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CAPITOLO I IL PANORAMA DELLA SORVEGLIANZA ELETTRONICA

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CAPITOLO I

IL PANORAMA DELLA SORVEGLIANZA ELETTRONICA

SOMMARIO: 1. Le origini: i paesi anglosassoni; ; 2. L’esperienza di alcuni paesi europei; 3. Definizione e tipologie.

1.Le origini: i paesi anglosassoni

La sorveglianza elettronica nacque nel Nuovo Messico1 agli inizi degli

anni Ottanta, anche se già negli anni Sessanta negli USA l’uso di strumenti per il controllo elettronico venne sperimentato sui detenuti in libertà vigilata. Le politiche di repressione del crimine degli anni Settanta avevano determinato l’aumento della popolazione carceraria e si ritenne che la SE fosse uno strumento utile a fronteggiare il

sovraffollamento2. Durante gli anni Ottanta l’uso sempre più ampio di

programmi per il controllo elettronico e l’esplosione di tale mercato furono favoriti dalla sempre più crescente problematica del

1 L. Cesaris, Dal Panopticon…, in AA.VV., “Il decreto “antiscarcerazioni”, a cura di M. Bargis, Torino,2001, pag.52.

2

F. Leonardi, “La sorveglianza elettronica come alternativa al carcere: l’esperienza

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2 sovraffollamento carcerario, dall’uso sempre maggiore di sanzioni intermedie (rispetto alla detenzione) e infine dal dinamismo delle imprese private, che producevano e immettevano sul mercato questa tecnologia. Soltanto nel 1984 si introdusse l’uso di questi dispositivi elettronici come misura alternativa al Carcere, la Probation, ossia l’esecuzione in area penale esterna di sanzioni e misure definite dalla legge e inflitte nei confronti dell’autore di un reato. Si tratta di tutta una serie di attività e di interventi che comprendono supervisione, consiglio e assistenza allo scopo di contribuire alla sicurezza pubblica. L’attenzione verso queste nuove modalità di controllo crebbe sempre di più, tanto che dal 1987 una rivista specializzata, Journal of Offender

Monitoring , si prestò ad essere promotrice di queste nuove tecnologie

e fu un vero e proprio luogo di scambio di opinioni e di esperienze3. Gli Stati Uniti si servirono di una gestione privata sia per la fornitura del servizio e delle apparecchiature, ricorrendo ad esempio agli stessi produttori dei dispositivi elettronici, sia per le ipotesi in cui i sorvegliati avessero violato la misura di controllo. L’esperienza statunitense vide un’applicazione sempre più ampia di tale strumento di controllo: il numero medio delle persone sotto sorveglianza elettronica passò dalle circa 3000 unità nel 1988 alle 50.000-70.000

unità nel 19954. In realtà considerando l’ampia espansione in rapporto

al numero elevatissimo di persone detenute o sotto controllo penale, la

3 V. Pierre Landreville, La sorveglianza elettronica dei rei:un mercato in espansione, pag.317 in Rassegna penitenziaria e criminologica n.2,3 del 1999.

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3 sorveglianza elettronica, nonostante il suo notevole progresso, non ebbe che una marginale applicazione. Infatti nel 1997 la popolazione carceraria raggiunse 1.728.842 unità ( pari ad un tasso di 645 unità per 100.000 abitanti ) e già nel 1995 c’erano circa 3,8 milioni di adulti

sottoposti a probation e in liberazione condizionale5. Sulla scia

dell’esperienza americana anche il Canada sul finire degli anni Ottanta iniziò a dare corso a progetti di sorveglianza elettronica nei confronti dei rei sia per rispondere alla problematica del sovraffollamento carcerario,sia per ampliare la compagine delle misure alternative alla detenzione per pene detentive brevi. Quattro province su dieci iniziarono ad avviare questi programmi di controllo. La provincia della Colombia Britannica iniziò nel 1987 un progetto pilota, nel suo primo anno di attuazione vennero ammesse al programma di sorveglianza elettronica 92 persone. Questo progetto pilota ebbe una rapida

espansione6 , tanto che già nel gennaio del 1991 si raggiunse il numero

di 894 soggetti ammessi al programma e venne considerato un rapido successo. Questo fece sì che venisse istituito un programma permanente rivolto ai condannati a pena detentiva inferiore a sei mesi, rilasciati sia in permesso temporaneo che in liberazione condizionale. Tra il 1993-94, 250 persone in media parteciparono ogni giorno al programma, pari al 15% dei detenuti condannati a meno di due anni

5

V. Pierre Landreville, La sorveglianza elettronica dei rei, cit., pag.317.

6

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4

negli istituti penitenziari di questa provincia7. Nel 1996-97, il numero

medio delle persone sottoposte a sorveglianza elettronica raggiunse le 287, circa il 16% del totale dei detenuti condannati negli istituti penitenziari della provincia. La Colombia Britannica, che realizzò il programma più ampio di sorveglianza elettronica in Canada, collaborò con il centro di ricerca di criminologia dell’Università Simon Fraser e con l’azienda privata di gestione del servizio per tenere a Vancouver la prima Conferenza sulla sorveglianza elettronica nell’aprile del 1993

(First Elettronically Monitored Home Confinement Conference)8. Le

altre province invece attuarono progetti molto più modesti. La Saskatchewan istituì il programma di probation con sorveglianza elettronica nel gennaio del 1990 per i detenuti autoctoni ( costituenti i due terzi della popolazione carceraria di quella provincia), per le donne e i detenuti ad alto rischio, altrimenti destinati ad essere tenuti in istituto. In questo modello il periodo di sottoposizione al controllo tramite strumenti elettronici non doveva superare i sei mesi. In Ontario nell’aprile del 1989 il ministero per i servizi correzionali iniziò un programma di controllo elettronico presso il centro correzionale di Mimico a Toronto. Il progetto venne rivolto alla scarcerazione in permesso temporaneo dei detenuti a basso rischio, che non sarebbero stati qualificati per partecipare a programmi ordinari, determinando in questo modo una diminuzione dei costi e della popolazione carceraria.

7

V. Pierre Landreville, La sorveglianza elettronica dei rei, cit., pag.318. 8

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5 Dall’aprile del 1989 all’ottobre 1990 una valutazione del programma constatò che quest’ultimo non aveva avuto esiti positivi e venne

abolito9. Nel 1996 venne avviato un nuovo programma, rivolto ai

detenuti sottoposti ordinariamente a pene da 30 a 60 giorni, rilasciati in permesso temporaneo, e nel 1997 ci furono in media 70 persone

sottoposte a questo programma10. L’ultima provincia ad essersi

lanciata in questi progetti fu quella di Terra-Nuova, che nel novembre del 1994 attivò il suo programma di permesso temporaneo con sorveglianza elettronica. Durante i primi due anni 331 persone, di cui 25 donne, furono ammesse al programma, che mirava alla riabilitazione attraverso dei programmi di trattamento obbligatorio e di reinserimento sicuro nella società. La liberazione condizionale con sorveglianza elettronica era ideale per le donne detenute per molteplici motivi, primo tra tutti il fatto che non rappresentassero un grave pericolo per la società11. L’Inghilterra e il Galles, sempre a causa del crescente sovraffollamento carcerario, furono i primi Paesi in Europa a dimostrare interesse verso la sorveglianza elettronica, a partire dal 198712. Nel 1989-90 venne istituito un progetto pilota in tre distretti per valutare se la sorveglianza elettronica potesse permettere a degli accusati di essere rimessi in libertà invece che essere detenuti; poterono beneficiare di questa misura una cinquantina di rei, ma anche in questo caso l’esperienza non ebbe successo. Nuovamente venne

9 V. Pierre Landreville, La sorveglianza elettronica dei rei, cit., pag.319. 10 V. Pierre Landreville, La sorveglianza elettronica dei rei, cit.,pag.319. 11

V. Pierre Landreville, La sorveglianza elettronica dei rei, cit.,pag.320. 12

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6 introdotta la sperimentazione con il Criminal Justice Act 1991, che autorizzò l’utilizzo della SE nell’ambito dell’ordinanza di coprifuoco (curfew order) per i contravventori dai 16 anni in poi; anche in questo

caso non fu mai utilizzata concretamente13. Nel 1994 il Criminal

Justice and Public Order Act introdusse l’ordinanza di coprifuoco con

sorveglianza elettronica in alcune giurisdizioni e vennero introdotti dei progetti pilota. Questa misura riscosse successo tanto che il Crime

Sentences Act, approvato il 21 Marzo 1997, estese l’ordinanza di

coprifuoco con sorveglianza elettronica ai minori dai 10 ai 15 anni su base sperimentale. Infine con l’introduzione della Home Detention

Curfew, una sorta di liberazione anticipata introdotta dal Crime and Disorder Act 1998, la sorveglianza elettronica fu estesa all’intero

territorio nazionale nel dicembre del 199914. L’Inghilterra si avvalse di

un sistema di SE a gestione privata, con contratti stipulati col Governo centrale. Fu l’unica nazione in Europa ad adottare questo metodo di gestione, per lo più per ragioni ideologiche. In questo modo la sorveglianza elettronica ebbe poco collegamento con il servizio di

probation, nei confronti del quale i governi mano a mano succedutisi

mostrarono sempre maggiore ostilità e il servizio, a sua volta, fu molto

scettico nei confronti della SE15. Questo contrasto caratterizzò tutta la

storia del controllo mediante dispositivi elettronici e condizionò le

13

V. Pierre Landreville, La sorveglianza elettronica dei rei, cit., pag.321. 14 V. F. Leonardi, La sorveglianza elettronica, cit., pag.97.

15 V. Mike Nellis, Sostenere il tracciamento GPS?Le recenti politiche su probation e

sorveglianza elettronica in Inghilterra e Galles, pag.37, in Rassegna penitenziaria e criminologica n.3 del 2013.

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7 scelte dei diversi governi. Nei primi anni in cui la SE venne inserita nell’ordinamento inglese il governo conservatore dell’epoca ed il Servizio di probation manifestarono una certa avversione nei confronti di quest’ultima, in quanto ritennero che la peculiarità di questo strumento di controllo fosse incompatibile con i valori del servizio sociale. Il nuovo governo iniziò ad appaltare ai privati gli istituti penitenziari ed altre misure penali (se possibile) e questo fatto fece sì che per più di dieci anni le politiche del governo centrale sul Servizio di probation e la Sorveglianza Elettronica fossero gestite parallelamente. Nel 1999 venne istituita nel Ministero dell’Interno

un’unità di approvvigionamento16

,il Gruppo della sorveglianza

elettronica,composto da dieci persone, per preparare legare d’appalto,

commissionare servizi, gestire gli appalti e per servire da risorsa per i vari enti che utilizzavano la SE. Oltre al Servizio di probation, in seguito anche il Servizio penitenziario, i Servizi giudiziari, il Comitato di giustizia minorile e infine nel 2004 i Servizio di immigrazione e

detenzione17. Si susseguirono innumerevoli società nella gestione del

servizio, fornendo un centro di controllo, operatori e strumenti;nel 2005 il Ministero dell’Interno laburista ridusse il numero dei fornitori di questa strumentazione a due: G4S e SERCO. Quest’ultima società distribuì anche un opuscolo sul funzionamento dei dispositivi per la

16

V. Mike Nellis, Sostenere il tracciamento GPS?, cit.,pag.42. 17

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8

sorveglianza elettronica18. Nel 2009 l’appalto venne esteso fino al

2012 e poi fino al 2013, tuttavia, sebbene fosse il più ampio schema di utilizzo in Europa, la sorveglianza elettronica come misura fondamentalmente indipendente non era all’altezza di quanto il Governo si attendesse. Durante l’espansione della misura sotto il governo laburista i Conservatori iniziarono a denigrare questa innovazione come “morbida” rispetto al carcere ed inserirono intenzionalmente nelle statistiche alte percentuali di violazioni tecniche

minori insieme ad alte percentuali di recidiva durante la misura19. Del

resto sia il Servizio di probation che i gruppi Liberali di riforma penale rimasero sempre ostili al coinvolgimento del settore privato nella supervisione del sorvegliato, sfruttando a loro favore gli scandali che scoppiarono. Ad esempio SERCO venne pubblicamente ed ufficialmente demolita per non avere monitorato correttamente un giovane sotto sorveglianza elettronica, coinvolto in un omicidio, anche se era al tempo stesso responsabile un’équipe di operatori della giustizia minorile. Anche l’altra società di gestione non tardò ad essere

denigrata20. Il Ministero dell’Interno non si fece condizionare da

queste critiche e continuò ad essere impegnato nei confronti della sorveglianza elettronica, nonostante uno stato d’animo cinico in merito, perché perlomeno rallentava l’aumento del numero dei detenuti. Nel 2006 infatti anche un rapporto dell’Ufficio nazionale dei

18V. F.Leonardi, La sorveglianza elettronica, cit., pag.83. 19

V. Mike Nellis, Sostenere il tracciamento GPS,cit.,pag.40. 20

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9 revisori (NAO) confermò che la sorveglianza elettronica era conveniente sia come pena, che come forma di liberazione anticipata. Inoltre suggerì che fosse la mancanza di integrazione della SE con altre misure riabilitative a limitare la riduzione della recidiva. Il Comitato dei revisori pubblici della Camera dei Comuni, in un suo rapporto sempre del 2006, volle porre fine alla politica dei “percorsi paralleli” della sorveglianza elettronica e della probation , ma non alla divisione

del lavoro fra settore pubblico e privato21. Anche nelle ispezioni e nei

rapporti successivi si continuò a riscontrare, che questo dualismo pubblico-privato nella gestione del servizio e il conseguente spartiacque derivatone non fosse colmabile. Nel 2010 il nuovo

Governo conservatore, con Ken Clarke22, il Ministro della Giustizia

dell’ala liberale del partito Conservatore, propose l’aumento delle ore giornaliere in regime di SE da 12 a 16, il requisito della durata da 6 a 12 mesi, pensando di incentivare l’utilizzo di questa misura. Inoltre ci fu il progetto di dare in appalto esterno il Servizio di probation, sulla base di un metodo commercializzato di “pagamento in base ai risultati raggiunti”, utilizzando fornitori di servizi volontari e privati a contratto. In questo modo piccole organizzazioni, anche di volontari, furono svantaggiate nella concorrenza con le grandi organizzazioni commerciali, che non ebbero problemi a vincere gli appalti pubblici, soprattutto perché in grado di posporre il pagamento per i 18-24 mesi

21

V. Mike Nellis,Sostenere il tracciamento GPS,cit.,pag.41. 22

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10 richiesti dal nuovo modello. Nel 2013 il successore di Clarke, Chris Grayling accelerò le riforme del predecessore e specificò che il 70% del carico del lavoro del Servizio di probation dovesse essere appaltato all’esterno prima delle elezioni programmate per il 2015, in una direzione sempre più determinata ad eliminare la probation dalla scena penale. Nel disegno di legge del maggio 2013, il governo minimizzò la misura più radicale di eliminare il Servizio di probation come singola organizzazione e predispose delle misure meno controverse. Quali ad esempio istituti per il reinserimento vicini a dove vivono i detenuti, la sorveglianza dopo la scarcerazione dei detenuti con pene brevi da parte di organizzazioni di volontari, compresi i “delinquenti ravveduti”, che

avrebbero potuto operare come mentori23. Il Policy Exange del 2012

rese più complesso il contratto di fornitura del servizio in maniera tale che il governo potesse avere un più ampio controllo sul funzionamento delle parti costituenti di esso; adesso infatti appaltava direttamente una rete mobile di traffico dati e voce necessaria facilitando il funzionamento del servizio negli altri lotti. Per il periodo 2013-2022 vennero riconosciuti alla SE certi limiti come strumento di controllo, in quanto non poteva essere usata per rintracciare attivamente un soggetto, anche all’aperto. Cosa che invece avrebbero consentito la

tecnologia GPS e GMS (Global System for Mobile Communication)24,

quella che utilizzano i telefoni cellulari.

23

V. Mike Nellis, Sostenere il tracciamento con GPS?, cit., pag.45. 24

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11 La politica del governo sembrò sempre più dare una maggiore importanza al tracciamento GPS. Inoltre, anche se solitamente poco usata come modalità di custodia cautelare, l’Inghilterra e il Galles iniziarono ad utilizzare programmi di SE anche con queste finalità.

2. La Sorveglianza Elettronica in alcuni paesi europei

Con l’aumento della popolazione carceraria e sulla scia delle esperienze dei paesi anglosassoni, alcuni paesi europei ritennero che la SE potesse essere un’alternativa valida alla detenzione per i soggetti a bassa pericolosità. La Svezia, o meglio nei distretti in cui era applicata

la probation25, sperimentò la sorveglianza elettronica nel 1994 come

alternativa a una condanna detentiva breve. Una sorta di libertà

vigilata (non più di due mesi di pena detentiva), si parla di front door,

ossia una modalità di controllo mediante dispositivi elettronici,usato come alternativa ad un breve periodo di detenzione. La gestione dell’istituto era a carico di un probation officer, ausiliario della giustizia con funzioni di assistente sociale e di agente di polizia, natura

esclusivamente amministrativa dell’ espiazione delle pene26

. Nel 1997

25 V. F. Gianfrotta, Il braccialetto elettronico questo sconosciuto, pag.65, in

Rassegna penitenziaria e criminologica n.2 del 2013.

26

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12 il progetto venne esteso a tutte le zone del Paese e nel 1999 fu definitivamente introdotta e consentì di scontare una pena detentiva fino a tre anni nel proprio domicilio, indossando un braccialetto elettronico, anziché in carcere. In Svezia la SE venne usata anche per controllare i movimenti dei detenuti nelle open prisons, o prigioni

elettroniche, istituti penitenziari a custodia attenuata 27. Dal primo

ottobre 2001 iniziò un progetto sperimentale di durata triennale per strutturare e intensificare il lavoro di preparazione dei detenuti al reinserimento nella società, back door, ossia controllo mediante strumenti elettronici per evitare l’ingresso in carcere, o per favorire il reinserimento del detenuto nella comunità, o per consentirgli di uscire anticipatamente dal carcere. L’obiettivo era facilitare il reinserimento nella società post-carcere, fornire opportunità per la riabilitazione e prevenire la commissione di reati successivamente al rilascio (recidiva). Poichè il periodo successivo al rilascio è fondamentale in relazione al rischio di recidiva, è importante che il reinserimento nella comunità avvenga in maniera graduale. A tale proposito in Svezia è prevista la possibilità, per i condannati ad almeno due anni di pena detentiva, di trascorrere l’ultimo periodo della pena, da 1 a 4 anni, nella propria abitazione con l’applicazione di un dispositivo di sorveglianza elettronica. I detenuti, nel periodo finale della pena, venivano trasferiti nelle open prisons, carceri per detenuti per reati

27

(13)

13

minori, sottoposti a regime di semilibertà 28, oppure in strutture

trattamentali o in case famiglia, o veniva favorito il lavoro all’esterno. Dato l’esito positivo del progetto, dal primo aprile 2005 per i detenuti, che scontavano una pena detentiva di almeno diciotto mesi o di tre anni al massimo, è stato possibile applicare il braccialetto elettronico per un periodo da uno a sei mesi nella parte conclusiva della pena. Il detenuto aveva un’occupazione di studio o lavoro e un sostegno da parte dei servizi del carcere, o di quelli di probation, maggiore di quanto avessero coloro che sono rilasciati per liberazione condizionale,

senza SE29. Inoltre se il sorvegliato non aveva un lavoro, era cura del

Prison and Probation Service trovargli un’occupazione. L’ammissione

al programma di SE viene decisa sempre da quest’ultimo organo, sia nel front door che nel back door; la partecipazione la programma è volontaria e in caso di gravi violazioni, ad esempio consumo di alcool o uso di droghe, la SE viene sospesa immediatamente. Ritardi ripetuti, anche di lieve entità, possono invece causare la sospensione della misura e il reingresso in carcere. Requisiti per poter accedere al programma, oltre l’entità della pena come sopra indicato, sono avere un’occupazione di studio o lavorativa, il consenso di tutti i coinquilini del futuro sorvegliato e la presenza di un luogo di dimora fissa dotato

di telefono ed elettricità30. Il Servizio di probation aveva la

responsabilità per l’attuazione del programma di SE, per la

28 V. F.Leonardi, La Sorveglianza elettronica,cit.,pag.98. 29

V. F. Leonardi,La Sorveglianza Elettronica,cit.,pag.100. 30

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14 determinazione di regole specifiche per l’installazione dei controlli che venivano effettuati senza preavviso. E nel luogo di lavoro doveva anche essere nominato un referente con il compito di controllare il sorvegliato. Nel 2007 venne introdotta la misura della libertà condizionale con analogo funzionamento a quella sotto SE, ma con la possibilità di rimuovere il braccialetto in caso di esito positivo e continuare il monitoraggio nei modi tradizionali: visite domiciliari, telefonate ecc.. Questa liberazione condizionale poteva essere concessa se non c’era il rischio di violazione delle prescrizioni, di commissione di nuovi reati o uso di alcool o droghe durante il periodo di SE. Nei Paesi Bassi un progetto sperimentale di sorveglianza elettronica venne lanciato nel luglio del 1995 ed esso è stato poi applicato negli anni a seguire. La SE poteva essere applicata sia nei programmi front door, che back door ; si trattava di una gestione mista (pubblica e privata) che vedeva l’iniziativa congiunta del servizio penitenziario pubblico e della fondazione indipendente di diritto privato Reclassing

Nederland31, finanziata tuttavia dal Ministero della Giustizia, che

aveva competenze specifiche sulle misure alternative alla detenzione.

Quindi l’Amministrazione penitenziaria svolgeva solo una

supervisione sui dispositivi. Per poter accedere alla misura il soggetto in questione doveva avere un domicilio fisso, svolgere un’attività lavorativa o di formazione ed era necessario il consenso delle persone conviventi. Sulla scia dell’esperienza olandese anche il Belgio, dopo

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15 una sperimentazione effettuata anni 1997-1998, introdusse la SE. Si trattava di una modalità di esecuzione delle pene sia tramite il riconoscimento vocale, che chiamasse la persona controllata attraverso un intermediario del sorvegliante, sia tramite il sistema del braccialetto elettronico alla caviglia. La misura si applicava ai condannati ad una

pena detentiva fino a 3 anni32. La cosa interessante era che i sorvegliati

dovessero partecipare alle spese riguardanti il sistema. Anche la Spagna seguì il modello olandese introducendo la SE nel 1996 e dal 2004 una specifica disposizione del codice penale spagnolo consentiva l’uso di quest’ultima come strumento di lotta alla violenza di genere. L’ammissione al programma doveva essere accettata dalla vittima e la sua violazione comportava la sostituzione della sanzione con un periodo di detenzione. Il sistema francese è un insieme di tutti questi modelli. Ufficialmente in Francia si iniziò a parlare di sorveglianza elettronica già dagli anni ottanta per limitare il sovraffollamento nelle carceri,ma la proposta fu accantonata. Venne menzionata nel 1990 in un rapporto, consegnato dal senatore Gilbert Bonnemaison al Guardasigilli e al Primo Ministro, sulla Modernizzazione del servizio penitenziario pubblico. Fu ripresa nel 1995 dal senatore Guy-Pierre

Cabanel33, che presentò al Primo Ministro un rapporto sulla

prevenzione della recidiva nel quale la sorveglianza elettronica veniva proposta con un insieme di misure in risposta alle pene detentive brevi.

32

V. Pierre Landreville, La sorveglianza elettronica dei rei,cit., pag.326. 33

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16 Il rapporto sfociò nella legge 19 dicembre1997 che introdusse la detenzione domiciliare con sorveglianza elettronica, come modalità di esecuzione della pena detentiva.

3. Definizione e tipologie

Il concetto di Sorveglianza Elettronica venne illustrato nella Raccomandazione del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa,CM/REC(2014)4, con SE si intende un termine generico che

si riferisce a forme di sorveglianza con le quali si controlla la posizione,i movimenti e lo specifico comportamento di persone nell’ambito della giustizia penale. Le forme attuali di sorveglianza elettronica si basano su tecnologia a radiofrequenze, biometria o tracciamento satellitare. Esse di solito prevedono uno strumento collocato addosso alla persona e sono controllate a distanza34.Si tratta

cioè dell’introduzione nel sistema penale di nuove forme di controllo basate su dispositivi elettronici che è stato possibile progettare grazie all’uso della tecnologia. Esistono diverse tipologie di sorveglianza elettronica che si evolvono continuamente di pari passo con le nuove tecniche; attualmente se ne conoscono quattro. La prima, detta fissa, permette soltanto di verificare la presenza di un individuo in un luogo

34 V. CM/REC(2014)4 del Comitato del Consiglio dei Ministri agli Stati membri

sulla Sorveglianza Elettronica(con una nota di Lorenzo Salazar e Tiziana Barzanti),

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17 stabilito. Essa è costituita da due dispositivi: un trasmettitore mobile detto braccialetto elettronico che viene indossato dal sorvegliato e da un dispositivo fisso il ricevitore, che si installa nell’abitazione ed è collegato a un sistema informatico centrale. La seconda, detta mobile, consente tramite la tecnologia GPS di rintracciare una persona anche all’aperto, dato che gli spostamenti possono essere costantemente monitorati attraverso l’uso di satelliti. Questo tipo di tecnologia funziona grazie alla presenza di alcuni satelliti che orbitano intorno alla Terra e trasmettono segnali che vengono ricevuti dai dispositivi portatili. Il posizionamento è ottenuto calcolando la distanza fra un certo numero di questi satelliti e il ricevitore ed è molto preciso: ha un margine di errore di non più di qualche metro. La terza, detta

bilaterale35, in quanto coinvolge due persone, è pensata per la protezione della vittima del reato. Quest’ultima utilizza la tecnologia della radiofrequenza e può anche essere usata per proteggere una persona da un’altra o per impedire che il sorvegliato si avvicini ad un luogo determinato. In questo caso il ricevitore viene installato nell’abitazione della persona che viene protetta e una segnalazione viene inviata alla centrale operativa tramite linea telefonica fissa o mobile, quando il sorvegliato si avvicina entro una distanza stabilita. Inoltre è possibile proteggere una persona anche al di fuori dell’appartamento, facendole indossare un ricevitore mobile, a batteria,

35

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18 che attiverà un allarme qualora il sorvegliato si avvicini troppo36. In Europa sono pochi i programmi che prevedono la protezione della vittima del reato con la SE di tipo bilaterale. Infine la quarta tipologia, detta ibrida, combina insieme le due tecniche di fissa e mobile, ossia la radio frequenza e il segnale GPS. Vengono identificate delle aree di esclusione intorno a uno o più luoghi frequentati dal soggetto protetto, ad esempio abitazione o luogo di lavoro, dove al sorvegliato è proibito stare; se quest’ultimo vi entra, un allarme viene trasmesso alla centrale operativa. Queste aree possono essere definite in modo piuttosto ampio, così da poter consentire al soggetto protetto di reagire e alle forze dell’ordine di intervenire, se ve ne sia il bisogno. Per completezza va detto che esistono altri dispositivi elettronici di controllo, i quali permettono di verificare se una persona si trova in un

determinato luogo in un preciso momento tramite le impronte vocali37.

Con tale termine si intende l’insieme delle caratteristiche della voce di un individuo che ne permettono l’identificazione; vengono prese al momento della registrazione della voce del soggetto controllato, poi un sistema informatico, tramite una linea telefonica appositamente dedicata, chiede di ripetere alcune frasi. L’impronta vocale biometrica conferma l’identità della persona, mentre il riconoscimento del numero di telefono determina l’ubicazione del soggetto. Essendo queste tecnologie in continua evoluzione, alcuni Paesi stanno sperimentando

36

V. F. Leonardi, La sorveglianza elettronica,cit.,pag.86. 37

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19 nuovi impieghi di tali dispositivi elettronici di controllo. La tipologia di reati per cui la sorveglianza elettronica può essere prevista in Europa

è varia; si va dalla violazione del codice della strada ai reati violenti38.

La forma di sorveglianza elettronica più utilizzata è quella di tipologia

fissa, anche se ci sono molteplici programmi con finalità di controllo

sulle persone. I singoli Stati hanno infatti la possibilità di scegliere la forma di SE, che maggiormente si confaccia alle esigenze dei propri sistemi penali. Sicuramente c’è un’influenza reciproca, in quanto generalmente l’introduzione di nuovi modelli penitenziari dipende dall’esperienza positiva attuata in altri Paesi.

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