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CONCLUSIONI Bertrand Russell ha sostenuto, nella sua ricostruzione critica della filosofia di Leibniz, che questa presenta due tipi di tensioni teoriche

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Academic year: 2021

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CONCLUSIONI

Bertrand Russell ha sostenuto, nella sua ricostruzione critica della filosofia di Leibniz, che questa presenta due tipi di tensioni teoriche1. Talune,

più profonde e strutturali, sono come consustanziali al suo stesso sforzo di pensiero; esse sono difficili da sciogliere e richiedono all’interprete-filosofo il compito di prolungare lo sforzo iniziato dall’autore. L’altro tipo di tensioni teoriche, più facili da eliminare, sono dovute al fatto che Leibniz - “filosofo di corte” e uomo politico - temeva di arrivare a delle conclusioni che potessero offendere la morale, la religione e le opinioni prevalenti tra i suoi contemporanei. Questo timore lo tratteneva dal percorrere fino in fondo tutte le conseguenze che si dipanavano dalla sua filosofia, che egli cercava in ogni modo di non far incorrere nello spinozismo2. L’esistenza del peccato e

dell’inferno appartengono, secondo Russell, a questo secondo tipo di tensioni teoriche, di fronte alle quali - egli afferma - “non resta altro da fare che trarre le conclusioni evitate da Leibniz”3.

Anche la dottrina dei miracoli potrebbe forse essere il segno, all’interno del pensiero di Leibniz, di una tensione teorica di questo tipo: da una parte, le esigenze della tradizione religiosa (che non poteva rinunciare all’efficacia politica e ideologica della fede nei miracoli); dall’altra, la teoria dell’armonia prestabilita, che includeva all’interno dell’ordine prescelto anche le eccezioni miracolose. Ma integrare i miracoli all’interno di un’armonia prestabilita - così che diventi addirittura possibile parlare di un “ordine dei miracoli” – significa, a ben vedere, “regolarizzarli” e svuotare il concetto del suo significato, di tutta la sua portata “eccezionale”.

Se non sarebbe corretto concludere circa l’opposizione frontale tra i sistemi filosofici di Spinoza e di Leibniz, si può certamente osservare che gran parte delle loro divergenze dipende da un atteggiamento completamente diverso nei confronti della tradizione: mentre il pensiero di Spinoza, nel suo

1 Cfr. B. Russell, Esposizione critica della filosofia di Leibniz, cit., pp. 28-29. 2 Op. cit., pp. 327-28.

3 Op. cit., p. 29.

(2)

radicalismo, segna una decisiva rottura, la filosofia di Leibniz appare costantemente percorsa da una volontà di conciliazione e di continuità. Pur manifestando la stessa esigenza razionalista del suo predecessore, Leibniz si preoccupa, di volta in volta, di recuperare le istanze della tradizione, di quella cristiana in particolare. Abbiamo potuto constatarlo specialmente a proposito dei miracoli: senza rinunciare all’idea di un ordine onnicomprensivo, egli sembra tuttavia voler stemperare il radicalismo e le implicazioni di un razionalismo senza riserve – un razionalismo che, in ultima analisi, condurrebbe a cancellare del tutto l’autorità dei miracoli e dei dogmi. Allo stesso modo, sul piano metafisico, abbiamo potuto rilevare come Leibniz sia sempre impegnato a rivisitare molte delle istanze tradizionali che Spinoza aveva ritenuto di dover demistificare e sorpassare. È il caso, ad esempio, della visione teleologica dell’universo, della concezione antropomorfica di Dio come re benevolo, nonché di una certa idea dell’anima e dell’uomo. In sintesi potremmo concludere che mentre Spinoza si sforza di fondare una filosofia della pura immanenza, il razionalismo di Leibniz cerca sempre di salvaguardare una dimensione trascendente e fondativa.

Il confronto tra Leibniz e Spinoza, che abbiamo cercato di tratteggiare nel presente lavoro, non ha certamente la pretesa di essere esaustivo. Esso vuole essere solo l’illustrazione di un possibile percorso tra due sistemi di pensiero che - nelle loro pur notevoli divergenze - sembrano, talvolta, come risuonare l’uno nell’altro.

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