio; - la velocità;
- la certificazione del fornitore.
La natura destrutturata del problema decisionale rende il compito di valutare i fornitori di servizi logistici particolarmente impegnativo e richiede un processo decisionale multi criterio per risolvere il problema30.
30 Mohanty e Deshmukh, 1993.