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1. Introduzione. 1.1. Opere di sistemazione dei corsi d’acqua.

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Academic year: 2021

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1. Introduzione.

1.1. Opere di sistemazione dei corsi d’acqua.

I corsi d’acqua allo stato naturale cioè senza opere che ne abbiano limitato o alterato l’evoluzione spesso modificano rapidamente il proprio andamento sia altimetrico che planimetrico, tendendo verso una situazione di equilibrio.

Un tronco fluviale risulta mediamente in equilibrio se il volume solido che nell’anno medio giunge in esso da monte è pari a quello che la corrente è in grado di trasportare a valle. Invece in un tronco fluviale in cui giunge da monte un volume solido maggiore di quello che la corrente può trasportare a valle si avranno depositi, che danno luogo a un aumento della pendenza di fondo del tronco stesso, e quindi ad un aumento del trasporto solido verso valle; i depositi cesseranno quando si sarà raggiunta quella pendenza di fondo che permette alla corrente di far defluire a valle tutto il volume solido che giunge da monte. Analogamente , se il volume solido in arrivo da monte è inferiore alla capacità di trasporto solido della corrente , si verificano nel tronco fluviale delle erosioni, che originano una riduzione della pendenza di fondo; le erosioni avranno termine quando si sarà ottenuta quella pendenza per cui il volume solido trasportato a valle è uguale a quello in arrivo da monte.

Nelle sistemazioni dei corsi d’acqua è frequente la necessità di tenere sotto controllo la naturale tendenza evolutiva della morfologia dell’alveo.

Le tradizionali opere di sistemazioni idrauliche, quali briglie e soglie, hanno in genere rapida ed elevata efficacia per quanto riguarda problemi legati alla stabilizzazione di un tratto d’alveo fluviale.

Le briglie sono degli sbarramenti perpendicolari alla direzione della corrente e molto sporgenti rispetto al fondo dell’alveo, posti ad una certa distanza l’uno dall’altro creano dei piccoli invasi che col tempo vengono riempiti dal materiale solido proveniente da monte. La conseguente riduzione della pendenza media del fondo dell’alveo conduce alla classica configurazione a gradoni ( Figura 1.1 a ).

Anche le soglie sono opere trasversali, possono essere emergenti, con altezza fuori terra inferiore ai 1.5-2 m, oppure a raso con altezza, fuori terra, nulla.

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Pendenza originaria

Pendenza di sistem azione

M ateriale depositato Briglia

b)

a)

Profilo di sistem azione

Profilo prim itivo

Figura 1.1 : sistemazione con briglie a) e con soglie b).

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Sia le briglie che le soglie presentano però alcuni effetti collaterali di tipo ambientale: spesso queste opere sono costruite in calcestruzzo risultando non compatibili con l’ambiente circostante e costituiscono un ostacolo alla risalita della fauna ittica che viene frammentata in tante popolazioni riproduttive isolate. Inoltre la presenza di opere trasversali massicce in alveo riduce l’apporto di materiale solido a valle, provocando in tali tratti fenomeni erosivi indesiderati, e nei casi più gravi interessando anche i litoranei. Gli approfondimenti scientifici sviluppati nell’ambito delle sistemazioni idrauliche hanno aperto gli scenari a nuove opere non convenzionali, maggiormente sensibili agli aspetti ambientali. Tra queste le rampe in massi stanno prendendo il posto delle opere tradizionali.

1.2 Rampe in pietrame.

Le rampe in massi sono strutture impiegate nelle sistemazioni idrauliche per produrre significative dissipazioni di energia assicurando contemporaneamente la stabilità del letto dell’alveo. Sono strutture flessibili, compatibili con l’ambiente circostante, funzionali ed economiche, dal momento che costano circa la metà di un’opera tradizionale.

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Inoltre il trasporto del materiale solido non è arrestato, in quanto l’energia della corrente è ancora sufficiente per il trasporto e inoltre il passaggio dei pesci migratori verso monte è assicurato attraverso i varchi presenti tra i massi.

Le rampe in pietrame sono costituite da elementi rocciosi di dimensioni variabili da pochi decimetri fino a 1÷2 metri e vengono realizzate in alvei con pendenze di fondo che variano dal 10%, per corsi d’acqua di tipo fluviale, fino al 30-40% per corsi d’acqua torrentizi. La prima grande classificazione tra le rampe può essere fatta in funzione della scabrezza dei massi:

• Rampe lisce o scivoli. • Rampe scabre.

Le rampe lisce vengono realizzate in calcestruzzo e ricoperte con massi o legno.

Quelle scabre sono le rampe in pietrame vere e proprie e a loro volta possono essere distinte in rampe con posa regolare e con posa irregolare.I massi, nel caso di rampa con posa irregolare, non occupano una posizione precisa, ovvero possono essere semplicemente rovesciati nel corso d’acqua, cosicché ne deriva una costruzione libera. Invece con posa in opera di massi in modo regolare e compatto il masso occuperà la miglior posizione possibile, lasciando pochi vuoti ,resistendo meglio all’azione della corrente ,ma questo procedimento ha un costo più elevato a causa della tecnica realizzativa.

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Dal punto di vista idraulico, la rampa può essere schematizzata come un tratto a forte pendenza preceduto e seguito da un tratto a debole pendenza ( Figura 1.6 ).

Tratti a debole pendenza

Tratto a forte pendenza

Figura 1.6: schematizzazione di una rampa in pietrame.

Nella sezione di ingresso della rampa generalmente si stabilisce l’altezza critica.

Sulla rampa la corrente è veloce e accelerata mentre nel tratto indefinito verso valle la corrente ritorna ad essere lenta ed uniforme.

Il passaggio tra la corrente veloce sulla rampa e quella lenta a valle, porta alla formazione del risalto idraulico, che contribuisce alla dissipazione di energia.

Il funzionamento ottimale della rampa si ha quando la corrente in arrivo da monte subisce una forte accelerazione, comportandosi come uno stramazzo a lama aderente, in corrispondenza del coronamento della rampa , quindi raggiunge il moto uniforme sulla rampa e si manifesta un risalto al piede di essa a causa del rallentamento della corrente ( Figura 1.7 ).

Figura 1.7 : risalto al piede della rampa.

Al crescere della portata si osserva un allungamento del tratto in rallentamento a discapito di quello uniforme e il piede della rampa risulta completamente rigurgitato( Figura 1.8 ).

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Figura 1.8 : piede della rampa completamente rigurgitato.

Ad un ulteriore crescita della portata si ha un accentramento del fenomeno descritto nella fase precedente;la rampa risulta parzialmente rigurgitata e si manifesta un risalto ondulare ( Figura 1.9 ).

Figura 1.9 : risulta ondulato.

Infine se la portata aumenta ancora la rampa risulta completamente rigurgitata, il tratto in accelerazione scompare e il deflusso è costante; in questo caso la rampa si comporta come uno stramazzo rigurgitato ( Figura 1.10.).

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1.2.1 Precedenti studi sulla stabilità di rampe in massi e sull’incipiente

moto di particelle.

La funzionalità di una rampa non può prescindere dalla sua resistenza strutturale e dalla sua capacità di resistere alle sollecitazioni. La scelta delle caratteristiche dei massi ,utilizzati per la sua realizzazione, può essere eseguita ricorrendo a diverse formule presenti in letteratura che forniscono la portata critica in funzione di alcuni parametri geometrici e delle caratteristiche del materiale di fondo della rampa.

Fra le relazioni più usate ricordiamo quella di Bathurst (1985):

12 . 1 0 5 . 0 65] 0.1168 [ ⋅∆⋅ ⋅ ⋅ − = g D i qcr dove: → 65

D diametro corrispondente al 65% della curva granulometrica dei massi costituenti la rampa [m]

0

i pendenza della rampa [─] → − = ∆ ρ ρ

ρs densità relativa del masso della rampa immerso [─]

g accelerazione di gravità [m/sec2] →

cr

q portata critica unitaria[m2/sec]

Questa equazione di Bathurst (1985 ) è stata ricavata da esperienze con elevata scabrezza dell’alveo e con pendenze della rampa comprese tra 0.0025 e 0.20.

Robinson e altri (1995, 1997) fece ricerche sulla stabilità di rampe di pendenze comprese tra 0.10 e 0.4 ottenendo la seguente formula:

(

)

( )

(

)

0 0 / 213 . 0 40 . 1 0 50 i exp 11.2 1.46/ i D qc = ⋅ i ⋅ − + +

dove io è la pendenza della rampa e D50 (in mm ) è il diametro corrispondente della curva granulometrica dei massi .

Queste formule per il calcolo della portata critica consentono di procedere a un corretto dimensionamento dei massi, ma non forniscono indicazioni sulle modalità di rottura della rampa .Nel presente studio, invece, è stato preso in esame quest’ultimo aspetto fornendo per ciascuna di essi una descrizione e un’analisi dettagliata dei parametri idraulici ,che li caratterizzano.

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In questa ricerca è stato di fondamentale importanza correlare l’inizio movimento dei massi delle rampe con l’incipiente moto di particelle poste su un fondo poco inclinato. Vari ricercatori hanno usato differenti definizioni di condizione critica di moto delle particelle. Tra questi Shields (1936) determina la tensione tangenziale critica corrispondente alla condizione ”zero” del trasporto dei sedimenti. Altri lavori definiscono tale condizione come “primo movimento di una singola particella” [Neil, 1967];”primo movimento dei sedimenti in un letto orizzontale” [White, 1970]; “movimento sparso di particelle” [Rathburn and Guy, 1967];”incipiente trasporto”[Martz, 1977] “debole movimento” [Chiew and Parker,1994] e infine “un movimento generale sul letto”[Misriet al.,1983]. Inoltre in letteratura si possono trovare delle definizioni quantitative di questa . condizione critica: Neil e Yalin (1969 ) e Yalin (1972) hanno trovato un criterio basato nella determinazione del numero di particelle mobilitate per unità di area e di tempo.

Questo criterio di individuazione dell’incipiente moto è stato usato anche da altri ricercatori [ Wilcock 1993 ;Wilcock e altri 1996 ;Wilcock e McArdell 1997 ;Kuhnle 1992 ] Al problema in questione si è reso necessario un approccio probabilistico in quanto la natura turbolente del fluido e le variabili della geometria dei grani introducono un elemento casuale. Shvidchenko e Pender (2000) nei loro studi hanno legato la condizione limite per il trasporto alla probabilità di movimento della particelle attraverso la intensità di movimento dei sedimenti espressa come il numero relativo di particelle che si muovono nell’unità di tempo: T N m I ⋅ =

dove m è il numero di particelle che si sono mosse durante l’intervallo di tempo T nell’area A del letto mobile , e N è il numero di particelle nell’area A e può essere stimato con la seguente formula: 6 ) 1 ( 3 d a d A N ⋅ − ⋅ ⋅ = π

dove a è la porosità e d è il diametro della particella.

La condizione d’incipiente movimento esprime quella d’equilibrio limite tra la stabilità dei granelli e il loro spostamento per effetto della spinta idrodinamica esercitata dalla corrente. Questa condizione può ricavarsi attraverso un approccio deterministico, con supporto

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sperimentale oppure con una ricerca solo sperimentale condotta razionalmente sulla base dei risultati di una preliminare analisi dimensionale.

L’approccio deterministico è stato introdotto da White (1940), mentre quello sperimentale da Shield (1936), il quale stabilì il noto diagramma fra le grandezze dimensionali che definiscono la condizione limite.

Il metodo deteministico può essere ricavato dall’equilibrio limite delle varie forze che sollecitano una particella sul fondo e quindi consente di determinare l’influenza di certe grandezze sulla condizione di incipiente movimento,integrando difficili indagini sperimentali.

Figura

Figura 1.1 : sistemazione con briglie a) e con soglie b).
Figura 1.3 : vista frontale di una rampa in massi sul torrente Camaiore.
Figura 1.6: schematizzazione di una rampa in pietrame.
Figura 1.8 : piede della rampa completamente rigurgitato.

Riferimenti

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