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Capitolo 2 Teoria generale del G

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(1)

Capitolo 2

Teoria generale del G

PS

2.1 – Segnali GPS e codici

I satelliti GPS trasmettono su due portanti, dette L1 e L2, poste

rispettivamente a 1,575.42 MHz e 1,227.6 MHz, su una banda complessiva larga approssimativamente 20.46 MHz e impiegando, come tecnica di accesso

multiplo, il Code Division Multiple Access (CDMA). Ciascun satellite, infatti,

trasmette utilizzando un proprio codice, detto PseudoRandom Noise (PRN), che

va a sommarsi in modulo 2 ai dati.

Come avevamo già anticipato nel capitolo precedente, il sistema GPS

offre due modalità di servizio, PPS e SPS, che si distinguono sulla base dei

codici usati: il codice destinato agli utenti autorizzati (militari), detto P (Precision), che diventa Y quando è attiva la cifratura dovuta alla modalità di

Anti-Spoofing, ha un rate trasmissivo di 10.23 Mchip/sec ed una durata pari ad

una settimana, mentre il codice utilizzato dagli utenti civili, che non prevede alcuna restrizione d’uso, è detto C/A (Coarse Acquisition) e verrà ripreso nel capitolo seguente.

Il codice P(Y), che può essere ricevuto e decodificato solo da parte di utenti autorizzati, va a modulare i dati su entrambe le portanti, mentre il codice

C/A viene trasmesso solo sulla portante L11

La modulazione utilizzata è di tipo BPSK e viene applicata al risultato

dell’operazione di somma modulo 2 tra i dati, che fluiscono con un bit/rate di

1

(2)

50 bit/sec, ed i chip dei codici, modulati in quadratura. Il segnale ,

relativo al satellite i-esimo, inviato sulla portante L1 (la sola implementata nel

simulatore realizzato) è pertanto nella forma

1,( ) L i s t

[

]

(

)

[

]

(

)

1,( ) ( ) ( ) cos 2 1 2 ( ) ( ) sin 2 1 L i i i L i i L s t = ⋅A P tD t ⋅ πf t+ +ϕ A G t⋅ ⊕D t ⋅ πf t+ϕ ,

dove A è l’ampiezza del segnale in fase, è la sequenza di dati a 50

bit/sec, è il codice P(Y) dell’i-esimo satellite, è il codice C/A

dell’i-esimo satellite, ( ) i D t ( ) i P t G ti( ) 1 L

f è la frequenza della portante L1, ϕ è la fase iniziale.

La struttura generale del segnale GPS è riassunta in Fig. 2.1.

La differenza in termini di prestazioni tra PPS e SPS è ottenuta

artificialmente tramite i meccanismi di Selective Availability (SA) e di

Anti-Spoofing (AS): il primo consiste nell’introduzione voluta di errori aggiuntivi sui

parametri di navigazione (rimossa dal DOD dal maggio 2000, ma con riserva di

riattivazione in caso di necessità senza preavviso), mentre il secondo è attivato per evitare tentativi di jamming da parte di utenti non autorizzati.

(3)

2.2 – I sistemi di riferimento

Nell’ambito delle trasmissioni satellitari occorre chiarire alcuni concetti relativi ai vari sistemi di riferimento utilizzati.

Generalmente, la posizione di un punto sulla superficie terrestre è individuata da una terna di coordinate geodetiche, vale a dire latitudine, longitudine ed altitudine.

La longitudine λ, che tipicamente si indica in gradi attribuendo il

segno positivo alla direzione Est, misura l’angolo compreso tra il meridiano di riferimento (Greenwich) e la retta che unisce il centro della Terra con la proiezione del punto sul piano equatoriale. La definizione delle altre due coordinate richiede, invece, alcune considerazioni sulla forma della superficie terrestre. La Terra, infatti, a causa delle attrazioni gravitazionali esercitate principalmente dal Sole e dalla Luna, presenta una forma che non può essere approssimata in maniera accurata da un solido facilmente manipolabile in fase di calcolo e per la quale, nel 1873, il matematico tedesco J. B. Listing coniò il termine geoide. Esistono molti standard utilizzati per approssimare la superficie terrestre ([5]), ma quello di gran lunga più usato è il cosiddetto

WGS-84 (World Geodetic System – 1984), che approssima il geoide con una

ellissoide (Fig. 2.2), le cui caratteristiche sono riportate in Tab. 2.1.

La Fig. 2.3, senza perdere di generalità in virtù della simmetria del

problema, mostra una sezione dell’ellissoide WGS-84, in cui sono indicate la

latitudine ϕ e la altitudine h , di tipo geodetico, che si differenziano dalla

latitudine ϕ e dall’altitudine g hg, di tipo geocentrico, che avrebbero senso se

(4)

Tab. 2. 1 - Grandezze utilizzate nello standard WGS-84

(5)

La latitudine geodetica ϕ , che tipicamente si misura in gradi con segno positivo nella direzione Nord, è definita, come si può notare in Fig. 2.3, come l’angolo tra il vettore passante per il punto P e normale alla superficie dell’ellissoide e la sua proiezione sul piano equatoriale, mentre l’altezza

geodetica è semplicemente la distanza minima tra P e l’ellissoide di

riferimento (misurata in metri).

h

Fig. 2. 3 - Sezione dell’ellissoide sul piano xz

Allo scopo di misurare e determinare le orbite dei satelliti GPS, però,

sarebbe più conveniente usare un sistema di coordinate di tipo Earth-Centered

Inertial (ECI), poiché sarebbero di immediata applicazione le leggi di Newton

cui obbediscono le orbite dei satelliti. Senza entrare nel dettaglio2, un sistema

2

(6)

di tipo ECI si rivelerebbe vantaggioso perché, rispetto ai satelliti in movimento,

risulterebbe non accelerato.

Nella pratica, però, il sistema di riferimento più appropriato da usare

per il calcolo della posizione di un utente GPS è un sistema cartesiano di

coordinate che ruota solidale con la Terra, noto come il sistema

Earth-Centered Earth-Fixed (ECEF). Nel sistema ECEF il piano xy coincide con il

piano equatoriale terrestre, con gli assi +x e +y orientati rispettivamente nelle direzioni a 0° e 90°E di longitudine e l’asse +z normale al piano equatoriale, orientato verso il Polo Nord.

A questo punto occorre trovare le relazioni che legano il sistema di

riferimento ECEF al sistema di riferimento geodetico, che usa latitudine,

longitudine ed altitudine.

Se il globo terrestre avesse una forma perfettamente sferica (Fig. 2.4),

con raggio rE, varrebbero le relazioni

(2.1) 2 2 r= x +y +z2 (2.2) 2 2 arctan g z x y ϕ = ⎛⎜ ⎞⎟ ⎜ + ⎟ ⎝ ⎠ (2.3) g arctan y x λ = ⎛ ⎞⎜ ⎟ ⎝ ⎠ (2.4) hg = −r rE

dove x, y, z sono le coordinate del punto P nel sistema ECEF, r è la

distanza di P dal centro della Terra e ϕ , g λ e g hg sono le coordinate

geodetiche di P.

Approssimando, però, la superficie con l’ellissoide standardizzato nel

WGS-84, le relazioni inevitabilmente cambiano, fatta eccezione per la

(7)

piano equatoriale, non dipende dalla coordinata z e quindi non risente della deformazione del solido.

Fig. 2. 4 - Approssimazione della Terra ad una sfera

Attraverso alcune manipolazioni matematiche ([7] - [8]) è possibile

ottenere le seguenti relazioni, che legano le coordinate ECEF a quelle

geodetiche:

(

)

2 3 2 3 2 sin 1 arctan 2 co p p p p p e e z a e p e e a s θ ϕ θ ⎡ − ⎤ + ⋅ ⋅ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥ = − − ⋅ ⋅ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎣ ⎦ arctan y x λ = ⎛ ⎞⎜ ⎟ ⎝ ⎠

(8)

cos

p

h ν

ϕ

= −

dove il raggio di curvatura ν e le grandezze ausiliarie p e θ sono calcolate

come (2.5) 2 2 1 e sin a e ν ϕ = − ⋅ (2.6) p= x2+y2 (2.7)

(

)

arctan 1 p z p e θ = ⎡⎢ ⎤⎥ ⋅ − ⎢ ⎥ ⎣ ⎦

in cui , a ee e ep sono le quantità definite in Tab. 2.1.

Analogamente, è possibile ricavare le relazioni inverse, che consentono

di trasformare le coordinate geodetiche in coordinate ECEF:

(2.8) x=

(

ν + ⋅h

)

cosϕ⋅cosλ

(2.9) y=

(

ν + ⋅h

)

cosϕ⋅sinλ

(2.10) z=⎡ν ⋅ −

(

1 ee2

)

+h⎤⋅sinϕ

dove e a ee sono le quantità riportate in Tab. 2.1 e ν è definita nella (2.5).

Infine nel calcolo di distanza, angolo di elevazione e azimut per ogni satellite, risulta conveniente passare da un sistema di coordinate geodetico, centrato attorno alla Terra, ad un sistema di riferimento topocentrico,

denominato ENU (East – North – Up): questo sistema di coordinate (Fig. 2.5)

ha la sua origine nel punto individuato dall’utente, con i tre assi

(

e n u che , ,

)

puntano rispettivamente nella direzione Est, nella direzione Nord e nella direzione normale alla superficie terrestre nel punto.

Cerchiamo a questo punto le relazioni ([10]) che legano i due sistemi di riferimento: per i nostri scopi, è sufficiente approssimare la Terra con una sfera

(9)

di raggio ; invertendo le equazioni (2.1)-(2.4), che legano coordinate ECEF a

quelle geodetiche, otteniamo il vettore di coordinate ECEF

E r

Fig. 2. 5– Il sistema di riferimento topocentrico ENU

(2.11) cos cos cos sin sin x r y r z r ϕ λ ϕ λ ϕ ⋅ ⋅ ⎡ ⎤ ⎡ ⎤ ⎢ ⎥ ⎢= ⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⋅ ⎥ ⎣ ⎦ ⎣ ⎦ ,

dove ϕ e λ sono la latitudine e la longitudine e è la distanza dal centro

della Terra, che può essere ottenuta dalla relazione

r

E r h r= + ,

dove è l’altitudine e h rE è il raggio della Terra.

Normalizzando il vettore calcolato nella (2.11) rispetto ad r, otteniamo

(10)

cos cos cos sin sin u ϕ λ ϕ λ ϕ ⋅ ⎡ ⎤ ⎢ ⎥ = ⎢ ⎥ ⎣ ⎦ .

A questo punto, possiamo ottenere il vettore unitario nella direzione

Nord-Sud n ed il vettore unitario nella direzione Est-Ovest e mediante le

relazioni sin cos sin sin cos u n ϕ λ ϕ λ ϕ ϕ − ⋅ ⎡ ⎤ ∂ = = − ∂ ⎢ ⎥ ⎣ ⎦ sin 1 cos cos 0 u e λ λ ϕ λ − ⎡ ⎤ ∂ = ⋅ = ⎢ ∂ ⎢ ⎥ ⎣ ⎦ ,

dando così luogo ad una terna di vettori ortogonali (Fig. 2.5) che generano la matrice di rotazione

[

]

cossin sinsin cossin coscos cossin

0 cos sin F e n u λ ϕ λ ϕ λ λ ϕ λ ϕ λ ϕ ϕ − − ⋅ ⋅ ⎡ ⎤ ⎢ ⎥ = = − ⋅ ⋅ ⎢ ⎥ ⎣ ⎦ ,

che consente di convertire le coordinate da ECEF a ENU. È infatti possibile

sfruttare la relazione

(2.12)

sin cos 0

sin cos sin sin cos

cos cos cos sin sin

T E x x N F y y U z λ λ ϕ λ ϕ λ ϕ ϕ λ ϕ λ ϕ − ⎡ ⎤ ⎡ ⎤ ⎡ ⎤ ⎡ ⎤ ⎢ ⎥= ⎢ ⎥ ⎢= − ⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⋅ ⋅ ⎥ ⎢ ⎥ ⎣ ⎦ ⎣ ⎦ ⎣ ⎦ ⎣ ⎦z ,

attraverso la quale otteniamo le coordinate del punto, individuato nel sistema

(11)

topocentrico, descritte dalla terna

(

E N U , mediante le coordinate , ,

)

geodetiche ϕ e λ3

.

2.3 – Parametri descrittivi delle orbite satellitari

Prima di accingersi a descrivere i vari algoritmi utilizzati nel corso della simulazione, occorre introdurre alcuni principi fondamentali che regolano il moto satellitare e da cui è possibili ricavare i parametri necessari a descrivere, univocamente e esaustivamente, le orbite percorse.

Innanzitutto, cerchiamo di descrivere le forze esercitate sui satelliti, prima tra tutte la gravità della Terra. Se la Terra fosse di forma perfettamente sferica e di densità uniforme, si comporterebbe come se fosse un unico punto di massa: un oggetto di massa m, individuato in un sistema di riferimento di

tipo ECI da un vettore di posizione r, subirebbe allora, sulla base delle leggi di

Newton, una forza F pari a

(2.13) F m a G m M3 r

r

= ⋅ = − ⋅ ⋅ ,

dove il segno negativo è dovuto al fatto che la forza gravitazionale è di tipo

attrattivo, G, M e a rappresentano rispettivamente la costante di gravitazione

universale, la massa della Terra e l’accelerazione dell’oggetto e r = r .

Dal momento che l’accelerazione è la derivata seconda della posizione rispetto al tempo, la (2.13) può essere riscritta come

(2.14) 2 2 3 d r a r dt r µ = = − ⋅ , 3

(12)

dove (WGS-84) è la costante di gravitazione universale. 14 3 2 3.986005 10 m /sec G M µ = ⋅ = ⋅

La (2.14) è l’espressione del cosiddetto moto dei due corpi o di

Keplero, in cui l’unica forza agente sul satellite è esercitata dalla Terra come

punto di massa.

Poiché la Terra non è sferica e non ha una distribuzione di massa uniforme, la (2.14) non descrive in maniera accurata l’accelerazione impressa dalla gravità terrestre. Se la funzione V misura l’effettivo potenziale gravitazionale della Terra in un punto arbitrario dello spazio, la (2.14) può essere riscritta come

(2.15) 2 2 d r V dt = ∇ ,

dove ∇è l’operatore gradiente, definito come

V x V V y V z ⎡∂ ⎤ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ∂ ⎢ ⎥ ∇ ∂ ⎢ ⎥ ∂ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎣ ⎦  .

Altre forze agenti sui satelliti sono quelle dovute alla gravità di un terzo corpo, come il Sole e la Luna, per la cui modellizzazione si rende necessaria la

conoscenza della posizione dei due corpi celesti nelle coordinate ECI; altre

perturbazioni sono causate dalla pressione della radiazione solare, dal degassamento e dalle variazioni della maree terrestri. Per modellare in modo molto accurato l’orbita satellitare, possiamo inglobare tutte queste

perturbazioni nel termine a , per cui la (2.15) diventa d

(2.16) 2 2 d d r V a dt = ∇ +

(13)

Ci sono vari metodi per rappresentare i parametri orbitali di un satellite. Una prima rappresentazione è quella che consiste nel definire il vettore

posizione r0 =r t

( )

0 ed il vettore velocità v0 =v t

( )

0 ad un certo istante t0.

Con queste condizioni iniziali, possiamo risolvere le equazioni del

moto (2.16) per ottenere i vettori posizione r t e velocità

( )

v t per ogni

( )

istante t. Il problema, però, risiede nel fatto che solo l’equazione del moto dei due corpi (2.14) ha una soluzione analitica, mentre la (2.15) richiede un’integrazione di tipo numerico.

Sebbene molte applicazioni, tra cui il GPS, richiedano l’accuratezza

fornita dalle equazioni del moto che includono tutti i fenomeni di perturbazione, i parametri orbitali sono spesso definiti nei termini della soluzione del problema dei due corpi; nella risoluzione della (2.14) si rende necessario il calcolo di sei costanti di integrazione: dati sei integrali del moto (tre per la posizione e tre per la velocità) ed un istante iniziale, è possibile individuare i vettori posizione e velocità di un satellite ad ogni istante.

Nel caso (2.15) è ancora possibile caratterizzare l’orbita in termini di sei integrali del moto a due corpi, con la differenza che questi parametri sono però tempo-varianti: è per questo motivo che nei dati orbitali trasmessi dal satellite con le effemeridi e gli almanacchi sono definiti anche un tempo di applicabilità ed alcuni coefficienti che permettono di calcolare le variazioni di tali parametri mediante la linearizzazione dell’andamento in funzione del tempo.

Il GPS adotta un particolare set di integrali del moto conosciuti come gli

elementi orbitali kepleriani.

Tali elementi dipendono dal fatto che, per ogni condizione iniziale r e 0

0

v ad un istante , la soluzione della (2.14), vale a dire l’orbita, una sezione

conica confinata ad un piano.

0

(14)

I primi tre elementi orbitali kepleriani (Fig. 2.6), che definiscono la forma dell’orbita, sono i seguenti:

ƒ a, semiasse maggiore dell’ellisse

ƒ e, eccentricità dell’ellisse

ƒ τ, tempo di passaggio dal perigeo

La Fig. 2.6 mostra un’orbita ellittica, che presenta un semiasse

maggiore a ed una eccentricità e (traiettorie di tipo iperbolico e parabolico

sono possibili, ma non consistenti per satelliti orbitanti attorno alla Terra,

come quelli GPS). Tale orbita ha un fuoco nel punto F, che corrisponde al

centro di massa della Terra e quindi all’origine di un sistema di riferimento del

tipo ECEF o ECI. L’istante τ, in cui il satellite transita per il punto orbitale più

vicino al centro della Terra (P), detto perigeo, è definito come tempo di

passaggio dal perigeo.

(15)

Per la verità, il sistema GPS non fa riferimento a questa terna, ma usa, al

posto di τ, un parametro equivalente, conosciuto come anomalia media, angolo che può essere messo in relazione con l’anomalia vera ν, calcolata all’istante

, che nel gergo astronomico è detto epoca

0

t 4

.

Prima di verificarne l’equivalenza, occupiamoci di definire l’anomalia vera e di ricavare la relazione tra essa e l’anomalia media.

Come si può notare in Fig. 2.6, l’anomalia vera ν è l’angolo sul piano

orbitale, misurato in senso antiorario, tra il vettore posizione r e la direzione

del perigeo. Dalle leggi di Keplero sul moto di due corpi5, che si applicano

anche al moto dei satelliti GPS, si evince che l’anomalia vera non varia in

maniera lineare col tempo come nel caso di orbite circolari. Poiché è opportuno definire un parametro che varia linearmente con il tempo, si rendono necessarie due definizioni per trasformare l’anomalia vera in anomalia media, la quale è lineare con il tempo.

La prima trasformazione dà luogo all’anomalia eccentrica, la cui relazione con l’anomalia vera è illustrata in Fig. 2.7. Geometricamente, l’anomalia eccentrica E si ottiene circoscrivendo l’orbita ellittica, intersecando la perpendicolare al punto A rispetto alla direzione del perigeo con la circonferenza nel punto B e misurando l’angolo al centro del cerchio O in senso antiorario, tra la direzione del perigeo ed il segmento OB .

Una utile relazione analitica ([9]) tra l’anomalia eccentrica e l’anomalia vera è la seguente:

4

L’epoca corrisponde nelle effemeridi e negli almanacchi rispettivamente al tempo delle

effemeridi toe ed al tempo degli almanacchi toa, che rappresentano gli istanti cui fanno

riferimento i parametri calcolati

5

Prima legge: l’orbita di ogni pianeta è un’ellisse con il Sole ad uno dei due fuochi Seconda legge: la linea che unisce il pianeta al Sole spazza aree uguali in tempi uguali

Terza legge: il quadrato del periodo di un pianeta è proporzionale al cubo della sua distanza media dal Sole

(16)

1 1 2 arctan tan 1 2 e E e ν ⎡ − ⎛ ⎞⎤ = + ⎝ ⎠ ⎣ ⎦

Una volta calcolata l’anomalia eccentrica, l’anomalia media è data dall’equazione di Keplero

(2.17) M = − ⋅E e sinE.

Fig. 2. 7– Relazione tra l’anomalia eccentrica e l’anomalia vera

Come avevamo già anticipato, l’importanza della trasformazione da anomalia vera a media consiste nella linearità di quest’ultima con il tempo; infatti, essa varia come

(2.18) M M0 3

(

t 0

)

a

µ

t

− = ⋅ − ,

(17)

Dalle Figg. 2.6 e 2.7 e dalle (2.17) e (2.18), si può verificare che 0

M = = = al passaggio dal perigeo; quindi, sostituendo t con τ, la (2.18) E ν

fornisce la relazione tra l’anomalia media M ed il tempo di passaggio dal perigeo τ

(

)

0 3 0 M t aµ τ = − ⋅ − ,

che permette di comprendere come il sistema GPS possa caratterizzare l’orbita

in termini di anomalia media all’epoca M piuttosto che con τ. Il G0 PS usa un

ulteriore parametro conosciuto come moto medio n, definito come la derivata rispetto al tempo dell’anomalia media. Dalla (2.18) si ricava la relazione

3 dM n dt a µ =  ,

con cui la (2.18) può essere riscritta come

(

)

0 0

M M− = ⋅ −n t t .

Dal momento che il moto medio n è il tasso di variazione (costante) dell’anomalia media, il periodo orbitale P può essere calcolato come il rapporto tra l’angolo sotteso dall’anomalia media su un periodo orbitale ed il

moto medio; si può verificare che l’anomalia media spazza un angolo di 2π

radianti durante un’orbita, per cui il periodo orbitale P è calcolato come

3 2 2 a P n π π µ = = ⋅ .

La Fig. 2.8 illustra gli altri tre elementi orbitali kepleriani che definiscono l’orientamento dell’orbita:

ƒ i, inclinazione dell’orbita

ƒ Ω, longitudine del nodo ascendente

(18)

Fig. 2. 8 -I tre elementi orbitali kepleriani che definiscono l’orientamento dell’orbita satellitare

Le coordinate in Fig. 2.8 possono essere riferite sia ad un sistema ECI

che ad un sistema ECEF: nel caso del GPS, i parametri kepleriani sono definiti

in relazione ad un sistema di coordinate ECEF, il cui piano xy coincide con il

piano equatoriale terrestre.

L’inclinazione i è l’angolo diedro tra il piano equatoriale terrestre ed il piano orbitale del satellite. Gli altri due elementi orbitali di Fig. 2.8 sono

(19)

definiti in relazione al nodo ascendente, vale a dire la retta che unisce il centro della Terra con il punto in cui il satellite attraversa il piano equatoriale in direzione ascendente, ovvero nel passaggio dall’emisfero meridionale a quello settentrionale. L’elemento orbitale che definisce l’angolo tra l’asse x e la direzione del nodo ascendente è detto ascensione retta del nodo ascendente che, dal momento che l’asse x coincide col meridiano di riferimento nel

sistema di coordinate ECEF, corrisponde alla longitudine del nodo ascendente

Ω. L’ultimo elemento orbitale, noto come argomento del perigeo ω, misura

l’angolo tra il nodo ascendente e la direzione del perigeo.

Ricapitolando, i sei parametri orbitali kepleriani che occorrono per descrivere in maniera esaustiva un’orbita satellitare, insieme al tempo di riferimento, essenziale per tener conto di un modello che includa tutte le possibili perturbazioni, sono i seguenti:

ƒ semiasse maggiore dell’ellisse a ƒ eccentricità dell’ellisse e

ƒ anomalia media all’epoca M 0

ƒ inclinazione i

ƒ longitudine del nodo ascendente Ω ƒ argomento del perigeo ω

Almanacchi ed Effemeridi contengono proprio questi parametri (Figg.

2.9, 2.106. e Tabb. 2.2 e 2.3), ma non solo.

6

Almanacchi ed effemeridi si trovano su Internet, rispettivamente agli indirizzi: -http://www.navcen.uscg.gov/ftp/GPS/almanacs/yuma

(20)

Fig. 2. 9 – Esempio di file contenente i dati di almanacco

Fig. 2. 10 - Esempio di file contenente i dati di effemeride

Infatti come si è già fatto notare, a causa delle accelerazioni agenti sul moto satellitare, senza le quali la (2.16) si ricondurrebbe alla (2.15), gli

(21)

elementi orbitali variano nel tempo (anche se lentamente). Si rende, allora, necessario l’uso di istanti di riferimento, cui riferire i dati ( tempo degli

almanacchi toa e tempo delle effemeridi toe ), e di dati correttivi che permettano

all’utente di stimare in maniera più accurata gli elementi kepleriani e di conseguenza l’orbita satellitare, riuscendo a far fronte anche al problema della tempo-varianza.

T e m p o d i rife rim e n to d e g li a lm a n a cc h i

R a d ic e d e l se m ia sse m a g g io re o rb ita le

E c ce n tricità

A n g o lo d i in c lin az io n e (a l tem p o )

L o n g itu d in e d e l n o d o asc e n d e n te (al te m p o )

A rg o m e n to d e l p e rig eo (a l te m p o )

A n o m alia m e d ia (al tem p o )

T a sso d i v a ria zio n e d e lla lo n g itu d in e d e l n o d o a sc en d e n te

T e rm in e n o to p er la c o rre zio n e d e ll'o ffset d i fa se d e l c lo c k

C o effic ie n te d e l p rim o o rd in e p e r la c o rre zio n e d e ll'o ffse t d i fase d el c lo c k

S ta to d i fu n zio n a m e n to d el sa te llite

N u m e ro d e lla se ttim a n a d i rife rim e n to

oa t oa t oa t oa t oa t e a 0 i 0 Ω ω 0 M Ω 0 f a 1 f a health a W N

Tab. 2. 2 – Definizione dei parametri degli almanacchi

Per quel che riguarda la Tab. 2.2, i primi sette dati sono sostanzialmente quelli descrittivi dell’orbita, con l’eccezione del semiasse maggiore, riportato sotto forma di radice quadrata. Il tasso di variazione della

(22)

longitudine del nodo ascendente Ω è il parametro che consente di linearizzare l’andamento di Ω al variare del tempo, mentre i coefficienti

0 f a e 1 f a

permettono una migliore stima del tempo GPS, che può però essere trascurata

ai fini della predizione satellitare.

Gli almanacchi contengono anche uno stato di salute del satellite, che indica la consistenza dei dati (tipicamente, si scartano i satelliti recanti un parametro di salute superiore a 0), mentre l’ultimo parametro fornito è il numero della settimana di riferimento, calcolato modulo 256 a partire da Domenica 6 Gennaio 1980.

Nella Tab. 2.3 vale quanto detto sopra per gli almanacchi con la sola differenza che, in questo caso, i termini correttivi sono in maggior numero, come conseguenza della maggior precisione di calcolo fornita dalle effemeridi.

E’ compito del Control Segment, come già notato, trasmettere ai

satelliti i relativi fattori correttivi7, che vengono poi inoltrati agli utenti GPS.

2.4 – Disturbi in ambito GPS

Se si pensa ad una trasmissione satellitare, ciò che si immagina è un segnale che parte dal satellite e, con un certo ritardo di propagazione, giunge ad un generico ricevitore, in un generico punto della superficie terrestre.

In realtà, a tale modello semplificato vanno aggiunte diverse componenti di disturbo, ovviamente riprodotte anche nel simulatore:

ƒ i ritardi dovuti a ionosfera e troposfera

ƒ lo sfasamento tra il clock del satellite e quello del sistema ƒ lo spostamento di frequenza per effetto Doppler.

(23)

I primi due termini vanno a sommarsi al ritardo di propagazione, mentre il terzo si aggiunge alla portante del segnale.

T e m p o d i rife rim e n to d e lle e ffe m e rid i

R a d ic e d e l s e m ia s s e m a g g io re o rb ita le E c c e n tric ità A n g o lo d i in c lin a z io n e (a l te m p o ) L o n g itu d in e d e l n o d o a s c e n d e n te (a l te m p o ) A rg o m e n to d e l p e rig e o (a l te m p o ) A n o m a lia m e d ia (a l te m p o )

T a s s o d i v a ria z io n e d e lla lo n g itu d in e d e l n o d o a s c e n d e n te T a s s o d i v a ria z io n e d e ll’a n g o lo d i in c lin a z io n e

D iffe re n z a d i m o to m e d io ris p e tto a l v a lo re n o m in a le

A m p ie z z a d e l te rm in e d i c o rre z io n e a rm o n ic a c o s in u s o id a le d e ll’a rg o m e n to d i la titu d in e

A m p ie z z a d e l te rm in e d i c o rre z io n e a rm o n ic a s in u s o id a le d e ll’a rg o m e n to d i la titu d in e

o e t o e t o e t o e t o e t e a 0 i 0 Ω ω 0 M Ω d i d t nu c C rs C rc C rs C ic C is C A m p ie z z a d e l te rm in e d i c o rre z io n e a rm o n ic a c o s in u s o id a le d e l ra g g io o rb ita le A m p ie z z a d e l te rm in e d i c o rre z io n e a rm o n ic a s in u s o id a le d e l ra g g io o rb ita le

A m p ie z z a d e l te rm in e d i c o rre z io n e a rm o n ic a c o s in u s o id a le d e ll’a n g o lo d i in c lin a z io n e

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IO D E Is s u e O f D a ta , E p h e m e ris

(24)

Di seguito vengono brevemente descritti tali aspetti, rimandando al prossimo capitolo per una esposizione più approfondita.

2.4.1 – Ritardi dovuti all’atmosfera

Quando il segnale satellitare attraversa l’atmosfera subisce un ritardo dovuto al fatto che la velocità dell’onda elettromagnetica che trasporta l’informazione è, nella realtà, minore della velocità della luce , in quanto l’atmosfera presenta un indice di rifrazione

c

/

n v c= maggiore di 1, dove è la velocità di propagazione dell’onda in esame.

v

Il ritardo complessivo ∆tatm è modellato comunemente come il risultato

di due componenti distinte, una di tipo dispersivo ed una di tipo non

dispersivo8; in genere, si è soliti associare la componente non dispersiva del

ritardo alla troposfera e la componente dispersiva, dipendente, quindi, dalla

frequenza, alla ionosfera. Il ritardo tatm può essere espresso come

( )

atm tropo iono

t t t

∆ = ∆ + ∆ f

,

dove e sono rispettivamente i ritardi di tipo troposferico e

ionosferico.

tropo

t

∆ ∆tiono

( )

f

In Fig. 2.11 sono riportate le quote che delimitano le due regioni dell’atmosfera: la troposfera è la zona compresa approssimativamente tra 8 e 40 km sopra il livello del mare, mentre la ionosfera è la parte di atmosfera che supera i 50 km sul livello del mare.

8

(25)

Fig. 2. 11 - Schematizzazione di troposfera e ionosfera

2.4.2 – Spostamento frequenziale per effetto Doppler

L’effetto Doppler è un fenomeno che si verifica ogni volta che durante

una trasmissione a RF trasmettitore e ricevitore sono in movimento tra loro.

Nel nostro caso il satellite è, evidentemente, in moto rispetto all’utente, perciò tale fenomeno va tenuto debitamente in considerazione.

Supponendo di essere nella situazione descritta in Fig. 2.12, dove U è la

posizione dell’utente ed S e vs rispettivamente la posizione e la velocità del

satellite, l’effetto Doppler consiste nel fatto che il ricevitore non riceverà un

segnale alla frequenza effettiva di trasmissione, cioè fL1, ma ad una frequenza

variata secondo un termine aggiuntivo fD, detto appunto frequenza Doppler,

(26)

Fig. 2. 12 - Spostamento di frequenza per effetto Doppler 1 L D f d f c dt ρ = − ⋅ .

Chiaramente questa operazione di calcolo dello spostamento frequenziale per effetto Doppler, o del Doppler tout-court, deve essere fatta per

ciascuno dei satelliti coinvolti nella trasmissione perché varia con ρ e quindi

con la posizione del satellite stesso.

2.4.3 – Sfasamento tra il clock di sistema e quello del satellite

Il clock del satellite inevitabilmente si discosta da quello del sistema, seppure sia dotato di orologi atomici a bordo, e questo scostamento va opportunamente considerato nella simulazione del segnale trasmesso, utilizzando, come per le orbite, appositi parametri di correzione.

(27)

L’algoritmo utilizzato per correggere tale fenomeno e calcolare il relativo ritardo da aggiungere al segnale trasmesso, che verrà descritto in dettaglio nel Par. 3.8, risolve i problemi legati agli effetti relativistici periodici dovuti alla lieve eccentricità dell’orbita satellitare: parte degli effetti è causata dal cambio periodico della velocità del satellite rispetto al sistema di

riferimento ECI e parte è imputabile alla variazione del potenziale

gravitazionale.

Infatti, quando il satellite è al perigeo, la sua velocità è massima ed il potenziale gravitazionale è minimo, dando luogo ad un rallentamento del clock; quando invece si trova all’apogeo, la sua velocità è minima ed il suo potenziale gravitazionale è massimo, in modo tale che il clock subisce un’accelerazione.

Occorre, però, notare che tale algoritmo non contiene correzioni per quanto riguarda gli effetti relativistici, inerenti sia alla relatività ristretta che a quella generale.

Infatti, la necessità di correzioni per gli effetti relativistici appartenenti alla relatività ristretta si manifesta ogniqualvolta la sorgente di segnale (nel

nostro caso, il satellite GPS) ed il ricevitore (l’utente GPS) siano in movimento

rispetto ad un sistema di riferimento isotropico per la velocità della luce (nel

caso del sistema GPS, il sistema ECI), mentre l’opportunità di correzioni per

effetti relativistici di tipo generale sorge nel momento in cui sorgente di segnale e ricevitore sono posti a potenziali gravitazionali differenti ([14]).

Il clock del satellite GPS è affetto sia da effetti appartenenti alla

relatività ristretta che a quella generale; per compensare entrambi gli effetti e fare in modo che la frequenza di riferimento del segnale osservata da un utente al livello del mare sia 10.23 MHz, il sistema provvede a porre la frequenza del clock a 10.22999999545 MHz al momento del lancio di ogni satellite.

Figura

Fig. 2. 1 - Struttura del segnale G PS
Tab. 2. 1 - Grandezze utilizzate nello standard W GS -84
Fig. 2. 3 - Sezione dell’ellissoide sul piano xz
Fig. 2. 4 - Approssimazione della Terra ad una sfera
+7

Riferimenti

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