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2 Il Silicio Poroso

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2 Il Silicio Poroso

Introduzione

L’elettrochimica del Si (o di altri materiali conduttori), raccoglie un ampio range di fe-nomeni caratteristici, alcuni dei quali sono in fase di studio. I più importanti, osservati in condizioni di eccitazione anodica, sono la formazione di pori e di Silicio Poroso (PS), materiale ottenibile mediante un trattamento del silicio con soluzione acquosa di acido fluoridrico HF. Grazie alle sue potenziali applicazioni nel campo microelettroni-co, optoelettronico e fotovoltaimicroelettroni-co, il PS, ha assunto un ruolo importane nell’ambito del-la ricerca scientifica. Ponendo l’attenzione sui sistemi fotovoltaici, strati antiriflesso prodotti con PS hanno dimostrato di avere un basso coefficiente di riflessione, parago-nabile ed in molti casi superiore, a quelli standard a singolo strato in ZnS/MgF2,

deposi-tati su strati pre tratdeposi-tati con procedimenti di texturizzazione ottenuti in camere ad alto vuoto.

Il vantaggio di usare il PS come strato antiriflesso, si unisce quello non meno importan-te, di avere una passivazione ed una texturizzazione indiretta della superficie. Infatti, per la sua morfologia, il PS funge da raccoglitore per la luce (light trapping), inoltre per nel caso di silicio microporoso, le sue proprietà di luminescenza (il suo Gap varia da 1.5-1.8eV), è in grado di assorbire la luce su un ampio range di frequenze, che vanno dall’ultravioletto fino all’infrarosso.

2.1 Storia del Silicio Poroso

Tale fenomeno fu osservato per la prima volta da Uhrlir [17] nel 1956 presso i Bell Labs negli Stati Uniti. Durante alcuni esperimenti sull’electropolishing del silicio in

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so-luzioni acquose di acido fluoridrico (HF), Uhrlir osservò, sotto certe condizioni, la for-mazione di un “deposito opaco nero, marrone o rosso” sulla superficie del wafer sotto-posto ad attacco. A quel tempo si ipotizzò che il film poroso fosse dovuto ad un proces-so di deposizione, dove ioni di silicio disproces-solti si riducevano sulla superficie a formare una struttura amorfa.

Studi successivi di Turner [18], Memming e Schwandt [19] evidenziarono ulteriormen-te la formazione di questo “deposito”, ma soltanto Watanabe [43], nel 1971, riuscì per la prima volta ad identificare la natura porosa di tale film e sfruttarne la bassa tempera-tura di ossidazione per realizzare strati di ossido di silicio di spessore elevato. I risultati ottenuti da Watanabe portarono allo sviluppo, negli anni ’70 e ’80, di processi alternati-vi, basati sul silicio poroso, nell’ambito delle tecnologie dell’isolamento elettronico. In particolare furono sviluppati i processi SOI (Silicon On Insulator) [21] e FIPOS (Fully Iso-lated Porous Oxided Silicon) [22] per la realizzazione di strutture di silicio cristalli-no isolate dal substrato mediante silicio poroso.

L’estrema reattività del silicio poroso, dovuta alla sua enorme superficie esposta, portò al suo impiego come substrato sacrificale nella tecnologia del micromachining, mentre la dipendenza dal drogaggio del processo di formazione del silicio poroso fu utilizzata per la profilatura della distribuzione delle impurità in substrati di silicio di tipo p [23]. L’interesse verso questo materiale rimase tuttavia limitato per molti anni e negli ultimi 20 anni ha avuto una crescita enorme. L’impulso venne dal lavoro di Canham [24] che, nel 1990, mise in evidenza la possibilità di ottenere, da uno strato di silicio poroso, fo-toluminescenza nel visibile a temperatura ambiente (sebbene nel 1984 Pickering [25] avesse già notato emissione di luce nel visibile a temperature criogeniche da parte di una superficie di silicio poroso). Questa ulteriore proprietà del silicio poroso ha spinto numerosi gruppi di ricerca a concentrare i loro sforzi sullo studio dei vari aspetti (pro-cesso di formazione, proprietà chimiche e fisiche) che caratterizzano questo “nuovo” materiale. I risultati ottenuti in questi ultimi anni hanno portato, oltre ad una maggiore comprensione del processo di formazione del silicio poroso, ad interessanti applicazioni di questo materiale quali l’impiego nella realizzazione di sensori chimici, dispositivi optoelettronici in silicio, strutture per isolamento termico, strati antiriflesso per celle so-lari, ecc. Le prime applicazioni di strati di PS come strato antiriflesso per celle soso-lari, è dovuto a Prasad [26]. Egli dimostro che strati di PS potevano essere cresciuti su stati p+ di giunzioni n-p+, in soluzioni concentrate di HF e sotto l’effetto dell’illuminazione.

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dello strato era pari ad 1,9 ovvero era circa la radice quadrata del coefficiente di rifle-sione del Silicio nudo (RPS=(RSi)1/2 )[27], rappresentando così uno strato antiriflesso

ot-timale.

2.2 Produzione del silicio poroso

2.2.1 Metodi di produzione

Le tecniche per la produzione di silicio poroso a partire da substrati di silicio cristallino, ad oggi, sono fondamentalmente due : anodizzazione in soluzioni a base di acido fluo-ridrico (HF) ed attacco stain.

• Anodizzazione

Il metodo più utilizzato per la produzione di silicio poroso è l’anodizzazione [28] in corrente continua con soluzioni elettrolitiche a base di HF, che rispetto agli altri metodi garantisce una migliore riproducibilità in termini di porosità e spessore. In figura 2.1 è riportato uno schema del sistema di anodizzazione per la produzione del silicio poroso.

poroso zione.

Fig. 2.1: cella elettrolitica per la produzione di silicio tramite anodizza

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Il silicio cristallino da sottoporre ad attacco costituisce l’anodo della cella elettrochimi-ca mentre, il elettrochimi-catodo è costituito da un materiale inerte, generalmente platino. La cella è realizzata con un materiale inerte all’acido fluoridrico, tipicamente teflon. La soluzione di anodizzazione è composta da HF, opportunamente diluito in etanolo (C

2H5OH); altre

soluzioni prevedono l’uso, sempre di HF ma in soluzioni in cui l’unico diluente è l’acqua deionizzata (DI). In altre ancora può essere presente un tensioattivo, come il sodium-lauryl-sulfate (SLS), al fine di ridurre la tensione superficiale della soluzione . Di questo si parlerà in seguito. La diluizione con etanolo è necessaria per aumentare la bagnabilità della superficie idrofoba del silicio, e quindi consentire la formazione di strati di silicio poroso più uniformi: soluzioni etanoiche possono infiltrarsi nei pori del-lo strato poroso più facilmente di soluzioni puramente acquose. La presenza di etanodel-lo, inoltre, diminuisce la formazione di bolle di idrogeno presso l’anodo durante la dissolu-zione del silicio, migliorando l’uniformità dello strato poroso (le bolle di idrogeno, è stato osservato, possono attaccarsi alla superficie del wafer producendo punti di inatti-vità sulla superficie e rumore sui parametri di controllo). Quest’ultima può essere ulte-riormente migliorata rendendo più viscosa la soluzione di anodizzazione con l’aggiunta ad esempio di glicerolo. Le caratteristiche dello strato poroso ottenuto dipendono for-temente dalle condizioni in cui avviene il processo di anodizzazione: tipo di drogaggio e resistività del wafer di silicio, composizione della soluzione elettrolitica, regime di anodizzazione, geometria della cella elettrolitica, condizioni di preparazione del cam-pione, ecc. È importante il progetto della cella elettrolitica al fine di ottenere uno strato caratterizzato da una buona omogeneità laterale, infatti, l’attacco elettrochimico proce-de lungo le linee di corrente per cui la forma e la posizione reciproca proce-degli elettrodi (platino e silicio) deve essere studiata per ottenere una distribuzione di campo più uni-forme possibile; è opportuno il controllo della sua temperatura.

Attacco stain

Metodo alternativo all’anodizzazione, lo “stain etching” [29] [30] permette di ottenere film di silicio poroso mediante un attacco puramente chimico, richiedendo semplice-mente l’immersione del substrato di silicio in una soluzione fortesemplice-mente ossidante, quale può essere ad esempio una soluzione acquosa di HNO

3. Gli strati così prodotti sono

strutturalmente simili a quelli realizzati mediante anodizzazione, in quanto la reazione che determina la dissoluzione del silicio è la stessa, con zone della superficie che si

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comportano casualmente come catodi ed anodi localizzati sui quali avvengono le rea-zioni di ossidoriduzione ed il trasferimento di carica.

Questa tecnica, sebbene più semplice dell’anodizzazione, produce strati porosi caratte-rizzati da una peggiore omogeneità e da una minore efficienza luminosa, oltre ad essere affetta da maggiori problemi di riproducibilità.

Al di là dei metodi sopra descritti, che sono tuttavia i più utilizzati per la produzione di silicio poroso, sono stati proposti, in questi ultimi anni, metodi alternativi quali l’erosione “spark” [31], la sintesi di “cluster” di silicio contenenti molecole lumine-scenti come il silioxene [32] e l’etching mediante vapori di HF.

2.2.2 Tecniche di asciugatura

Una volta terminato il processo di dissoluzione del silicio in soluzione acquosa di HF, si deve provvedere all’asciugatura dello strato poroso prodotto, ovvero alla rimozione della soluzione elettrolitica dai pori. L’asciugatura è un passo critico del processo di produzione del silicio poroso, in quanto le forze che si manifestano nei pori in questa fase possono indurre nel film poroso incrinature, contrazioni o vere e proprie rotture. Il metodo di asciugatura più semplice, utilizzato fin dai primi studi su questo materiale, consiste nell’evaporazione della soluzione elettrolitica a pressione atmosferica e tempe-ratura ambiente. Tuttavia, è stato più volte riportato in lettetempe-ratura come questa tecnica di asciugatura, se applicata a film con elevata porosità (superiore del 70%) e/o spessore (dell’ordine dei micron) conduca alla loro inevitabile rottura. Un tale tipo di asciugatura può, dunque, ritenersi accettabile in applicazioni SOI (in cui il silicio poroso viene os-sidato) o nel surface-micromachining (ove il silicio poroso è usato come strato sacrifi-cale), che richiedono strati di porosità e spessore relativamente bassi, mentre non può essere adottata per applicazioni di tipo optoelettronico o sensoristico, ove sono richiesti strati con porosità molto elevata.

La causa principale delle rotture sopra citate è da ricercarsi nelle forze indotte dal fe-nomeno di capillarità associato all’evaporazione del solvente dai pori. Durante la fase di evaporazione si forma, infatti, un’interfaccia liquido-vapore all’interno dei pori che, per effetto della differenza di pressione tra le due fasi, tende a generare tensioni enormi sulla struttura porosa. Per effetto di queste tensioni la struttura porosa, se non sufficien-temente robusta, può subire fratture, rotture o anche la completa disintegrazione.

La massima tensione capillare che può essere sviluppata durante l’evaporazione della soluzione elettrolitica è data dall’equazione di Laplace :

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r cos 2

p= γLV ϑ

Δ (2.1)

dove Δp è la differenza di pressione tra fase liquida e fase vapore, γ

LV è la tensione

su-perficiale del liquido nei pori,

r

cos

ϑ

è la curvatura dell’interfaccia liquido-vapore e r è il raggio medio dei pori. La (2-1) può essere più opportunamente scritta in funzione di due parametri che caratterizzano lo strato poroso: la porosità (P), definita come la frazione di materiale asportato durante l’attacco rispetto al materiale iniziale, e la superficie specifica o superficie interna (S

S).

Poiché il raggio medio dei pori r può essere espresso in funzione della porosità P e della superficie specifica S S (r = 2P/ SS), la (2-8) diventa:

P

cos

S

p

=

γ

LV S

ϑ

Δ

(2.2)

La (2.2) mette esplicitamente in evidenza l’effetto della porosità e della superficie spe-cifica sulle forze di capillarità; in particolare fa notare che lo stress sulla struttura del si-licio poroso può facilmente raggiungere le decine di MPa nel caso di porosità elevate. Il notevole interesse del silicio poroso nell’ambito optoelettronico ha portato allo svi-luppo di vari metodi per diminuire o evitare le rotture del silicio poroso durante la fase di asciugatura. Per completezza vengono riportati metodi di asciugature alternativi a quello a temperatura ambiente usato in questo lavoro di tesi.

• Asciugatura in solventi a bassa tensione superficiale

Le forze di capillarità, responsabili della rottura del silicio poroso in fase di asciuga-tura, possono essere notevolmente ridotte, a parità di raggio medio dei pori, se si bagna il campione in un liquido con tensione superficiale minore di quella dell’acqua (

γ

LV=73 mN m-1) presente nella soluzione di anodizzazione. Sostanze

come l’etanolo [33] (

γ

LV=22 mN m-1) ed il pentano [34] (

γ

LV=14 mN m-1) hanno

permesso di ottenere strati ad alta porosità (fino all’80%) senza fratture inoltre quest’ultimo, in confronto con l’etanolo, ha il vantaggio di non reagire chimicamen-te con silicio poroso. Per contro, poiché il pentano non è miscibile con l’acqua, so-stanza sempre presente nelle soluzioni elettrolitiche, sono necessari bagni prelimi-nari in etanolo o metanolo.

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• Asciugatura supercritica

La fase critica dell’asciugatura si ha in corrispondenza della formazione dell’interfaccia liquido-vapore. È possibile evitarne il formarsi facendo compiere al liquido un percorso termodinamico che lo porti dalla fase liquida direttamente alla fase gas: il liquido nei pori viene compresso e riscaldato al di sopra del suo punto critico e quindi convertito in gas mediante una riduzione della pressione a tempera-tura ambiente. L’elettrolita viene rimosso generalmente con biossido di carbonio li-quido che viene fatto evaporare in maniera sepercritica. Con tale metodo sono state ottenuti strati ad elevata porosità (fino all’95%) [35].

• Asciugatura “freeze drying”

Anche questo, come il precedente, è un metodo per evitare la formazione dell’interfaccia liquido-vapore durante la fase di asciugatura. Alla fine dell’attacco elettrochimico, la soluzione è rimossa dai pori con un opportuno solvente, (ad e-sempio cicloesano). In questo caso però, il percorso termodinamico compiuto dal solvente consta nel passaggio da fase liquida a fase solida e ad una successiva su-blimazione.

2.3 Formazione del silicio poroso

La comprensione dei fenomeni che stanno alla base del processo di formazione del sili-cio poroso non può prescindere dall’analisi del diagramma densità di corrente-tensione (J-V) del sistema elettrochimico Si-HF. La figura 2.2 mostra le “tipiche” curve J-V per silicio di tipo p e n in soluzioni acquose di HF. Si può notare una certa somiglianza con il comportamento da giunzione Schottky [36] che ci si potrebbe aspettare per un’interfaccia semiconduttore-elettrolita, compreso il fenomeno di fotogenerazione di corrente per polarizzazione inversa, ma sono presenti anche delle importanti differenze. Ad esempio, anche se cambia il segno dei portatori maggioritari tra silicio di tipo p e si-licio di tipo n, la reazione chimica presso l’interfaccia sisi-licio-elettrolita rimane la stes-sa. La corrente di polarizzazione inversa in assenza di illuminazione (dark) risulta inol-tre inol-tre ordini di grandezza superiore a quella di un normale diodo Schottky, ad indicare un probabile contributo degli stati superficiali alla conduzione. Un’ulteriore anomalia riguarda, infine, la differenza di potenziale a circuito aperto per il silicio di tipo p e n, non compatibile con la differenza fra i livelli di Fermi nel semiconduttore.

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Per semplicità, le caratteristiche J-V riportate in figura 2.2 possono essere divise in quattro regioni distinte, in funzione del segno della tensione applicata e del tipo di dro-gaggio del silicio utilizzato (substrati p o n).

Fig. 2.2: tipiche caratteristiche J-V per substrati di silicio di tipo p e n in una soluzione elettrolitica a base di HF.

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Tabella 1 : Caratteristiche elettrochimiche dei due tipi di silicio.

Quando si applica un potenziale ad un substrato di silicio in un ambiente acquoso, si induce il fluire, nel sistema, di una corrente esterna misurabile. Comunque sia questa corrente, l’attraversamento dell’interfaccia silicio-elettrolita richiede una sostituzione di portatori di carica, da elettroni nel silicio a ioni nell’elettrolita. Questa conversione è re-sa possibile da una specifica reazione chimica di ossido-riduzione presso l’interfaccia stessa. L’applicazione di un potenziale, dunque, induce una precisa reazione interfac-ciale, la cui natura è determinante per la formazione del silicio poroso. In condizioni di polarizzazione catodica, il silicio, di tipo p e n, è stabile: non si assiste a nessun proces-so di disproces-soluzione e l’unica reazione significativa presproces-so l’interfaccia silicio-elettrolita è la riduzione dell’acqua con conseguente sviluppo di idrogeno gassoso. Per il silicio di tipo p questa reazione avviene solo per elevate tensioni catodiche, o, usando la termino-logia Schottky, alla tensione inversa di breakdown.

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La dissoluzione del silicio avviene solo in condizioni di polarizzazione anodica. La morfologia della superficie di silicio che risulta dalla dissoluzione dipende fortemente dall’ampiezza della polarizzazione anodica. Per alte tensioni anodiche la superficie di silicio subisce un processo di electropolishing e risulta caratterizzata da una morfologia planare e relativamente liscia. Al contrario, per basse tensioni anodiche si assiste alla formazione di silicio poroso con una morfologia superficiale caratterizzata da un vasto labirinto di canali che penetrano in profondità nel substrato. La dimensione, forma e densità dei pori dipende dalle condizioni di anodizzazione, quali la concentrazione di HF, la tensione di anodizzazione, il tempo di anodizzazione, il tipo e la concentrazione di drogaggio del substrato di silicio, la temperatura, ecc.

Sebbene la struttura porosa risultante sia molto complessa ed il reticolo cristallino del silicio poroso sia particolarmente stressato [37], il silicio rimasto fra i pori mantiene la sua originale cristallinità [37] [38], ad indicare che la formazione dei pori avviene per dissoluzione diretta del substrato di silicio e non è il risultato di qualche fenomeno di rideposizione o riarrangiamento della matrice cristallina. La figura 2.3 riporta la zona anodica della caratteristica J-V del sistema Si-HF suddivisa in tre regioni (indicate in figura con A, B e C) a seconda del tipo di dissoluzione che vi si manifesta.

Fig. 2.3: caratteristica J-V per il sistema Si-HF con in evidenza (a de-stra) le principali regioni di dissoluzione.

La formazione dei pori si osserva per basse tensioni di polarizzazione anodica (regione A), al di sotto del primo picco della densità corrente (J

PS in figura 2.3) noto come picco

di electropolishing. Ad eccezione del silicio di tipo n, che è polarizzato inversamente e va in breakdown per elevate tensioni di polarizzazione anodica, la densità di corrente nella regione A per il silicio di tipo p, p+ e n+ manifesta una dipendenza di tipo espo-nenziale dalla tensione applicata [39], con una pendenza di Tafel di circa 60 mV per decade. Quest’osservazione sperimentale evidenzia, per l’interfaccia silicio-elettrolita,

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nelle suddette condizioni, un comportamento tipo giunzione Schottky polarizzata diret-tamente, dove si ha una corrente limitata dal rifornimento di portatori di carica presso l’interfaccia. Per quanto riguarda invece il silicio di tipo n la cinetica di reazione ha sempre un andamento esponenziale, ma il profilo J-V viene complicato da meccanismi di breakdown, oltre che dalla presenza di un’isteresi [39].

Per tensioni di polarizzazione anodica oltre il valore di V

PS (regione C), si verifica il

fe-nomeno dell’electropolishing, in cui la dissoluzione del silicio procede attraverso la formazione di un ossido anodico superficiale e la sua successiva rimozione.

Infine, nella regione intermedia (regione B), esiste una zona di “transizione” ove il pro-cesso di formazione dei pori e l’electropolishing competono per il controllo della mor-fologia della superficie del silicio [39]. La struttura risultante in questa regione è gene-ralmente di natura porosa, con diametro dei pori che aumenta rapidamente avvicinan-dosi alla tensione di electropolishing.

Il secondo picco nella caratteristica J-V del sistema Si-HF (figura 2.3), compreso inte-ramente nella regione di electropolishing, coincide con l’inizio di una zona sede di o-scillazioni stabili della corrente, la cui natura non è ancora ben chiara. Alcuni autori hanno messo in relazione queste oscillazioni al breakdown dielettrico dell’ossido ano-dico che si forma in regime di electropolishing, prima che questo venga dissolto dall’HF; altri le hanno associate alla formazione di due ossidi con stechiometria diffe-rente caratterizzati da una diversa velocità di attacco da parte dell’acido fluoridrico pre-sente in soluzione [40].

Per una completa descrizione delle caratteristiche J-V del sistema Si-HF, è necessario considerare anche la loro dipendenza dal tipo e dalla concentrazione di drogaggio del substrato di silicio [36].

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Fig. 2.4: tipiche caratteristiche J-V per substrati di silicio n, p, n+, p+ in condizioni di polarizzazione anodica ed in assenza di illuminazione. Le curve J-V per differenti drogaggi del substrato (n, p, n+, p+), in condizioni di anodiz-zazione analoghe, sono schematicamente riportate in figura 2.4. Si può notare come in zona anodica, fissata la tensione (densità di corrente), la densità di corrente (tensione) di anodizzazione varia al variare del drogaggio. In particolare, si osserva che, a parità di tensione (densità di corrente), la formazione dei pori avviene con preferenza nel silicio di tipo n+ e poi a seguire in quello di tipo p+, p ed infine n. Questo comportamento sug-gerisce la possibilità di utilizzare substrati diversamente drogati per realizzare anodiz-zazioni selettive del silicio.

Fig.2.5 - diagramma a zone Log(J) – Log(HF%) che evidenzia le regioni di formazione dei pori (A), di transizione (B) e di electropolishing (C).

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In figura 2.5 sono riportate le tre zone rappresentative delle diverse tipologie di disso-luzione del silicio (vedi figura 2.3), in funzione della densità di corrente e della concen-trazione di HF. Le rette α e ρ rappresentano le transizioni tra due differenti regioni. Dal-la figura 2.5 si può osservare che Dal-la regione in cui si ha Dal-la formazione del silicio poroso (regione A) si estende verso densità di correnti elevate all’aumentare della concentra-zione di HF in soluconcentra-zione. In pratica, in soluzioni con elevate concentrazioni di HF, la formazione dei pori si può avere su un ampio intervallo di densità di corrente, mentre per basse concentrazioni di HF la regione A di formazione dei pori è limitata a basse densità di corrente. Si può, dunque, concludere che la formazione dei pori è favorita da elevate concentrazioni di HF e da bassi valori della densità di corrente, mentre l’electropolishing risulta favorito da basse concentrazioni di HF ed elevati valori della densità di corrente.

2.4 Proprietà del silicio poroso

2.4.1 Morfologia del silicio poroso

Il silicio poroso, come già accennato, si presenta come un insieme di pori interconnessi che si propagano, in maniera più o meno regolare, nel substrato di silicio. La varietà di strutture porose che caratterizzano questo materiale è molto estesa: si va da strutture co-lumn-like con pori ordinati di dimensioni micrometriche a strutture sponge-like con diametri dei pori di pochi nanometri. In figura 2.6 è presentata solo una piccola parte delle possibili morfologie che si possono osservare nel silicio trattato in soluzioni di a-cido fluoridrico. Le differenze nella struttura e nella dimensione dei pori sono dovute alle diverse condizioni in cui viene eseguito il processo di dissoluzione del silicio, ove ogni fattore ha la sua importanza: tipo di drogaggio, resistività ed orientamento cristal-lografico del substrato, regime di anodizzazione, composizione della soluzione elettroli-tica, tipo di illuminazione nel caso di substrati di tipo n, ecc. In figura 2.7 sono riporta-te, schematicamenriporta-te, un insieme di morfologie caratteristiche in funzione del tipo e del-la concentrazione di drogante del substrato di silicio.

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Fig. 2.6: possibili morfologie di film di silicio poroso su substrati di tipo p e n.

In accordo con lo standard IUPAC, basandoci sulla geometria, ovvero sul diametro me-dio e sulla distanza media, possiamo distinguere tre categorie di pori:

Micropori: diametro medio e distanza media < 10nm. (1nm=10-9m).

Mesopori: con geometria tra i 10-50nm. Macropori: con geometria >50nm.

Questo tipo di classificazione non tiene conto della effettiva morfologia dello strato po-roso ma fa solo riferimento alle dimensioni degli elementi che lo costituiscono (pori e struttura cristallina fra i pori).

Le tre tipologie di pori, sopra elencate, possono essere ottenute per una gran varietà di condizioni di porizzazione e con un ampio range di morfologie differenti. La non com-pleta comprensione dei fenomeni che reggono il processo di formazione dei pori non consente di correlare le varie morfologie del silicio poroso con le variabili del processo stesso. Ciò che si può affermare, sulla base di evidenze sperimentali, è che substrati di

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silicio di tipo p (Si-p) poco drogati danno origine, in genere, a strati microporosi carat-terizzati da una fitta rete di pori fortemente interconnessi (sponge-like), mentre strati macroporsi caratterizzati da strutture colonnari (column-like) sono ottenibili solo per basse correnti e concentrazioni di HF (figura 2.6h). Substrati di tipo p molto drogati (p+) forniscono tipicamente strati mesoporosi con pori ordinati in direzione <100> e ramificazioni pronunciate (branched pore).

Fig. 2.7: diagramma schematico che illustra le morfologie caratteristiche dei pori e le dimensioni tipiche in funzione del tipo e della concentrazione del drogaggio del sub-strato di silicio.

Per substrati di tipo n si ottengono, in genere, strati macroporosi con struttura column-like per basse correnti e concentrazioni di HF (figure 2.6d, e) [41].I pori così ottenuti manifestano una direzione preferenziale di crescita, <100>, con pareti definite dai piani {100}[42]. Si nota, inoltre, una crescita laterale dagli angoli dei pori principali nei piani (100) (figura 2.7a) che in alcuni casi può mascherare il poro centrale (figura 2.7b). Al crescere della corrente e della concentrazione di HF si osserva un passaggio da strati macroporosi a strati microporosi, mentre all’aumentare della concentrazione di drogan-te (n+) si ha una transizione da strati microporosi a strati mesoporosi con morfologia simile a quella che si ha con substrati di tipo p+.

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Le tecniche più utilizzate per la caratterizzazione morfologica del silicio poroso sono l’analisi al microscopio elettronico a trasmissione (TEM) e a scansione (SEM) e la dif-frazione a raggi X [43]. Le tecniche TEM e SEM vengono utilizzate per ottenere infor-mazioni dettagliate sulla struttura interna del silicio poroso, mentre la diffrazione a rag-gi X viene impiegata per ottenere informazioni di tipo quantitativo circa la struttura po-rosa del materiale (dimensione media delle nanostrutture che caratterizzano lo strato poroso, superficie esposta per unità di volume, ecc.).

Effetto del potenziale di anodizzazione. Generalmente, un incremento della tensione di anodizzazione, e quindi della densità di corrente di anodizzazione, determina, per e-levate concentrazioni di HF nella soluzione elettrolitica, un aumento del diametro dei pori per entrambe i tipi di drogaggio del substrato (p e n), sebbene l’effetto sia più pro-nunciato per il silicio di tipo n in quanto caratterizzato da pori di dimensioni maggiori. Per basse tensioni di anodizzazione (regione A della caratteristica J-V in figura 2.5) i pori sono di piccolo diametro e tendono a distribuirsi casualmente nel substrato di sili-cio. All’aumentare della tensione i pori tendono ad aumentare di diametro ed in prossi-mità del regime di electropolishing (regione B in figura 2.5), si osserva una tendenza a disporsi lungo la direzione <100> [44], passando così da una struttura caratterizzata da pori sottili ed altamente interconnessi (sponge-like) ad una costituita da pori di maggio-ri dimensioni allineati lungo una specifica direzione (column-like). Il fatto che i canali si dispongano solo lungo la direzione <100> è dovuto alla forte dipendenza del proces-so di disproces-soluzione del silicio dall’orientazione cristallografica. Il piano (100), infatti, avendo due legami diretti simmetricamente nella soluzione elettrolitica (figura 2.8), presenta la geometria più favorevole per la dissoluzione del silicio.

Fig. 2.8: orientazione dei legami per tre comuni piani cristallografici. So-lo il piano (100) presenta due legami simmetrici diretti verso la soluzione.

Effetto del drogaggio. L’effetto del drogaggio sulla morfologia si ripercuote, essen-zialmente, sulla dimensione media dei pori e sull’omogeneità della loro distribuzione.

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Le morfologie del silicio poroso sono, in genere, riunite in quattro gruppi base in fun-zione del tipo e della concentrafun-zione di drogante: p, n, p+, n+.

L’anodizzazione di substrati di tipo p conduce a strutture di tipo microporoso, caratte-rizzate da una rete di pori omogenea e fortemente interconnessa. I diametri e le distanze tra i pori sono estremamente piccole, tra 1 e 5 nanometri. All’aumentare della concen-trazione del drogante, aumentano sia il diametro che la distanza tra i pori ed il materiale tende a diventare mesoporoso. Inoltre, per substrati di tipo p+, si evidenzia una struttura molto anisotropa, caratterizzata da lunghi canali orientati secondo la direzione cristallo-grafica <100>.

Per substrati di tipo n, in genere, sia il diametro che la distanza tra i pori tende a dimi-nuire all’aumentare della concentrazione del drogante. I pori nel silicio di tipo n hanno diametri notevolmente superiori a quelli nel silicio di tipo p e manifestano una forte tendenza a formare canali orientati in direzione <100> per basse concentrazioni di dro-gante, piuttosto che una rete di pori diretti casualmente come avviene per il silicio di ti-po p. L’anodizzazione di silicio di titi-po n+ conduce alla formazione di un materiale me-soporoso, morfologicamente simile a quello ottenuto con substrati di tipo p+; ciò ha portato a concludere che, probabilmente, l’effetto tunnel sia un fattore importante nella formazione dei pori nel silicio fortemente drogato [45].

Effetto della concentrazione di HF. Il parametro morfologico che più risente di varia-zioni della concentrazione di HF è la porosità. Come abbiamo osservato in precedenza, la concentrazione di HF partecipa alla determinazione del valore della densità di cor-rente per la quale si ha electropolishing (J

PS in figura 2.3). Fissati, dunque, il drogaggio

del substrato e la corrente di anodizzazione, una variazione della concentrazione di HF determina una variazione della regione di formazione del silicio poroso (regione A in figura 2.5). In particolare, un aumento della concentrazione di HF determina un incre-mento della J

PS e quindi della regione di formazione del silicio poroso. Il punto

rappre-sentativo del nuovo regime di formazione dei pori, nel diagramma di figura 2.5, risulta, dunque, più lontano dalla regione di electropolishing e quindi, per quanto è stato detto in precedenza, si assisterà ad una riduzione della porosità. Quindi una variazione posi-tiva della concentrazione di HF, a parità di corrente di anodizzazione, determina una diminuzione della porosità [46]. La concentrazione di HF influisce anche sulla tipologia dello strato poroso; infatti, come si è visto in precedenza, per substrati poco drogati (di

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tipo n o p) basse concentrazioni di HF portano a strati macroporosi, mentre elevate con-centrazioni producono strati microporosi.

Effetto del tempo di anodizzazione. La durata del processo di anodizzazione influenza principalmente lo spessore dello strato prodotto: una relazione di tipo lineare è di solito riportata tra lo spessore del silicio poroso cresciuto ed il tempo di anodizzazione [47]. All’aumentare del tempo di anodizzazione, tuttavia, si osserva anche un aumento della porosità, a parità di concentrazione di HF e di densità di corrente. Questo effetto è più pronunciato per bassi valori del drogaggio del substrato, mentre è trascurabile per mate-riali fortemente drogati. La spiegazione al fenomeno è da ricercarsi nell’esistenza, con-testualmente all’anodizzazione, di una dissoluzione puramente chimica del silicio poro-so [24].

Effetto dell’illuminazione. La presenza dell’illuminazione, in quanto meccanismo di generazione di coppie elettrone-lacune, durante il processo di formazione dei pori si rende necessaria solo nel caso di silicio di tipo n, per cui la sua influenza sulla morfolo-gia è significativa solo su questi ultimi substrati. Comunque, per substrati di tipo p, il suo effetto sembra essere quello di aumentare il diametro dei pori.

Nel caso di substrati di tipo n, è stato osservato che l’illuminazione comporta effetti dif-ferenti sulla morfologia a seconda che la luce giunga sulla superficie del wafer a diretto contatto con l’elettrolita, ove si ha la formazione del silicio poroso, oppure sulla super-ficie opposta. Nella seconda situazione lo strato prodotto è caratterizzato da pori più omogenei e uniformi in profondità (figura 2.9).

Fig. 2.9: effetto dell’illuminazione su macropori di tipo n: (a) illumi-nazione sulla superficie del wafer non a contatto con l’elettrolita, (b)

(19)

2.4.2 Invecchiamento e stabilizzazione

L’elevata reattività del silicio poroso determina una continua evoluzione nel tempo del-la composizione chimica deldel-la sua superficie, e ciò si ripercuote sulle sue proprietà otti-che ed elettriotti-che, in termini di una loro progressiva alterazione. Al fine di ottenere di-spositivi, basati sul silicio poroso, con caratteristiche stabili nel tempo sono stati svi-luppati vari trattamenti, successivi all’anodizzazione, che hanno lo scopo di stabilizzare la superficie di questo materiale. Si tratta prevalentemente di processi di ossidazione as-sistita, quali l’ossidazione termica, l’ossidazione anodica e l’ossidazione chimica. L’ossidazione termica consiste semplicemente in una ossidazione della matrice porosa ad elevate temperature. Il livello di ossidazione che si raggiunge al termine del processo dipende dalla concentrazione e dal tipo di drogante del substrato, dalla temperatura e dal tempo di ossidazione. A titolo di esempio, strati mesoporosi ottenuti da substrati di tipo n+ ossidati a 1050 °C raggiungono un livello di ossidazione del 90% dopo circa 30 secondi. L’ossidazione anodica consiste in un’ossidazione assistita da un flusso di cari-ca. Ciò permette di effettuare un’ossidazione selettiva, in quanto solo le strutture per-corse da corrente vengono ossidate. La velocità con cui avviene tale ossidazione dipen-dente dalla resistenza dei cristalli e quindi dalle loro dimensioni. Tentativi di ossidazio-ne chimica sono stati compiuti utilizzando perossido di idrogeno, acido nitrico o acqua bollente; i risultati ottenuti non sono migliori dei due metodi precedenti, e per questo motivo tale ossidazione è poco utilizzata. Si fa notare, comunque, che qualunque sia il processo utilizzato, non si raggiungerà mai una completa stabilizzazione nel tempo del-la superficie del silicio poroso, in quanto l’ossido ottenuto mantiene una matrice porosa e quindi manifesterà sempre una certa reattività chimica.

2.5 Il Silicio Poroso come Strato Antiriflesso per Celle Solari

2.5.1 La formazione dello strato antiriflesso

La riduzione della riflettività della superficie delle celle solari in silicio, rappresenta ad oggi uno dei modi migliori per migliorarne le prestazioni. Dalle recenti ricerche sul si-licio mesoporoso, ottenuto con uno dei metodi sopra esposti (anodic etching, etc.), sem-bra che sia il candidato principe per soppiantare i tradizionali trattamenti, come textu-rizzazione con attacchi in NaOH seguita dalla deposizione di un doppio strato di SiO2/TiO2 , usato sia come passivante che come strato antiriflesso [48]. L’alternativa è

(20)

della parte superiore della cella, costituita da uno strato di Si-n+, che funge da emettito-re nella giunzione p-n+(vedi 1.6.3). Attualmente le due tecnologie prima citate si equi-valgono in termini di prestazioni, ma lavori attuali [48], hanno dimostrato che l’efficienza delle celle a giunzione p-n+ può notevolmente essere migliorata controllan-do in real time i parametri di attacco elettrochimico [49] e chimico per la formazione dei pori. Si possono ottenere in questo modo strati antiriflesso a doppio layer di PS, con un unico step. Ciò comporta una notevole semplificazione del processo produttivo e di conseguenza una possibile riduzione dei costi.

Riguardo ai singoli strati, è da sottolineare che tali tecniche non scendono sotto l’11% di riflettività, con forte dipendenza dalla lunghezza d’onda incidente, contro il 3,3% del sistema più efficiente rappresentato da un doppio strato Zn/MgF2 [50]. Tuttavia, tali

strati sono deposti in condizioni di alto vuoto con tecniche di deposizione CVD (Che-mical Vapour Deposition); ciò rende il processo molto costoso e di conseguenza non u-tilizzabile per applicazioni commerciali. Lavori recenti [51], hanno dimostrato che doppi strati di film sottili antiriflesso in “diamond-like carbon/Silicio Poroso” (DLC/PS ) presentano una riflettivività del 2,5%, su di un range che va da 400nm a 860nm. Altri hanno dimostrato che doppi strati di SiOxNY/PS (Oxynitride/Porous) hanno ottime

pre-stazioni su di un ampio range di lunghezze d’onda.

Il grosso vantaggio degli strati in PS è rappresentato dall’abbattimento dei costi di pro-duzione e dalla possibilità di ottenere, oltre allo strato antiriflesso, sia texturizzazione (light trapping), che passivazione, come discusso precedentemente. Di seguito è riporta-to l’andamenriporta-to della riflessività della superficie in funzione della lunghezza d’onda, a parità di concentrazione di HF in soluzione con l’etanolo e per varie correnti di anodiz-zazione per uno singolo strato di PS formato su di una giunzione p-n+:

(21)

Fig. 2.10: riflettività della superficie di un singolo strato in PS pro-dotto in una giunzione p-n poco profonda. Lo strato è stato formato con una soluzione al 30% di acido fluoridrico in etanolo, con una densità di corrente di anodizzazione pari a 2 mA/cm2,(PS1) e 50 mA/cm2 (PS2,PS3,PS4). La carica è di 0,1C/cm2 per PS1 e PS2 0,125 (PS3) e 0,175 C/cm2(PS4). c-Si è la riflettività del silicio non

trattato.

Altri esperimenti hanno mostrato una forte diminuzione dell’indice di rifrazione, con-fermando i dati del grafico sopra: è stata effettuata una misura della riflettività di uno strato di PS prodotto su Si-n+ diffuso in una regione p <100>, lo spessore dello strato risulta pari a 70nm. La stessa misura è stata effettuata su del Si nudo. Mentre lo strato antiriflesso presenta una riflettività di circa del 5-10% (Fig. 2.11b) , il silicio nudo pre-senta una riflettività >35%. Si riporta di seguito l’immagine AFM dello strato di spes-sore 70nm ed i grafici della riflettività[27].

(a) (b)

Fig.2.11: immagine AFM dello strato di spessore 70nm(a) ed i grafici della riflettività% rispetto alla lunghezza d’onda λ(nm), dello strato di Si nudo e dello strato di PS(b) È possibile ottenere strati sottili antiriflesso in silicio poroso su celle in silicio monocri-stallino (orientato (100)), a giunzione p-n, dove può essere presente anche una texturiz-zazione, con attacchi stain [52]. Inoltre il vantaggio di tale tecnica consiste nel poter formare lo strato di PS dopo che è stata deposta, con tecniche di screen-printig, la metal dei contatti sul front e sul retro della cella. Il processo di formazione dello strato di PS consiste nel distribuire in modo uniforme la soluzione di attacco chimico, a base di aci-do fluoridrico (HF), sulla parte frontale della cella con la tecnica spray-on aci-dosanaci-do opportunamente la quantità di acido con un dispositivo a becco che compie spostamenti calibrati lungo due direzioni perpendicolari per lungo tempo, in questo modo si ha una passivazione della superficie della cella con legami Si-H, come è sostenuto da

(22)

Yablo-novitch [53] . Solitamente l’attacco stain prevede soluzioni di HF ed HNO3, ma in

que-sto caso, poiché è già presente il contatto di metal, si preferisce usare soluzioni conte-nenti solo HF meno aggressivo dell’HNO3 nei confronti del contatto metallico. Il

con-fronto tra una cella solare con uno strato di PS costruito con la procedura prima detta (attacco stain) ed uno senza ha mostrato un aumento dell’efficienza di conversione in condizione di illuminazione AM1 dal 7,5% al 12,5% ed un miglioramento del FF dal 60% al 70%.

Strati antiriflesso in PS sono stati prodotti su celle solari aventi una texturizzazione e in presenza dei contatti di metal, depositati per screen-printing [54]. Lo strato è stato rea-lizzato con attacco stain tramite soluzioni di HF, HNO3 ed altri additivi. Il tempo

mas-simo di attacco è di 6s, che corrisponde alla formazione di uno spessore di 200nm. Da un’analisi AFM si è constatata una produzione uniforme di PS tra due colline della te-xturizzazione. Sono stati inoltre comparati i valori dell’efficienza, della Voc, della Isc e

del FF della cella con strato PS e della cella senza PS dimostrando un significativo au-mento delle prestazioni per tutti i parametri. Le prove sono state condotte con frequenze appartenenti a tutto lo spettro ed in condizioni di AM1,5.

Tabella 2: confronto tra le caratteristiche di due celle solari, una contenente uno strato di PS (co-lonna a destra) ed una senza, con luce appartenente a tutto spettro ed in condizioni AM1,5.

Fig. 2.12: immagine AMF della superficie texturizzata della cella (sinistra) e dello strato poroso tra due colline della texture (de-stra).

(23)

Esperimenti hanno dimostrato che pur migliorando l’assorbimento della luce con una strato antiriflesso di PS prodotto su celle a giunzione Si p-n+, i valori della Voc sono

sempre inferiori ai valori attesi [27]. Ciò è dovuto all’aumentare della ricombinazione nello strato PS, posto sul front della cella. Questo impedisce alle cariche mobili foto ge-nerate di essere raccolte dalla giunzione p-n+ e quindi di contribuire alla Jsc [27].

Que-sto fenomeno, secondo Parkhulik [55] e da imputare all’elasticità media dei pori e alle forti pressioni a cui sono sottoposti creando delle microfratture che favoriscono appunto la ricombinazione.

Sempre nell’ambito delle applicazioni fotovoltaiche, è stata studiata l’influenza dello strato poroso sulla resistenza di strato offerta dal front di una cella solare in Si multicri-stallino a giunzione p-n, su cui è stato prodotto del PS [31]. Formazione di strati di PS in soluzioni contenenti HF, H2O, acido nitrico e piccole quantità di etanolo riducono la

resistenza di strato da 150Ω/quadrato (caso di soluzioni di etching contenenti H2O ed

HNO3) a 30 Ω/quadrato, avvicinandosi ai 33 Ω/quadrato delle celle senza strato di PS.

Fig.2.12: confronto tra la resistenza di strato di una cella in silicio multicristallino con e senza lo strato di PS, a parità di tempo d’attacco.

2.5.2 Progetto dello strato antiriflesso realizzato in questa tesi

La progettazione dello strato antiriflesso a singolo strato in PS per celle solari in silicio a giunzione p-n+, si basa sul calcolo della porosità ottimale. Esso viene effettuato utiliz-zando l’approssimazione di Bruggeman per un mezzo eterogeneo composto da due ma-teriali (EMA, equazione 2.3): la porosità è espressa come una funzione dell’indice di ri-frazione del silicio (nSi) e dello strato antiriflesso (nar). Il valore di nar usato è quello

che minimizza l’indice di riflessione R :

Si 0

ar

n

n

(24)

dove nSi=3,858-j0,018 (indice di rifrazione del silicio) e n0=1 (indice di rifrazione dell’aria).

(

)(

)

(

n

1

)

n

3

n

2

1

n

n

100

(%)

f

Porosità

2 Si 2 ar 2 ar 2 ar 2 Si vuoto

+

=

=

(2.3)

Poiché l’indice di rifrazione dipende dalla lunghezza d’onda, il valore usato è quello del color rosso λ0=632,28nm perchè nel suo intorno è massima l’efficienza quantica esterna

(EQE) di una cella solare con singolo strato antiriflesso:

200 400 600 800 1000 1200 0 20 40 60 80 100 EQE% λ (nm)

Fig.2.12: Efficienza Quantica Esterna in funzio-ne della lunghezza d’onda.

)

secondo(

al

incidenti

fotoni

secondo

al

generati

elettroni

=

Esterna

Quantica

Efficienza

λ

Per λ0=632,28nm, nar=1,96 (valore ottenuto trascurando la parte immaginaria di nSi).

Sostituendo tale valore nell’espressione EMA si ottiene una porosità ottimale del 60%. Il progetto prosegue nella ricerca delle specifiche per produrre un singolo strato in PS con porosità del 60%:

• Composizione percentuale della soluzione chimica per l’attacco elet-trochimico

• Ricerca della corrente di electropolishing • Ricerca della caratteristica porosità/corrente

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Ottenuti questi valori, si può realizzare lo strato antiriflesso in PS con una porosità del 60% su celle solari che comprendo sia i contatti metallici della parte frontale che il contatto della parte inferiore della cella. È inoltre possibile, tramite l’electropolishing, cellerealizzare l’emettitore selettivo.

Ulteriormente è possibile confrontare varie tipologie di celle solari, al fine di stimare quella con le prestazioni migliori:

ß Celle solari senza strato antiriflesso ß Celle solari con strato antiriflesso in PS

ß Celle solari su cui è stato realizzato electropolishing (emettitore se-lettivo)

ß Celle solari su cui è stato realizzato electropolishing (emettitore se-lettivo) e strato antiriflesso a singolo strato in PS

Figura

Fig. 2.1: cella elettrolitica per la produzione di silicio  tramite anodizza
Fig. 2.2:  tipiche caratteristiche J-V per substrati di silicio di  tipo p e n in una soluzione elettrolitica a base di HF
Tabella 1 : Caratteristiche elettrochimiche dei due tipi di silicio.
Fig. 2.3: caratteristica J-V per il sistema Si-HF con in evidenza (a de- de-stra) le principali regioni di dissoluzione
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