APPENDICE E
Descrizione di un sistema fotovoltaico, della sua progettazione e
dimensionamento.
Il sistema fotovoltaico è composto da un insieme di componenti elettrici, elettronici e meccanici in grado di captare e trasformare in energia elettrica la radiazione solare.
Tale conversione avviene nella cella fotovoltaica, che costituisce il dispositivo elementare del modulo fotovoltaico e che è costituita da un sottile strato di materiale semiconduttore di spessore compreso tra 0,2 e 0,35 mm, molto spesso silicio di scarto dalla lavorazione dell’industria elettronica opportunamente trattato. Occorre quindi soffermarsi meglio sul funzionamento fisico di tali celle e sul significato di effetto fotovoltaico.
Effetto fotovoltaico
Per comprendere l’effetto fotovoltaico, è necessario descrivere brevemente l’effetto fotoelettrico. L’effetto fotoelettrico consiste nella conversione diretta della radiazione solare in energia elettrica. Per comprendere tale processo è necessario fare riferimento ad alcune nozioni di fisica.
La banda di energia è l’insieme dei livelli energetici posseduti dagli elettroni ed è composta da:
- La banda di valenza,costituita dall’insieme degli elettroni che hanno un livello energetico basso tale da rimanere nei pressi dell’atomo di appartenenza;
- La banda di conduzione costituita dall’insieme degli elettroni che hanno un livello energetico abbastanza alto tale da lasciare l’atomo di appartenenza dando origine a una conduzione di tipo elettrico;
- La banda proibita costituita dall’insieme dei livelli energetici non consentiti, tra la banda di valenza e la banda di conduzione. L’energy gap (Eg) o salto energetico è la quantità di
energia necessaria all’elettrone per passare dalla banda di valenza alla banda di conduzione.
Nei materiali conduttori le due bande di conduzione di valenza sono sovrapposte, eliminando di fatto la banda proibita; grazie a tale condizione la maggior parte degli elettroni possiede già l’energia necessaria per dare origine ha un flusso elettrico. Negli isolanti invece la banda proibita è molto grande e di conseguenza l’energy gap è elevato. In tale condizione solo pochi elettroni hanno l’energia necessaria per passare nella banda di conduzione e dare origine ha un flusso elettrico.
Nei materiali semiconduttori la banda proibita è molto piccola e di conseguenza l’energy gap è limitato: sarà quindi sufficiente un fotone di energia pari a Efotone =hν ≥Eg per “sbalzare”un elettrone dalla banda di valenza alla banda di conduzione. Tale fenomeno prende il nome di effetto fotovoltaico. Esso consiste quindi nell’emissione di un elettrone da una superficie quando questa viene colpita da un fotone avente una frequenza superiore ad un certo valore di soglia che dipende dal tipo di metallo (riporto in tabella alcuni valori di Eg di alcuni semiconduttori).
Tabella E-0-1: Prospetto dei valori dell’energy gap di alcuni semiconduttori
Semiconduttore Energy gap
Silicio 1,14 eV Germanio 0,67 eV Arseniuro di Gallio 1,4 eV Fosfuro di Indio 1,25 eV Solfuro di Cadmio 2,4 eV
Esiste quindi una frequenza minima 0
g
E h
ν
= a cui corrisponde una lunghezza d’onda al di sopra della quale non si ha effetto fotoelettrico. Per frequenze tali che Efotone>Eg si avrannoelettroni liberi con energia cinetica pari a Ec =Efotone −Eg. Tanto maggiore è la frequenza della radiazione incidente, tanto maggiore è l’energia cinetica residua degli elettroni che vagano nel materiale e conseguentemente la temperatura del materiale stesso. Quindi in teoria, la situazione ideale sarebbe quella in cui tutti i fotoni giungono al materiale semiconduttore con una energia proprio pari a quella di soglia o poco differente, cosicché generino l’effetto fotoelettrico, ma non abbiano energia cinetica residua tale da far innalzare di molto la temperatura del semiconduttore.
Nell’intero spettro solare si hanno fotoni con diverse lunghezze d’onda e quindi energia maggiore o minore rispetto a quella necessaria per causare l’effetto desiderato. Ma vi è anche una buona porzione di energia solare dissipata sottoforma di calore (Ec). In
particolare lo spettro di assorbimento del materiale per celle fotovoltaiche spazia dalle lunghezze d’onda ultraviolette (250 nm) a quelle infrarosse (1500 nm). In genere i normali dispositivi ad uso civile e industriale (non aerospaziale) sono impiegati nello sfruttamento della radiazione solare entro lo spettro visibile della luce del sole. Quindi si hanno fotoni poco energetici (come detto prima), ma anche troppo energetici. Tutte queste caratteristiche (e altre) sono conteggiate nel rendimento e nell’efficienza di conversione della cella e del modulo.
Tornando al principio fisico del fenomeno fotoelettrico, un fotone incidente nel materiale con sufficiente energia è in grado di far “saltare” un elettrone; questi passa dalla banda di valenza a quella di conduzione lasciando così una lacuna che verrà tempestivamente colmata da un altro elettrone di un atomo vicino, generando così in modo disordinato delle coppie elettrone-lacuna. Per generare un flusso ordinato di cariche e quindi una corrente elettrica, occorre creare all’interno del semiconduttore un campo elettrico, ottenuto secondo mediante questi accorgimenti:
-immissione di impurità controllate all’interno della struttura cristallina (processo di drogaggio)
-giunzione di due regioni di uno stesso conduttore di cui una drogata di tipo p ed una di tipo n (giunzione p-n)
Il primo consiste nell’immissione controllata all’interno della struttura del semiconduttore di impurità in grado di modificare la concentrazione delle cariche elettriche in moto. I semiconduttori più usati (silicio e germanio) appartengono al sesto gruppo e vengono drogati o con sostanze trivalenti, come il boro (accettrici) o con sostanze pentavalenti, come il fosforo (donatrici). Queste, dotate di 5 elettroni nell’orbita di valenza, fanno sì che quattro di essi si leghino stabilmente con altrettanti atomi di silicio, mentre uno di essi rimane libero di muoversi all’interno del reticolo cristallino e disponibile per la conduzione. Le cariche negative sono quindi in eccesso rispetto alle lacune (cariche positive) presenti, e il semiconduttore prende il nome di semiconduttore di tipo n. Le
valenza e atomi di silicio, vi sia una lacuna (una carica positiva) per ogni atomo di sostanza drogante immessa. Questa è in grado di muoversi liberamente all’interno del semiconduttore ed è disponibile alla conduzione. Quindi si crea un ambiente con cariche positive in quantità maggiore rispetto alle negative e il semiconduttore prende il nome di semiconduttore di tipo p.
Per generare un campo elettrico e quindi una corrente elettrica ordinata occorre che vengano in contatto (che vi sia cioè una giunzione) uno strato di semiconduttore di tipo p con uno n. L’interazione tra l’effetto fotoelettrico e l’effetto del campo elettrico dà origine all’effetto fotovoltaico, come si vede in figura:
Figura E-1 : Effetto fotovoltaico
Ora che si è spiegato in linea di massima il processo fisico di conversione fotovoltaica si può passare alla descrizione dei principali componenti del sistema e alle sue classificazioni.
Un impianto fotovoltaico può essere, a seconda dei vincoli imposti, connesso alla rete elettrica nazionale (grid-connected) o isolato (stand alone):
Il primo consente di alimentare ininterrottamente il carico senza la necessità di un sistema di accumulo, in quanto, in caso di insufficienza o sovrabbondanza di produzione, si può operare in regime di interscambio con la rete elettrica nazionale. Quindi la quota eccedente non assorbita dal carico viene venduta alla rete, dalla quale, in caso di autoproduzione insufficiente, viene acquistata la quota mancante per la copertura del carico. La contabilizzazione dell’energia autoprodotta e/o acquistata è resa possibile grazie a contatori bidirezionali, in grado di valutare i flussi energetici in entrambe le direzioni. Tale tipologia è adatta nel caso in cui lo stabile sia connesso alla rete elettrica.
Il secondo invece fornisce direttamente energia al carico durante le ore di insolazione, mentre la sera e nei periodi di scarso soleggiamento la continuità di alimentazione del carico è garantita da un sistema di accumulo costituita da una serie di batterie. Questa tipologia costituisce una valida e importante soluzione nel caso per vincoli paesaggistici o logistici non sia conveniente il collegamento dell’utenza alla rete elettrica tradizionale. Tali generatori fotovoltaici sono ad esempio usati per il pompaggio dell’acqua potabile in superficie, o per l’alimentazione di caravan o imbarcazioni, per la fornitura di energia elettrica nei rifugi di montagna, per l’alimentazione di sistemi telefonici di trasmissione e ricezione, insomma in tutti quei casi che da soli giustificano l’impiego di tale tecnologia molto più degli impianti connessi alla rete. Se nel primo caso vi è necessità di un contabilizzatore degli scambi energetici rete-impianto, in questi invece è necessario un regolatore di carica per il corretto funzionamento del sistema e per la sua affidabilità nel tempo: esso infatti garantisce che le fasi di carica e scarica delle batterie avvengano correttamente al fine di preservarle da eventuali danneggiamenti e da un prematuro decadimento delle prestazioni.
Un’altra distinzione tra i possibili impianti fotovoltaici viene fatta in funzione della struttura di sostegno dei moduli e dei gradi di libertà del modulo (come specificato in appendice D):
-sistemi ad inclinazione fissa.
-sistemi ad inseguimento su un solo asse (un solo grado di libertà) -sistemi ad inseguimento su due assi (due gradi di libertà)
Le ultime due tipologie, hanno elementi di controllo e attuatori automatici per la regolazione dell’inclinazione e dell’orientamento azimutale dei moduli in funzione del periodo dell’anno, e conseguentemente si ottiene una maggiore energia radiante raccolta. Da ora in avanti tratterò sempre di impianti connessi alla rete e ad inclinazione fissa o ad inseguimento con variazione dell’angolo di inclinazione manuale, quindi senza ulteriori dispositivi elettronici rispetto al sistema ad inclinazione fissa.
Si può quindi dire che un sistema fotovoltaico connesso alla rete è costituito da un generatore fotovoltaico e dal B.O.S. (balance of system) costituito dall’insieme di tutta la componentistica necessaria per la conversione, il controllo e il trasporto del vettore elettrico all’uscita dal generatore fino al carico e alla rete elettrica. Descriverò brevemente i vari componenti del sistema citato:
Cella fotovoltaica: funzionamento e prestazioni
Come già detto, è qui che avviene la conversione della radiazione solare in energia elettrica. Una cella fotovoltaica è costituita da due strati di materiale semiconduttore drogati in modo differente ed uniti tra loro da un contatto metallico posteriore esteso a tutta la cella ed uno anteriore, esposto alla luce, disposto a forma di griglia con sottili ramificazioni, in modo che vi sia sufficiente trasparenza alla luce, come in figura.
Figura E-2: Schema di una cella fotovoltaica
Di tutta la radiazione solare incidente sulla cella, solo una piccola quota è realmente l’energia elettrica in uscita da essa. Riporto i principali motivi di decadimento della radiazione solare convertita:
-Come abbiamo detto, vi è una banda di lunghezze d’onda in cui la cella rende possibile l’effetto fotoelettrico, quindi tutti i fotoni con energia eccessiva o insufficiente rispetto all’energy gap e alla banda di conversione risultano inutilizzabili;
-Fenomeni di riflessione della radiazione solare da parte del contatto metallico e della faccia anteriore esterna del materiale drogato. Questi vengono limitati applicando un rivestimento antiriflesso costituito da un sottile strato di ossido di titanio;
-Dissipazione della radiazione solare in calore;
-Fenomeni di ricombinazione delle coppie lacuna-elettrone; -Perdite termiche dovute alla resistenza dei contatti metallici;
Quindi si ricava una stima dell’efficienza di conversione della cella, data dal rapporto tra la potenza di picco (calcolata alle STC, descritte dopo) e quella irraggiata dal sole, come segue: max max 1000 STC STC c c P P G A A η = =
L’efficienza di conversione media di una cella fotovoltaica di silicio cristallino è quindi del 13-15% circa.
Parlo di cella in silicio cristallino perché le celle si classificano in base al materiale semiconduttore e alla sua struttura cristallina. Le principali tipologie sono quella appena citata e quella invece a film sottile, che utilizza silicio amorfo e non cristalli puri. Io prenderò sempre in considerazione celle in silicio cristallino.
Ogni tipologia di cella è quindi caratterizzata dalle seguenti grandezze necessarie per il calcolo della potenza sviluppata e dell’efficienza di conversione della stessa e da una curva caratteristica che le rappresenta:
-tensione ai due morsetti della cella, detta tensione di circuito aperto (Vo)
-corrente di cortocircuito tra i due morsetti (Icc)
-tensione al punto di massima potenza (Vm)
-corrente al punto di massima potenza (Im)
-potenza massima (Pmax), data dal prodotto della tensione e della corrente di massima
potenza (che originano la massima area nel grafico seguente), calcolate in condizioni standard, come specificate sotto.
-Fill factor, ovvero rapporto tra la potenza massima (Pmax) e la potenza massima teorica
(IccxVca)
Per poter confrontare il comportamento di celle diverse vengono definite le condizioni rispetto alle quali devono esser eseguite tali misurazioni.
Si definiscono condizioni standard di riferimento, imposte dalle norme internazionali (standard test conditions o STC), queste:
-Radiazione incidente globale pari a 1000 W/m2 -Temperatura dei moduli = 25°C
-Spettro con massa atmosferica pari a 1,5 (indice di limpidità) -assenza di vento
Certamente queste condizioni nel normale funzionamento non si realizzano quasi mai poiché la temperatura della cella in condizioni di elevato irraggiamento, sarà molto maggiore e così la velocità del vento, per cui le perdite in tal caso per dissipazione in calore e per convezione saranno maggiori e la potenza erogata minore.
Quindi viene definita anche la temperatura nominale di funzionamento (NOCT), che esprime il comportamento termico della cella nelle condizioni di:
-Radiazione incidente di 1000 W/m2; -Temperatura esterna di 25°C; -Velocità del vento di 1 m/s;
Inoltre per ogni modulo vengono definiti i coefficienti di variazione della corrente, della tensione e della potenza in funzione della variazione della temperatura del modulo stesso, che descriverò più in avanti.
Modulo fotovoltaico: caratteristiche
Una volta capito come interpretare la curva caratteristica di una cella, bisogna capire come collegarle tra loro per raggiungere i valori di corrente e tensione desiderati dal modulo e dall’impianto fotovoltaico in generale. Se vengono collegate in serie, la tensione finale è pari alla somma delle singole tensioni, mentre la corrente rimane praticamente invariata; se invece vengono collegate in parallelo, la tensione rimane invariata mentre la corrente totale risulta pari alla somma delle singole.
La composizione di più celle in serie forma il modulo fotovoltaico, che è dotato di determinati valori delle grandezze elettriche caratteristiche; mentre la connessione in serie di più moduli dà origine ad una stringa e il collegamento in parallelo di più stringhe forma finalmente l’impianto fotovoltaico vero e proprio.
Ogni modulo è quindi caratterizzato da alcuni parametri, che successivamente utilizzerò: -Tensione di circuito aperto (Vo)
-Corrente di corto circuito (Icc)
-Dimensioni del modulo
-Rendimento del modulo in condizioni standard, ricavabile, se non specificato, dalla relazione già scritta nel paragrafo precedente
Generalmente per formare un modulo fotovoltaico si collegano in serie le celle saldando i contatti metallici di queste e poi si depongono all’interno di un materiale trasparente la cui funzione è quella di isolare elettricamente le celle e di proteggerle dagli stress meccanici, dagli agenti atmosferici e dall’umidità. Tale processo viene definito incapsulamento delle celle e si differenzia a seconda del materiale usato (teflon, vinacetato di etilene, resina) e quindi della resistenza ai raggi UV e alle intemperie; in base alla bontà di tale procedimento si calcola la durata di vita del modulo.
Le celle opportunamente incapsulate vengono poi rivestite anteriormente da una lamina di vetro temprato ad lato coefficiente di trasparenza e posteriormente da una lamina di vetro convenzionale o di plastica. Se si usa un incapsulamento di teflon non è neppure necessario il rivestimento anteriore.
L’installazione dei pannelli fotovoltaici può seguire due diverse soluzioni: retrofit o integrata. Nel primo caso i moduli sono installati su una struttura preesistente, grazie ad opportuni supporti metallici ed hanno la sola funzione di produrre energia elettrica; nella seconda soluzione invece i pannelli sostituiscono alcuni componenti dell’edificio ed hanno molteplici funzioni. Un esempio calzante è quello dei frangisole costituiti da moduli fotovoltaici: oltre a schermare gli elementi vetrati dalla radiazione solare in estate, producono energia elettrica.
Bisogna ricordare che in ogni caso va garantito al di sotto del modulo un sufficiente spazio per il ricircolo dell’aria in modo tale che sia garantito il raffreddamento del modulo. Raggiungere alte temperature di esso significa avere maggiori perdite termiche e quindi allontanarsi dal rendimento standard, va quindi evitato il più possibile. Come detto in precedenza, ogni modulo viene correlato di opportuni coefficienti di temperatura che misurano lo scostamento di tensione, corrente e potenza al variare della temperatura della cella e quindi del modulo. Riporto qui in tabella i valori indicativi dei coefficienti di temperatura da adottare per moduli in silicio cristallino in caso di mancato reperimento di tali dati dalla casa costruttrice:
Tabella E-2: prospetto dei valori dei coefficienti di temperatura per celle in silicio cristallino
Coefficienti di temperatura Moduli in silicio cristallino
Variazione della tensione a circuito aperto (∆V)
-0,30;-0,45%/°C Variazione della corrente di corto
circuito (∆I)
-0,02;-0,08%/°C Variazione della potenza nel MPP in
condizioni standard (∆P)
-0,37;-0,52%/°C
In particolare bisogna calcolare la tensione massima raggiungibile da un modulo, che corrisponde a temperatura bassa di questo, ovvero nelle condizioni invernali. La temperatura scelta per tale valutazione è pari a –10°C e il valore della tensione più elevato è dato dal valore di corto circuito. Quindi esso va ricavata dalla seguente relazione:
(
mod 10)
1 35(
)
100 o o V V T = − °C = − ° C∆ V STC D’altro canto è bene calcolare anche la tensione minima raggiungibile dal modulo, che corrisponde a una temperatura molto alta di questo, ovvero in condizioni estive. Nel caso di moduli ventilati posteriormente, il valore di riferimento della temperatura raggiunta dal modulo è di 70°C e il valore di tensione più basso corrisponde al valore di massima potenza (Vmpp) , così calcolabile:
(
mod 70)
1 45(
)
100 mpp mpp V V T = ° = + °C C∆ V STC Nel caso invece di moduli integrati nell’architettura e privi di sistemi di ventilazione, la tensione minima del modulo è ancora minore, poiché la temperatura dei moduli può raggiungere anche i 100°C.
Occorre poi effettuare un calcolo preciso per il corretto accoppiamento di più moduli entro una stringa e di questa connessa al dispositivo inverter.
Inverter
L’inverter, o convertitore statico è il dispositivo elettronico in grado di trasformare l’energia continua, prodotta dal generatore fotovoltaico, in energia alternata monofase o
trifase necessaria per alimentare il carico-utenza o per l’immissione in rete in regime di scambio. E’ quindi l’interfaccia tra il generatore FV e il carico o la rete, ed è ad oggi, a causa delle ridotte garanzie in termini di anni da parte delle case costruttrici, l’anello debole della catena fotovoltaica. L’importanza dell’inverter è anche legata al fatto che un generatore fotovoltaico fornisce valori di tensione e corrente variabili in funzione dell’irraggiamento e della temperatura , mentre il carico necessita di un valore costante di tensione. I convertitori adoperati usualmente adesso per gli impianti connessi alla rete sono in grado di :
-Convertire la corrente continua in alternata e sincronizzarla alla rete
-Variare il punto di funzionamento in accordo con lo spostamento del punto di massima potenza del generatore fotovoltaico. Questa si chiama funzione MPPT, ovvero di inseguimento della massima potenza del generatore che permette di ottenere istante per istante il massimo rendimento adattando i parametri in uscita dal generatore fotovoltaico alle esigenze del carico.
-Visualizzare e memorizzare le condizioni di funzionamento.
Non approfondisco il funzionamento e la composizione elettronica dell’inverter, soltanto è importante che il convertitore sia dotato di adeguate protezioni per la sconnessione dalla rete in caso di valori fuori soglia di tensione, frequenza e per sovracorrente di guasto, in conformità alle prescrizioni delle norme CEI 11-20 e a quelle specificate dal distributore elettronico locale. Inoltre deve essere protetto contro le sovratensioni di manovra o di origine atmosferica e altre che ne assicurino la corretta risposta alle emergenze.
Ogni inverter ha molti parametri caratteristici specificati nella scheda tecnica, ne riporto alcuni fondamentali per la fase di progettazione descritta più avanti:
-La potenza nominale in continua, la taglia, in base alla quale si sceglie l’inverter; -La tensione massima ammissibile dall’inverter (Vmax inv)
-La corrente massima nell’inverter (Imax inv)
Nella valutazione della bontà di un inverter bisogna tener conto del suo rendimento. Vi sono tre parametri che denotano l’efficienza di un inverter:
-L’efficienza di conversione, che tiene conto delle perdite che si generano durante la conversione da corrente continua a corrente alternata, e si esprime così:
ac conv dc P P η =
dove Pac indica la potenza effettiva in uscita dall’inverter e Pdc indica quella in ingresso.
Questa è l’unica data esplicitamente dal costruttore.
-L’efficienza di tracking, che tiene conto di quanto l’inverter lavori nel punto di massima potenza che varia istante per istante in funzione delle condizioni operative del generatore. Essa è data da:
max dc tr FV P P η =
dove PmaxFV è la massima potenza sviluppata dal generatore fotovoltaico.
-L’efficienza statica, che è il prodotto delle due precedenti:
inv conv tr
η =η η
Questa è importante perché tiene conto della variazione dell’efficienza totale dell’inverter in base alle condizioni operative.
Progettazione di un impianto fotovoltaico connesso in rete
Il progetto di un sistema fotovoltaico connesso in rete si suddivide in vari passi successivi. Dalla scelta dei componenti, alla valutazione del carico elettrico dell’utenza coperto, allo
studio della radiazione solare incidente sul generatore fotovoltaico e molti altri. Ne parlerò passo per passo, riportando proprio il filo logico seguito da me nell’analisi.
1. Fase preliminare
Il primo passo per progettare un impianto fotovoltaico efficiente è la conoscenza dei vincoli e dello scopo della realizzazione di tale impianto: se è richiesta la copertura del carico dell’utenza in un certo periodo dell’anno; se vi è la volontà di creare un impianto integrato nella struttura architettonica; quali sono i possibili siti di installazione (a terra o sulla copertura) e se hanno sufficiente resistenza meccanica per la posa in opera dei moduli e dell’ancoraggio; se vi sono vincoli sulle dimensioni del singolo modulo; se ci sono la volontà e gli spazi per creare un impianto ad inseguimento solare, ecc…
Il primo punto citato comporta poi, insieme alla conoscenza dei dati del sito di installazione, la decisione dell’angolo di inclinazione ottimale come è discusso nell’appendice D. Invece l’ultimo punto è in relazione con la possibilità di esporre i moduli pienamente a sud o meno ( fino a 40° verso ovest o est l’energia raccolta non cambia molto). Questo tenendo conto però che se i moduli sono installati su un tetto a falda, sarebbe opportuno che avessero la stessa inclinazione di questo e certamente ne hanno la medesima esposizione.
I risultati di questa fase preliminare portano alla conoscenza della disponibilità del sito e dell’utente, e alla definizione delle tre grandezze caratteristiche dell’impianto (i due angoli di esposizione e l’area disponibile).
Inoltre, sempre in questa fase preliminare, occorre conoscere il consumo annuo di energia elettrica da parte dell’utenza. Questo per edifici esistenti è rilevabile dalle bollette relative agli anni trascorsi. Tale dato non è indispensabile per il dimensionamento di un impianto connesso alla rete, per il regime di interscambio che vi è in tal caso, ma è comunque un dato fondamentale per il calcolo economico e degli incentivi forniti, e anche per un eventuale slacciamento dell’utenza (se si tratta di una utenza isolata) dalla rete di distribuzione nazionale.
2. Calcolo della radiazione globale incidente per unità di area
Una volta noti i due angoli caratteristici, azimutale e di inclinazione, e il sito di installazione, occorre calcolare tramite tutto il procedimento esposto nell’appendice D la radiazione globale incidente media mensile (Gtot ) per unità di area di modulo fotovoltaico. Tale calcolo è la base per il calcolo finale della producibilità dell’impianto, sviluppata nel punto 9.
3. Scelta dei componenti dell’impianto
Successivamente occorre operare una scelta dei componenti dell’impianto tra quelli possibili e in commercio, rispettando eventuali vincoli dimensionali. Conseguentemente ne conosceremo tutti i dati tecnici disponibili.
4. Studio e analisi delle ombre presenti
Gli effetti dell’ombreggiamento sui sistemi fotovoltaici non sono affatto trascurabili, ma anzi costituiscono oggetto di studio in relazione al comportamento dei moduli e dei componenti ausiliari. Le tipologie di ombreggiamento sono principalmente tre:
la prima è costituita da un ombreggiamento non permanente, dovuto a fattori quali neve, foglie, fuliggine o altro, ed è facilmente limitabile con una pulizia costante dei moduli; la seconda è invece costituita dalle ombre proiettate sui moduli dagli edifici vicini, dagli alberi, dalle antenne e dai comignoli, dai cavi elettrici, dalle balaustre, insomma da qualsiasi corpo esterno che li circondi; la terza tipologia è
presente solo in impianti a file parallele ed è costituita dalle ombre sistematiche tra una fila di moduli e l’altra.
Si capisce quindi quanto sia importante lo studio delle ombre portate sui moduli, prima dell’effettiva installazione, per scegliere il sito migliore e per ben disporre i moduli uno rispetto all’altro.
Oltre che alla prima tipologia di ombreggiamento, è possibile ovviare anche alla seconda: è previsto infatti per ogni cella (o quasi) del modulo un diodo di by-pass collegato in parallelo alla stessa che ostacola il passaggio di corrente inversa attraverso la cella, nel caso questa sia ombreggiata e quindi costituisca non più un generatore ma un dissipatore di energia elettrica. Senza il diodo di by-pass l’intera corrente del modulo sarebbe determinata da quella della cella ombreggiata, con grande decadimento del rendimento globale del modulo.
Per quanto riguarda invece l’analisi delle ombre sistematiche nel caso di file di moduli parallele, occorre soffermarsi sulle tre quote della radiazione solare incidenti sui moduli. La quota diffusa è ricevuta per intero soltanto dalla prima fila, mentre è parziale in quelle a seguire; la quota riflessa è anch’essa ricevuta per intero dalla prima fila , ed è invece praticamente nulle in quelle successive; la quota diretta, la più importante, è invece fortemente influenzata dalla distanza tra una fila ed un’altra, e dall’inclinazione del modulo. Per evitare l’ombreggiamento reciproco è necessario che esso venga calcolato nel giorno più critico dell’anno, quello in cui il sole ha minor elevazione e quindi è più probabile il reciproco ombreggiamento, ovvero il solstizio invernale. Il corretto posizionamento delle file viene quindi valutato in base al triangolo delle ombre, riportato qui sotto:
Figura E-4: Schematizzazione delle ombre tra una fila e un’altra di moduli
L
H
ß
d+f
ß
L
D1
D2
Dtot
Dove l’angolo β è l’angolo di inclinazione del collettore e (d+f) è in verità la somma dell’angolo di declinazione (d o δ) calcolato nel giorno di solstizio d’inverno, ovvero pari a 23,45°, e dell’angolo di latitudine del sito (f o φ). Inoltre si chiama con L la lunghezza del modulo e H la sua proiezione verticale. Quindi si può ricavare la distanza minima tra due file parallele ( Dtot) come:
Dtot = D1 + D2
D1 = L cos (β)
H = L sen (β) D2 = H tg (δ+φ)
Se, come è sempre presente sui tetti piani, si ha un ancoraggio dei moduli alla base della copertura (del tetto piano) o al terreno, allora bisogna cambiare il triangolo delle ombre con quello seguente, che provoca una diminuzione della distanza minima tra le due file parallele, quindi si può dire sia un vantaggio:
Figura E-5: Schematizzazione delle ombre tra una fila e un’altra di moduli compreso l’ancoraggio
L
Hm
d+f
L
D1
D2
Dtot
ß
ß
h
d
D’
Dove la simbologia è la stessa dello schema precedente, e in aggiunta si definiscono alcune grandezze, ma la distanza totale ha un’altra espressione:
Hm = L sen (β)
hanc = altezza dell’ancoraggio ~ 0,3 m
D’ = h tg (d+f) Dtot = D1 + D2 – D’
5. Calcolo del numero di moduli da collegare in una stringa
Come si è già detto, una stringa è la connessione in serie di più moduli, per cui la sua tensione è data dalla somma di quelle dei moduli che la compongono. Se essi sono eccessivi in numero, allora la tensione massima in ingresso nell’inverter può essere fuori dal range di applicazione. Tale calcolo del limite superiore va fatto supponendo vi siano condizioni invernali, per cui la tensione dei moduli è la massima possibile. Quindi l’espressione del numero massimo di moduli da collegare in una stringa è:
max max mod ( 10 ) inv o V n V T C = = − °
Lo stesso procedimento va fatto per il calcolo del numero minimo di moduli da collegare. Le condizioni peggiorisono però stavolta quelle di elevato irraggiamento estivo. Se la tensione di lavoro scende al di sotto del valore minimo utile per il funzionamento dei dispositivi di inseguimento della massima potenza (MPPT), allora il generatore perde la possibilità di essere condotto al punto di lavoro ottimale e può arrivare ad essere escluso dal circuito.
E’ importante quindi che il minimo numero di moduli connessi in serie tenga conto del valore di soglia del dispositivo MPP dell’inverter, in questo modo:
min min mod ( 70 ) inv mpp V n V T C = = °
6. Determinazione del numero di stringhe
Una volta stabilito il numero massimo di moduli da collegare in serie, conoscendo in partenza la taglia finale del generatore completo, ne discende il numero totale di stringhe. Occorre verificare che la massima corrente di parallelo delle stringhe non superi la corrente massima tollerata in ingresso dall’inverter. Da tali considerazioni discende l’espressione: max max inv stringhe stringa I n I ≤
Dal momento che il numero di moduli deve necessariamente essere discreto e vi saranno vincoli di spazio, allora non sempre sarà possibile dimensionare perfettamente l’inverter: si può così calcolare se l’inverter risulta sottodimensionato o sovradimensionato, rapportando la potenza massima ammissibile dall’inverter con la massima potenza in ingresso all’inverter generata dal sistema fotovoltaico nelle condizioni standard:
max max inv P n P ε = ⋅
dove n sono il numero totale dei moduli del sistema.
In generale un range accettabile per il dimensionamento dell’inverter rispetto alla potenza del generatore fotovoltaico è:
max max
0, 7P FV <Pdc <1, 2P FV
Il linea di massima è preferibile scegliere un inverter con una potenza leggermente inferiore a quella del generatore fotovoltaico, in considerazione del fatto che l’intervallo in cui l’inverter lavora alla massima efficienza è tra il 50% e l’80% della potenza nominale del dispositivo e che il funzionamento alla massima potenza è davvero molto limitato nel corso dell’anno.
7. Dimensionamento e scelta dei cavi di connessione
Non tratterò questo argomento, perché non vincolante nel mio caso, e troppo specifico. Basti dire però che sarebbe opportuno che l’inverter e la centralina elettrica fossero il più possibile vicini al campo fotovoltaico, per evitare eccessive perdite di potenza. E i cavi devono essere in grado di sopportare la corrente di corto circuito, devono essere protetti contro sovratensioni e fulmini e altro.
8. Calcolo delle variazioni di potenza e rendimento al variare delle condizioni operative
Il rendimento del singolo modulo fornito dalla casa costruttrice è, come già detto, calcolato nelle condizioni standard (ηSTC), che difficilmente si realizzano nella
realtà. Ciò è imputabile principalmente a due fatti: l’irraggiamento in condizioni di funzionamento non è quasi mai pari a 1000 W/m2 come è nelle STC; la temperatura delle celle e del modulo è variabile e non sempre pari a 25°C.
Il programma Retscreen fornisce a proposito di questo secondo punto un algoritmo di calcolo di tale variazione di rendimento, considerando sia la temperatura della cella, che il coefficiente di temperatura per il calcolo della potenza erogata. In particolare la temperatura della cella ha la seguente espressione:
(
)
20 219 823 800 cella t amb NOCT T = + K − +T dove NOCT è la temperatura nominale di funzionamento della cella e per moduli in silicio cristallino è apri a 45°C; Tamb è la temperatura dell’ambiente esterno; Kt è
invece l’indice di serenità medio mensile, già descritto nell’appendice D.
Quindi il rendimento medio reale, tenendo conto della variabilità della temperatura è dato da:
(
)
1
temp STC P Tcella Tref
η =η − ∆ −
dove Tref è la temperatura di riferimento (25°C), e ∆P è invece il coefficiente di
temperatura che concerne la variazione di potenza, già citato (per i moduli in silicio cristallino è assunto pari a 0,4%/°C).
Per quanto riguarda invece la variazione di rendimento in funzione dell’irraggiamento, si può esprimere tramite questa semplice relazione empirica data dalla guida ISES:
1 0, 04 1000 tot irr STC G
η
=η
− dove per Gtot si intende l’effettivo irraggiamento nel periodo di interesse (tipicamente medio mensile). Quindi il rendimento reale di un modulo è dato da:
reale irr temp
η
=η η
Aggiunto a questo il rendimento subisce due tipi di decadimento temporale: uno
iniziale, molto ingente, dovuto al fatto che la potenza tende a diminuire nelle prime ore di esposizione del 3-5% circa rispetto alla potenza di targa (tali valori raggiungono il 25% nel caso di moduli a silicio amorfo); l’altro invece riguarda il peggioramento delle prestazioni del modulo con il tempo. Quest’ultima valutazione è molto aleatoria e dipende da molteplici fattori, quali la manutenzione del sistema, gli eventuali danni fisici sul sistema di incapsulamento dei modulie e quant’altro. Si può però prendere come riferimento il dato che ho trovato nella rivista “il sole a 360 gradi” che si attesta sullo 0,1-0,5% annuo di variazione di potenza per moduli in silicio cristallino.
9. Calcolo della producibilità dell’impianto
Al fine di ottenere una previsione quanto più corretta possibile della produttività di un impianto è necessario tener conto non soltanto del rendimento dei singoli moduli, ma anche di tutti gli altri componenti. Si definisce quindi una efficienza di BOS (già citato , il balance of system), che tiene conto di tutte le perdite imputabili ad ogni componente del sistema, come:
-perdite per ombreggiamento
-perdite per riflessione della radiazione solare sul modulo e sulla cornice -perdite per sporcamento dei moduli
-perdite all’inverter
-perdite nei cavi di collegamento
Come si vede non ho considerato qui (come invece viene fatto) le perdite per condizioni diverse da quelle standard, perché le ho conteggiate a parte nel punto precedente.
Però nel range di valore del rendimento di B.O.S., che va dal 70 al 85% a seconda della qualità dell’installazione, io prendo comunque un valore intermedio pari all’80%.
L’energia elettrica ricavata mensilmente è quindi data dall’espressione:
el tot c reale BOS E =G A
η η
Da qui, con una analisi della producibilità di tipo mensile, e tenendo conto dei decadimenti temporali della potenza e del rendimento prima citati, si ricava un prospetto mensile e annuale dell’energia elettrica prodotta dall’impianto nel tempo.