5. CONCLUSIONI
L'analisi delle sequenze del gene mitocondriale Cyt b di Paracentrotus lividus ha consentito di rilevare in primo luogo un alto grado di polimorfismo genetico all’interno dei campioni, ed una scarsa differenziazione genetica tra i campioni considerati. La scarsa eterogeneità genetica rilevata può essere spiegata sulla base dell’elevato potenziale per la dispersione e quindi di flusso genico in questa specie. La larva a lunga vita pelagica è la responsabile dello scarso livello di divergenza genetica tra individui di località anche molto distanti. I risultati permettono comunque di escludere una condizione di panmissia: sono stati anzi rinvenuti diversi segnali a sostegno della presenza di lieve strutturazione genetica legata alla distribuzione geografica degli individui analizzati. A questo proposito, risulta di notevole interesse la presenza di isolamento da distanza, cioè la divergenza genetica tra i campioni locali aumenta con l’aumentare della distanza geografica. I campioni provenienti dal Mar Adriatico, in particolar modo, mostrano livelli di divergenza genetica lievemente superiori rispetto al resto dei campioni. Ciò suggerisce che la particolare conformazione semichiusa di questo bacino possa far risentire in qualche modo l’effetto di un parziale isolamento, in termini di restrizione del flusso genico con il resto del Mediterraneo. Uno degli sviluppi di questo studio potrà essere lo studio della diversità genetica delle reclute, considerando magari un campionamento temporale, in modo tale da ottenere dati sull’andamento temporale della variabilità genetica e per avere un’informazione più dettagliata su come la dispersione larvale e il reclutamento contribuiscono alla strutturazione genetica della specie.
Un altro aspetto che è stato possibile analizzare nel presente lavoroè stato quello della demografia storica della specie. Sulla base dei dati rilevati, è stato possibile trovare conferme una passata espansione demografica, già ipotizzata da altri Autori. Probabilmente, a causa dell’alternarsi dei periodi glaciali e interglaciali che hanno caratterizzato il Pleistocene, l’habitat di P. lividus ha subito periodiche alterazioni, dovute principalmente ai cambiamenti nel livello delle acque (da +80 a -120 rispetto ad oggi), che, tra l’altro hanno determinato imponenti cambiamenti nelle caratteristiche chimico/fisiche e nella circolazione tra i bacini orientale ed occidentale del Mediterraneo e nei confronti dell’Oceano Atlantico. Ciò potrebbe avere provocato
più o meno estesi e ripetuti fenomeni di estinzione-ricolonizzazione a livello locale. È emersa dall’analisi l’esistenza di due gruppi di aplotipi separati da undici mutazioni con assenza di aplotipi intermedi. È probabile che la differenziazione genetica tra i due aplogruppi sia di origine pleistocenica con l’insorgenza di barriere alla dispersione dovute a profonde modifiche nel movimento delle masse d’acqua e alla conseguente separazione tra due “popolazioni” isolate, che sono poi state soggette a contatto secondario.
Il presente contributo non permette di chiarire definitivamente che cosa sia una
popolazione per P. lividus. Non è possibile infatti delineare discontinuità genetiche o
clini, neanche considerando l’intero areale di distribuzione. In un’ottica gestionale, risulta di estrema difficoltà fornire indicazioni per l’identificazione di stock che eventualmente dovrebbero essere gestiti in maniera separata. Si può comunque affermare che l’elevato grado di polimorfismo genetico riscontrato sottende ad un apparente stato di “salute genetica” della risorsa P. lividus: sembra, infatti, che il prelievo non abbia fino ad oggi eroso la diversità genetica in maniera sostanziale. Molto presumibilmente ciò è legato alle elevate capacità di resilienza dei popolamenti di questa specie, da attribuire soprattutto all’elevata fecondità, alle grandi dimensioni efficaci delle popolazioni e alle capacità dispersive. Di gran lunga più gravi, rispetto agli effetti sulla variabilità genetica, appaiono gli effetti sulle dimensioni medie degli individui nelle località soggette a intenso prelievo rilevati in altri lavori. Si può concludere quindi che una corretta politica gestionale, con modeste modifiche dell’attuale legislazione, può essere sufficiente per garantire continuità nel prelievo della risorsa senza causarne danni sostanziali.